Preferirei sminare strade nel deserto, in ciabatte, per conto di una ditta che non può permettersi l’attrezzatura e mi manda in giro con un martello, “Se vedi una pietra che ti sembra una mina battici sopra”.
Una ditta che non mi passa neanche la crema solare, dice che nessuno dei suoi dipendenti è mai morto di melanoma.

In prima elementare mi piaceva la mia compagna di banco. Era bionda e bellissima. Ero biondo anch’io, e alla maestra era sembrata un’idea spassosa metterci vicini.
A me no, ogni volta che si girava per sussurrarmi qualcosa mi sentivo bruciare la faccia e dovevo cercare roba importantissima nella cartella sotto il banco.
Un pomeriggio ero al campetto ed è venuto a cercarmi suo fratello grande, doveva dirmi qualcosa da parte sua. Sono scappato per non ascoltarlo.
Mai saputo cosa volesse dirmi, lei a scuola non mi diceva niente, cioè, si girava a sussurrarmi delle cose, ma lo faceva sempre in quei momenti in cui mi veniva la faccia rossa e mi buttavo sotto il banco, chi lo sa. Però se fosse stato importante avrebbe insistito, credo.

Alle medie mi piaceva una ragazzina con le lentiggini che veniva d’estate in villeggiatura da una vecchia zia. Avevamo fatto amicizia e ci vedevamo tutti i giorni. Le avevo riempito una cassetta delle sue canzoni preferite e ci avevo nascosto dentro una lettera cifrata, in cui le chiedevo di diventare la mia ragazza.
Sono riuscito a consegnargliela solo l’ultimo giorno, e ho passato i mesi successivi a transitare per caso sotto casa della zia in attesa di vederla tornare, fantasticando sulla sua risposta.
L’ho incontrata una domenica di ottobre, abbiamo parlato d’altro, ma i miei discorsi continuavano a girare intorno ad argomenti come la musica, i supporti su cui registrarla, le piccole scatolette di plastica e i loro contenuti. Dopo un po’ mi ha detto di avere ascoltato la cassetta e decifrato la mia lettera. Mi ha detto che insomma, sì. Le ho risposto che non sapevo di cosa stesse parlando e sono scappato.

Che palle vivere così, di nascosto alla vita, gemello siamese di me stesso a otto anni. Guardo le persone e mi chiedo quand’è che sono cresciute, e come è successo, se sono state come me fino a un giorno in cui si sono guardate allo specchio e si sono viste diverse, e allora hanno spento la playstation e fatto quella cosa che fino al giorno prima ritenevano impossibile. Ho sempre pensato che ci fosse un’età in cui smetti di comportarti come un ragazzino e ti carichi sulla schiena la tua vita coi suoi casini. Pensavo che bastasse aspettare di raggiungerla. Quando i miei conoscenti hanno iniziato a trovarsi una casa, un lavoro, una moglie ho capito che oramai sarebbe stata solo questione di poco, come quando sei in posta col cinquantacinque in mano e l’impiegata chiama il quarantanove e dato che non arriva nessuno passa subito al cinquanta.

Solo che la vita, come certi uffici postali, distribuisce i biglietti con numerazioni diverse a seconda della tua necessità, e dopo il cinquanta non viene il cinquantuno, si passa alla fila di quelli che devono pagare le bollette, e si serve il ventisette. Poi il settantaquattro di quelli che devono parlare col consulente finanziario. Poi l’otto deve ritirare la pensione. E tu sei lì che invecchi. I tuoi conoscenti hanno già fatto due figli, qualcuno ha divorziato, e tu sei ancora lì ad aspettare il via, ma ti ripeti che quando arriverà quel momento lo riconoscerai, e resti tranquillo a guardare i moduli nel raccoglitore girevole. Non c’è mai niente da leggere in posta.

Alle superiori c’era una di prima che mi piaceva un sacco, si chiamava Lara e tutte le mattine all’intervallo transitava davanti alla mia aula e guardava dentro. Andavo in giro col mio compagno di banco e me la trovavo dietro. Ero al semaforo e lei stava sull’altro marciapiede e mi indicava alla sua amica. Ci sono uscito? Hahaha. Però una volta le ho fregato il diario e c’era il mio nome scritto sopra grosso, e io ci ho scritto una delle mie cazzate e lei da quel giorno non mi ha più parlato.

Non è che parlo sempre delle stesse cose, potrei fare anche degli esempi che riguardano il lavoro, ma parlare di lavoro non mi piace, quindi sì, parlo sempre delle stesse cose oppure scrivo racconti che però non spedisco a nessuno, perché io quel giorno in cui devi metterti lì e diventare una persona responsabile lo sto ancora aspettando.

Nel frattempo ho imparato a mimetizzarmi. A non espormi, a non telefonare per primo. Ho imparato a nascondere la mano prima di tirare il sasso, dico ci vediamo una di queste sere e poi non mi faccio più vedere, e penso ma che stronza, non mi cerca.

Però non si può vivere così, no? I vigliacchi muoiono molte volte prima di morire, diceva coso, e morire è già brutto una volta sola, perciò sii forte, prendi coraggio, manda un messaggio alla tizia, dille una volta per tutte cosa provi per lei e poi corri in stazione all’aeroporto su una nave. Non sarà mica così difficile rifarsi una vita in Siberia.

E invece no, io aspetto domani, quando sarò più coraggioso e le condizioni più favorevoli, e intanto spero che nel frattempo la ragazza si trovi un fidanzato e mi fornisca una scusa per dare la colpa alla sfiga.

Preferirei sminare strade nel deserto in ciabatte, dicevo, che produrre quel gesto così naturale per gli esseri umani, mostrare le mie debolezze a un altro essere umano e chiedergli di condividerne il peso.

Per questo ho sempre salutato il quindici febbraio con un sospiro, rimandando l’ansia di un altr’anno, tanto c’è tempo.

Dice “È un po’ che non aggiorni il blog, che stai facendo? Scrivi un altro libro?”

Dire che sono stato risucchiato dal vortice di Tumblr e in pratica passo ogni minuto libero ad aggiornare la dashboard fa brutto, così ho deciso di raccontare alcune delle cose che ho visto, letto o fatto nell’ultimo decennio, fingendo di avere impegnato gli ultimi mesi in qualcosa che se non è produttivo sia almeno socialmente accettabile.

Allora, innanzitutto ho cominciato a pedinare una ragazzina di sedici anni dall’uscita di scuola a casa sua, ma pedinare non è il termine giusto, la tallonavo proprio, le stavo a un metro e le mormoravo parole oscene tipo icsfactor, libridimoccia e rapperitalianotrasgressivodistocazzo, e ogni volta che si voltava a rimproverarmi mi accarezzavo il pacco con lascivia [la-scì-via, se hai letto la-sci-vìa sei una brutta persona]. Poi mi è scaduto l’interinale alle poste e a consegnare la corrispondenza ci hanno messo un altro.

(questa cosa della ragazzina starebbe a sottintendere come la frequentazione di tumblr sia più immorale e deplorevole di un atteggiamento che puzza di pedofilia. Non ha molto senso spiegarlo, mi rendo conto, ma ultimamente su tumblr mi leggono i Bimbiminkia col senso dell’umorismo di un anello di totano, ma manco di quelli fritti, crudo, e allora rischio che la battuta non venga colta. Scusate.)

Pazienza, molto più tempo libero da investire in attività più socialmente accettabili della dashboard di tumblr, (vedi? devo sottolineare come alle elementari) che se non l’avete mai vista lasciate perdere, tutta quella pornografia mescolata a immagini di gattini potrebbe far perdere il senno a chiunque, io stesso oramai mi eccito ogni volta che sento miagolare.

Però non starò qui a raccontarvi delle mie fantasie erotiche, anche perché non tutte vi riguardano, ho scritto questo post per raccontarvi di quello che ho letto e visto, e tanto vi devo.

Quello che ho letto e visto

Comincio dal fondo, da quello che sto ancora leggendo perché è come quando ti invita a cena una che non sa cucinare e ci metti tre ore a finire il secondo perché se lo lasci magari si offende e poi va a finire che ti tocca passare la serata a guardare Men vs Food, che non so cosa sia, ma un amico me l’ha appena citato su facebook, e lui è uno che guarda delle vere porcherie.

Roba che se ad un certo punto compariva Ok Quack il romanzo poteva proseguire a Paperopoli e nessuno ci avrebbe trovato niente di strano.

 Si, ce l’ho con te, Stephen King, che prima mi illudi con tre capitoli piacevoli, poi mi esalti con un quarto che è un capolavoro, e poi mi presenti il conto con un quinto volume, I Lupi Del Calla,  piuttosto calante, un sesto, La Canzone Di Susannah, che bisognerebbe tirartelo dietro, e l’ultimo, La Torre Nera, che se non avevi più voglia di scriverlo bastava dirlo, l’avremmo capito. Guarda, ci parlavo io col tuo editore, una soluzione si trovava, ma metterti a discutere col lettore, diventare tu stesso un personaggio della storia, dai, è veramente la soluzione di chi non ha più niente da dire! Non sei d’accordo con me, lettore di questo blog?

Adesso ho questo romanzo a un quarto scarso, ne leggo due pagine la sera per vedere se migliora, salto le righe, mi dispero perché è di un noioso che non ci si crede, da un momento all’altro potrebbe raccontarmi del benzinaio preferito dai taheen e di quella volta che si è messo a regalare i punti carburante perché aveva avuto una crisi mistica e gli era apparsa Santa Teresa, che però lui non essendo pratico di cristianesimo aveva scambiato per San Pietro (oppure a causa dei baffi, che le Scritture non ne parlano perché non è bello che si sappia, ma Santa Teresa da ragazza la chiamavano Gino Cervi), e gli aveva confidato che il mondo stava per finire e che Marchionne avrebbe trasferito gli stabilimenti in Pakistan, perciò suo nipote avrebbe perso lavoro e sarebbe tornato a drogarsi. Siccome il nipote è quello del benzinaio e non quello di Marchionne capirete anche voi che al nostro amico quel giorno gli giravano le balle, e vi sarete fatti un’idea, cari lettori grandi e piccini, di com’è stato scritto l’ultimo volume di questa saga fantasy postatomica.

Roba che il tuo scrittore preferito dei tuoi anni di ragazzetto protonerd potrebbe perdere anche quel rispetto che gli devi ancora per le forti emozioni che ti ha fatto provare descrivendo un momento di petting fra il protagonista e la sua ragazza cheperòpoimuore ne Le Notti Di Salem, che tu una roba così spinta come lui che “fece scivolare una mano sul suo seno e lei si inarcò per offrirglielo pienamente, soffice e sodo com’era” non l’avevi mai letta e quella sera sei andato a dormire sconvolto.

Sai cosa, amico Stephen King? O mi tiri fuori un altro 22/11/63 o mi leggo tutta la bibliografia di Valerio Massimo Manfredi. NON STO SCHERZANDO!!

Il titolo è fuorviante, in realtà è un libro di ricette per cucinare le melanzane.

Per evitare di morire di noia mi sono procurato una lista di romanzi sui viaggi nel tempo, e poi, grazie al mio amicone Senko che un giorno mi ha detto “ti faccio una cassetta”, che negli anni ’80 indicava una compilation TDK da 90 minuti piena di musichine e adesso invece rappresenta una chiavetta usb da 16 giga piena di qualunque cosa, in questo caso libri, ho spulciato in un archivio grande più o meno come la provincia di Cuneo alla ricerca dei tiroli che mi interessavano.

Al momento sto leggendo Al Di Là Del Tempo di Connie Willis, che non è un romanzo ma un’antologia di racconti, e di viaggi nel tempo ne parla più o meno come ne sto parlando io qui, però finora si lascia leggere, e il primo racconto mi ha preso molto più di quanto mi aspettassi dal genere, che è una roba tipo ricordi di scuola e primi amori, che detta così mi fa un casino casalinga frustrata, ma in realtà è scritto bene davvero. Vedremo gli altri.

Lo so, non sto leggendo molto, direte voi amici colti, che divorate i libri come io divoro i pomodorini dell’orto, a cinque per volta e senza lavarli, che però per i libri è meglio fare così, che sennò poi si sgualciscono le pagine, per non parlare di chi legge col kindle, lascia perdere.

In realtà sto occupando il tempo che voi dedicate ai vostri romanzi preferiti per leggere una quantità disumana di fumetti, tipo tre o quattro, che però escono tutti i mesi!! È come se vi metteste a leggere.. dei fumetti, tipo.. che però escono.. tutti i mesi!! Non so se è chiaro il paragone.

Un momento tipico nella vita di una famiglia, e se a voi non è mai capitato vi compatisco assai.

Una delle serie che ho cominciato dal numero uno e sto portando avanti con soddisfazione è Saga, di Brian K. Vaughan e Fiona Staples, un racconto fantasy (daje) ambientato nello spazio, quindi di fantascienza, si però più fantasy. Adulto nei dialoghi e nelle situazioni (Parlano anche di sesso! Nei fumetti! Tutti i mesi!!), molto ironico, sempre lì che adesso succede qualcosa, ma senza l’ansia di ommioddio un mese senza sapere come va a finireh! L’ha consigliato anche Buoni Presagi, che poi sembra che leggo i fumetti che consiglia lui e non lo cito. In realtà l’avevo già lì da leggere da anni e anni e aspettavo di trovare la voglia, non è che ho cominciato perché me l’ha detto lui, e comunque io ne ho già letto tredici numeri e lui invece è fermo al terzo, gnegnegne.

Allora ci vediamo questa sera? Una serata fra amici, una chitarra e un omicidio.

Garth Ennis lo leggo per principio, mi piace, a volte si ripete un po’, a volte non ne ho voglia e lo pianto lì, a volte vorrei telefonargli a casa e tirarlo giù dal letto e dirgli “Oh Garth! Questa si che è una storia coi coglioni! Ma non i coglioni tipo i protagonisti della Torre Nera!”.
Red Team è appena cominciato, giusto quattro numeri, e sta scorrendo bene, una trama solida, dei protagonisti credibili che non fanno i pazzeschi come Barracuda, che è simpatico, ma tutti così no eh. È la storia di un gruppo di agenti che dopo aver visto com’è andata a finire con Berlusconi, che tre gradi di giudizio ed è ancora lì a rompere i coglioni, decidono di dare una mano alla giustizia e invece di arrestare i criminali li fanno fuori con azioni da commando.
Strega commando colori.
Non c’entra, ma mi faceva ridere.

L’amore. Quello con la a minuscola, ma col tizio che tira le frecce e fa il coglione per Brooklyn.

Mi sono tenuto per ultima la serie che mi ha fatto innamorare, Hawkeye, di Matt Fraction e David Aja, roba che non credevo che una serie regolare Marvel fosse ancora capace di. È il supereroe che abbiamo visto negli Avengers, sai quel film di supereroi fatto bene che ti ha fatto dimenticare le porcherie tirate fuori con Hulk, Spiderman e, lo so che non sarete d’accordo ma mi ha fatto cagare, Iron Man? Quello interpretato da quello che sembra sempre si sia appena svegliato, che ha fatto quel film che ammazzava una bella saga come quella di Bourne.
Insomma, niente a che vedere, queste sono le avventure di Occhio Di Falco (che non è stato tradotto e continua a chiamarsi Hawkeye anche in italiano) quando non indossa il costume pacchianissimo che lo fa somigliare a una versione campy della (orrenda) Catwoman di Halle Berry. Vive in un condominio di Brooklyn, piglia botte da buffi mafiosi russi che vanno in giro con la tuta dell’adidas e dicono Bro, salva un cane, cazzeggia coi condomini e finisce nei casini per delle donne. Adorabile, cialtrone, lontanissimo dallo stereotipo del supereroe, sia dell’antieroe indisciplinato tipo Wolverine che della macchietta fastidiosa che in questo momento non ricordo neanche come si chiama ma avete capito, è tutto rosso, ha due pistole ed è una specie di zombi ninja. Inoltre David Aja ha fatto un lavoro splendido nella costruzione della pagina, e alterna vignette che sembrano scarabocchiate, con pochissimi dettagli, ad altre molto complete. Insomma, si è capito che mi piace, cos’altro devo fare, comprarvelo e portarvelo a casa?

Ci sono altre cose di cui dovrei parlare, alcune bellissime altre meno, prima di affrontare il discorso cinema, ma qui finisce che arriva l’alba e sono ancora alzato, e poi voi non mi leggete perché ho scritto troppo e ormai siete abituati ai microperiodi di facebook, e se uno scrive più di 160 caratteri senza faccine diventa prolisso.

Io poi prolisso lo sono già, ti lascio immaginare che succede. Facciamo che proseguo un’altra volta, eh?

 

Deadpool! Ecco come si chiama! Simpatico cinque minuti, poi torno a leggermi La Torre Nera.

Aggiornamento dell’ultimo minuto:
All’idea di dovermi sorbire altre pagine della Torre Nera sono andato su wikipedia e mi sono letto la trama. Non ve la racconto per evitarvi spoilers, ma sappiate che dopo aver scoperto cosa succede nelle pagine che mi mancano ho cancellato il file dal telefono, poi dal computer, poi ho buttato via la chiavetta usb di Senko, poi ho strappato il cavo del telefono e me lo sono mangiato.