Non so se vi è mai capitato di voler scrivere un post per il ventennale del vostro disco preferito e di non riuscirci perché vi succedono un mucchio di cose impreviste. A me è successo oggi.

Me lo stavo preparando da più di un mese, il ventesimo compleanno di Achtung Baby, il mio disco preferito da quando ho rotto la cassetta di “Le più belle sigle dei cartoni in tivù” che conteneva Orzowei e Supergulp. Volevo celebrare degnamente quello che oltre ad essere il miglior disco del gruppo di Dublino è anche lo scotch con cui ho sigillato interi scatoloni di ricordi di gioventù, che il 1991 per me è stato un anno parecchio fico.
E insomma, me lo volevo proprio gustare questo ventesimo, volevo mettermi lì e scrivere il post perfetto, impiegarci una settimana, un mese se era il caso, non buttare giù una roba di getto e non farmi trovare impreparato.

Solo che poi mi sono dimenticato.

Stasera torno a casa dalla spesa e mi viene in mente mentre sono in autostrada, immerso nella nebbia fra il casello di Arquata Scrivia e quello di Budapest Zona Industriale (nella nebbia è sempre difficile orientarsi), che oggi è il 20 novembre, e il compleanno del mio disco preferito era l’altroieri. Vabbè, torno a casa e mi metto a scrivere qualcosa di decente, in fondo ho tutta la sera per non produrre la solita schifezza.

E invece non ce l’ho avuta tutta la sera, perché le cose non vanno mai come te le programmi, neanche quando non te le programmi apposta per non fartele rovinare dall’imprevisto, alla fine l’imprevisto si rende prevedibile e ti frega lo stesso.

Succede, per esempio, che da dieci giorni debba somministrare un antiemorroidale a Jack Oneyed, perché ha avuto la brillante idea di partecipare a un gioco erotico con la cagna dei vicini e si è fatto infilare una strapping ball nel sedere, irritandosi le ghiandole paranali. A parte che vorrei sapere dove si è procurato l’oggetto, che i miei sollazzi sono diversi, e comunque non di quel colore, ma poi almeno usa del lubrificante, checcazzo!
Così tutte le mattine e tutte le sere devo infilarmi un guanto in lattice e dirgli di voltarsi per potergli dare la pomata. Non fa resistenza, ma è una cosa lunga, una mezz’ora ce la perdiamo sempre. Senza contare i preliminari, i baci con la lingua e tutto il resto.

Terminata la sgradevole funzione mi preparo finalmente per andare a dormire, ma non è ancora finita, perché mi scrive un amico per andare allo stadio giovedì a vedere il Genoa in Coppa Italia. Gli rispondo di si anche se non vedo una partita da mesi, o forse proprio per quello, sebbene oggi mi abbiano detto che col Novara è stato più noioso che vedere due focomelici che si sfidano a braccio di ferro. Sbrigata anche quella pratica non mi resta che prendere il portatile e andarmene a letto, ma mi chiama Vivienne Westwood per mostrarmi le foto della sua ultima sfilata di moda. Lo fa spesso, va a fare questi servizi fotografici e poi me li mostra per chiedermi un parere, sa che mi fa piacere aiutarla. Solo che è già tardi e vorrei mettermi a scrivere il mio pezzo prima di dormire, e domani devo andare a lavorare, non mi va di stare sveglio fino all’una.

Provo a smarcarmi con gentilezza, ma quella insiste, mi mostra sedici foto della sua modella che non ride mai, mi chiede quale preferisco; gliene indico tre a caso, la due, la otto e la undici, senza sapere veramente che foto siano, giusto per farla contenta, tanto alla fine se le sceglierà lei come al solito; la saluto e me ne vado, ma mi arriva un altro messaggio dal mio amico dello stadio, vuole sapere se i biglietti li prendo io o deve occuparsene lui.

L’orologio indica che ho già superato di parecchio il momento in cui normalmente chiudo gli occhi e li riapro la mattina, va a finire che non riuscirò a dormire otto ore come previsto, e la cosa mi turba parecchio, mi ha detto il dottore che se non dormi almeno otto ore per notte ti vengono le rughe e finisci per somigliare a Keith Richards, ma senza saper suonare la chitarra, e ho paura che con le rughe il mio celebrato fascino da quindicenne imberbe subirà danni irreversibili, e ai prossimi MTV Awards chiameranno a presentare la serata Gasparri, che tanto adesso è senza lavoro e ha già dato la disponibilità.

Rispondo al mio amico che i biglietti non servono, per il mio anniversario di non matrimonio (non so come si dica quando due festeggiano il giorno in cui non si sono sposati perché il parroco che doveva celebrare la funzione è rimasto chiuso nel confessionale e hanno dovuto usare la motosega per tirarlo fuori, ma quando ci sono riusciti si sono accorti che nell’operazione gli avevano tagliato un braccio e adesso non poteva più infilarti l’ostia in bocca e quindi la cerimonia non era più valida, e intanto che chiamavano il prete di riserva hanno fatto uscire la safety car guidata dal chierichetto, ma a quel punto gli invitati gli è venuta fame e hanno disertato la funzione in massa per andare al ristorante, e la sposa non si è più voluta sposare, perché un matrimonio in chiesa cosa lo celebri a fare se non c’è nessuno che ti guarda?) un altro mio amico che era appena tornato dall’Afghanistan mi ha portato un prodotto tipico del posto e ce l’ho ancora lì sul caminetto, carico. Vedrai che ci fanno entrare senza chiederci neanche i documenti.

Riprovo ad andare a letto, ma lo so già cosa sta per succedere, e infatti succede: Vivienne Westwood mi mostra altre sessantacinque foto delle sue modelle e mi chiede se stanno meglio ritagliate dalla vita in giù o dalla testa in su. Le rispondo in malo modo, di tagliarle dai piedi in su e fare le foto al gatto ciccione, che è più fotogenico, e naturalmente si adonta. Mi dice che dovrei essere più gentile, che ho avuto tutto il giorno per scrivere, non è che mi devo ridurre proprio a quest’ora, e io le spiego che scrivere non è come lavare i piatti, che se lo fai ora o domani è lo stesso, che tanto i piatti sono sempre lì; scrivere è più come dover fare la cacca, devi aspettare che il momento sia propizio, sennò stai delle ore seduto a leggere e per quanto ti sforzi non tiri fuori niente.

Bella quest’immagine, molto efficace, devo rivendermela.

A quel punto me ne vado finalmente a letto, ma tutto quello che volevo scrivere su Achtung Baby mi è passato di mente, oramai l’ho perso. E si è fatta anche un’ora allucinante, sono sicuro che domani avrò le occhiaie e dovrò darmi la crema per il viso che puzza di colla di pesce e al lavoro tutti mi piglieranno per il culo e mi chiameranno Uomo Tinca. Detesto quando mi chiamano Uomo Tinca, la tinca è un pesce veramente insulso, ha quell’espressione ebete.. Preferirei che mi chiamassero Uomo Salmone, che richiama certi valori come la caparbietà, l’anticonformismo.. ma la tinca, dai. Anche il nome è insulso, fa venire in mente un contenitore di plastica dove mettere la biancheria sporca. “Cos’è quest’odore di morte? Hai di nuovo dimenticato di togliere i calzini sporchi dalla tinca?”. Per favore..

Vabbè, niente, neanche stavolta scriverò il mio pezzo su Achtung Baby e i miei futuri rapporti di lavoro sono compromessi e anche la mia vita sentimentale con Vivienne Westwood sembra arrivata al capolinea, ma cerchiamo di vedere gli aspetti positivi, eh? Per la prima volta sono riuscito a usare “adonta” in un post, che erano anni che volevo farlo e non si era mai presentata l’occasione.
Stanotte dormirò poco, ma almeno dormirò felice.

Insomma che niente, vado a dormire, mi sveglio oggi ma più tardi e scopro che dopodomani prendo la macchina il treno l’aereo la metro l’ascensore e non dormo più per quindici giorni, che nella città che non dorme mai anche schiacciare una pisa in un angolino, così di nascosto, mentre son tutti girati, fa brutto, e se c’è una cosa che in quel posto lì non va mai fatto è far brutto, che in quel posto lì son tutti tirati e fighi anche quando non fanno niente di speciale, che a te sembra che non facciano niente di speciale, ma in realtà loro stanno facendo qualcosa che altrove non si potrebbe mai: stanno facendo niente di speciale in un modo figo, e provaci un po’ a Ronco se ci riesci, che già andare in stazione coi capelli arancioni ti rende argomento di conversazione per una settimana e ancora dopo due c’è gente che ti saluta guardandoti sopra la fronte, si vede che la Pietrina non gli basta a questo paese di tricoconservatori.

La prima cosa che devo fare una volta di là è alzarmi a un’ora decente e incontrare i miei cognati mia cognata e il cognato della mia fidanzata tutta la cognateria sotto l’arco dove Harry capisce che non può vivere senza Sally che poi torna indietro di corsa e si fa tipo due tre boroughs che è una cosa che da noi fa strillare la milza solo a pensarci, come se io andassi a lavorare correndo, ma te l’immagini, un’infortunio sul lavoro al giorno sempre che riesca a raggiungere il cancello della ditta. Comunque ci si dovrebbe vedere là, e spero che tardino un po’, così vado a farmi subito la foto davanti a casa di Martin Mystère e poi me ne faccio anche una nella via di Bob Dylan abbracciato alla fidanzata che però sarà difficile che sia disponibile dato che è morta, vorrà dire che mi porterò la mia da casa, vedi che a viaggiare con del bagaglio extra alla fine torna utile.

Sto scrivendo in modalità fullscreen, che è una cosa che sembra di scrivere su un foglio, è anche bello da vedere, senza margini e colori di sfondo, tutto bianco, come battere a macchina una nuvola, chissà quando piove le macchie d’inchiostro che lascia sulle lenzuola stese.

(continua)

La Guardia Costiera indice un concorso per racconti brevi che abbiano come tema, naturalmente, il mare. Come premio c’è una targa e un diploma di partecipazione, e mi viene da commentare sticazzi, non dico che dovevi regalare una motovedetta, ma una cinquantina di euri sarebbero stati uno stimolo maggiore. Vabbè, tanto non ce l’ho un racconto che abbia come soggetto il mare.

E’ che a me il mare.. Non che non mi piaccia eh, io al mare ci andrei anche, solo che al mare, d’estate, c’è la gente, e io la gente non la reggo proprio, soprattutto quella che va al mare, schiamazzante, maleducata. Non ti danno la precedenza in macchina, ti passano davanti in coda al chiosco, ti tirano la palla addosso, ti corrono sull’asciugamano, vogliono farsi la doccia prima di te. Sarebbero dei soggetti perfetti per un film horror ambientato in spiaggia: sono dappertutto, sono letali, sono.. la gente!

Io se non ci fosse la gente me lo godrei anche, il mare, ma così..

Mi piacerebbe svegliarmi un giorno e scoprire che tutto il mondo si è stufato del mare. Già da aprile i primi segnali di qualcosa che non va appaiono nella colonnina delle notizie bizzarre, a destra sul sito di Repubblica o del Corriere, la notizia di uno studio scientifico che rivela come i gusti delle persone si stiano indirizzando verso nuove mete turistiche, poi la nuova moda che snobba il mare, poi un paio di tette, sennò che colonnina sarebbe..
A maggio la notizia è un po’ più grande, verso il fondo della pagina, dove ci arrivi di rotellina: calo di prenotazioni negli stabilimenti. Se ne parla anche al telegiornale e si vede che è importante, perché la notizia passa davanti a quella sulle allergie stagionali e al medico che consiglia di tenere gli anziani in casa e disinfettarli spesso con una mano di calce.
A giugno il titolo è in prima pagina, chiude il Billionaire, Briatore dice che quest’anno il mare è out, la nuova moda sono i centri urbani ancora da scoprire fuori del circuito turistico tradizionale, così ricchi di fascino nella loro verginità. Lui per esempio ha già prenotato in una bettola a mezza stella a Sannazzaro De’ Burgondi (PV), di fronte alla raffineria dell’ENI, una località così esclusiva che l’unico ristorante aperto d’agosto è l’autogrill.
Da lì in avanti è il cataclisma per il turismo balneare, le cancellazioni arrivano a slavina, nasce il turismo “bleak”, che bisogna dargli un nome inglese, sennò non se lo caga nessuno; le città sono prese d’assalto, ma i centri sono deserti, la massa si distribuisce nelle periferie, e più sono squallide più piacciono. La polstrada guarda transitare basita la colonna di auto nella corsia opposta e si affretta a smontare l’autovelox.
Il numero di luglio di Meridiani presenta in copertina la Diga di Begato, e quando un paio di albergatori di Riccione si suicidano la riviera romagnola chiede lo stato di calamità naturale.
Quella ligure no, sotto sotto un po’ ci gode.

Ecco, io mi sveglierei una mattina d’agosto, verso le nove, percorrerei un’autostrada deserta fino a Camogli e parcheggerei nell’ultimo spazio disponibile prima della ZTL, a ridosso dell’abitato, e non a Recco come al solito; passeggerei nel silenzio della strada, mi godrei il più bel borgo fantasma del mondo e mi siederei su un muretto del porticciolo a fare qualche foto, poi in spiaggia, un po’ di sole, un bagno, e dopo un paio d’ore sarei di ritorno, che a me il mare dopo un po’ lo mena.

Aveva ragione il dottore. Lui me l’aveva detto di installare wordpress e di farmi un blog fighissimo che ti vien voglia di passarci le giornate solo per l’aspetto anche se poi non c’è scritto niente, perché è quello il segreto del successo, non il contenuto. A chi verrebbe in mente di andare a parlare con la bruttina laureata seduta sul divano a leggere, quando di là c’è una modella brasiliana ubriaca che fa pole-dancing? E io invece niente, il blog ha ancora quell’aspetto provvisorio di appartamento senza lampadari né prese della corrente, scatoloni dappertutto e nessuna voglia di svuotarli, giusto il tavolo libero a metà per farci stare un cartone della pizza quando mi viene fame, e tanto letto a disposizione da potermi sdraiare e buttarmi una copertina addosso.
Ma non è che non ci abbia provato, davvero, mi sono messo lì un sacco di volte ad armeggiare col programma che mi ha fatto installare, easyqualcosa, ma è easy solo ad installarlo, poi lo lanci e compaiono due semafori, un sacco di spiegazioni complicate e mi viene voglia di andare a vedere cosa fa la brasiliana nella stanza accanto.

Però devo mettermi sul serio a fare qualcosa con queste pagine. Fra poco il mio romanzo verrà pubblicato e orde di lettori si precipiteranno qui affamati di notizie, devo dar loro informazioni, una grafica accattivante, al limite un’anteprima succosa di quello che sarà il mio nuovo bestseller, sennò finisce come con Katia, che non mi ha aggiunto ai link della sua pagina perché credeva che fossi morto, e per il dolore della perdita si è comprata una reflex.

Adesso oltre al senso di colpa verso i lettori privati di buona letteratura si aggiungerà quello verso gli amanti della buona fotografia. Speriamo almeno che ne pubblichi poche..

Certo che se mi mettessi a lavorare su un progetto concreto potrei compensare alla carenza visiva con qualche riga di qualità e la consapevolezza che presto o tardi.. Però non ne ho voglia, le due tre cose su cui sto lavorando non mi convincono ad impegnarmi più di una decina di righe la mattina se mi avanza il tempo fra un tumblr e una partita a elements.

In realtà mi piacerebbe scrivere una cosa con poca punteggiatura, di quelle difficili da leggere, in barba ai lettori faciloni e anche a quelli più scafati, puntare direttamente all’eccellenza, che nel mio caso rappresentano quelli coi neuroni fritti dalle droghe, e dare alla luce un tomo massiccio fatto esclusivamente di pensieri liberi, slegati, con un minimo di filo conduttore che serva solo nel caso uno il libro se lo fotocopi fronte e retro ed esca dalla copisteria senza aver rilegato la sua bella risma stampata fitta fitta e sia una giornata di vento e venga scontrato da una bambina in bicicletta che corre per il marciapiede perché la mamma non vuole che vada in strada, che ci sono le macchine, e i fogli volino dappertutto e lui riesca a raccoglierne solo una parte e non sappia più in che ordine andavano. Ecco, io vorrei scrivere una cosa che in quel caso lì uno possa comunque arrivare in fondo senza perdere il filo del racconto. E poi se non lo legge nessuno pazienza, vorrà dire che non mi sentirò commentare che non fa ridere, che non è scritto bene, che non scorre o che scorre troppo. Mi piacerebbe, è tanto che ci penso e non comincio mai, per pigrizia, si, ma anche perché se devo dargli un minimo di storia devo anche sapere che storia dargli, non posso raccontare una storia qualsiasi, ce ne vuole una che si adatti a un libro così, e bisogna pianificarla a fondo, è una roba difficilissima, da non dormirci quasi.
Oppure si va a muzzo, che è l’altro metodo infallibile in casi come questi, si comincia senza sapere dove si andrà a parare e si prende a ditate la tastiera correggendo giusto quando vengono fuori delle cose tipo egsdfgdv, che non puoi spacciarlo per un personaggio norvegese, è troppo sfacciato anche per una storia così, e soprattutto devi giustificarne l’esistenza nella storia, anche in una storia con la trama esile e scomponibile. Ne sarei capace di scrivere una storia senza storia, fogli e fogli di ragionamenti aperti e subordinate infinite e liste di cose che potrebbe anche non finire mai?

Credo sarebbe ora di provarci.

Una notizia buona per qualcuno, drammatica per i livornesi con la barba, che speravano in una conclusione veloce, e se dico che la strada per il finale è ancora lontanissima ecco che da drammatica diventa catastrofica, che nei librini di Samiszdat non c’è posto per i volumi massicci, e mi sa che una trentina di pagine delle mie in quel formato là lievita a dismisura. Non posso farci molto, la storia è faticosa e ha i suoi tempi e ritmi, e se i primi mi obbligano a scrivere quando non lavoro e ho il computer libero (sebbene il nuovo giocattolo abbia risolto gran parte dei problemi) i secondi richiedono un numero di pagine che non si può proprio sfoltire, casomai aggiungere. Io perciò lo finisco, e lo finisco, giuro, poi cercheremo una soluzione che accontenti entrambi.

E adesso vado a vedere se la pista su cui si è cacciato il detective Oneyed è quella giusta..


In questa giornata da codice binario come non se ne vedevano dal 10 ottobre 2001 trascorro un meraviglioso pomeriggio a scrivere, leggere fumetti e mangiare panecioccolata davanti alla stufa, senz’altra preoccupazione che le lamentele del Subcomandante nella stanza accanto, perché non riesce a scaricare sul pici le foto del cellulare. Il mio romanzo prosegue di nuovo, sono riuscito a rientrare nel binario sicuro della trama che avevo stabilito, dopo che una curva pericolosa mi aveva condotto così fuori percorso da farmi passare la voglia di andare avanti. Di questo successo devo ringraziare soprattutto le festività natalizie, e mio padre che mi ha regalato un netbook: con un computer tutto per me da usare quando e dove voglio (e soprattutto libero da giochini) ho potuto immergermi ancora in quell’atmosfera accogliente in cui ero solito estraniarmi, e in breve tempo ritrovare i fili della storia. Certo, da qui a terminarla passerà ancora del tempo, ma già l’averla ripresa in mano mi fa godere non poco. E già che c’ero ho ricominciato a lavorare ad altri vecchi progetti accantonati, cui intendo dedicarmi appena chiuso col signor Oneyed.

Questi potrebbero essere i miei buoni propositi per il ventidieci, e la loro esiguità un po’ mi sorprende, che una volta tanto non è la mancanza di ambizioni, ma l’abbondanza di traguardi. Ho una fidanzata, una casa, e più zampe pelose di quante ne vorrei nel letto, nessun problema sulla schiena e parecchie soddisfazioni a portata di estrazione.

Se solo splinder si decidesse a lasciarmi pubblicare queste righe.. Forse dovrei aggiungere fra i buoni propositi quello di traslocare su un’altra piattaforma.

Stasera sono particolarmente felice, e non è perché la mia fidanzata si è levata dalle balle andando su a vedere chilavisto, nè perché non mi ha mozzato le mani quando ha scoperto che avevo passato il pomeriggio a preparare una cena miserrima dove non ci mangiava neanche lei che mangia come un fringuello morto.

No, stasera sono particolarmente soddisfatto perché una sera di qualche tempo fa, ravattando nel pici, avevo trovato una vecchia cartella documenti risalente a qualche antica ripartizione, e mi ero deciso a fare un po’ di pulizia e l’avevo eliminata senza neanche farla passare dal cestino; il problema si era posto mentre la cartella, che era di notevoli dimensioni, si disfaceva sotto i miei occhi, mostrando una barretta azzurra in crescita e una serie di nomi sopra che mi dicevano ciaociao: parecchi di quei nomi erano uguali precisi ai miei racconti terminati, incompleti o solo abbozzati. Insomma, in poche parole mi ero accorto troppo tardi di avere buttato via il lavoro (via, lavoro..) di una vita.
La mia prima reazione è stata "ops", seguita immediatamente dopo da un bizzarro ripasso dei miei studi di catechismo, in cui ogni nome proprio che riuscivo a ricordare veniva associato alla parola maiale.
Dopo avere aggiornato l’elenco telefonico del paradiso facendo finire ogni inquilino alla lettera p ho cercato di convincermi che in fondo si trattava solo di dati inutili, che tanto i racconti più belli li avevo già pubblicati, che da qualche parte avevo ancora un cidi dove conservavo i più vecchi, che sarebbe stata una bella occasione per rinnovare il mio stile, magari smettendo di scrivere una volta per tutte, non come ora che mi racconto di fare chissà che e invece alla fine non concludo una cippa. Ho fatto spallucce, mi sono voltato di là, ma era solo per non far vedere che stavo piangendo.
Perché io a quei racconti incompleti ci tenevo, cacchio! Era il mio periodo felice e spensierato in cui mangiavo bile a colazione e mi restava l’alito cattivo per il resto della giornata, in cui mi distruggevo di seghe (anche) mentali e scrivere rappresentava l’unico momento in cui riuscivo a far tacere il rumore che avevo nella testa, o perlomeno gli facevo dire quello che volevo io e non quello che piaceva a lui.
Mica come adesso che quando cerco di buttare giù due parole devo starci a pensare, a rileggere, e correggo, limo, riscrivo e alla fine mi scogliono e butto via tutto. Non mi sento spontaneo, probabilmente perché la spontaneità non è più necessaria, e tutto quello che scrivo mi sembra somigliare a un trattato: parole difficili, lunghe, periodi complessi, frasi corte, perfino un uso frequente del puntoevirgola, io che la punteggiatura l’ho sempre considerata un condimento da usare con parsimonia. E poi non so come sia, ma tutto quello che scrivo mi viene fuori allitterato! "Considerata un condimento", "risalente a ripartizione", sembra che lo faccia apposta, e la cosa che mi fa incazzare è che se lo faccio apposta non ci riesco, decido di scrivere allitterato e mi fermo alla terza parola e pianto lì.

Ma non è che volessi mettermi qui a raccontare del perché non so raccontare, tanto ho perso l’uso delle metafore, risulterei noioso, puntoevirgola! Quello che volevo dire stasera è che ho aperto un’altra cartella posteggiata lì senza arte nè parte e ci ho trovato dentro tutto il mio archivio intatto e aggiornato, compreso il vecchio blog che avevo cancellato, cioè questo che (non) state leggendo. Sono di un contento che potrei mettermi a cantare a.. Ecco, un’altra cosa che non mi riesce più di fare è usare i soliti luoghi comuni, mi pesa, mi schifa anche un po’. A squarciagola è un modo di dire che non voglio più usare, piuttosto dico che mi metterei a cantare a un volume che potrebbe risultare sconveniente a quest’ora, ma così si perde il ritmo e la freschezza del racconto, e senza ritmo non c’è più niente, infatti quando la fiat l’ha ritirata dalla produzione ha cominciato a fare la duna, che è una macchina che va bene giusto per i rapimenti.

Mi metterei, dicevo, a cantare come un castrato, elevando il mio tono a frequenze sopportabili solo da un sordo con la testa infilata in un secchio di sabbia..

..a proposito di sabbia, oggi ho visto Tropic Thunder, e una delle battute migliori è di Tom Cruise che al telefono coi terroristi grida "Ti inculo con la sabbia!"..

..chiuso dentro una cassaforte sepolta nella stiva di una nave affondata in mezzo all’oceano, ma il Subcomandante mi griderebbe di smetterla che non riesce a sentire la Sciarelli che intervista la mamma di Denise per sapere cosa ne pensa della scomparsa di Emanuela Orlandi rapita dalla banda della Magliana secondo la ricostruzione di Gianloreto Carbone. Li so tutti!

Perciò taccio e mi rileggo un vecchio pezzo di quando sapevo ancora scrivere come si deve.
Che poi lo so che fra un paio d’anni riaprirò questa pagina e mi divertirò a leggerla e penserò che oggi sapevo ancora scrivere, mentre nel futuro che sarà il mio presente avrò perso ogni velleità artistica e passerò le mie giornate al bar a bere la ceres con quell’ubriacone di Hardla, che da quando si sarà sposato avrà perso ogni voglia di vivere e anche di tornare a casa perché quella strega di sua moglie lo maltratterà costringendolo ad andare all’ikea a vedere se sono arrivate le tende nuove che quelle della camera da letto la faranno sentire costipata nell’animo o qualche altra definizione assurda che saprà inventare lapperlà, e Hardla mi racconterà che si era innamorato di lei proprio per quel suo modo sofisticato di parlare, e che ora (ora di fra due anni, naturalmente) la ammazzerebberà (futuro condizionale continuato) ogni volta che apre bocca, quindi ordinerebbe un’altra camomilla al mirtillo e prugna, perché dal matrimonio sarebbe diventato astemio (parrà che la moglie lo avrà minacciato di scegliere fra astemio e astinente, e lui non vorrà rinunciare a quell’ultimo raro piacere, visto che neanche più allo stadio lo lascerà andare, la vipera), e io per consolarlo gli rivelerò che ho sentito Secchin, e che lui fa una vita ancora peggiore, che a confronto le nostre mogli/conviventi sono Madre Teresa Di Calcutta, e Hardla girerà il coltello nella piaga dicendomi "Beh, la tua ci somiglia un casino a Madre Teresa, è invecchiata veramente malissimo!", e allora sarò io a ordinare un’altra ceres, che a me la ceres mi fa pure cagare oggi come fra due anni, ma a quel bar lì dove ci vedremo io e Hardla non serviranno altro che ceres e camomilla al mirtillo e prugna, infatti saremo gli unici due clienti, tanto che il gestore sarà costretto a chiudere dopo poco e ad ammettere di avere sperperato tutti i miliardi accumulati in una vita di lavoro prestigioso, ma d’altronde si era capito che non ci sapeva fare con gli affari quando aveva comprato cinquemila sottobicchieri dipinti a mano da Picasso e si era fatto ricavare il cesso del locale da uno scarto di lavorazione di Michelangelo. Povero Panchin, si divertiva di più quando stava dalla parte giusta del banco.

Il panico! Non entro a scrivere su questa pagina che una volta ogni tanto e mi bloccano l’accesso? Cos’hanno, cambiato la serratura? Provo e riprovo, ma il risultato non cambia, e mentre sono lì che rimugino sul mandare a cagare questa piattaforma per trasferirmi su blogger, mi viene in mente che forse avevo sbagliato la login. Eccomi qua, sono rientrato, è che cercavo di entrare in casa con la chiave della cantina, e per forza che non ci riuscivo!
Però il fatto che ogni volta che cancello una parola devo rifare la formattazione dall’inizio mi fa continuare a rimuginare sui cambi di indirizzo..

Ma eccomi qua, dicevo, a sollazzarmi con l’incubo della pagina bianca, per non pensare che ne ho almeno altre settanta da riempire prima che il Livornese mi metta le sue manone addosso e mi sventri, ma quelle son pagine bianche serie, che non puoi riempire di cazzeggi da due minuti e via, lì ci vuole del lavoro di fino, e il terrore che mi prende quando le apro non è neanche paragonabile. Forse giusto a quello che proverò domani..
Ma no, via! Niente pensieri opprimenti oggi, che è venerdì, e fra quattro ore posso anche salutare la baracca e godermi un po’ di riposo, raccogliendo legna, ammucchiando legna, trasportando sacchi di pellet, mangiandomi il fegato allo stadio.. e si, facendo anche lavatrici, vedrai che domani me lo ricordo!

Ora vedi, ci vorrebbe un altro caffè. Nel frattempo la pagina del mio conto corrente non mi mostra il suo contenuto, su cui contavo, e se aspetto ancora un po’ dovrò correre per non arrivare in ritardo al lavoro.

Vado a farmi il secondo caffè.

Il panico! Non entro a scrivere su questa pagina che una volta ogni tanto e mi bloccano l’accesso? Cos’hanno, cambiato la serratura? Provo e riprovo, ma il risultato non cambia, e mentre sono lì che rimugino sul mandare a cagare questa piattaforma per trasferirmi su blogger, mi viene in mente che forse avevo sbagliato la login. Eccomi qua, sono rientrato, è che cercavo di entrare in casa con la chiave della cantina, e per forza che non ci riuscivo!
Però il fatto che ogni volta che cancello una parola devo rifare la formattazione dall’inizio mi fa continuare a rimuginare sui cambi di indirizzo..

Ma eccomi qua, dicevo, a sollazzarmi con l’incubo della pagina bianca, per non pensare che ne ho almeno altre settanta da riempire prima che il Livornese mi metta le sue manone addosso e mi sventri, ma quelle son pagine bianche serie, che non puoi riempire di cazzeggi da due minuti e via, lì ci vuole del lavoro di fino, e il terrore che mi prende quando le apro non è neanche paragonabile. Forse giusto a quello che proverò domani..
Ma no, via! Niente pensieri opprimenti oggi, che è venerdì, e fra quattro ore posso anche salutare la baracca e godermi un po’ di riposo, raccogliendo legna, ammucchiando legna, trasportando sacchi di pellet, mangiandomi il fegato allo stadio.. e si, facendo anche lavatrici, vedrai che domani me lo ricordo!

Ora vedi, ci vorrebbe un altro caffè. Nel frattempo la pagina del mio conto corrente non mi mostra il suo contenuto, su cui contavo, e se aspetto ancora un po’ dovrò correre per non arrivare in ritardo al lavoro.

Vado a farmi il secondo caffè.

..se non fosse che variedeventuali è un titolo ancor più di merda di "di quella volta che ho orinato in chiesa", non tanto perché sia brutto orinare in chiesa, che voglio dire, anche una chiesa ce l’avrà il suo gabinetto, non credo che il parroco se la tenga per ore, magari non la farà durante la messa, che starebbe male interrompere dicendo "scusate, ma devo andare un attimo di là", che poi se lo fanno le persone a teatro quando squilla il cellulare, che l’altra sera il cattivo di Beverly Hills si è anche scazzato quando a uno spettatore è partita la suoneria, non vedo perché non dovrebbe farlo il prete, ma comunque stavamo parlando del fatto che le chiese dovrebbero avere il gabinetto, visto che ce l’ha anche il dottor Caligari, solo che lui non ce l’ha in chiesa, o almeno così pare, ma qualcuno giura che lo studio del dottor Caligari abbia all’ingresso una croce grossa così, ma nessuno gli dice niente perché non è una scuola pubblica, anche se ogni tanto l’ho visto io che ci porta delle studentesse, specie verso il tardo pomeriggio, ma comunque non volevo mettermi a discutere anch’io di questo fatto del crocifisso a scuola, che mi pare che lo abbiano già fatto in troppi, compresi quelli che proprio non ce li vedo a incarnare i valori cristiani, ma che chissà perché sono sempre i primi a schierarsi, anche se la frase "quelli che non rispettano i valori cristiani devono morire" sarebbe da scriversela su una maglietta da tanto è bella, quasi come "uccidere in nome della pace", o "Il mondo si divide in due categorie: i geni e quel che dicono di esserlo. Oggi è martedì", che devo ammettere di non averla mai vista addosso a nessuno, e io stesso, quando ho cercato di proporla a uno stilista, sono stato cacciato in malo modo, ma è che al giorno d’oggi nessuno apprezza più il vero umorismo surreale, e ci si riduce a ridere di cose che una volta erano bollate come sottostronzate, tipo quello con la giacca con le toppe che ieri sera ho intravisto a uno di quei programmi che dovrebbero far ridere, che la battuta più bella di tutto il suo repertorio è stata "le gambe mi facevano Puccini Puccini" e non giacomo giacomo "perché non siamo ancora in confidenza", che se uno l’avesse proposta in terza media sarebbe stato bollato per tutta l’adolescenza come uno stazzo, e allora capisci perché la tele l’accendo solo per giocare a call of duty, perché è l’unico modo che ho per ammazzare quelli che ci stanno dentro, anche se adesso con l’avvento della wii ho abbandonato gli obsoleti sistemi filoguidati per immergermi nel gore di manhunt 2, dove vado in giro armato di mazze ferrate e seghe circolari e sbudello i cattivi con un gran smanacciare che incute timore in chi mi sta vicino, che prendersi il telecomando bello pesante della consolle sul naso non è un’esperienza che si raccomanda, e pare che neanche ti faccia diventare più bravo ai videogiochi, che l’esperienza non è cosa che si trasmette per via epidermica, tuttalpiù le malattie. Pare in ogni caso che presto avrò altro di cui dilettarmi, che nel genetliaco del figlio dell’amante della cugina della moglie del padre di Giovanni Battista dovrei ricevere un netbook dal figlio del marito della madre della moglie del padre del cugino di mia sorella, e già mi figuro di portarmelo dovunque anche nel cesso dell’aereo per l’Olanda dove, al riparo da hostess malintenzionate, potrò accenderlo e scrivere il mio diario di viaggio, e magari pubblicarlo pure, che tutte le volte ne faccio uno e poi mi resta sparso per quaderni dalla copertina nera simili a moleskine ma taroccati che costano la metà e durano il doppio, in culo pure a Brusscètuin, che poi son sicuro che quando se le comprava lui erano fatte bene, mica come ora, ma ora cosa c’è che è fatto bene, so mica io, sta andando tutto a sfascio, la politica, la sanità, il Paese intero, e pure questo post, che quando ti metti a parlare di piovegovernoladro vuol dire che è ora che basta.
Comunque io in chiesa alla fine non ci ho mica orinato.