strage allo zoo, bambino di 9 anni spara alle giraffe

Stamattina alle tre e mezza ero seduto sul gabinetto e cercavo di capire dove mi trovavo. Mi trovavo sul gabinetto, l’ho già spiegato, ma una parte di me non ne era ancora del tutto cosciente. Stavo aggrappato al telefono come un naufrago per non annegare un’altra volta nel sonno, e la prima cosa che mi è capitato di leggere è stato il messaggio di un’amica che mi scriveva che è morto il mio scrittore preferito.

In quello stato di semi incoscienza mi sono chiesto chi fosse il mio scrittore preferito, e onestamente non saprei rispondere neanche adesso che sono passate due ore e sono già pronto al secondo caffè, ma nella zona grigia in cui mi dibatto a quelle ore non lo avrei saputo indicare neanche se avessi a casa il suo busto in marmo.

Questa è la conversazione che hanno avuto i miei due neuroni funzionanti:
“Ma chi, Saramago?”
“Ma no, è già morto, siamo anche stati sulla sua tomba l’anno scorso”
“Ma che tomba, era un albero”
“Siamo stati sul suo albero l’anno scorso”
“Sì vabbé adesso era un macaco”
“No un ulivo”
“No dico Saramago”
“Nel senso che diventerà come Gandalf?”
“Ma chi?”
“L’ulivo”
“A me l’ulivo fa venire in mente più D’Alema”
“Quindi è morto D’Alema?”
“Ma non è il mio scrittore preferito”
“E allora chi è?”
“Un segretario del PD coi baffetti”
“No, dico lo scrittore”
“Qui non c’è scritto. Aspetta che apro google”

Era Cormac McCarthy, come ormai sanno già tutti, e non è stata una grossa sorpresa perché aveva 89 anni, e dato che aveva appena pubblicato due romanzi avremmo dovuto aspettarci il prossimo fra 15 anni, ma uno a 104 anni che cosa ci deve raccontare ancora, lasciamolo crepare in pace poveretto.

Non so se era il mio scrittore preferito, mi sa che neanche ce l’ho uno scrittore preferito unico al di sopra di tutti gli altri. È stata comunque una botta, più di quella ricevuta due giorni fa per la scomparsa di Francesco Nuti, di cui amo tuttora smodatamente due film, ma che alla fine sentivo vicino come il lontano parente simpatico che racconta le barzellette.

C’è stata un’altra scomparsa eccellente in questi giorni, ma non credo valga la pena di aggiungere contenuti, il carrozzone è già pieno così. Speriamo che non finisca come nel 2016, non gioco al fantamorto e buona parte dei miei eroi hanno raggiunto un’età ragguardevole, vorrei centellinarmi i lutti per quanto possibile.

Comunque McCarthy scriveva come uno che ha girato tutto il mondo a raccogliere le parole più adatte e poi si è seduto alla scrivania e le ha provate tutte una per una per trovare quella che ci stava meglio, io quando leggo i suoi libri mi sento come se stessi di fronte a un fantasma, a una di quelle cose che sai che non potrebbero esistere eppure ce l’hai davanti e ti sta dicendo delle cose e insomma ci dev’essere un motivo se le sta dicendo proprio a te, forse sei l’Eletto ed è il caso che lo stai a sentire, e il pensiero che questo privilegio è solo legato all’aver comprato un libro ed è un’esperienza ultraterrena che potrebbe vivere chiunque eppure non c’è la fila davanti alle librerie, a me è una cosa che mette una profonda tristezza.

Sarà che l’opera di uno scrittore richiede una partecipazione attiva da chi ne fruisce, mentre per un film o un disco basta che ti siedi e stai sveglio, ma quando muore un gigante della letteratura non assistiamo a scene di lutto collettivo, cordoglio nazionale, funerali di stato. È più facile che ne goda un pluripregiudicato il cui unico contributo all’arte è stato scorreggiare al G8.

Ciao signor McCarthy, io non porterò il lutto in tuo onore. Oggi tornerò a casa un po’ più triste, mi leggerò qualche altra pagina del tuo libro e berrò un po’ di quel prosecco che ho stappato l’altroieri per festeggiare una bella giornata, e anche questa lo sarà, alla fine.

Grazie per ogni linea di dialogo che mi hai obbligato a rileggere all’indietro per capire chi dei due stesse parlando, per ogni pagina che mi sono ripetuto ad alta voce per ascoltarne la musica, per ogni capitolo che quando finiva era come aver terminato una tappa di montagna, per i cavalli.

E dimmelo, dai, lo so che ci tieni

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