Alcuni lettori del pablog mi hanno fatto notare che sto facendo delle robe che non si capisce, pubblico articoli vecchi di millenni e loro si convincono che siamo di nuovo nel 2006 e si comportano di conseguenza, e allora chi si separa dalla moglie e torna con l’ex fidanzata, chi abbandona anche la prole perché a quei tempi non aveva eredi tranne il gatto, chi va a disseppellire il gatto perché nel frattempo è morto. Una mia amica si è licenziata da un lavoro strapagato per tornare a fare la precaria a seicento euri al mese, e poi mi ha scritto lamentandosi della sua pessima situazione lavorativa. Un’altra che da anni non dava sue notizie mi ha telefonato per chiedermi se ci vediamo domani sera.

Il fatto è che in un periodo imprecisato fra ottobre e dicembre del 2006 avevo deciso di cancellare il vecchio blog, svuotarlo dei contenuti e ripartire da capo, assecondando la tendenza di quel periodo della mia vita, in cui mi pareva di avere intrapreso un percorso importante e definitivo. Quello che l’aveva preceduto erano discorsi vuoti, tristezze e perdite di tempo che non meritavano di essere ricordate, pensavo allora, e così un bel giorno via tutto, ricominciamo da capo.

Oggi sono un po’ meno drastico e più disposto al dialogo, o almeno mi illudo di esserlo, e certi errori penso che siano comunque necessari, e in ogni caso è meglio superarli che sotterrarli, e allora mi è venuta voglia di riprendere in mano le vecchie cose e ripostarle un po’ alla volta, partendo dall’ultima prima della rasa e risalendo fino all’apertura del pablog.

Non so se alla fine pubblicherò tutto tutto, certe cose sarebbe stato meglio tenerle per me già allora, e nel frattempo sono diventato un minimo più discreto sulle questioni personali. Giusto un minimo, certo, i contenuti di inizio anno sono lì a dimostrare che certe lezioni sono ancora lontano dall’impararle, ma diciamo che sto per la strada.

Per questo, cari lettori che mi leggete sui feed, non allarmatevi, non vi si è rotto l’internet e non sto facendo casino.

A presto,

P.

Credo di dovere delle scuse a qualcuno. Ogni tanto mi lascio prendere dall’entusiasmo e faccio delle cose senza curarmi di come queste possano andare a toccare le persone che ho intorno, e quando finalmente ritorno in me il più delle volte la frittata è fatta.

Da un paio di giorni, infatti, sto pubblicando su queste pagine i vecchi post del blog precedente, quello che tenevo su splinder e che si sta avviando verso la dipartita lentamente come un malato di cancro. Madonna che brutto esempio! Ma è perché il cancro fa paura a tutti, e il solo nominarlo ci fa temere che possa accorgersi di noi e ghermirci, ma se ci pensate bene ci sono malattie che mietono molte più vittime eppure non ce le caghiamo. Perché?

Vabbè, tanto se avessi scritto che il mio blog sta morendo lentamente come un malato di infarto avrei fatto un casino semantico.

Comunque dicevo che i post non compaiono sulla pagina principale, ma su quelle vecchie, essendo pubblicati secondo la vecchia datazione, e questo può dare a chi capita a visitarmi un’idea di immobilità, ma contemporaneamente può scassare parecchio le balle a chi mi segue sui feed, perché con venti post alla volta gli occupo tutta la bacheca e gli faccio venir voglia di cancellarmi dalle amicizie su facebook, oppure di aggiungermici per poi cancellarmi, nel caso non ci fossi già.

Ecco, è con loro che volevo scusarmi; prometto che dopo i duecentoquaranta post che compongono l’archivio di splinder tornerò all’apatia consueta.

Basta, credo di non dovere scuse a nessun altro.