Pre-mi-tap

Per la seconda volta da quando frequento il Club Dei Sociopatici ho vinto la mia naturale ritrosia e ho partecipato a un mitàp, che sarebbe quella cosa dove gli affiliati si incontrano in una città e si presentano: “ciao a tutti sono Antonio, sto su tumblr da sei anni e questa è la prima volta che esco di casa e parlo con qualcuno”, “mi chiamo Katia, ho una dipendenza da gif di gattini e pornografia”, “sono Rino, suono l’ukulele”.

La volta scorsa sono andato fino a Bergamo per incontrare i miei simili, quest’ultimo era più vicino, ma non si può dire che sia andata meglio, perché la città in cui si svolgeva il mitàp era Milano. Non so se avete presente il rapporto che hanno i genovesi con Milano, la gente di riviera e quella dell’entroterra come me, coi milanesi.

Diciamo una roba così, ma con Casalino (quello al centro) che dice uè figa:

Non mi dilungherò oltre su quest’antica diatriba, non vorrei offendere qualcuno, magari un milanese si incazza e viene a cercarmi e arriva alla prima curva di Serravalle Scrivia e pensa che in fondo la vendetta non è una ragione sufficiente per rischiare la vita sui tornanti micidiali della A7, esce al casello e si fionda all’outlet, come tutte le domeniche.

Io comunque parto con le migliori intenzioni, perdo la mattinata a smadonnare sull’impasto dei biscotti che non vuol saperne di stare attaccato, e alla fine parto con un sacchetto pieno di brasadè alla quellagranputtana, che non è il nome originale della ricetta, ma se l’è guadagnato sul campo.

Il lettore mp3 mi lascia prima di Tortona, ho scordato di caricarlo, e per il resto del viaggio mi sintonizzo su Radio3, che mi offre interessanti aneddoti con cui arricchire le mie conversazioni:

  • l’uso corretto dell’apostrofo;
  • lo sapevate che lo scacciapensieri esiste anche in Russia e si chiama рана языка?
  • tutto quello che avreste sempre voluto sapere su Antonín Dvořák, ma non avete mai osato chiedere.

…………………..

Arrivo a Famagosta, che mi ha suggerito una dei sociopatici di cui sopra, scambio la macchina con un vagone della metro e mi porto in centro, puntuale come la tua ragazza quel giorno in cui le hai detto “credo sia la prima volta che arrivi in orario a un appuntamento” e lei “perché non voglio stare con te un minuto di più, è finita, ciao”.
Davanti alla statua del tizio a cavallo, fuori dal Duomo, non c’è nessuno.
Cioè, c’è un casino di gente, ma nessuno che riesca a identificare come sociopatico.
No, non è corretto neanche così, perché ci sono decine di personaggi che portano addosso i segni di una vita di solitudine, primo fra tutti un turista giapponese armato di cavalletto per farsi le foto da solo.

“Scusa, ma che ne sai? Magari sua moglie era in giro per negozi e lui non aveva voglia di accompagnarla e si è portato dietro il cavalletto e ne ha approfittato per farsi un paio di autoscatti!”
“Cazzo vuoi, la storia è mia e il giapponese lo gestisco io, va bene? Si chiama Masahiro Matsumoto, è l’uomo più solo del Giappone e se ne ho voglia poi ti racconto, ma adesso devo parlare del mitàp.”

Inquadro un gruppetto di diciotto-ventenni e tremo. Avevo letto che l’età media era più bassa che a Bergamo, ma se sono loro me ne vado senza farmi riconoscere!
Un po’ più in là arriva un gruppetto di tizi con delle antenne rosse di carta crespa, e sto per lanciarmi a capofitto giù per le scale della metro.
Aspetto, giusto per sicurezza, ed entrambi i gruppetti si allontanano. Allora chiamo l’organizzatrice, che ha un nickname come tutti i sociopatici di tumblr, ma che per ragioni di privacy chiamerò Irene. O Ilaria, non mi ricordo.

“Ciao, sono Pablo, sono seduto sotto il cavallo, sto gesticolando come un forsennato verso nessuno in particolare e c’è un giapponese col cavalletto che mi si è appena messo accanto per farsi una foto”
“Ciao, sono Irene! O Ilaria, non mi ricordo! Ti sono di fronte a neanche un metro, vieni che ti presento agli altri!”

Mi-tap

Comincia così, con me e il mio sacchetto di brasadè che veniamo introdotti al quartetto già presente, ci stringiamo la mano, parlottiamo del più e del meno e aspettiamo che arrivi altra gente. Quando siamo un numero abbastanza cospicuo ci spostiamo al mi-tap vero e proprio, che si tiene in un posto con delle colonne romane che si chiama, pensa un po’, Colonne Di Un Santo Che Però Adesso Scusa Ma Non Mi Viene. Vista da qui Milano sembra perfino piacevole.

Qualcuno ha i biscotti e li fa girare, qualcuno i biscotti non li ha portati, allora raccoglie della ghiaia e prova a bossarsela, quello che si chiama Tiresia, ma che per questioni di privacy chiamerò Ragazzo In Camicia Nera E Occhiali Con Mosca Sotto Il Labbro estrae da uno zaino d’amianto tre arbanelle: una contiene della roba bianca in un liquido verde, una della roba bianca in un liquido rosso e una della roba bianca in una pasta marroncina. L’ultimo decido subito che si tratta di un feto extraterrestre in formalina, e te lo assaggi te, ma gli altri due mi incuriosiscono proprio. Cosa sarà mai?

Ragazzo In Camicia Nera E Occhiali Con Mosca Sotto Il Labbro apre quello verde e dal tappo si dissolve nell’aria una nuvoletta turchese: “Questi sono zuccherini al mojito!”
“Uuuh! Aaah!”

Straordinari, un concentrato di alcool che ti picchia nel naso come il Frecciarossa, solo più puntuale!

Poi Ragazzo In Camicia Nera E Occhiali Con Mosca Sotto Il Labbro apre quello rosso, e la terra trema, si sente un lamento lontano, le porte della chiesa alle nostre spalle sbattono fortissimo, uno strano bagliore sul suo volto gli dipinge un’espressione luciferina, ma probabilmente è solo suggestione: “questi sono al peperoncino.”

No, illusione stocazzo, quell’uomo è il Male incarnato, dovete fermarlo! Vi rendete conto che mentre noi siamo qui a raccontarci scemenze c’è un criminale che produce zuccherini imbevuti di peperoncino e li offre agli incauti? Lo sapete che dopo il primo avevo la lingua talmente infuocata che ho dovuto infilarla in gola a una ragazza per evitare che si sciogliesse? E la ragazza era un tizio col giubbotto di pelle che si chiama Valarfuckingmorghulis! E gli è pure piacuto, mi ha toccato il culo!

Poi sono arrivate le facce conosciute, che per questioni di privacy chiamerò Marianna, Federica e Ristoratrice Parmense Con L’Hobby Del Parkour In Bici Sennò È Troppo Facile, e la serata si è subito animata, tutti che abbracciavano tutti, tette che abbracciavano tutti, ingegneri aeronautici che offrivano biscotti, zuccherini dati alle fiamme, sesso orale nel senso che se n’è parlato molto.

Vabbè, andiamo a mangiare, e dove, sui Navigli, minchia fin là, ma se è qui dietro, e va ben.
Coda al buffet, saltano fuori gli ukuleles che iniziano a intonare il loro canto di morte, arriva altra gente, provo a spiegare a Irene! O Ilaria, non mi ricordo! che faccio un po’ di fatica a comunicare con le persone, che sai, è un momento che non mi riesce molto di spiegarmi, ma è un momento che non mi riesce molto di spiegarmi, e dopo dieci minuti la ragazza si scogliona e se ne va. Allora mi metto a parlare di fumetti con quello che per ragioni di privacy chiamerò Ragazzo Bergamasco Con Buffe Basette Che Lavora In Fumetteria E Si Chiama Marco e di concerti col suo amico che però scusa ma non mi ricordo più come ti chiami, ma che per ragioni di privacy fingerò di ricordare e nominerò Luca.

C’è anche una ragazza dal sorriso molto dolce che ci troviamo a raccontarci cose senza importanza, ed è lì che cerco di sfruttare gli insegnamenti di Radio3 e per rompere il ghiaccio le racconto che il compositore ceco Antonín Dvořák nutriva una passione sfrenata per le locomotive e i piccioni, ma non riuscì mai a fonderle in un unico hobby perché i suoi adorati pennuti volavano via dai binari quando lo sentivano arrivare.
Ovviamente se ne va senza avermi neanche detto il suo nome, maledizione. Ma tanto per ragioni di privacy non avrei potuto scriverlo, limitandomi a chiamarla Ragazza Dai Capelli Rossi E Dal Cappotto Che Ricorda Un Arredamento Anni 70.

Di nuovo in quel posto con le colonne, e siamo ancora di più, ci sediamo per terra, parapiglia, non scatta il gioco della bottiglia, a mezzanotte scappo sennò mi chiude la metro e a Famagosta ci torno davvero. Vengo a sapere dopo che appena sono andato via si sono spogliati tutti e hanno cominciato un’orgiona generale.

Ringraziamenti in ordine sparso

Irene! O Ilaria, non mi ricordo! che ha organizzato tutta questa roba, e non era facile; Elena, che voglio vedere le sue foto e suoi video. E anche quelli del mitàp; Ilaria, che non è Irene e mi ha spiegato come arrivare e dove lasciare la macchina, ed è una ragazza molto gentile e sul suo tumblr mette le cose di pornografia, che è sempre bello da vedere; Federica, un nome che mi fa sbandare e lo so io perché, e in questo caso appartiene a una ragazza che ha da mostrare più di quel che dice, e mi piacerebbe vederla in un’altra città, magari insieme a Marianna, che parla poco, ma sono sicuro che è una cosa passeggera; Rino e i suoi consigli su un possibile mitàp genovese (magari in primavera però, che adesso piove sempre); Valarfuckingmorghulis che non ha detto neanche a me come si chiama, ma ha apprezzato i miei brasadè; Dettaglio che vive a Genova, e credo sarebbe un ottimo compagno di bevute. Fatti vivo, vecio; chi mi ha parlato e chi mi ha notato senza parlarmi, chi ha cominciato a seguirmi e chi mi ha scritto per dirmi che cazzo avrebbe voluto esserci. A Catastrofe e a Mizaralcor, che non vengono ai mitàp, ma sono i miei tumbleri preferiti; agli altri, che non ricordo, scusate, devo togliere le polpette dal forno.

La prossima volta non so dove sarà, ma sarò fra amici.

 

Il mio attuale problema con la musica è quello di non avere un autoradio che legge gli mp3. Recentemente ho cambiato macchina, e quella che ho preso è più vecchia della precedente, e ha un autoradio di serie che non puoi sostituire sennò dice il meccanico che si sbagascia l’equilibrio climatico del pianeta e nel giro di una settimana ci estinguiamo tutti, e poi l’autoradio vecchio che leggeva gli mp3 non entra nello scomparto della macchina nuova, e quando ha cominciato l’elenco di fastidi (suoi) che avrebbe provato montandolo ho preferito rinunciare e mi sono comprato un lettore mp3 portatile, che attacco all’autoradio tramite quelle finte cassette col filo attaccato (ebbene si, la mia macchina ha un mangiacassette, sono vintage da paura).

Non è proprio la soluzione migliore, con quei fili che si intrecciano alla leva del cambio obbligandomi a percorrere lunghissimi tratti in seconda, con tutte le manovre da fare prima di riuscire ad ascoltare una canzone, e con un fastidioso fruscio costantemente in sottofondo, così il più delle volte mi limito ad ascoltare la radio.

Una delle mie trasmissioni preferite comincia all’ora in cui esco dal lavoro, su Radio3, e si chiama Sei Gradi: propone delle scalette ispirate alla teoria dei sei gradi di separazione, che sarebbe quella secondo cui ogni persona al mondo può essere collegata a un’altra in meno di sei passaggi: io conosco uno che lavora per un diplomatico che conosce un ministro che ha conosciuto il presidente degli Stati Uniti, quindi fra me e Obama ci stanno tre persone, massimo quattro, e nessuna di esse è Kevin Bacon.

In questa trasmissione il conduttore lega sei canzoni attraverso un filo conduttore che può comprendere l’anno di incisione, l’artista che le interpreta, il paese o qualunque altro aggancio gli venga in mente che non sia troppo tirato per i capelli.

Il fatto che il meccanico di Miles Davis fosse stato una volta al concerto di Billie Holiday, per dire, non sembra essere un collegamento valido.

Ogni volta, nei venti minuti che separano il mio posto di lavoro da casa, immagino di scrivere una scaletta anch’io, ma generalmente posteggio prima ancora di aver deciso da quale canzone partire.

Poi sono stato al festival di Internazionale, e c’era Vinicio Capossela che proponeva il più scassato e cialtrone dj set che possiate immaginare, con musica da tutto il mondo mixata veramente male, e mi sono divertito tanto che mi è venuta voglia di farlo anch’io, e mi sono detto che forse è possibile mescolare entrambe le idee, e creare una scaletta di canzoni legate fra loro in una qualche maniera, che mi permettano di viaggiare per il mondo e toccare quanti più paesi possibile.

Da qui è nata l’idea di questo post, che poi sarà una serie di post, e che volevo chiamare Portare la radio in valigia senza farsela sequestrare al check-in, se non fosse che il template del blog ha preso questa strana briga di spingere il titolo sopra la data fino a coprirla, e fa disordine.
Che fare? Cambiare template non se ne parla, modificare l’attuale neanche, che non sono capace. Ho dovuto cambiare titolo alla rubrica.

Per riassumere, volevo un titolo che richiamasse alla mente il viaggio, la radio e la musica: qual è la radio che si ascolta in viaggio, che trasmette musica e si sente dappertutto?

Ochei, a parte radiomaria?

Comincia qui la mia nuova rubrica Centotre-e-tre. Benvenuti!

Le regole sono poche:

  • proporre sempre una canzone che abbia un legame con quella precedente;
  • scegliere, quando possibile, autori che si conoscono poco, che il viaggio dev’essere un’occasione per scoprire cose nuove, sennò è come andare in vacanza dall’altra parte del mondo e chiudersi in un villaggio Valtour;
  • raccontare una storia, sennò diventa una lista sterile ed è un tormento per chi la legge.

Naturalmente ho intenzione di farmi accompagnare, mi piace viaggiare da solo, ma con gli amici è meglio, perciò se avete suggerimenti, percorsi alternativi, aneddoti interessanti siete liberi di sedervi, la signora che occupava il posto accanto al mio è andata in bagno un’ora fa e non è più tornata, probabilmente è morta.

Se riesco vorrei pubblicare un paese a settimana, ma so già che in alcuni posti mi vorrò fermare più a lungo, e vorrei concludere sempre anticipando dove si svolgerà la puntata successiva, così da permettere di intervenire a chi avesse qualcosa da raccontare.

La settimana prossima, per dire, cominciamo da Genova.

Una cosa che mi piacerebbe aggiungere alla rubrica sarebbe un logo, ma a disegnare faccio cagare, dovrete accontentarvi del titolo e della categoria qui a destra, a meno che qualcuno non si prenda a cuore la mia condizione di blogger sfigato e cerchi di migliorare l’aspetto di questo luogo angusto.

Beh via, ci vediamo la settimana prossima.

(continua)