Pre-mi-tap

Per la seconda volta da quando frequento il Club Dei Sociopatici ho vinto la mia naturale ritrosia e ho partecipato a un mitàp, che sarebbe quella cosa dove gli affiliati si incontrano in una città e si presentano: “ciao a tutti sono Antonio, sto su tumblr da sei anni e questa è la prima volta che esco di casa e parlo con qualcuno”, “mi chiamo Katia, ho una dipendenza da gif di gattini e pornografia”, “sono Rino, suono l’ukulele”.

La volta scorsa sono andato fino a Bergamo per incontrare i miei simili, quest’ultimo era più vicino, ma non si può dire che sia andata meglio, perché la città in cui si svolgeva il mitàp era Milano. Non so se avete presente il rapporto che hanno i genovesi con Milano, la gente di riviera e quella dell’entroterra come me, coi milanesi.

Diciamo una roba così, ma con Casalino (quello al centro) che dice uè figa:

Non mi dilungherò oltre su quest’antica diatriba, non vorrei offendere qualcuno, magari un milanese si incazza e viene a cercarmi e arriva alla prima curva di Serravalle Scrivia e pensa che in fondo la vendetta non è una ragione sufficiente per rischiare la vita sui tornanti micidiali della A7, esce al casello e si fionda all’outlet, come tutte le domeniche.

Io comunque parto con le migliori intenzioni, perdo la mattinata a smadonnare sull’impasto dei biscotti che non vuol saperne di stare attaccato, e alla fine parto con un sacchetto pieno di brasadè alla quellagranputtana, che non è il nome originale della ricetta, ma se l’è guadagnato sul campo.

Il lettore mp3 mi lascia prima di Tortona, ho scordato di caricarlo, e per il resto del viaggio mi sintonizzo su Radio3, che mi offre interessanti aneddoti con cui arricchire le mie conversazioni:

  • l’uso corretto dell’apostrofo;
  • lo sapevate che lo scacciapensieri esiste anche in Russia e si chiama рана языка?
  • tutto quello che avreste sempre voluto sapere su Antonín Dvořák, ma non avete mai osato chiedere.

…………………..

Arrivo a Famagosta, che mi ha suggerito una dei sociopatici di cui sopra, scambio la macchina con un vagone della metro e mi porto in centro, puntuale come la tua ragazza quel giorno in cui le hai detto “credo sia la prima volta che arrivi in orario a un appuntamento” e lei “perché non voglio stare con te un minuto di più, è finita, ciao”.
Davanti alla statua del tizio a cavallo, fuori dal Duomo, non c’è nessuno.
Cioè, c’è un casino di gente, ma nessuno che riesca a identificare come sociopatico.
No, non è corretto neanche così, perché ci sono decine di personaggi che portano addosso i segni di una vita di solitudine, primo fra tutti un turista giapponese armato di cavalletto per farsi le foto da solo.

“Scusa, ma che ne sai? Magari sua moglie era in giro per negozi e lui non aveva voglia di accompagnarla e si è portato dietro il cavalletto e ne ha approfittato per farsi un paio di autoscatti!”
“Cazzo vuoi, la storia è mia e il giapponese lo gestisco io, va bene? Si chiama Masahiro Matsumoto, è l’uomo più solo del Giappone e se ne ho voglia poi ti racconto, ma adesso devo parlare del mitàp.”

Inquadro un gruppetto di diciotto-ventenni e tremo. Avevo letto che l’età media era più bassa che a Bergamo, ma se sono loro me ne vado senza farmi riconoscere!
Un po’ più in là arriva un gruppetto di tizi con delle antenne rosse di carta crespa, e sto per lanciarmi a capofitto giù per le scale della metro.
Aspetto, giusto per sicurezza, ed entrambi i gruppetti si allontanano. Allora chiamo l’organizzatrice, che ha un nickname come tutti i sociopatici di tumblr, ma che per ragioni di privacy chiamerò Irene. O Ilaria, non mi ricordo.

“Ciao, sono Pablo, sono seduto sotto il cavallo, sto gesticolando come un forsennato verso nessuno in particolare e c’è un giapponese col cavalletto che mi si è appena messo accanto per farsi una foto”
“Ciao, sono Irene! O Ilaria, non mi ricordo! Ti sono di fronte a neanche un metro, vieni che ti presento agli altri!”

Mi-tap

Comincia così, con me e il mio sacchetto di brasadè che veniamo introdotti al quartetto già presente, ci stringiamo la mano, parlottiamo del più e del meno e aspettiamo che arrivi altra gente. Quando siamo un numero abbastanza cospicuo ci spostiamo al mi-tap vero e proprio, che si tiene in un posto con delle colonne romane che si chiama, pensa un po’, Colonne Di Un Santo Che Però Adesso Scusa Ma Non Mi Viene. Vista da qui Milano sembra perfino piacevole.

Qualcuno ha i biscotti e li fa girare, qualcuno i biscotti non li ha portati, allora raccoglie della ghiaia e prova a bossarsela, quello che si chiama Tiresia, ma che per questioni di privacy chiamerò Ragazzo In Camicia Nera E Occhiali Con Mosca Sotto Il Labbro estrae da uno zaino d’amianto tre arbanelle: una contiene della roba bianca in un liquido verde, una della roba bianca in un liquido rosso e una della roba bianca in una pasta marroncina. L’ultimo decido subito che si tratta di un feto extraterrestre in formalina, e te lo assaggi te, ma gli altri due mi incuriosiscono proprio. Cosa sarà mai?

Ragazzo In Camicia Nera E Occhiali Con Mosca Sotto Il Labbro apre quello verde e dal tappo si dissolve nell’aria una nuvoletta turchese: “Questi sono zuccherini al mojito!”
“Uuuh! Aaah!”

Straordinari, un concentrato di alcool che ti picchia nel naso come il Frecciarossa, solo più puntuale!

Poi Ragazzo In Camicia Nera E Occhiali Con Mosca Sotto Il Labbro apre quello rosso, e la terra trema, si sente un lamento lontano, le porte della chiesa alle nostre spalle sbattono fortissimo, uno strano bagliore sul suo volto gli dipinge un’espressione luciferina, ma probabilmente è solo suggestione: “questi sono al peperoncino.”

No, illusione stocazzo, quell’uomo è il Male incarnato, dovete fermarlo! Vi rendete conto che mentre noi siamo qui a raccontarci scemenze c’è un criminale che produce zuccherini imbevuti di peperoncino e li offre agli incauti? Lo sapete che dopo il primo avevo la lingua talmente infuocata che ho dovuto infilarla in gola a una ragazza per evitare che si sciogliesse? E la ragazza era un tizio col giubbotto di pelle che si chiama Valarfuckingmorghulis! E gli è pure piacuto, mi ha toccato il culo!

Poi sono arrivate le facce conosciute, che per questioni di privacy chiamerò Marianna, Federica e Ristoratrice Parmense Con L’Hobby Del Parkour In Bici Sennò È Troppo Facile, e la serata si è subito animata, tutti che abbracciavano tutti, tette che abbracciavano tutti, ingegneri aeronautici che offrivano biscotti, zuccherini dati alle fiamme, sesso orale nel senso che se n’è parlato molto.

Vabbè, andiamo a mangiare, e dove, sui Navigli, minchia fin là, ma se è qui dietro, e va ben.
Coda al buffet, saltano fuori gli ukuleles che iniziano a intonare il loro canto di morte, arriva altra gente, provo a spiegare a Irene! O Ilaria, non mi ricordo! che faccio un po’ di fatica a comunicare con le persone, che sai, è un momento che non mi riesce molto di spiegarmi, ma è un momento che non mi riesce molto di spiegarmi, e dopo dieci minuti la ragazza si scogliona e se ne va. Allora mi metto a parlare di fumetti con quello che per ragioni di privacy chiamerò Ragazzo Bergamasco Con Buffe Basette Che Lavora In Fumetteria E Si Chiama Marco e di concerti col suo amico che però scusa ma non mi ricordo più come ti chiami, ma che per ragioni di privacy fingerò di ricordare e nominerò Luca.

C’è anche una ragazza dal sorriso molto dolce che ci troviamo a raccontarci cose senza importanza, ed è lì che cerco di sfruttare gli insegnamenti di Radio3 e per rompere il ghiaccio le racconto che il compositore ceco Antonín Dvořák nutriva una passione sfrenata per le locomotive e i piccioni, ma non riuscì mai a fonderle in un unico hobby perché i suoi adorati pennuti volavano via dai binari quando lo sentivano arrivare.
Ovviamente se ne va senza avermi neanche detto il suo nome, maledizione. Ma tanto per ragioni di privacy non avrei potuto scriverlo, limitandomi a chiamarla Ragazza Dai Capelli Rossi E Dal Cappotto Che Ricorda Un Arredamento Anni 70.

Di nuovo in quel posto con le colonne, e siamo ancora di più, ci sediamo per terra, parapiglia, non scatta il gioco della bottiglia, a mezzanotte scappo sennò mi chiude la metro e a Famagosta ci torno davvero. Vengo a sapere dopo che appena sono andato via si sono spogliati tutti e hanno cominciato un’orgiona generale.

Ringraziamenti in ordine sparso

Irene! O Ilaria, non mi ricordo! che ha organizzato tutta questa roba, e non era facile; Elena, che voglio vedere le sue foto e suoi video. E anche quelli del mitàp; Ilaria, che non è Irene e mi ha spiegato come arrivare e dove lasciare la macchina, ed è una ragazza molto gentile e sul suo tumblr mette le cose di pornografia, che è sempre bello da vedere; Federica, un nome che mi fa sbandare e lo so io perché, e in questo caso appartiene a una ragazza che ha da mostrare più di quel che dice, e mi piacerebbe vederla in un’altra città, magari insieme a Marianna, che parla poco, ma sono sicuro che è una cosa passeggera; Rino e i suoi consigli su un possibile mitàp genovese (magari in primavera però, che adesso piove sempre); Valarfuckingmorghulis che non ha detto neanche a me come si chiama, ma ha apprezzato i miei brasadè; Dettaglio che vive a Genova, e credo sarebbe un ottimo compagno di bevute. Fatti vivo, vecio; chi mi ha parlato e chi mi ha notato senza parlarmi, chi ha cominciato a seguirmi e chi mi ha scritto per dirmi che cazzo avrebbe voluto esserci. A Catastrofe e a Mizaralcor, che non vengono ai mitàp, ma sono i miei tumbleri preferiti; agli altri, che non ricordo, scusate, devo togliere le polpette dal forno.

La prossima volta non so dove sarà, ma sarò fra amici.

 

Dice “È un po’ che non aggiorni il blog, che stai facendo? Scrivi un altro libro?”

Dire che sono stato risucchiato dal vortice di Tumblr e in pratica passo ogni minuto libero ad aggiornare la dashboard fa brutto, così ho deciso di raccontare alcune delle cose che ho visto, letto o fatto nell’ultimo decennio, fingendo di avere impegnato gli ultimi mesi in qualcosa che se non è produttivo sia almeno socialmente accettabile.

Allora, innanzitutto ho cominciato a pedinare una ragazzina di sedici anni dall’uscita di scuola a casa sua, ma pedinare non è il termine giusto, la tallonavo proprio, le stavo a un metro e le mormoravo parole oscene tipo icsfactor, libridimoccia e rapperitalianotrasgressivodistocazzo, e ogni volta che si voltava a rimproverarmi mi accarezzavo il pacco con lascivia [la-scì-via, se hai letto la-sci-vìa sei una brutta persona]. Poi mi è scaduto l’interinale alle poste e a consegnare la corrispondenza ci hanno messo un altro.

(questa cosa della ragazzina starebbe a sottintendere come la frequentazione di tumblr sia più immorale e deplorevole di un atteggiamento che puzza di pedofilia. Non ha molto senso spiegarlo, mi rendo conto, ma ultimamente su tumblr mi leggono i Bimbiminkia col senso dell’umorismo di un anello di totano, ma manco di quelli fritti, crudo, e allora rischio che la battuta non venga colta. Scusate.)

Pazienza, molto più tempo libero da investire in attività più socialmente accettabili della dashboard di tumblr, (vedi? devo sottolineare come alle elementari) che se non l’avete mai vista lasciate perdere, tutta quella pornografia mescolata a immagini di gattini potrebbe far perdere il senno a chiunque, io stesso oramai mi eccito ogni volta che sento miagolare.

Però non starò qui a raccontarvi delle mie fantasie erotiche, anche perché non tutte vi riguardano, ho scritto questo post per raccontarvi di quello che ho letto e visto, e tanto vi devo.

Quello che ho letto e visto

Comincio dal fondo, da quello che sto ancora leggendo perché è come quando ti invita a cena una che non sa cucinare e ci metti tre ore a finire il secondo perché se lo lasci magari si offende e poi va a finire che ti tocca passare la serata a guardare Men vs Food, che non so cosa sia, ma un amico me l’ha appena citato su facebook, e lui è uno che guarda delle vere porcherie.

Roba che se ad un certo punto compariva Ok Quack il romanzo poteva proseguire a Paperopoli e nessuno ci avrebbe trovato niente di strano.

 Si, ce l’ho con te, Stephen King, che prima mi illudi con tre capitoli piacevoli, poi mi esalti con un quarto che è un capolavoro, e poi mi presenti il conto con un quinto volume, I Lupi Del Calla,  piuttosto calante, un sesto, La Canzone Di Susannah, che bisognerebbe tirartelo dietro, e l’ultimo, La Torre Nera, che se non avevi più voglia di scriverlo bastava dirlo, l’avremmo capito. Guarda, ci parlavo io col tuo editore, una soluzione si trovava, ma metterti a discutere col lettore, diventare tu stesso un personaggio della storia, dai, è veramente la soluzione di chi non ha più niente da dire! Non sei d’accordo con me, lettore di questo blog?

Adesso ho questo romanzo a un quarto scarso, ne leggo due pagine la sera per vedere se migliora, salto le righe, mi dispero perché è di un noioso che non ci si crede, da un momento all’altro potrebbe raccontarmi del benzinaio preferito dai taheen e di quella volta che si è messo a regalare i punti carburante perché aveva avuto una crisi mistica e gli era apparsa Santa Teresa, che però lui non essendo pratico di cristianesimo aveva scambiato per San Pietro (oppure a causa dei baffi, che le Scritture non ne parlano perché non è bello che si sappia, ma Santa Teresa da ragazza la chiamavano Gino Cervi), e gli aveva confidato che il mondo stava per finire e che Marchionne avrebbe trasferito gli stabilimenti in Pakistan, perciò suo nipote avrebbe perso lavoro e sarebbe tornato a drogarsi. Siccome il nipote è quello del benzinaio e non quello di Marchionne capirete anche voi che al nostro amico quel giorno gli giravano le balle, e vi sarete fatti un’idea, cari lettori grandi e piccini, di com’è stato scritto l’ultimo volume di questa saga fantasy postatomica.

Roba che il tuo scrittore preferito dei tuoi anni di ragazzetto protonerd potrebbe perdere anche quel rispetto che gli devi ancora per le forti emozioni che ti ha fatto provare descrivendo un momento di petting fra il protagonista e la sua ragazza cheperòpoimuore ne Le Notti Di Salem, che tu una roba così spinta come lui che “fece scivolare una mano sul suo seno e lei si inarcò per offrirglielo pienamente, soffice e sodo com’era” non l’avevi mai letta e quella sera sei andato a dormire sconvolto.

Sai cosa, amico Stephen King? O mi tiri fuori un altro 22/11/63 o mi leggo tutta la bibliografia di Valerio Massimo Manfredi. NON STO SCHERZANDO!!

Il titolo è fuorviante, in realtà è un libro di ricette per cucinare le melanzane.

Per evitare di morire di noia mi sono procurato una lista di romanzi sui viaggi nel tempo, e poi, grazie al mio amicone Senko che un giorno mi ha detto “ti faccio una cassetta”, che negli anni ’80 indicava una compilation TDK da 90 minuti piena di musichine e adesso invece rappresenta una chiavetta usb da 16 giga piena di qualunque cosa, in questo caso libri, ho spulciato in un archivio grande più o meno come la provincia di Cuneo alla ricerca dei tiroli che mi interessavano.

Al momento sto leggendo Al Di Là Del Tempo di Connie Willis, che non è un romanzo ma un’antologia di racconti, e di viaggi nel tempo ne parla più o meno come ne sto parlando io qui, però finora si lascia leggere, e il primo racconto mi ha preso molto più di quanto mi aspettassi dal genere, che è una roba tipo ricordi di scuola e primi amori, che detta così mi fa un casino casalinga frustrata, ma in realtà è scritto bene davvero. Vedremo gli altri.

Lo so, non sto leggendo molto, direte voi amici colti, che divorate i libri come io divoro i pomodorini dell’orto, a cinque per volta e senza lavarli, che però per i libri è meglio fare così, che sennò poi si sgualciscono le pagine, per non parlare di chi legge col kindle, lascia perdere.

In realtà sto occupando il tempo che voi dedicate ai vostri romanzi preferiti per leggere una quantità disumana di fumetti, tipo tre o quattro, che però escono tutti i mesi!! È come se vi metteste a leggere.. dei fumetti, tipo.. che però escono.. tutti i mesi!! Non so se è chiaro il paragone.

Un momento tipico nella vita di una famiglia, e se a voi non è mai capitato vi compatisco assai.

Una delle serie che ho cominciato dal numero uno e sto portando avanti con soddisfazione è Saga, di Brian K. Vaughan e Fiona Staples, un racconto fantasy (daje) ambientato nello spazio, quindi di fantascienza, si però più fantasy. Adulto nei dialoghi e nelle situazioni (Parlano anche di sesso! Nei fumetti! Tutti i mesi!!), molto ironico, sempre lì che adesso succede qualcosa, ma senza l’ansia di ommioddio un mese senza sapere come va a finireh! L’ha consigliato anche Buoni Presagi, che poi sembra che leggo i fumetti che consiglia lui e non lo cito. In realtà l’avevo già lì da leggere da anni e anni e aspettavo di trovare la voglia, non è che ho cominciato perché me l’ha detto lui, e comunque io ne ho già letto tredici numeri e lui invece è fermo al terzo, gnegnegne.

Allora ci vediamo questa sera? Una serata fra amici, una chitarra e un omicidio.

Garth Ennis lo leggo per principio, mi piace, a volte si ripete un po’, a volte non ne ho voglia e lo pianto lì, a volte vorrei telefonargli a casa e tirarlo giù dal letto e dirgli “Oh Garth! Questa si che è una storia coi coglioni! Ma non i coglioni tipo i protagonisti della Torre Nera!”.
Red Team è appena cominciato, giusto quattro numeri, e sta scorrendo bene, una trama solida, dei protagonisti credibili che non fanno i pazzeschi come Barracuda, che è simpatico, ma tutti così no eh. È la storia di un gruppo di agenti che dopo aver visto com’è andata a finire con Berlusconi, che tre gradi di giudizio ed è ancora lì a rompere i coglioni, decidono di dare una mano alla giustizia e invece di arrestare i criminali li fanno fuori con azioni da commando.
Strega commando colori.
Non c’entra, ma mi faceva ridere.

L’amore. Quello con la a minuscola, ma col tizio che tira le frecce e fa il coglione per Brooklyn.

Mi sono tenuto per ultima la serie che mi ha fatto innamorare, Hawkeye, di Matt Fraction e David Aja, roba che non credevo che una serie regolare Marvel fosse ancora capace di. È il supereroe che abbiamo visto negli Avengers, sai quel film di supereroi fatto bene che ti ha fatto dimenticare le porcherie tirate fuori con Hulk, Spiderman e, lo so che non sarete d’accordo ma mi ha fatto cagare, Iron Man? Quello interpretato da quello che sembra sempre si sia appena svegliato, che ha fatto quel film che ammazzava una bella saga come quella di Bourne.
Insomma, niente a che vedere, queste sono le avventure di Occhio Di Falco (che non è stato tradotto e continua a chiamarsi Hawkeye anche in italiano) quando non indossa il costume pacchianissimo che lo fa somigliare a una versione campy della (orrenda) Catwoman di Halle Berry. Vive in un condominio di Brooklyn, piglia botte da buffi mafiosi russi che vanno in giro con la tuta dell’adidas e dicono Bro, salva un cane, cazzeggia coi condomini e finisce nei casini per delle donne. Adorabile, cialtrone, lontanissimo dallo stereotipo del supereroe, sia dell’antieroe indisciplinato tipo Wolverine che della macchietta fastidiosa che in questo momento non ricordo neanche come si chiama ma avete capito, è tutto rosso, ha due pistole ed è una specie di zombi ninja. Inoltre David Aja ha fatto un lavoro splendido nella costruzione della pagina, e alterna vignette che sembrano scarabocchiate, con pochissimi dettagli, ad altre molto complete. Insomma, si è capito che mi piace, cos’altro devo fare, comprarvelo e portarvelo a casa?

Ci sono altre cose di cui dovrei parlare, alcune bellissime altre meno, prima di affrontare il discorso cinema, ma qui finisce che arriva l’alba e sono ancora alzato, e poi voi non mi leggete perché ho scritto troppo e ormai siete abituati ai microperiodi di facebook, e se uno scrive più di 160 caratteri senza faccine diventa prolisso.

Io poi prolisso lo sono già, ti lascio immaginare che succede. Facciamo che proseguo un’altra volta, eh?

 

Deadpool! Ecco come si chiama! Simpatico cinque minuti, poi torno a leggermi La Torre Nera.

Aggiornamento dell’ultimo minuto:
All’idea di dovermi sorbire altre pagine della Torre Nera sono andato su wikipedia e mi sono letto la trama. Non ve la racconto per evitarvi spoilers, ma sappiate che dopo aver scoperto cosa succede nelle pagine che mi mancano ho cancellato il file dal telefono, poi dal computer, poi ho buttato via la chiavetta usb di Senko, poi ho strappato il cavo del telefono e me lo sono mangiato.

E’ inutile, ormai devo ammetterlo anche con me stesso, e non solo coi giornalisti che affollano il mio vialetto: il Pablog non ha più senso di esistere, tanto vale chiuderlo.

Perché il blog è un mezzo di comunicazione ormai superato, ci sono i tumblr, c’è feisbucc, c’è twitter, strumenti con cui puoi dire quel che ti pare in una riga, senza doverti sbattere a comporre frasi, mettere la punteggiatura, addirittura andare a capo!

E poi non c’è questo cazzo di impaginatore automatico di splinder che ti fa saltare una riga ogni volta che schiacci invio, poi no, poi si di nuovo, in base a come si svegliano la mattina i gestori del sito.

E basta, via, non c’è più speranza per i blog, oramai viviamo in un mondo frenetico in cui nessuno ha più voglia di andare a capo, si usano le k al posto delle ch, per essere amico di qualcuno ti basta sapere cosa sta facendo in quel momento in tre parole, e dei blog non frega più niente a nessuno.
E’ naturale che anche il Pablog subisca la crisi in corso, e accetti il suo declino come un inevitabile segno dei tempi.

Peccato, perché mi sarebbe piaciuto continuare a scrivere le mie cazzate e magari diventare uno scrittore famoso, magari essere interpellato un giorno sul treno da una fanciulla fascinosa che passa, mi vede, si ferma e mi fa:

– Ma tu sei Alessandro Baricco!
– Veramente no – faccio io, un po’ scazzato. Che non mi va di spacciarmi per un altro e rifulgere dell’altrui gloria. E poi proprio Baricco, dai, con tutti gli scrittori simpatici che ci sono!

Solo che lei insiste – Ma si che sei Baricco! Hai i riccioli! – come se gli scrittori si dividessero in due categorie, quelli pelati e Alessandro Baricco. In un mondo così gli scrittori dai capelli a caschetto non sarebbero considerati tali, e ci sarebbero frotte di malintenzionati parrucchieri appostati davanti a casa di Federico Moccia, armati di pettine e phon.

– E stai anche scrivendo su un quadernino!

Non mi va di spiegarle che sto andando allo stadio, e sul quadernino appunto magari la probabile formazione, o faccio il sudoku, e lei si siede. E cosa può fare un povero scrittore sconosciuto seduto su un treno con una bella ragazza che non chiede altro che di conoscerlo e poi magari giacere con lui, anche se probabilmente non lì, che i sedili sono tutti sporchi e chissà che malattie si possono prendere due che ci giacessero insieme sopra?

– Vabbè dai, sono Alessandro Baricco.
– Lo sapevo! – esulta lei, battendo le mani tutta eccitata – Vai a Genova per lavoro?

Evidentemente una sciarpa rossoblù, un berretto con un grosso grifone sopra e un maglione con scritto a caratteri cubitali Gradinata Nord non le fanno venire in mente altro che uno che sta andando a lavorare. Non sarebbe neanche sbagliato, se fosse la società calcistica a pagare me e non il contrario.

– Più o meno. Sai, vado a girare un po’, in cerca di ispirazione.. Qua e là..
– Per il tuo nuovo romanzo! Di cosa parla? E’ ambientato a Genova? Quando esce? Che personaggi assurdi ci sono? Un conte che ha perduto la memoria delle scarpe? Una donna incinta di un quadro? Un bambino che gioca col suo babau? E come si intitola? E sarà più fantastico di Oceanomare? Più sognante di Seta? Più arrabbiato di Castelli Di Rabbia? Più noioso di City?

Si, ma io mi aspettavo una bella ragazza compiacente e più che altro silenziosa, che si limitasse ai fondamentali: “Sei Alessandro Baricco! Scopami!”, non uno spruzzatore fonetico! Per farla smettere di parlare dovrei spararle, e ho soltanto una penna. Forse potrei piantargliela in un occhio..

E’ un fiume ininterrotto di sillabe quello che mi sta riversando addosso, cerco di infilare un piede, piano piano, per passare di là, ma la corrente è impetuosa e finirebbe per trascinarmi via.

– Il.. il titolo.. il..

Niente da fare, non si ferma mai, e dove vai a Genova, e conosci qualcuno, e io ho lavorato in una libreria, e hai mai letto questo, e hai mai visto quest’altro, e checcazzo! Le mollo un calcione su uno stinco, e prima che possa riprendere attacco a parlare io.

– Il titolo non ce l’ho ancora, di solito lo decido alla fine. E anche la trama, per adesso è più che altro un’idea. Per questo sto andando a Genova, per..
– Assorbire l’atmosfera! E’ così! E poi la trasformerai, la plasmerai in quel modo così unico che hai tu di raccontare le cose, fatto di sensazioni così solide da poterle toccare, e quei personaggi così incredibili, che non li troveresti mai in nessun altro libro, perché solo nei tuoi trovano una loro ragione di essere, con quelle atmosfere rarefatte che solo tu sai descrivere così bene, con quei colori tenui come un quadro ad acquerello..

Ma chi ho incontrato, una bella ragazza incredibilmente logorroica o la versione letteraria della Cancellieri? Riattacca a parlare e ancora una volta quello che dall’esterno potrebbe sembrare una conversazione amichevole si trasforma in un monologo ossessivo. Sta cominciando a rompermi il cazzo questa qui, bella o no, preferivo come stavo prima, con la sola compagnia del mio quaderno con l’elastico e la penna che scrive male.

– La conosci bene Genova?
– Si, certo – rispondo meccanicamente, prima ancora di rendermi conto che ha smesso di parlare.
– E perché la conosci bene, se sei di Torino? Ci hai abitato?
– Ci ho abitato? Ah si, certo, ci ho abitato. Da studente, sai..
– Ah, e dove abitavi?

Non è che voglia proprio inventarmi una balla gigantesca; certo, la propensione innata a raccontare fesserie mi spinge sempre a portare ogni dialogo sulla supercazzola, ma stavolta ci sono trascinato di peso. Un disegno sempre più preciso si delinea in me, per ogni parola che aggiungo. Non devo fare altro che raccogliere i pezzi che la mia mente mi offre, e legarli insieme.

– Stavo con una persona che abitava alla Foce.
– Ah si? – fa lei – Con una persona?
– Si, è stato il mio amore più grande, sai, una di quelle passioni travolgenti che ti avvolgono come una slavina su una pista da sci, e ti fanno sentire freddo, bagnato e senz’aria, ma che sono così belle che non puoi farne a meno.

Mi guarda con la bocca spalancata, già partita per vivere il nuovo romanzo di Baricco confezionato solo per lei. A quanto pare le storie d’amore tormentate esercitano sempre una forte attrazione sulle menti deboli. Come un novello Obi Wan Kenobi piloto i suoi pensieri verso una direzione che io ho stabilito..

– Sai, era una persona veramente speciale, così piena di passione, di stimoli, forse è a lei che devo il mio mestiere di scrittore. Forse ho cominciato a riportare i miei pensieri perché ne producevo così tanti da non riuscire più a contenerli.
– E come si chiamava questa persona? – mi chiede con voce sognante.
– Luigi.

Il ritorno alla realtà è così violento che le fa sbattere la schiena contro il sedile. Mi guarda come se l’avessi schiaffeggiata, il suo scrittore preferito, colui che cucina i cuori delle donne nella fricassea dell’amore ha avuto un’esperienza omosessuale!
Continuo a parlare, bene attento a non cambiare tono di voce, cerco di trasmetterle quella carica di sentimento che anela di ricevere, e pian piano la vedo che si lascia andare, si abbandona ancora una volta alla fantasia.

– La cosa incredibile era che la differenza di età fra di noi sembrava sparire. Era così intelligente, e dolce, e premuroso, e aveva delle mani talmente leggere, mioddìo..

La ragazza torna a dondolarsi nel cuore del racconto, una fantastica storia d’amore più forte di ogni pregiudizio; si abbandona un’altra volta, socchiude gli occhi, e capisco che è arrivato il momento della spallata finale:

– Non avrei mai creduto che un ragazzino di dodici anni possedesse tanto amore. Credo che la mia passione per i minorenni sia nata allora.

Si alza di scatto, prende la borsa e la giacca e fa – Devo scendere alla prossima, arrivederla! – e io posso tornare a scrivere le mie cazzate in santa pace.

In fondo mi spiacerebbe non diventare uno scrittore famoso, quasi quasi il blog lo tengo aperto ancora un po’.