Centotre-e-tre n.25: gruppi musicali del paleolitico

Riassunto delle puntate precedenti:

Introduzione
Bruno Lauzi – Garibaldi Blues
Peggy Lee – Why Don’t You Do Right?
Tony Bennett & Lady Gaga – The Lady Is A Tramp
Joni Mitchell – Chelsea Morning
Neil Young – Cortez The Killer
Banda El Recodo – El Corrido De Matazlan
Los Cuates de Sinaloa – Negro Y Azul: The Ballad Of Heisenberg
Los Tucanes de Tijuana – El Chapo Guzman
Cholo Valderrama – Llanero si soy llanero
Celia Cruz – La Vida Es Un Carnaval
Duke Ellington – The Mooche
Renato Rascel – Romantica
Igor Stravinskij – Pulcinella Orchestral Suite – Part I/III
David Bowie – Pablo Picasso
Prince – Cream
Wu-Tang Clan – C.R.E.A.M.
Frances Yip – Green Is The Mountain
VIXX – Error
Ili Ili Tulong Anay – Mvibe
Mahani Teave & Viviana Guzman – Flight Of The Bumblebee
Martina Trchová – U Baru
ZAZ – Qué Vendrá
Incubus – Megalomaniac
Cartola – Alvorada
Yes – The Revealing Science of God (Dance of the Dawn)

La scorsa puntata abbiamo parlato di una band prog fra le più celebri, chiamata Yes. Ci vuole una certa fantasia a scegliersi un nome del genere, e immagino che all’inizio della loro carriera i musicisti abbiano incontrato qualche difficoltà, quando si presentavano alle case discografiche (ho tradotto il dialogo in italiano per facilitarvi la comprensione):

“E come vi chiamate?”
“Sì”
“Cosa?”
“Non cosa, Sì”
“Mi state pigliando per il culo?”
“No, il nostro nome è Sì”
“Sì cosa, vi ho chiesto come vi chiamate!”
“Sì!”
“Ma vaffanculo, avanti un altro!”
[entra un altro musicista]
“E voi come vi chiamate?”
“Chi”
“Voi”
“Noi Chi”
“Sigh”

La storia della musica è piena di nomi buffi, specialmente da quando sono nate le band. D’altronde è normale, una volta il nome che attirava il pubblico era quello del compositore del brano, non dell’orchestra che lo eseguiva. Ma dev’esserci stato un primo momento in cui un paio di musicisti hanno pensato di mettersi insieme e si sono dati un nome, no?

Sappiamo che i primi strumenti musicali risalgono al paleolitico, un periodo storico che va da 2 milioni e mezzo di anni fa fino alla nascita dell’agricoltura, solo 10.000 anni fa, praticamente ieri. I nostri antenati erano nomadi, vivevano di caccia e raccolta, dormivano dove capitava, non sarebbe stato pratico imparare a suonare strumenti voluminosi come la batteria o il contrabbasso, ed è per questo che negli scavi archeologici vengono ritrovate delle versioni primitive del flauto, ricavate da ossa o pietre, invece di un sintetizzatore a 88 tasti.

Possiamo immaginare che ad accompagnare il virtuoso pifferaio ci fosse qualcuno che batteva le mani a tempo, o picchiava un legno per terra, dato che la percussione è la forma musicale più naturale e semplice da eseguire, e da lì alla nascita di un gruppo il passo è molto breve.

Ci sarà stato un artigiano, seduto su un sasso, con una scheggia affilata di selce, intento a fare buchi in un pezzo d’osso cavo, e ci sarà stato un suo amico che si è avvicinato e gli ha chiesto cosa stava facendo, in quella lingua di gesti, versi e poche parole appena inventate.

“Mgrr?”, chiese Grog al suo amico Gurb, indicando il manufatto su cui stava armeggiando.
“Fifo!”, rispose Gurb, con la padronanza linguistica tipica del sapiens, e tornò a scavare il suo strumento. Non valeva la pena dilungarsi in spiegazioni coi neanderthal, il loro cervello semplice non era in grado di memorizzare informazioni più complesse di “mio”, “cibo”, “ficcare” e “aiutiamoli a casa loro”, ma Grog era un tipo simpatico, e gli faceva piacere averlo intorno.

“Mgrr!”, insistè Grog, puntando il dito sull’oggetto misterioso.
“Fifo”, ripetè Gurb, e per fargli capire come funzionava ci soffiò dentro.

L’aveva trovato per terra qualche giorno prima, sporco di fango, e nel pulirlo, per vedere se ci fosse ancora della carne attaccata, aveva appoggiato la bocca a un’estremità e aveva soffiato forte. Era un osso vecchio, svuotato del midollo, e Gurb aveva scoperto che in quel modo si produceva un suono interessante. L’aveva tenuto, per indagare meglio su quello strano fenomeno, ma non avendo ancora inventato abiti provvisti di tasche era stato costretto a ficcarselo nel culo, finché non gli venne in mente di passarci dentro dei fili d’erba intrecciata e appenderselo al collo.

L’osso produsse un suono che fece saltare indietro Grog. Le dita di Gurb tapparono i buchi che ci aveva ricavato sopra, e dallo strumento uscirono tre suoni diversi, più alti.

“Fifo”, disse Gurb con soddisfazione.

Anche Grog voleva provare il magico strumento, ma Gurb non si fidava delle mani goffe dell’amico, e glielo allontanò dalle mani. Grog si incazzò tantissimo, raccolse un bastone e lo sbatté contro un sasso una volta, due, tre. Quando faceva così non c’era modo di farlo smettere. Gurb pensava che fosse un problema di scarso controllo delle proprie emozioni, e al bisogno di attenzione, probabilmente legati al fatto di essere cresciuto senza una forte figura di riferimento in famiglia, dato che il padre di Grog era stato mangiato da una tigre dai denti a sciabola quando lui era piccolo.

Per calmarlo si mise a soffiare nel piffero, e si accorse che le note si accompagnavano al ritmo delle bastonate dell’amico.

“Getrotàl!”, esclamò. Anche Grog si era reso conto che quella roba che stavano facendo aveva un effetto benefico sul suo umore, e i colpi menati con rabbia si erano trasformati in botte precise, ritmate, che davano ai suoni dell’amico una specie di energia.

Intorno ai due cominciarono a radunarsi gli altri membri della tribù, a cui per qualche strano motivo venne voglia di battere le mani a tempo con le bastonate di Grog. Era nato il primo concerto prog rock.

Purtroppo per i due, il successo ebbe breve durata: divergenze sulla direzione che doveva prendere la band portarono presto a una rottura. Gurb voleva formare un gruppo pop che affondasse le proprie radici nella tradizione popolare italiana e chiamarlo Homo Sapiens, mentre Grog aspirava a suonare hardcore punk in un gruppo chiamato Neanderthal.

Da questo duo improvvisato, la musica di gruppo ha fatto enormi passi avanti, attraverso l’Egitto, la Mesopotamia, i Greci, i Romani, fino ad arrivare ai gruppi di oggi e al momento in cui devono scegliersi un nome e decidono di chiamarsi Yes.

C’erano molti nomi disponibili, non si erano ancora formati i gruppi che poi si sono presi i nomi più fighi, tipo Rage Against The Machine, o Tony Flow and the Miraculously Majestic Masters of Mayhem, ma per qualche strana ragione questi cinque scellerati scelsero il nome più scemo di tutti.

Vabbè, alla fine la scelta è stata premiata, nel 1985 hanno ottenuto un Grammy Award, e in seguito sono stati candidati per riceverne altri cinque; nel 2017 gli Yes sono entrati nella Rock ‘n’ Roll Hall Of Fame insieme a praticamente chiunque, compresi gli Aerosmith, non so se ve li ricordate, andavano parecchio negli anni ’90.

Ma soprattutto, gli Yes ce li ricordiamo per le copertine dei loro album, delle meraviglie fantasy che hanno gettato un ponte fra due categorie che fino ad allora non si erano parlate granché: gli appassionati di prog e quelli di videogiochi. Il nome di Roger Dean fa luccicare gli occhi di chi ha in casa Fragile degli Yes e la versione originale di Chrono Quest per Commodore Amiga, visto che quest’artista ha disegnato entrambe.

E parlando di Chrono Quest, sapete chi ne ha composto la colonna sonora? Jean Marc Grignon, di cui non so altro, e vi va bene, che potevo chiudere questa puntata con un trip di chip music che avrebbe reso felice solo un mio ex collega collezionista di questa roba, se imparasse a leggere e scoprisse il mio blog.

Invece ho pensato di farvi scoprire quelli che secondo me devono essere il gruppo che sta all’opposto degli Yes, i No.

(continua)

E dimmelo, dai, lo so che ci tieni

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