Centotre-e-tre n.26: Rinascita

Riassunto delle puntate precedenti:
Introduzione
Bruno Lauzi – Garibaldi Blues
Peggy Lee – Why Don’t You Do Right?
Tony Bennett & Lady Gaga – The Lady Is A Tramp
Joni Mitchell – Chelsea Morning
Neil Young – Cortez The Killer
Banda El Recodo – El Corrido De Matazlan
Los Cuates de Sinaloa – Negro Y Azul: The Ballad Of Heisenberg
Los Tucanes de Tijuana – El Chapo Guzman
Cholo Valderrama – Llanero si soy llanero
Celia Cruz – La Vida Es Un Carnaval
Duke Ellington – The Mooche
Renato Rascel – Romantica
Igor Stravinskij – Pulcinella Orchestral Suite – Part I/III
David Bowie – Pablo Picasso
Prince – Cream
Wu-Tang Clan – C.R.E.A.M.
Frances Yip – Green Is The Mountain
VIXX – Error
Ili Ili Tulong Anay – Mvibe
Mahani Teave & Viviana Guzman – Flight Of The Bumblebee
Martina Trchová – U Baru
ZAZ – Qué Vendrá
Incubus – Megalomaniac
Cartola – Alvorada
Yes – The Revealing Science of God (Dance of the Dawn)
No – Meet Me After Dark

I No sono una band misteriosa. Hanno un sito che non sembra funzionare granché, e una pagina facebook piuttosto laconica, in cui troviamo i nomi dei musicisti, e scopriamo che tre su quattro portano lo stesso cognome. Se avessimo tempo da perdere potremmo anche approfondire, e separare questi No da altri No venuti prima o contemporanei, e dai No che hanno cambiato nome in Black English, però no, non ce l’abbiamo il tempo di fare ricerche più approfondite, che la quarantena è finita e bisogna tornare a produrre.

Voi, intendo, che io continuerò a stare a casa a scrivere sul blog, avendo sottoscritto un contratto miliardario con l’INPS che mi versa petroldollari sul conto corrente e in cambio non mi chiede neanche di lavorare.
Finché dura, poi immagino che smetterò di scrivere e mi presenterò sotto il cavalcavia a vendere ai camionisti la mia intimità posteriore.

Perciò, senza perdere tempo in ricerche vane su internet, tipo a quanto vanno oggi le intimità posteriori di maschi adulti europei, passiamo velocemente al prossimo aggancio.

La canzone che vi ho proposto la volta scorsa si intitola Meet Me After Dark, ed è questo titolo che ci porterà al prossimo artista, attraverso il passaggio più assurdo utilizzato finora.

Perché Meet Me After Dark è anche il nome di un cavallo da corsa, nato nel 1985 da una coppia che vanta, fra i propri antenati, anche Seabiscuit, il cavallo da cui vennero tratti diversi film che mi sono guardato bene dal guardare, che i film con animali e persone finiscono sempre male, oppure no ma ci recita Shirley Temple.

Il quadrisnonno

Non so perché i cavalli da corsa vengano battezzati con questi nomi assurdi, forse perché sennò tutti li chiamerebbero Furia Cavallo Del West e i cronisti radiofonici avrebbero grossi problemi a rendere interessante il racconto delle gare.
Nel film La Leggenda Del Pianista Sull’Oceano un personaggio ha la passione per i nomi dei cavalli, e passa ore a farseli leggere dal protagonista, piangendo dal ridere.

È un bel film, La Leggenda Del Pianista Sull’Oceano, mentre Seabiscuit, perlomeno la pellicola prodotta dalla Disney, viaggia più sul genere di roba che inizi a guardare per pigrizia e poi ti addormenti sul divano.

Ma che problemi ha la Disney, che una volta faceva uscire dei film indimenticabili e oggi sembrano fatti tutti con lo stampino? L’altra sera ho riguardato Robin Hood, quello con le volpi e gli orsi e i coniglietti e il fantastico corteo in cui le trombe erano suonate dagli elefanti, la cassa del tesoro era trasportata dai rinoceronti, la portantina regale dagli ippopotami, e in testa a tutti marciava fiero un coccodrillo con la mantellina. Perché non si fanno più film così?

Ochei bumer, mi direbbe un lettore giovane, se questo blog vantasse dei lettori giovani, vai avanti.

Seabiscuit fu protagonista di una classica storia di rinascite, dove il protagonista all’inizio fatica a emergere e poi diventa un campione, poi ha un incidente che rischia di compromettergli la carriera, poi si riprende e trionfa. Gli americani ci impazziscono per quelle storie lì, e non è un caso che molte siano ambientate durante la Grande Depressione, quel periodo della storia americana in cui si faceva la fame, e ogni storia di rinascite infondeva coraggio.

Il pugile James Braddock, portato sullo schermo da Russel Crowe in Cinderella Man, fu un simbolo dell’epoca, e così Seabiscuit, perché quando cominciarono a scarseggiare le storie di uomini valorosi che fronteggiavano i tempi duri e risalivano la china, ci si faceva andare bene anche le storie di cavalli.

Cinderella Man si distingue da Seabiscuit dal fatto che nel primo il protagonista indossa i guantoni.

Io sono un po’ esigente sulle storie di caduta e rinascita, quella di Seabiscuit non mi sembra più eccezionale della storia del mio gatto, che è nato per strada e poi è venuto a vivere a casa mia e adesso ha pure lo schiavo che gli pulisce il gabinetto. Una delle migliori resta quella che la rinascita se la porta già nel nome, ma se mi metto a parlare di quella non smetto più.

Restiamo a cavallo, come si dice sempre quando stai scrivendo un post che parla di Seabiscuit, ma ti verrebbe voglia di andare fuori tema e parlare di fumetti.

Dicevo che della storia di questo campione di corse di cavalli è stato tratto un film, che ha ricevuto qualche recensione entusiastica, molte di più negative, e un’infinità di meh, tipo quella della rivista specializzata in cavalli e cinema “Film, Cavalli E Film Di Cavalli”, che così definisce la pellicola:

Da un punto di vista prettamente narrativo è un’occasione mancata, non ci sono sviluppi di trama inaspettati, succede tutto bene all’interno dei consueti binari della cinematografia hollywoodiana, con la sua struttura a N che prima mostra il protagonista salire, poi crollare e poi risalire fino al trionfo finale, il tutto condito da dialoghi prevedibili, situazioni strappalacrime sempre le stesse fin dagli anni ’30, come se da Tom Mix in avanti le sceneggiature fossero scritte pescando sempre gli stessi espedienti dallo stesso barattolo. Però ci sono un sacco di cavalli, e per una rivista come la nostra è un elemento che non si può trascurare. Voto 7/8”.

Per fortuna i film hanno sempre una colonna sonora ad accompagnarli, e in questo caso l’ha composta uno che ne compone tantissime, continuamente: Randy Newman. Lo conoscete per i suoi brani più famosi, come questo o questo.

Non voglio usare Randy Newman come collegamento, ci potrei agganciare qualsiasi cosa, dov’è la sfida? Dov’è la difficoltà?

Per fortuna che anche in questo film, come in quasi tutti quelli che vengono prodotti, la colonna sonora contiene molti più brani di quelli che vengono poi inseriti nel disco.

Fra quelli lasciati fuori troviamo un personaggio che andava un casino negli anni passati, ma che poi è un po’ uscito dai radar: Moby.

(continua)


E dimmelo, dai, lo so che ci tieni

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