Centotre-e-tre n.28: klám kvikmynd

Riassunto delle puntate precedenti:

Introduzione
Bruno Lauzi – Garibaldi Blues
Peggy Lee – Why Don’t You Do Right?
Tony Bennett & Lady Gaga – The Lady Is A Tramp
Joni Mitchell – Chelsea Morning
Neil Young – Cortez The Killer
Banda El Recodo – El Corrido De Matazlan
Los Cuates de Sinaloa – Negro Y Azul: The Ballad Of Heisenberg
Los Tucanes de Tijuana – El Chapo Guzman
Cholo Valderrama – Llanero si soy llanero
Celia Cruz – La Vida Es Un Carnaval
Duke Ellington – The Mooche
Renato Rascel – Romantica
Igor Stravinskij – Pulcinella Orchestral Suite – Part I/III
David Bowie – Pablo Picasso
Prince – Cream
Wu-Tang Clan – C.R.E.A.M.
Frances Yip – Green Is The Mountain
VIXX – Error
Ili Ili Tulong Anay – Mvibe
Mahani Teave & Viviana Guzman – Flight Of The Bumblebee
Martina Trchová – U Baru
ZAZ – Qué Vendrá
Incubus – Megalomaniac
Cartola – Alvorada
Yes – The Revealing Science of God (Dance of the Dawn)
No – Meet Me After Dark
Moby – My Weakness
Waka Flocka Flame feat. Drake – Round Of Applause

Nel 2015, durante uno di quei momenti di creatività e autostima che solo le droghe sanno procurare, Wacka Flocka Flame decise di candidarsi alle elezioni presidenziali dell’anno successivo, quelle che Trump vinse contro Hillary Clinton. I candidati sono spesso più dei due principali, almeno all’inizio; poi le spese esorbitanti della campagna elettorale, l’evidente svantaggio nei confronti degli avversari più forti, magari la rivelazione che si era trattato più di una boutade che di una candidatura vera e propria, e si comincia a scremare. Qualcuno sparisce, qualcuno offre pubblicamente il proprio appoggio a uno dei superstiti, Jennifer Lawrence uccide il presidente in carica con una freccia, i seguaci di Qanon dicono che è tutta una truffa e che la colpa è di Hillary Clinton, quell’altro rifiuta di ammettere la sconfitta. Le elezioni americane sono sempre qualcosa di molto interessante da vedere, ben oltre il semplice risultato finale. La candidatura di Wacka Flocka Flame era stata un’idea di Rolling Stone per vendere qualche copia in più della rivista, anche perché, per candidarsi a Presidente, bisogna avere 35 anni e il candidato ne aveva solo 29; ma a pensarci oggi non sembra più un’idea così balzana: neanche un Presidente degli Stati Uniti imbottito di cannabinoidi avrebbe fatto più danni di quello attuale, e di sicuro i G8 sarebbero stati molto più divertenti da seguire.

“Yo, regina d’Inghilterra, che cappello figo! Hey mangiarane! Ciao spaghetto, mi hai portato la roba?”

A guardare l’intervista che rilasciò allora non sembra così tanto più assurda di una qualunque rilasciata dall’attuale presidente in carica. Senza contare che alla fine del mandato avrebbe fatto molte meno storie e si sarebbe limitato ad alzare le spalle e accendersi un’altra torcia.
Quanto ai suoi sostenitori, non saprei dire se saprebbero rendersi meno ridicoli dei Trump Boys quando straparlano di complotti segreti e schede elettorali irradiate di isotopi di plutonio, ma se non altro avrebbero una buona giustificazione delle loro paranoie.

Quindi il gancio di oggi sono i musicisti impegnati politicamente?
Quindi il gancio di oggi sono i musicisti impegnati politicamente.

Attenzione però, non mi sto riferendo a quei cantanti che hanno scritto un pezzo che parla di argomenti di attualità, perché sarebbe troppo vago, e non voglio neanche sceglierne uno che abbia sostenuto questo o quel politico sulla propria pagina social, perché l’hanno fatto praticamente tutti.

Vorrei parlare, invece, dei musicisti che hanno tentato una carriera politica, che ce ne sono meno e i collegamenti che vengono fuori sono più interessanti.

Il primo nome che mi viene in mente è Kanye West, che ha corso alle ultime elezioni negli Stati Uniti come indipendente e ha preso 66mila voti. Considerate che Biden ne ha raccolti quasi 81 milioni e Trump poco più di 74. Se siete di quelli convinti che sia tutto un complotto e che invece abbia vinto Trump vi offro un paragone italiano prima che mi tempestiate di commenti: alle ultime elezioni politiche del 2018, il partito Unione Sudamericana Emigrati Italiani, che vota nelle liste estere e ha la sede in Argentina, ha raccolto più preferenze di Kanye West, circa 68mila.
Lui ha detto che ci riproverà nel 2024, gli emigrati italiani votano ogni volta, e magari su questa faccenda di dare il voto a gente che vive dall’altra parte del mondo e neanche parla italiano ci torniamo, ma non oggi perché c’è da parlare di Mick Jagger.

Mick Jagger non ci ha davvero provato. A fare il politico, dico. Tuttavia nel 1967 venne contattato da un membro laburista del parlamento britannico, Tom Driberg, a cui andrebbe dedicato tutto un capitolo a parte. Apertamente omosessuale in un periodo in cui era considerato un reato, Tom Driberg fu un giornalista, fece parte del partito comunista inglese finché non venne cacciato per aver preso posizioni contrarie alla linea, fu un membro del parlamento e quando andò in pensione ottenne un titolo nobiliare e diventò barone. Strinse amicizia col controverso occultista Aleister Crowley e con i gemelli Kray, due criminali londinesi la cui vita è stata raccontata in un film con Tom Hardy. Dopo la sua morte uscirono alcuni libri in cui veniva sospettato di essere stato una spia del servizio segreto britannico, o di quello sovietico, o di entrambi. E ad un certo punto chiese a Mick Jagger se voleva entrare nei laburisti, e si sentì rispondere “grazie, ma le mie simpatie sono più anarchiche”.

L’unica ragione per cui Mick Jagger dopo questa foto non è finito al centro delle teorie cospirazioniste legate a Clinton è che ce ne sono già troppe che lo legano al diavolo e diventa troppo complicato

Uno che invece diventò sindaco di Palm Springs fu Sonny Bono, l’ex marito di Cher, che assunse la carica nel 1988, e in seguito divenne senatore repubblicano dal 1994 al 1998. Magari avrebbe continuato, ma quell’anno morì piantandosi con gli sci in un albero, come un qualunque cattivo di 007. Durante la sua carriera di sindaco istituì il Palm Springs International Film Festival, ma la sua più grande impresa politica fu di avere legato il proprio nome alla legge sul diritto d’autore, di cui fu un accanito sostenitore. Essendo morto prima che questa venisse alla luce, in suo onore venne chiamata Sonny Bono Act. È una legge che prolunga i diritti sulla proprietà intellettuale dell’opera fino a 95 anni dalla morte dell’autore. Sonny Bono da solo forse non sarebbe riuscito a far passare la legge, ma dalla sua si schierò anche un’azienda molto importante, la Walt Disney Company, che proprio in quegli anni stava rischiando di perdere i diritti sul suo topo più celebre, e infatti la legge è anche ricordata come Mickey Mouse Protection Act.

Tecnicamente i diritti su Topolino scadranno alla fine del 2023, ma stiamo calcolando il tempo trascorso dalla sua prima apparizione, il cortometraggio Steamboat Willy, del 1928; e siccome la Disney continuerà a detenere i diritti per le opere successive scordatevi di poter mettere le orecchie più famose del mondo al logo della vostra azienda. Però potete usare Rapsodia in Blu di Gershwin, di cui sono scaduti i diritti quest’anno, oppure aspettare l’anno prossimo per girare la vostra versione del Grande Gatsby senza Leonardo Di Caprio.

Gilberto Gil è stato Ministro della Cultura in Brasile sotto il governo Lula, Youssou N’Dour Ministro del Turismo in Senegal, Peter Garrett, cantante dei Midnight Oil, è stato Ministro dell’Ambiente prima e dell’Istruzione poi nel governo australiano.

E se parliamo di musicisti che sono stati anche politici non possiamo non parlare di una che ha coperto entrambi i ruoli pur provenendo da un ambiente completamente diverso: Ilona Staller, il cui nome magari non dirà granché ai miei lettori più giovani, anche perché non ne ho, ma farà arrossire le orecchie di diversi miei coetanei.

Cicciolina, come si faceva chiamare sul posto di lavoro, è stata insieme a Moana Pozzi la protagonista indiscussa dell’industria pornografica italiana degli anni ’80. Insieme hanno fatto tremare i sedili di centinaia di piccole sale cinematografiche italiane, quelle che sui giornali pubblicavano la loro programmazione in una colonna a parte, e hanno reso il loro pavimento più appiccicoso. Eww!

Cicciolina ebbe anche una carriera musicale. Nel 1979 uscì un suo album per l’etichetta RCA, dal titolo Ilona Staller, che contiene un pezzo firmato da Morricone, una cover di Save The Last Dance For Me dei Drifters tradotta in italiano da Mogol e altra roba abbastanza morigerata.
È con l’inizio della carriera di pornostar che la sua produzione musicale svacca, e nel secondo album, Muscolo Rosso, raggiunge l’apice, o il fondo, a seconda del lato da cui si guarda. Sono le canzoni con cui si esibisce sui palchi, e i testi sono caratterizzati da metafore sulla seduzione così raffinate che se al posto dei termini anatomici ci mettete “clandestini” viene fuori un discorso della Meloni.

Nel 1987, eletta alla Camera dei Deputati nelle file del Partito Radicale, divenne la prima pornostar al mondo a coprire un ruolo parlamentare. In quegli anni la politica italiana diventò così popolare che riferimenti a Cicciolina si trovarono per anni nei dialoghi di film e fumetti (compare perfino in una storia pubblicata su Topolino, nel 1988). Ancora quest’anno una cantante finlandese si è candidata all’Eurovision Song Contest con la canzone Cicciolina, ispirata a una figura così all’avanguardia in quell’Italia conservatrice e bigotta. Per eguagliare simili vette di popolarità si sarebbe dovuto aspettare la nipote di Mubarak.

Da “Paperino Portaborse”, 1988

Avevo pensato di chiudere qui la puntata di oggi, postando il video di Muscolo Rosso o di qualche altra nefandezza musicale. Mi sarei potuto collegare alla Finlandia, che non ho ancora visitato in questo viaggio (e neanche di persona, ma è solo perché non so dire “Tai vuoksein itkis koko Argentiina, Jos on elänyt kuin Cicciiolina”), ma non ho saputo resistere a un mio grande amore, e quindi chiuderò la puntata parlando di un musicista diventato politico di cui non so niente, tranne che per un periodo è stato un membro dei Sugarcubes, la band islandese che ha lanciato Bjork.

Einar Örn Benediktsson è stato il primo punk islandese, e non c’è motivo di dubitarne: in un posto pieno di ghiaccio, sassi e vulcani dove è più probabile incontrare pecore che persone (nel 2019 le persone erano 350.000, circa 3 per km², e le pecore 415.000, tutte concentrate in un bar fuori Reykjavík), a chi verrebbe in mente di scrivere canzoni arrabbiate contro il sistema? Senza contare la lingua, così poco musicale.

Per darvi un’idea della difficoltà di essere un punk in Islanda ho recuperato il testo di una canzone che Einar Örn scrisse sul retro di un tovagliolo in una sera di neve, in un bar fuori Reykjavik.
Il titolo è Anarchik in Reykjavik:

Nei primi anni 80 fondò un gruppo punk che si chiamava Purrkur Pillnikk, composto da lui e tre suoi amici, praticamente gli abitanti di una parte di Islanda grande come il Principato di Monaco, ma non funzionò a lungo perché la sala prove stava dall’altra parte dell’isola e lui era l’unico col motorino.

Non fu un’esperienza del tutto negativa, comunque, dato che da quel gruppo nacque in seguito una delle band che divennero più famose fuori dall’Islanda, i Sycurmolarnir.
Eh?
Noi li conosciamo come Sugarcubes, e li conosciamo più che altro perché dopo lo scioglimento della band cominciammo a comprarci i dischi da solista della sua cantante, o perlomeno cominciai a comprarmeli io, che della suddetta cantante mi ero perdutamente innamorato anche se lei non mi cagava e mi considerava solo un amico, che per un po’ va bene, ma poi però basta, e infatti ho anche smesso di andare alle sue feste di compleanno, come ho raccontato tanto tempo fa sul vecchio Pablog.

E basta, della scena punk islandese non mi va di raccontare altro, vi saluto con un brano degli Sugarcubes a cui potrò comodamente agganciare una canzone di Bjork per il prossimo episodio, e da lì ad altre canzoni di Bjork per tutti gli episodi successivi.

Alla prossima! Ég elska bobbingar þinn!

(continua)

E dimmelo, dai, lo so che ci tieni

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