Riassunto delle puntate precedenti:

Introduzione
Bruno Lauzi – Garibaldi Blues
Peggy Lee – Why Don’t You Do Right?
Tony Bennett & Lady Gaga – The Lady Is A Tramp
Joni Mitchell – Chelsea Morning
Neil Young – Cortez The Killer
Banda El Recodo – El Corrido De Matazlan
Los Cuates de Sinaloa – Negro Y Azul: The Ballad Of Heisenberg
Los Tucanes de Tijuana – El Chapo Guzman
Cholo Valderrama – Llanero si soy llanero
Celia Cruz – La Vida Es Un Carnaval
Duke Ellington – The Mooche
Renato Rascel – Romantica
Igor Stravinskij – Pulcinella Orchestral Suite – Part I/III
David Bowie – Pablo Picasso
Prince – Cream
Wu-Tang Clan – C.R.E.A.M.
Frances Yip – Green Is The Mountain
VIXX – Error
Ili Ili Tulong Anay – Mvibe
Mahani Teave & Viviana Guzman – Flight Of The Bumblebee
Martina Trchová – U Baru
ZAZ – Qué Vendrá
Incubus – Megalomaniac
Cartola – Alvorada
Yes – The Revealing Science of God (Dance of the Dawn)

La scorsa puntata abbiamo parlato di una band prog fra le più celebri, chiamata Yes. Ci vuole una certa fantasia a scegliersi un nome del genere, e immagino che all’inizio della loro carriera i musicisti abbiano incontrato qualche difficoltà, quando si presentavano alle case discografiche (ho tradotto il dialogo in italiano per facilitarvi la comprensione):

“E come vi chiamate?”
“Sì”
“Cosa?”
“Non cosa, Sì”
“Mi state pigliando per il culo?”
“No, il nostro nome è Sì”
“Sì cosa, vi ho chiesto come vi chiamate!”
“Sì!”
“Ma vaffanculo, avanti un altro!”
[entra un altro musicista]
“E voi come vi chiamate?”
“Chi”
“Voi”
“Noi Chi”
“Sigh”

La storia della musica è piena di nomi buffi, specialmente da quando sono nate le band. D’altronde è normale, una volta il nome che attirava il pubblico era quello del compositore del brano, non dell’orchestra che lo eseguiva. Ma dev’esserci stato un primo momento in cui un paio di musicisti hanno pensato di mettersi insieme e si sono dati un nome, no?

Sappiamo che i primi strumenti musicali risalgono al paleolitico, un periodo storico che va da 2 milioni e mezzo di anni fa fino alla nascita dell’agricoltura, solo 10.000 anni fa, praticamente ieri. I nostri antenati erano nomadi, vivevano di caccia e raccolta, dormivano dove capitava, non sarebbe stato pratico imparare a suonare strumenti voluminosi come la batteria o il contrabbasso, ed è per questo che negli scavi archeologici vengono ritrovate delle versioni primitive del flauto, ricavate da ossa o pietre, invece di un sintetizzatore a 88 tasti.

Possiamo immaginare che ad accompagnare il virtuoso pifferaio ci fosse qualcuno che batteva le mani a tempo, o picchiava un legno per terra, dato che la percussione è la forma musicale più naturale e semplice da eseguire, e da lì alla nascita di un gruppo il passo è molto breve.

Ci sarà stato un artigiano, seduto su un sasso, con una scheggia affilata di selce, intento a fare buchi in un pezzo d’osso cavo, e ci sarà stato un suo amico che si è avvicinato e gli ha chiesto cosa stava facendo, in quella lingua di gesti, versi e poche parole appena inventate.

“Mgrr?”, chiese Grog al suo amico Gurb, indicando il manufatto su cui stava armeggiando.
“Fifo!”, rispose Gurb, con la padronanza linguistica tipica del sapiens, e tornò a scavare il suo strumento. Non valeva la pena dilungarsi in spiegazioni coi neanderthal, il loro cervello semplice non era in grado di memorizzare informazioni più complesse di “mio”, “cibo”, “ficcare” e “aiutiamoli a casa loro”, ma Grog era un tipo simpatico, e gli faceva piacere averlo intorno.

“Mgrr!”, insistè Grog, puntando il dito sull’oggetto misterioso.
“Fifo”, ripetè Gurb, e per fargli capire come funzionava ci soffiò dentro.

L’aveva trovato per terra qualche giorno prima, sporco di fango, e nel pulirlo, per vedere se ci fosse ancora della carne attaccata, aveva appoggiato la bocca a un’estremità e aveva soffiato forte. Era un osso vecchio, svuotato del midollo, e Gurb aveva scoperto che in quel modo si produceva un suono interessante. L’aveva tenuto, per indagare meglio su quello strano fenomeno, ma non avendo ancora inventato abiti provvisti di tasche era stato costretto a ficcarselo nel culo, finché non gli venne in mente di passarci dentro dei fili d’erba intrecciata e appenderselo al collo.

L’osso produsse un suono che fece saltare indietro Grog. Le dita di Gurb tapparono i buchi che ci aveva ricavato sopra, e dallo strumento uscirono tre suoni diversi, più alti.

“Fifo”, disse Gurb con soddisfazione.

Anche Grog voleva provare il magico strumento, ma Gurb non si fidava delle mani goffe dell’amico, e glielo allontanò dalle mani. Grog si incazzò tantissimo, raccolse un bastone e lo sbatté contro un sasso una volta, due, tre. Quando faceva così non c’era modo di farlo smettere. Gurb pensava che fosse un problema di scarso controllo delle proprie emozioni, e al bisogno di attenzione, probabilmente legati al fatto di essere cresciuto senza una forte figura di riferimento in famiglia, dato che il padre di Grog era stato mangiato da una tigre dai denti a sciabola quando lui era piccolo.

Per calmarlo si mise a soffiare nel piffero, e si accorse che le note si accompagnavano al ritmo delle bastonate dell’amico.

“Getrotàl!”, esclamò. Anche Grog si era reso conto che quella roba che stavano facendo aveva un effetto benefico sul suo umore, e i colpi menati con rabbia si erano trasformati in botte precise, ritmate, che davano ai suoni dell’amico una specie di energia.

Intorno ai due cominciarono a radunarsi gli altri membri della tribù, a cui per qualche strano motivo venne voglia di battere le mani a tempo con le bastonate di Grog. Era nato il primo concerto prog rock.

Purtroppo per i due, il successo ebbe breve durata: divergenze sulla direzione che doveva prendere la band portarono presto a una rottura. Gurb voleva formare un gruppo pop che affondasse le proprie radici nella tradizione popolare italiana e chiamarlo Homo Sapiens, mentre Grog aspirava a suonare hardcore punk in un gruppo chiamato Neanderthal.

Da questo duo improvvisato, la musica di gruppo ha fatto enormi passi avanti, attraverso l’Egitto, la Mesopotamia, i Greci, i Romani, fino ad arrivare ai gruppi di oggi e al momento in cui devono scegliersi un nome e decidono di chiamarsi Yes.

C’erano molti nomi disponibili, non si erano ancora formati i gruppi che poi si sono presi i nomi più fighi, tipo Rage Against The Machine, o Tony Flow and the Miraculously Majestic Masters of Mayhem, ma per qualche strana ragione questi cinque scellerati scelsero il nome più scemo di tutti.

Vabbè, alla fine la scelta è stata premiata, nel 1985 hanno ottenuto un Grammy Award, e in seguito sono stati candidati per riceverne altri cinque; nel 2017 gli Yes sono entrati nella Rock ‘n’ Roll Hall Of Fame insieme a praticamente chiunque, compresi gli Aerosmith, non so se ve li ricordate, andavano parecchio negli anni ’90.

Ma soprattutto, gli Yes ce li ricordiamo per le copertine dei loro album, delle meraviglie fantasy che hanno gettato un ponte fra due categorie che fino ad allora non si erano parlate granché: gli appassionati di prog e quelli di videogiochi. Il nome di Roger Dean fa luccicare gli occhi di chi ha in casa Fragile degli Yes e la versione originale di Chrono Quest per Commodore Amiga, visto che quest’artista ha disegnato entrambe.

E parlando di Chrono Quest, sapete chi ne ha composto la colonna sonora? Jean Marc Grignon, di cui non so altro, e vi va bene, che potevo chiudere questa puntata con un trip di chip music che avrebbe reso felice solo un mio ex collega collezionista di questa roba, se imparasse a leggere e scoprisse il mio blog.

Invece ho pensato di farvi scoprire quelli che secondo me devono essere il gruppo che sta all’opposto degli Yes, i No.

(continua)

Riassunto delle puntate precedenti:

Introduzione
Bruno Lauzi – Garibaldi Blues
Peggy Lee – Why Don’t You Do Right?
Tony Bennett & Lady Gaga – The Lady Is A Tramp
Joni Mitchell – Chelsea Morning
Neil Young – Cortez The Killer
Banda El Recodo – El Corrido De Matazlan
Los Cuates de Sinaloa – Negro Y Azul: The Ballad Of Heisenberg
Los Tucanes de Tijuana – El Chapo Guzman
Cholo Valderrama – Llanero si soy llanero
Celia Cruz – La Vida Es Un Carnaval
Duke Ellington – The Mooche
Renato Rascel – Romantica
Igor Stravinskij – Pulcinella Orchestral Suite – Part I/III
David Bowie – Pablo Picasso
Prince – Cream
Wu-Tang Clan – C.R.E.A.M.
Frances Yip – Green Is The Mountain
VIXX – Error
Ili Ili Tulong Anay – Mvibe
Mahani Teave & Viviana Guzman – Flight Of The Bumblebee
Martina Trchová – U Baru
ZAZ – Qué Vendrá
Incubus – Megalomaniac
Cartola – Alvorada

Nella puntata scorsa ho accennato al mago Merlino, e al fatto che mi avrebbe garantito un collegamento con un’infinità di brani di musica prog-rock, ma siccome il prog non lo ascolta nessuno ho preferito servirmi di altri agganci più orecchiabili.

Dopo dieci minuti dalla pubblicazione ho cominciato a ricevere messaggi sul telefono, email, commenti, da ogni angolo del pianeta, e tutti avevano in comune la parola ‘stronzo’.

È lusinghiero scoprire di avere tanti lettori, ma inutile, perché praticamente tutti quelli che mi hanno scritto dichiarandosi lettori del Pablog hanno anche specificato che dopo quello che ho scritto la volta scorsa non mi leggeranno mai più.

Erano tutti appassionati di musica prog, gente che non si alza dal letto prima che la sveglia sul telefono non abbia finito l’assolo di tastiera di Firth Of Fifth, quindi non si alza mai. Erano tutti indignati dalla mia mancanza di rispetto, e mi hanno promesso quasi tutti di farmela pagare, regalandomi cidi delle Midas Fall o abbonamenti alla rivista principe del settore, Prog.

Rivista che, peraltro, premia ogni anno i migliori esponenti del genere, ma non li invita a suonare “sennò la premiazione dura tre settimane”.

Il capobanda, il più accanito fra i miei detrattori, è stato ovviamente Marillillo, un mio amico talmente ossessionato dal prog da avere costretto la sua famiglia ad accompagnarlo ogni anno a Toronto alla convention internazionale dei fans dei Marillion, dove un sacco di uomini tormentati dalla calvizie indossano magliette a tema fantasy e si scambiano opinioni di quarantacinque minuti ciascuna su un dettaglio della copertina di Script For A Jester’s Tear.

Marillillo si è offeso tantissimo, e mi ha rinfacciato di quella volta che siamo andati insieme a vedere i Marillion a Verona e invece di lodare le pazzesche doti della band mi sono messo a perculare il bibitaro che ripeteva, sempre con la medesima intonazione, “birra ragazzi birra?”.

Marillillo mi ha ricordato che se non era per lui non avrei mai scoperto Fish, l’ex cantante dei Marillion, uno scozzese di due metri e mezzo con delle mani che non gli permettevano di suonare nessuno strumento senza sfondarlo, ma che gli hanno garantito un posto da cantante quando ha iniziato a prendere il resto della band a scopaccioni, e non avrei mai partecipato al suo concerto di Vigevano, dove siamo stati mangiati vivi dalle zanzare, o a quello di Genova, dove il cantante non ha neanche suonato perché gli è andata via la voce, o a quell’altro sempre a Genova dove sono rimasto seduto a impedire a sua moglie di buttarsi in mare per la noia. La moglie, ovviamente, era quella di Marillillo, dato che quella di Fish si è rotta le balle molto prima e l’ha mollato.

Anche la moglie di Marillillo voleva andarsene, ma poi chi avrebbe riportato a casa suo marito, visto che la macchina la guidava lei perché lui sta alla guida di un’auto come i Dyonisos a quella di un aquilone? Io no di certo, che da un’ora me ne stavo seduto un po’ sul coglione sinistro e un po’ sul destro e rimpiangevo di non avere approfondito l’amicizia con quella ragazza bruttina che aveva recuperato due biglietti per il Freddie Mercury Tribute e mi aveva implorato di accompagnarcela. Magari col tempo avrei imparato ad apprezzare il suo aspetto da artropode e quel suono acuto che emetteva quando faceva vibrare le lamine all’interno del suo organo stridulatore, e chissà, un giorno mi sarei trovato a tenerle le mani e guardarla teneramente negli occhi mentre sul palco davanti a noi Adam Lambert faceva scempio delle canzoni dei Queen e gli altri tre stronzi si sfregavano le mani pensando alle royalties.

Ma l’odio non è arrivato solo dalle email acide di Marillillo: il presidente dell’Associazione Italiana Giochi Di Ruolo E Più In Generale Giochi In Scatola Tranne Monopoli Risiko E Cluedo Che Li Schifiamo Ma Comunque Principalmente Giochi Di Ruolo, mi ha telefonato per minacciarmi. Ha detto che il mio articolo ha riacceso antichi pregiudizi sulla musica prog, tipo che è noiosa e piace solo a uomini single dalla scarsa propensione all’igiene personale, e che ciò ha minato uno dei pilastri su cui si regge l’intera comunità dei giocatori di ruolo e più in generale da tavolo tranne monopoli risiko e cluedo ma comunque principalmente di ruolo, i quali adesso possono solo contare sulle recensioni positive dei fans di Tolkien e del fantasy in generale che comunque è per tre quarti composto da imitatori di Tolkien, perché La Spada di Shannara è roba che piace solo ai frolli, tipo quelli che ti dicono che leggono un sacco di libri e poi hanno tutta la produzione di Wilbur Smith e Ken Follett.

Ha detto che i pregiudizi verso la sua associazione sono aumentati e adesso per colpa mia non riesce più a rimorchiare su Tinder, al punto di essersi ridotto a togliere dalle foto profilo quella che lo ritrae a Lucca Comics vestito da He-Man.

Tutta quest’aggressività nei miei confronti mi ha convinto a correre ai ripari, ed è per questo che la puntata odierna di Centrotre-e-tre parlerà di musica prog.

Non è una forzatura, ma un passaggio naturale: avrei voluto raccontare che il regista di Cidade de Deus ha diretto anche The Two Popes, il film su Ratzinger e Bergoglio prodotto da Netflix, e grazie al contributo papale avrei pubblicato un video di musica sacra, sbrodolando anche un po’ sui vantaggi di scegliere la religione cattolica invece dell’induismo, che di questi tempi è meglio arruffianarsi i poteri forti, e francamente non so che aiuto potrebbe darmi un dio con la testa di elefante, mentre uno con la testa triangolare puoi sempre tenerlo in macchina, dovessi bucare una gomma.

Volevo mostrarmi amico della comunità cristiana e magari tendere la mano a quel mio amico focolarino che da anni ha smesso di parlarmi, ma mi rendo conto che ci sono delle questioni più urgenti che richiedono la mia attenzione, quindi invece di agganciarmi al regista di Cidade de Deus, sfrutterò il 18 maggio 2002, data della presentazione del film al festival di Cannes.

E lo sapete cos’altro è successo il 18 maggio? Sono partito per il servizio militare, nel 1993, ma a parte quello, che francamente che canzoni potrebbe suggerire? Prima Guardia dei Litfiba? Ma per favore.

No, il 18 maggio è anche il compleanno di Rick Wakeman, lo storico tastierista degli Yes, e quella che segue è una masturbazione di 22 minuti che non ci penso neanche ad ascoltare perché in 22 minuti posso guardarmi un episodio intero del Monty Python’s Flying Circus.

Alla prossima!

(continua)