Centotre-e-tre N.34: DJ norvegesi

Riassunto delle puntate precedenti:

Introduzione
Bruno Lauzi – Garibaldi Blues
Peggy Lee – Why Don’t You Do Right?
Tony Bennett & Lady Gaga – The Lady Is A Tramp
Joni Mitchell – Chelsea Morning
Neil Young – Cortez The Killer
Banda El Recodo – El Corrido De Matazlan
Los Cuates de Sinaloa – Negro Y Azul: The Ballad Of Heisenberg
Los Tucanes de Tijuana – El Chapo Guzman
Cholo Valderrama – Llanero si soy llanero
Celia Cruz – La Vida Es Un Carnaval
Duke Ellington – The Mooche
Renato Rascel – Romantica
Igor Stravinskij – Pulcinella Orchestral Suite – Part I/III
David Bowie – Pablo Picasso
Prince – Cream
Wu-Tang Clan – C.R.E.A.M.
Frances Yip – Green Is The Mountain
VIXX – Error
Ili Ili Tulong Anay – Mvibe
Mahani Teave & Viviana Guzman – Flight Of The Bumblebee
Martina Trchová – U Baru
ZAZ – Qué Vendrá
Incubus – Megalomaniac
Cartola – Alvorada
Yes – The Revealing Science of God (Dance of the Dawn)
No – Meet Me After Dark
Moby – My Weakness
Waka Flocka Flame feat. Drake – Round Of Applause
Sugarcubes – Hit
Kassav’ – Zouk-la sé sel médikaman nou ni
Gary Numan – Unreleased 7Up TV commercial music
Radio Tehran – Tamume chiza
Portishead – The Rip
Lalo Schifrin – The Cat

Il personaggio di Lalo Schifrin ispirò gli autori di Better Call Saul nello scegliere il nome del cattivo davvero molto cattivo della serie, Lalo Salamanca.
Io un cattivo così bravo l’ho visto poche volte, così pericoloso da trasmettere inquietudine ogni volta che è in scena. Poi, a pensarci, non ci vuole moltissimo: prendi un simpaticone e gli fai ammazzare un paio di persone a caso, senza ragione, solo per mostrare che è capace di crudeltà indicibili, ed eccoti il perfetto psicopatico da cinema. D’altronde nel minutaggio limitato che ti permette un film o una serie tv non è che puoi scavare più di tanto nel carattere di un personaggio, ti limiti a mostrarne i tratti essenziali e speri che l’attore li trasmetta in modo efficace.
Tony Dalton più o meno ci riesce, forse grazie ai suoi baffi. I baffi fanno simpatia, a meno che non siano a spazzolino, nel cui caso fanno solo cancelliere tedesco megalomane, e tanti saluti a Charlie Chaplin.
Trovami un personaggio antipatico coi baffi, se ci riesci. Certo, nel mucchio qualcuno c’è, anche perché se il baffo fa parte del set baffo sottile + barba appuntita è automatica l’associazione con l’immagine più classica del Diavolo, quindi ti parte subito il giudizio negativo: guarda Jafar in Aladdin o Capitan Uncino (senza barba, ma l’effetto è dato dal baffo sottile). Ci sarebbe anche Fu Manchu, ma lì entra in gioco lo stereotipo del cinese, e il baffo assume un valore positivo o negativo a seconda dei casi: il baffo cinese, lungo e curato, rappresenta più che altro l’intelligenza, che diventa virtù (saggezza) o difetto (scaltrezza) in relazione al ruolo del personaggio.

Dalla parte dei baffi simpatici la lista è lunghissima, si va da Ned Flanders a Lando Calrissian, il Grande Puffo, Ron Swanson, Luigi, e qualcuno si ricorda di un film in cui Tom Selleck recita senza baffi?

In & Out (1997)

1987, In and Out. Qualcuno non si ricorda che ci fosse Tom Selleck e qualcuno mente.

I baffi sono anche il segno distintivo del tizio rude con cui non hai voglia di andare a litigare. Per ottenere quel risultato è necessario lasciare crescere il pelo anche ai lati della bocca, come in un pizzetto da carabiniere (il pizzetto è solo da guardia, non è né buono né cattivo, è da guardia), ma senza la barba. Il baffone da motociclista, o da motociclista gay dei Village People, che comunque riprende quello stereotipo lì e ne ribalta il machismo.

Il logo del Pablog è un tizio col cappello a cilindro, gli occhiali da sole e quei baffoni lì. Sono io, ovviamente, ho adottato quell’aspetto una volta per esigenze teatrali, e per tutto il periodo in cui ho mantenuto il baffone burbero notavo che le persone mi mostravano una reverenza inedita, li intimidivo. Poi parlavo e rovinavo tutto, ma finché mi vedevano lì, zitto e minaccioso, stavano attenti a pesare le parole. Perfino il mio capo di allora, un coglione cresciuto a farsi le seghe sul culto dell’uomo forte, ci pensava un paio di volte prima di alzare la voce come era solito fare. Il baffo da biker trasmette autorità almeno quanto girare con una catena in mano.

Un personaggio che dovette lavorare sul suo baffo fu Freddie Mercury: quando se li fece crescere la casa discografica ricevette centinaia di lettere indignate, ma non passò molto tempo e il suo pubblico imparò a identificarlo più per il baffo che per la voce, e onestamente, se fosse tornato alle tutine aderenti scollate dopo averci fatto innamorare tutti col capello corto e i baffoni sarebbe sembrato ridicolo, ormai il mondo era andato avanti, gli anni ’80 richiedevano un aspetto più mascolino.

Vabbè

Tornando su Lalo Salamanca e sulla serie che l’ha lanciato nel magico mondo dei bastardi adorabili, e dovendo creare un collegamento coerente col brano della puntata scorsa, vorrei parlarvi di Todd Terje, un dj norvegese, e della canzone che compare nella terza stagione della serie.

Quando ho letto che veniva definito “un terzo della Santa Trinità della disco norvegese” mi è subito venuta la curiosità di sapere chi fossero gli altri due e soprattutto, da quando la disco norvegese è un fenomeno popolare?
Cioè, io la Norvegia la conoscevo per il black metal, com’è che hanno trovato spazio dei dj?

Ho letto un articolo in cui Lindstrøm, un altro membro (credo) della “Santa Trinità”, dice di essere sempre stato un rocchettaro e di essersi avvicinato alla disco solo per curiosità, e ho pensato che forse in Norvegia in quegli anni lì, dichiarare che ti piaceva una cosa diversa dai Mayhem era un po’ come chiamarsi Olaf e rivelare ai tuoi genitori che quel ragazzo biondo con cui passavi gran parte del tuo tempo non era solo un tuo compagno di studi.
Mi sono immaginato questi ragazzi che si radunavano di notte in qualche garage e mettevano su gli Unerwünscht e i Tangerine Dream e se li ballavano a volume basso, mentre fuori passavano furgoni carichi di ciccioni coi capelli lunghi e il cerone sulla faccia che urlavano il ritornello di Sign of an open eye dei Gorgoroth.

(Non lo so quale sia il ritornello di Sign of an open eye dei Gorgoroth, ho fatto un giro su Google senza approfondire perché il computer che sto usando non ha le casse, ma dato che sono pieno di pregiudizi buffi mi piace credere che sia una roba tipo “AAARGH!”)

Todd Terje non ha mai raccontato della sua infanzia in mezzo alle cartiere abbandonate di Mjøndalen, o perlomeno non l’ha fatto in posti dove sarei stato capace di leggerlo. Quello che so di lui è che ha collaborato con un sacco di persone famose e che ad un certo punto qualcuno l’ha definito “il re dei festival estivi”, compreso il Sonar Festival di Barcellona, che non è proprio come esibirsi alla festa della birra di Crebini Cazzuli.

Ecco, nel suo caso i baffi autorevoli fanno ridere, ma è perché ha la faccia da ragazzino

Andando a scavare nella vita di Todd Terje si scopre che i dj norvegesi sono più di tre, e sono una realtà consolidata. Da ragazzino ascoltava le cassette che sua sorella gli portava a casa, registrate da un suo amico che si stava facendo conoscere nella disco del Paese: si chiamava DJ Erot, e nella sua breve vita (morì a 23 anni per un problema al cuore) ebbe il tempo di ritagliarsi uno spazio importante nel settore, un po’ perché la sua ragazza era Anne Berge Strand, un’altra dj piuttosto famosa (lei è ancora viva e ha continuato, collaborando anche con Taylor Swift, per dire), e un po’ perché in tutta la Norvegia nei primi anni 2000 abitavano meno di 5 milioni di persone (nella sola Melbourne ne vivono di più), con tutti i metallari che giravano quanti potevano essere a fare musica elettronica? Però se non sei bravo non emergi, c’è poco da fare, e Todd è bravo, ha studiato il pianoforte, nei suoi pezzi si sente emergere il jazz e il dub, si sente il cinema, si sente tanta disco anni ’70. Comincia a sfornare pezzi che stanno benissimo nei baretti sulla spiaggia, viene invitato ai festival che si tengono vicino a quei baretti lì, e in poco tempo lo conoscono tutti.

La prossima volta potrei agganciarmi a uno di questi festival e andare a finire ovunque, oppure restare sulle sue collaborazioni e spostarmi di poco. Vediamo.

(continua)

E dimmelo, dai, lo so che ci tieni

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.