Riassunto delle puntate precedenti:

Introduzione
Bruno Lauzi – Garibaldi Blues
Peggy Lee – Why Don’t You Do Right?
Tony Bennett & Lady Gaga – The Lady Is A Tramp
Joni Mitchell – Chelsea Morning
Neil Young – Cortez The Killer
Banda El Recodo – El Corrido De Matazlan
Los Cuates de Sinaloa – Negro Y Azul: The Ballad Of Heisenberg
Los Tucanes de Tijuana – El Chapo Guzman
Cholo Valderrama – Llanero si soy llanero
Celia Cruz – La Vida Es Un Carnaval
Duke Ellington – The Mooche
Renato Rascel – Romantica
Igor Stravinskij – Pulcinella Orchestral Suite – Part I/III
David Bowie – Pablo Picasso
Prince – Cream
Wu-Tang Clan – C.R.E.A.M.
Frances Yip – Green Is The Mountain
VIXX – Error
Ili Ili Tulong Anay – Mvibe
Mahani Teave & Viviana Guzman – Flight Of The Bumblebee
Martina Trchová – U Baru


Nella puntata precedente ci siamo rivolti a una cantante folk jazz che vive a Praga, e il prossimo passaggio ce lo faremo suggerire da lei direttamente:

sulla sua pagina facebook nomina tre artisti amati dal suo gruppo, ZAZ, Zuzana Navarová e Alanis Morissette. E adesso starete tutti a pregare che questa puntata vi riporti sui binari più battuti dal pop, che di sentire roba sconosciuta per un po’ va bene, ma poi basta.

Il vero nome di ZAZ è Isabelle Geffroy, francese, classe 1980, e se speravate che questo episodio fosse dedicato ad Alanis Morissette è perché vivete dalla parte delle Alpi dove sanno preparare il caffè; fidatevi, quest’artista in Francia ha il successo che da noi potrebbe avere.. boh.. la Pausini?

Anche se ad ascoltare le sue canzoni, il genere che propone si avvicina più ai artisti folk, mi viene in mente la Bandabardò, ma ho un po’ perso le tracce del panorama musicale nostrano, sono sicuro che esistono esempi più calzanti.

Il video che posterò questa settimana è particolare: interamente girato a Cuba, vede un’artista di lingua francese parlare in spagnolo senza quell’accento sgesge che li sgama ovunque appena aprono bocca.

Che poi è la ragione per cui l’agente segreto più famoso della storia del cinema è inglese. Se fosse stato francese lo avrebbero catturato dopo cinque minuti dalla sua prima apparizione.

Vabbè, in effetti è quello che succede appena arriva all’aeroporto di Kingston nel primo film, ma non sono mai stato in Giamaica, che ne so che i tassisti fuori dall’aeroporto non cercano di uccidere i loro passeggeri? In fondo quelli di Istanbul lo fanno, guidando come degli scellerati e senza tenere il volante. Meno male che quella volta ero seduto davanti, sennò adesso questa rubrica ve la scriverebbe mia madre, alla quale avrei lasciato il computer in eredità e che si sentirebbe in dovere di portare avanti il mio messaggio di amore e fratellanza, e tutte le settimane dovreste sciropparvi la playlist di Radio Freccia, che mia madre ascolta solo quello, e non dovrei lamentarmi, se ascoltasse Celentano sarebbe peggio.

Per esempio, i vostri genitori che musica ascoltano? Death metal? Jazz? Beniamino Gigli?

Mi piacerebbe fare un sondaggio, potete rispondermi sul blog o telefonarmi alle due del mattino, tanto sono ancora sveglio a giocare ai videogiochi.

Questa quarantena ci sta trasformando tutti in cosplayers di Drugo del Grande Lebowski.

Ma dicevamo di ZAZ. Cosa spinge una donna a farsi chiamare come un cattivo di Batman?

Ho indagato un po’ nella sua biografia, e l’unica cosa che sono riuscito a scoprire è perché parla bene lo spagnolo, ma di traumi infantili che possono averla portata a intraprendere una carriera segreta come supercriminale di Gotham City e tagliuzzarsi la faccia neanche un accenno.

Che poi se fossi un supercattivo americano avresti una lunga lista di ottimi maestri da cui attingere: Hannibal Lecter, Donald Trump, Justin Bieber, McDonalds, la pizza all’ananas, per citare solo i primi che mi vengono in mente; ma la Francia non ha questa tradizione così radicata di personaggi malvagi, il peggio che è stata capace di produrre è stata il maresciallo Pétain. I francesi al massimo riescono a risultare antipatici, cosa che da questa parte delle Alpi non dimentichiamo mai di sottolineare, ma malvagi proprio no. E senza un vero cattivo ti manca il substrato adatto per creare un eroe credibile. Chi potrebbe essere Batman in una Gotham City francese, dove bande di teppisti coi baffetti trattano con superiorità i cittadini terrorizzati fuori dalle boucheries? Vincent Cassel?

Senza contare che, nazionalisti come sono, non accetterebbero mai che il protettore dei patrii confini porti un nome anglofono, come tutti i supereroi più famosi vengono chiamati nel mondo. E come potrebbe chiamarsi un Batman francese? L’homme chauve-souris? Dai, ti ammazza tutta la tensione!

I fumetti prodotti in Francia non aiutano granché, da questo punto di vista: se penso a un supereroe locale, la figura che ci si avvicina di più è Obelix, caduto da piccolo nella pentola della pozione magica, e da allora dotato di una forza sovrumana. Praticamente Hulk coi pantaloni ascellari.

Il casino dei francesi è che la gran parte degli eroi che meglio potrebbero ergersi a protettori della città, parlano francese, ma sono belgi. Tintin, Blake & Mortimer, Lucky Luke, perfino i Puffi, in caso di pericolo, non andrebbero in giro a pattugliare le strade di Parigi, ma casomai quelle di Bruxelles, o di Liegi, se sono supereroi che tifano Vallonia. E secondo me fra i Puffi questa divisione esiste eccome, il Puffo Quattrocchi è senza dubbio uno che al referendum per dividere il Paese avrebbe votato a favore.

E se parliamo dei Puffi non posso non citare le varie teorie cospirazioniste che li accompagnano da quando è nato l’internet. Nel corso degli anni sono stati considerati un mezzo di propaganda camuffato da prodotto per ragazzini, attraverso cui far passare ogni genere di messaggio: da chi li accusava di essere comunisti a chi sosteneva che rappresentassero il Ku Klux Klan. In realtà i Puffi sono alieni, insediatisi segretamente nelle aree agricole del mondo; il loro piano è diabolico ed efficace: occupare i campi e le fattorie dà meno nell’occhio che bombardare New York, e metterebbe in ginocchio i terrestri in un paio di settimane al massimo, giusto il tempo di fargli esaurire le scorte alimentari.

E basta, ci vediamo la prossima puntata, quando vi farò ascoltare una canzone che devo ancora decidere quale sarà. Buon 25 aprile a tutti.

(continua)

Ehi ma tu sei Pablo, quello che scrive sul Pablog! Eh. Perché cosa puoi dire a una che ti ferma per strada e ti dice qualcosa che sai già, se non eh. Leggo sempre la tua rubrica di cinema, mi piace tantissimo! Allora leggi molto poco, perché non scrivo di cinema da anni, ormai. Infatti, e mi chiedevo come mai. Forse non vai più al cinema? Ho letto che ti sei dato al teatro. Mi sono dato a un sacco di cose: alla psicoterapia, alle droghe, ai libri in formato elettronico e al sesso occasionale con sconosciute che mi fermano per strada per chiedermi del mio blog. T‘è andata male, io volevo solo sapere quando scriverai un’altra recensione di cinema. Che due palle, ma sempre così? Guarda, sto giusto andando a vedere Birdman. Magari poi scrivo due righe, se mi lasci il tuo numero di telefono te lo faccio leggere in anteprima. Grazie, ma aspetto di leggerlo sul blog. Ciao. 

Niente, è chiaro che provarci con tutte quelle che respirano non fa per me, forse dovrei cambiare strategia e spacciarmi per un orsacchiotto tenerone. Oppure scrivere le mie robe senza preoccuparmi di cosa succederà domani, tanto domani arriva comunque.

La preoccupazione di vedersi il tempo scivolare via e non riuscire a tenerlo è uno degli ingredienti del film di ieri sera, dove Batman non sa farsi una ragione di essere invecchiato e che il suo posto sia stato preso da Christian Bale, e si rode tanto da cercare sé stesso in un ambito diverso: il teatro.

Bisogna capirlo, quando hanno fatto indossare la cappa nera a Val Kilmer e a George Clooney sono sicuro che Keaton ha strabuzzato gli occhi e si è chiesto come cazzo è possibile che al pubblico possano piacere due panettoni come quelli, dico, a dirigere me c’era Tim Burton, lì c’è uno che fino a ieri faceva videoclip, è chiaramente un prodotto per accontentare il pubblico, ma sotto non c’è contenuto, non c’è storia, non c’è un cazzo di niente. E gli è andata bene, perché il pubblico si è mostrato intelligente e maturo, e li ha snobbati. Poi è arrivato Christopher Nolan a mostrarci cosa sia davvero un film cupo su Batman, e lì Michael Keaton è andato in crisi, perché si è sentito superato da qualcuno che giocava con le sue stesse armi, e giocava meglio di lui.

in quest’immagine c’è tutto il film, che vi piaccia o no.

Allora si è reinventato, basta supereroi, io sono un uomo di cultura, io non ho bisogno di mezzucci per dimostrare il mio valore, io sono un attore vero e faccio teatro. Poteva andare peggio, poteva condurre un talk show.

Si mette in gioco completamente, come chi percepisce che quella sarà la sua ultima possibilità, ci crede fortissimo, ipoteca la casa di sua figlia, si distrugge il fegato e l’equilibrio, e si presenta a noi alcuni giorni prima del debutto, mentre è impegnato con le anteprime.
Non è facile, ci sono attori che non tengono la parte, altri che la tengono troppo, c’è sua figlia che dopo Spiderman 2 si è data alla droga ed è sempre lì in bilico fra la voglia di buttarsi di sotto e quella di scoparsi il primo che le dà un minimo di considerazione, c’è la sua ex moglie, la sua forse amante, la critica, i fantasmi del passato, l’insicurezza, il maledetto tempo che quando ti togli la maschera lo vedi lì nello specchio che ti fa il pendolo col dito e ride e dice tic toc tic toc, e questo tizio che suona la batteria in giro per il teatro, lo senti continuamente, ma chi cazzo è.

Non c’è un attimo di pausa, nessuno stacco, è un unico, (ochei ritoccato ma) bellissimo piano sequenza, c’è una fotografia meravigliosa, c’è Michael Keaton bravissimo e Edward Norton gigione, che va bene bravone, ma fare il personaggio sopra le righe è facile, e comunque quando c’è lui non vedi altro perciò il cappello me lo levo eccome, Naomi Watts è bella di quella bellezza che la guardi e ti senti come se gli occhi si fossero seduti sul divano dopo una giornata in giro in un paio di scarpe strette, Emma Stone è la rana dalla bocca larga. I dialoghi serrati si alternano a monologhi intensi, c’è Carver, no, dico, Carver, c’è New York, il teatro, le considerazioni sul teatro e sulla vita e gli scazzi fra gli attori e i dubbi esistenziali e sono lì che mi frego le mani e penso che sia il film più bello dell’anno quando ad un tratto succede quello che nessuno si aspettava: il film diventa prevedibile.
C’è un punto, non dico quale per non rovinare la visione a chi ancora non, in cui pensi che non succederà mica quella cosa che ti stanno telefonando da venti minuti, dai, non ti cadrà mica nella banalità. E invece telolì, e da quel punto il film perde la quasi magia gionni e diventa un polpettone hollywoodiano di taggiovolutobbenattè, e non succede più niente, e anche il finale che puoi fargli dire un po’ quel che vuoi è una roba da regista impegnato e all’avanguardia che ti fa gomitino e ti suggerisce che se l’hai capito sei figo come lui, e quando si sono accese le luci sono uscito dal cinema un po’ deluso, e insomma, io il dvd di Birdman alla fine non me lo compro.

La partenza è prevista per le quattro, sono le due e mezza, sul piazzale ci siamo io e le mosche. Cielo coperto, temperatura secondo WeatherPro 24°C, secondo me lebestemmie, che c’è umido e le mosche sono nervose e mi ronzano sulla faccia e non mi lasciano leggere.
Alle tre e un quarto arriva una signora con due grosse borse della spesa: a parte il foulard e la gonna potrebbe benissimo essere Giampiero Galeazzi, ma anche così non è detto, la mia conoscenza di Bisteccone si limita a un paio di telecronache di canottaggio, che ne so cosa fa nella vita privata? Nel dubbio azzardo un “buongiorno” in italiano, per cercare di sgamarla, ma non ci casca, mi studia un momento e mi chiede qualcosa che suona come “‘ndo cojo cojo golasso”.

“Mi spiace, non capisco”, le rispondo in italiano, sperando in una botta di culo.
“Ci sta il cacao?”
“I’m sorry, I don’t understand”
“Con lo Jesi, che partita!”
“Si, vabbè”

Poco alla volta il piazzale si riempie di persone in attesa del pullman: c’è una coppia sulla cinquantina in tenuta escursionistica, zaino e scarponcini tecnici, che rispetto a come sto messo io, con le All Star e la maglietta di Batman, sembra organizzata molto meglio; c’è un ragazzino col baffo di primo pelo, in mimetica e borsone, che ha la tipica faccia da licenza; una coppia cerca di capire come abbassare il volume a quegli aggeggi alti ottanta centimetri che si muovono sempre e piangono fortissimo se non fai subito quel che ti chiedono, tipo comprargli il gelato o scendere dall’aereo perché sono stufi, e mi chiedo perché non accontentarli, specie nel caso dell’aereo; c’è una bella ragazza mora, indossa un vestito leggero che le lascia le gambe scoperte, e non sembra accompagnata da nessuno, e ho trovato la mia compagna di viaggio, le chiederò come si chiama e la affascinerò coi miei modi gentili, e siccome starà sicuramente andando anche lei a Sarajevo ci vedremo anche nei prossimi giorni e insomma una cosa tira l’altra, quando torno devo pensare seriamente a trasferirmi in una casa più grande.

Arriva la corriera, un bel mezzo moderno dai sedili confortevoli. Ci disponiamo a salire e cerco di mettermi dietro la ragazza, ma non troppo attaccato, lascio che qualcuno si frapponga fra noi, così da darle il tempo di sistemare la borsa nella cappelliera e sedersi, e capitare lì per caso e chiederle se il posto accanto al suo è libero e donarle il sorriso accattivante che mi ha reso celebre nelle balere da Cesenatico a Foggia, e insomma una cosa tira l’altra, chissà se limoneremo duro già prima del capolinea.
Si ferma a metà, sceglie il posto accanto al finestrino e mi accingo a fare la mossa del giaguaro, ma la coppia di escursionisti che ci separa si separa, e la moglie va ad occupare il mio sedile. Perché? Che è successo? Non stavate bene insieme? Cosa siete, una coppia in crisi che va in vacanza per dare un’ultima possibilità alla relazione, ma nel piazzale della stazione di Banja Luka, attorniata dalle mosche, capisce che ogni tentativo sarebbe inutile e decide di terminare il viaggio mantenendo una dignitosa ma eloquente distanza? Macheccazzo.

I posti intorno sono tutti presi, mi piglio il primo finestrino che trovo, molte file più indietro, e tiro fuori il telefono, che fra i vari comfort del mezzo c’è anche la presa elettrica. Perlomeno ho da leggere, penso.

“Sono Cita”
“Oh no!”
“Se dimmi ovvie, paciugo Previti busto”
“Sarà un viaggio lunghissimo..”

Come provocare un infarto al segretario della Lega Nord in Alto Adige

Il paesaggio è collinare a tratti, alpino a sprazzi, non capisci mai se stai vedendo il Sudtirolo o le colline toscane. I minareti al posto dei campanili aggiungono irrealtà, che sono abituato ad associarli a panorami più aridi, così mi aspetto Heidi che porta a pascolare i cammelli su alla baita, sono confuso.

“Signora, sono confuso”
“Ne riassume il governo”

Il resto del viaggio passa senza incidenti, la ragazza scende in un posto che si chiama Busovača, su cui non riesco a pensare niente di più eloquente, e alla fermata c’è il suo fidanzato che la aspetta e se la abbraccia contento, e mi viene in mente il video che mi ha spedito Andrea qualche giorno fa, ma il telefono che ho in mano è il mio, mi limito a ricordarlo e ghignare.

 Alle nove siamo a Sarajevo, ho l’indirizzo di un albergo in centro che dalle foto sembra molto interessante, e provo a farmici portare con un taxi: in fondo si deve pur morire di qualcosa, e peggio dei tassisti turchi credo sia impossibile. Mi siedo davanti, che dietro tutti quanti, e mostro la via all’autista grazie al fido telefono: 3 euri al giorno per navigare dall’estero mi stanno togliendo da un sacco di impicci, altro che storie. Inoltre ho imparato a Istanbul che se stai seduto davanti puoi tenere il volante mentre l’autista usa entrambe le mani per mandare sms a suo cugino.

L’albergo si trova alla Baščaršija, che potete pronunciare Bascarsia o Shambawambawè, non mi fa alcuna differenza, tanto non ho idea di come si dica; è la strada che porta al quartiere turco, quindi vedi che il mio commento sui tassisti di Istanbul non era a sproposito. Vengo scaricato nei paraggi, che l’area è pedonale, e l’autista mi indica la direzione giusta.
Ci metto un po’ per trovarlo, è in un vicolo laterale, nascosto fra il muro di cinta di un giardino e la facciata di un negozio, e ammetto di essermi fatto qualche scrupolo nell’avvicinarmi, ma erano timori scemi legati alla mia difficoltà nel comunicare: non conoscere la lingua del posto e sapere che pochi parlano inglese non mi fa sentire sicuro. Non ha senso, e quando ci rifletto mi passa alla svelta, ma mai del tutto a quanto pare.

Vengo ricevuto da una signora con gli occhiali e un sacco di riccioli rossi legati sopra la nuca. Dev’essere una discendente degli irlandesi che scoprirono la Bosnia prima dell’Impero Romano, ma le tracce della sua origine finiscono sulla targhetta che tiene appuntata alla camicia, dove c’è scritto Lamija, che si pronuncia Lamia, che è la figura alla base del mito dei vampiri, che è la ragione per cui adesso mi infilo in camera e sbarro la porta e la finestra e mi chiudo nell’armadio finché non sorge il sole, perché lo so che stanotte mi sveglio e c’è questa donna in piedi accanto al letto che si tiene gli occhi in mano e incombe su di me con le sue orbite vuote, e come lo mandi via un vampiro islamico, con la mezzaluna? Non ce l’ho neanche a casa io, la mezzaluna, il prezzemolo lo frullo, maledizione a me e alla mia disorganizzazione del cazzo! Finirò divorato nel cuore dell’Europa, e se non succede niente è pure peggio, perché mi resterà questa febbre dentro, l’assuefazione all’adrenalina, e dovrò buttarmi in attività sempre più pericolose per provare ancora quel brivido di cui ormai non posso più fare a meno, e finirò per prenotare le vacanze dell’anno prossimo in Transilvania o a Formentera con un gruppo di punzapunza.

Ma piantala! È una signora coi capelli rossi, cosa potrà farti di male? Sarà simpatica, chiedile una stanza!
Mmm, so mica. L’ultima mi ha trascinato in una tomba etrusca.
Ma che cazzo c’entra, piantala di vivere di suggestioni! Sei una persona reale, quando comincerai a comportarti come tale?

“Benvenuto in mia casa”, dice in un italiano stentato. “Entrate e lasciate un po’ della felicità che recate.”

Viavia! Scappiamo!
Ma come scappiamo? E il mondo reale?
Nel mondo reale una sospetta progenitrice di vampiri non si presenta citando il Dracula di Coppola!
Ma parla italiano. Dove la troviamo a quest’ora un’altra albergatrice che parli la nostra lingua?
Al Best Western!
Io al Best Western non ci vengo! Adesso taci e lascia parlare me!
Vaffanculo, se rinasco spero di essere la personalità multipla di qualcuno più saggio.

“Buonasera, non ho prenotato. C’è una stanza libera?”
“Certo. Per quante notti?”
“Tre”
“Perché ha citato Dracula?”
“Perché hai un pipistrello sulla maglietta.”
“E perché mi ha parlato in italiano?”
“Perché ti sei fermato fuori dalla porta a guardare quel manifesto, che è scritto in italiano.”

In effetti è vero, sono arrivato in città con la maglietta di Batman, e mi sono fermato a leggere il manifesto di un circo, appiccicato fuori dalla porta dell’albergo. Ci sono disegnati due zingari, uno suona i piatti e l’altro l’organetto a manovella, ed è scritto in italiano.

Still better than punzapunza.

Still better than punzapunza.

Se fossi in Francia o in Portogallo liquiderei il duo come i soliti italiani arrabattoni e me ne terrei a debita distanza, ma come ho già detto mi inquieta trovarmi in un paese che non sento per nulla familiare, e la presenza di due connazionali non mi irrita come al solito, anzi. Sono stranamente intrigato da queste due figure, soprattutto da quello con la pancia prominente e la barba rossa che mi ricorda Lothar, l’aiutante di Mandrake.
Vabbè, sticazzi, adesso ho fame e sonno, mi faccio tentare da uno dei vari ristoranti del quartiere e vado a dormire.

Il mercato è mezzo chiuso, cammino fra edifici bassi e butto un occhio alle vetrine ancora aperte, piene di oggetti in rame, teiere dal collo lungo e intarsiato, penne ricavate dai bossoli delle mitragliatrici e piatti con la scritta Sarajevo. In un baretto piglio due borek, che sono degli involtini col formaggio e le erbe, e li innaffio con una birra che si chiama come la città. Il minareto che domina il quartiere mi permette di orientarmi facilmente, e quando decido di rientrare mi basta fare due rapidi calcoli per trovarmi chissà dove, tornare indietro per una strada che però non ho percorso all’andata e attraversare un ponte (??) che mi porta sotto un altro minareto, che però non distinguo dal precedente perché quando a scuola spiegavano i minareti io avevo la varicella, e finisco davanti a una chiesa con un campanile. In questa città a prevalenza musulmana convivono tranquillamente entrambi i culti, o perlomeno convivevano: dopo la guerra sono cambiate diverse cose, il clima si è inasprito, diverse chiese sono state chiuse, le strade sono state invase da italiani che si fingono zingari e allestiscono circhi dove c’è uno che fa finta di essere una scimmia ammaestrata, e per le strade può capitare di imbatterti in questi buchi di mortaio tappati con della resina rossa che non puoi non vederli, e ti ricordano cos’ha passato questo paese, e ti si stringe il cuore, e a me stasera si stringe anche perché non ho idea di dove sono finito, c’è una chiesa rossa, sarà dedita al culto di R’hllor, magari, Melisandre mi fa discretamente sesso, ma no, non credo, sembra fatta di Lego come gli edifici del nord Europa, e poi c’è questa costruzione dietro, rossa pure lei, magari è dove vive Stannis, sono finito a Dragonstone, no aspetta, c’è scritto Brauerei. Cazzo, non è Dragonstone, è il birrificio della Sarajevska! Ho un intero birrificio dietro casa! Voglio venire a vivere qui.

Però domani, adesso guardiamo sulla mappa dove siamo finiti e andiamo a dormire, da bravi.

Ho scritto un commento sul blog del Dottor Manhattan, una roba da nerz che vi invito a leggere solo se seriamente motivati, che con tutti i problemi che ci sono al mondo oggi è da irresponsabili mettersi ad alimentare una polemica sul fatto che Ben Affleck sarà il nuovo Batman, molto più serio aggiungersi al coro di quelli che berlusconeingalerasì o berlusconeingaleranò, tanto la cortecostituzionale è una roba per ridere, dai, volevate mica condannarlo sul serio? Guarda, davvero, lasciami Batman, è meglio per tutti.

Ben Affleck è meglio di Christian De Sica, ma peggio di Christian Bale, insomma meh.

Poi però è saltata la luce, perché in casa mia l’impianto elettrico l’ha fatto il nonno di Garibaldi usando uno schema che gli aveva disegnato Alessandro Volta su un tovagliolo del bar, e se provi ad accendere insieme la lavatrice e il forno fai saltare la corrente a tutto il palazzo, che adesso te ne freghi perché la vicina non c’è, ma domani torna e se le impedisci di guardarsi i telefilm di Renegade su Retequattro quella è capace che smette di farti il caffè. E comunque l’ultima volta che è successo ho fermato un intercity qui di fronte e meno male che non sono andati a cercare la causa, sennò per sdebitarmi con Trenitalia dovevo viaggiare in locale tutta la vita da Ronco a Santa Maria Capua Vetere.

Insomma, è saltata la luce e il mio commento ben scritto e ragionato si è perso come farebbe questo post se saltasse la corrente adesso, che io di scrivere in brutta e poi casomai copincollare no, molto meglio buttare giù di getto come viene e manco rileggere, che palle rileggere, tanto chi vuoi che se ne accorga se è scritto coi piedi, mi leggono in quattro. Poi però mi lamento che il mio blog lo leggono in quattro e per mantenermi devo inscatolare viti, e anche così non arrivo alla fine del mese, cosa che sto cercando di risolvere tenendo sotto controllo Jack, che secondo me da quando gli ho dato il codice del bancomat va a fare dei prelievi di nascosto, perché non è mica possibile fare la vita dell’eremita come faccio io e farsi offrire il pranzo venti volte al mese e ciononostante avere un conto che neanche il re dell’Uganda, adesso faccio come lui e mi metto a scrivere email agli sconosciuti proponendo loro affari vantaggiosissimi come avete fatto a non pensarci prima meno male che ci sono qua io.

Che poi io questa cosa del re dell’Uganda che scrive le email.. le avete mai ricevute? A volte è lui, a volte il suo segretario, ti propone di metterti in società per fare delle robe che guarda, c’è da lucrarci di brutto, solo che usa un linguaggio più complicato, ci gira intorno, perché in Uganda non parlano bene l’inglese e non sanno tradurre lucrarci di brutto. Ora, secondo me non è davvero lui, è una specie di truffa. Non sono sicuro, non vorrei mettervi in testa delle idee sbagliate, ma secondo me se gli mandate i soldi che chiede poi non lo vedete più. L’ultima volta gli ho risposto che l’avrei aiutato volentieri, ma ho investito i miei risparmi per comprare una stufa a Elena che vive in Russia. Semmai col prossimo stipendio, dai.

Ma dicevo del mio commento, che mi sono dovuto mettere lì e riscriverlo, solo che nel frattempo ho preso l’aperitivo a base di Tennent’s e Fonzi, che è un abbinamento che a stomaco vuoto ha degli effetti sui miei neuroni che se potessero osservarli con qualche strumento sofisticatissimo tipo una lente d’ingrandimento PERÒ NUCLEARE vedrebbero delle robe con tante zampette che si danno delle pacche sulle spalle e ridono come dei cretini, poi indossano dei sombreri e suonano l’ukulele. Li invidio un po’ i miei neuroni, io l’ukulele non lo so suonare.

Così il mio commento è venuto fuori più sbarazzino, ho faticato ad arrivare al punto, mi sono perso, ho rischiato anche di andare fuori tema, che è una cosa che la mia maestra delle elementari odiava, ogni volta mi faceva dei segnacci sul quaderno e scriveva a lettere maiuscole NON ANDARE FUORI TEMA!!UNO! e la cosa mi ha lasciato tanto sconvolto negli anni a venire che adesso quando mi sembra di divagare mi appare la sua faccia incazzata e per non avere gl’incubi la notte devo buttare via tutte le penne rosse che ho in casa. Operazione, peraltro, costosissima, perché in casa non ho penne rosse, così devo scendere dal tabacchino a comprarne una scatola.

Per un certo periodo ho provato a frequentare la nipote della mia maestra, che è molto carina, e speravo che sostituendo la sua faccia con quella che mi perseguita di notte i miei incubi sarebbero finiti, ma non ne ha voluto sapere di venire di notte a casa mia, ho provato a spiegarglielo che non era perché bramavo di strapparle le mutande, cioè, non solo, ma vabbè, no. Per fortuna che il tabacchino ha accettato di farmi credito, sennò mi toccava andare in analisi.

Ecco perché secondo me Ben Affleck non va bene come Batman.

Siccome mi sono scocciato di girare con una chiavetta e infilarla di qua e di là ogni volta che scrivo due righe di racconto per aggiornare lo stato dei miei testi sui vari pici che girano per casa ho adottato la soluzione Seaweeds, così chiamata dal nome del personaggio che mi ci ha introdotto, il dottor Seaweeds, appunto: ho installato dropbox su entrambi i portatili e ci ho buttato dentro tutta la roba su cui sto lavorando. Devo dire che è stata una bella pensata, stamattina mi sono seduto in giardino col picino e ho ritrovato il mio raccontone sul detective Oneyed bello aggiornato, tanto che per un minuto ho avuto perfino lo stimolo a continuare a scriverci sopra.

Non è vero, sta procedendo invece, è che mi prendo delle pause qua e là.

Parlando d'altro ho deciso di arrendermi all'evidenza, non sono una persona diplomatica e prima o poi prenderò delle sberle, ma la profezia che sarei stato costretto a restare solo a causa del mio carattere di merda non si è avverata, ho una bella fidanzata e un sacco di amici che mi telefonano per uscire anche quando non offro loro da bere. Mi permetto di mandare il gufo di cui sopra a fare in culo. Non dico chi è perché nel frattempo me lo sono dimenticato, ma se dovesse riconoscersi in queste righe sappia che ha un futuro come redattore di oroscopi.

E poi niente, oggi è il compleanno della Repubblica, non il brutto quotidiano ma la brutta democrazia, per festeggiare ho pensato di fare pace con un lato della mia famiglia e di mettermi a votare lega,in fondo a parte essere un branco di razzisti ignoranti che pensano di vivere nel milleduecento hanno anche degli aspetti positivi. Per esempio il verde è un colore che si abbina perfettamente alle mie adidas nuove.
E poi magari la smetterei di finire a insulti ogni volta che parlo di politica con mio padre.

Vado a leggermi Batman, che è meglio. Ad abbracciare il cane no, che poi mi tocca spiegarlo e c'è sempre quello che capisce a modo suo, e il mondo è bello perché è vario, ma sticazzi.

Considerate la vostra scemenza

Davvero lascereste casa e lavoro per correre dietro alle sottane di quella scopa di Olivia? E per lei fareste a botte con Bracciodiferro, accettereste di avere per mamma la Stregadelmare, vi fareste crescere barba e pancia? Ma dai, fatti non foste a viver come Bruto!

E poi lo diceva anche Giulio Cesare, “Tu quoque Bruto!”, e voi pure, Quiquoqua! Ma nopn vi siete ancora accorti che Paperinik, il vostro idolo mascherato, non è altri che vostro zio? Hanno addirittura lo stesso nome! E si che ve la tirate anche da Giovani Marmotte.

Ma non preoccupatevi, c’è chi sta peggio di voi, gli abitanti di Metropolis per esempio. Il loro paladino non fa alcuna fatica a celare la propria identità dietro un comunissimo paio di occhiali. Si vede che a Metropolis sono più scemi che a Savignone..

Questa storia del travestimento mi ha sempre lasciato perplesso. Anche i supereroi mascherati, Batman, l’Uomoragno, come fanno a truccare la voce? Il commissario di Gotham City è amico di Bruce Wayne e del suo alter ego da molti anni, eppure non si è mai accorto di avere di fronte la stessa persona, ma com’è possibile? forse Bruce Wayne quando indossa il suo costume fa l’accento abruzzese?

Secondo me la verità è un’altra..

Dal diario del Commissario Gordon

..l’agente Smith si affacciò alla porta del mio ufficio: “Commissario, il Joker ha colpito ancora!”

Ci risiamo. Il Joker. Mai una rapina in banca, un marito geloso che spara alla moglie, gli unici casi di cui ci occupavamo a Gotham riguardavano persone che si vestivano da pagliacci e cercavano di avvelenare tutta la città col gas esilarante, o da pinguini, e allora la minacciavano con un ombrello esplosivo, o da gatti, e perdevano i peli.

Niente di strano quindi che il difensore della città fosse un uomo che si faceva chiamare Pipistrello.

Il suo vero nome era Bruce Wayne, uno schizzato miliardario che viveva col suo maggiordomo nella villa in collina. Quando hai troppi soldi c’è il rischio che perdi il senso della realtà, e lui l’aveva perso veramente bene, si vestiva da pipistrello e andava in giro a picchiare i criminali.

Ci dava una grossa mano eh, i piccoli malfattori lo temevano, e quegli altri matti della sua risma finivano continuamente rinchiusi al manicomio Arkham.

Per questa sua collaborazione, giù alla stazione di polizia si cercava di dargli una mano, e facevamo finta di non sapere chi fosse in realtà, lo chiamavamo Batman, e non Bruce Wayne, e anche quel suo piccolo vizietto dei ragazzini si cercava di tenerlo una cosa nascosta.

Wayne adottava orfanelli, li tirava via dalla strada e se li prendeva in casa. Sbandati, potenziali delinquenti, andavano a vivere da lui e godevano di tutti i benefici della sua posizione.

Un benefattore, secondo le beghine della città, ma loro non conoscevano tutta la storia, non sapevano che sotto la villa si celava una caverna, e che nell’oscurità i bambini venivano abbigliati con una calzamaglia verde e iniziati a chissà quali nuove esperienze.

La polizia ne era al corrente, come lo era il sindaco e tutte le associazioni che contavano in città, ma tutti si voltavano dall’altra parte, nessuno aveva interesse a mettersi contro Wayne. Era un filantropo, aveva costruito ospedali, case di riposo, aveva finanziato la campagna elettorale del primo cittadino e si era schierato al suo fianco nelle battaglie importanti. Il museo d’arte era il più ricco del Paese, ogni mese i suoi saloni si arricchivano di opere inestimabili, venivano allestite mostre che portavano a Gotham i capolavori di ogni parte del mondo.

Ovvio che quando vi fu quel fattaccio di Jason Todd si fece il possibile per insabbiare la responsabilità del miliardario.

Todd era il suo attuale pupillo, un ragazzino che aveva tirato via da una vita di orfanotrofi e riformatori. Lo aveva introdotto nell’alta società e sgrossato dei suoi modi grezzi. Sarebbe morto comunque, diciamolo, Wayne non fece che rimandare l’inevitabile, gli regalò qualche anno in più.

Lo ritrovarono in una discarica, vestito con la solita calzamaglia attillata che tutti conoscevano molto bene. Bruce Wayne non ebbe neanche bisogno di costruirsi un alibi, se ne trovò subito pronti una decina, garantiti dalle massime autorità cittadine, tutti giuravano di avere trascorso con lui la sera incriminata, si inventarono una doppia vita del giovane, un presunto amico tossico che non venne mai ritrovato e la cosa finì lì.

Attivai il Batsegnale, un faro che proiettava in cielo il simbolo del pipistrello.

Ce lo aveva procurato lui, Batman. Per costruirlo si era chiuso una settimana nella Batcaverna, con la registrazione di tutte le puntate di Art Attack.

I preziosi consigli di Giovanni Mucciaccia avevano sortito un buon risultato, ma con tutta quella colla vinilica il Batsegnale puzzava più di una fabbrica di solventi, tanto che avevamo dovuto sistemarlo sul tetto del palazzo.

Il simbolo del pipistrello si dipinse sulle nuvole. Mi chiedevo cosa sarebbe successo se avessimo voluto contattare Batman in una notte stellata, per fortuna non successe mai.

Si, nel caso avrei avuto il suo numero di cellulare, ma mi spiaceva usarlo, non volevo urtare la sua sensibilità.

Udii un rumore alle mie spalle, e quando mi voltai l’uomo mascherato mi stava di fronte.

“Phantom, che cazzo ci fai tu a Gotham City? Dovresti essere nella giungla coi pigmei!”

“Hai parlato dell’Uomo Mascherato, no? Ed eccomi qui!”

“No, io ho parlato dell’uomo mascherato, minuscolo. Mi riferivo a Batman!”

“Aah scuusa! Cosa vuoi, con tutti questi nomignoli è un attimo confondersi.. Senti, ti ho già mostrato il mio anello col teschio?”

“Si, e anche la foto dei gemellini. Adesso per favore vattene, che il tuo lupo mi sta pisciando sul batsegnale.”

Nel frattempo era arrivato anche l’uomo pipistrello, la sua batmobile andava davvero forte, dalla collina alla centrale di polizia ci metteva meno di cinque minuti. Vero che non rispettava neanche un semaforo, ma tanto sapeva che poi le multe gliele toglievamo sempre.

“Batman, il Joker è di nuovo in circolazione!”

“Che ha fatto stavolta?”

“Ha rubato al museo la Monnalisa di Leonardo. Dice che se non gli paghiamo il riscatto le dipingerà un sorriso a trentasette denti e le farà tutti i capelli verdi. L’ambasciatore francese mi ha minacciato di morte se non la recuperiamo, e il sindaco minaccia di farmi sostituire!”

“Maledetto criminale!”

“Chi, il sindaco?”

“No, Joker! Ho capito il suo piano, vuole trasformare Monnalisa nella Jokonda! Ma glielo impedirò!”

“Come farai a trovarlo?”

“Facile, stasera gioca il Genoa, sarà sicuramente allo stadio in tribuna d’onore”

“Ma non quel Joker, deficiente! Sto parlando del supercriminale!”

“Ah ecco, mi pareva.. vabbe, non lo troverò certo stanotte, ormai siamo all’ultima pagina. Dovremo aspettare il prossimo numero.”

“Ach! Dannati fumetti mensili!”