Il tappetino davanti alla porta dice “Mi casa es mi casa, vattene via!”. Me l’ha disegnato un amico perso per strada, e mi piace molto più dei soliti messaggi scontati che ti trovi sotto le scarpe quando fai visita a qualcuno.
È buffo da usare come frase di benvenuto per un nuovo blog, anche per uno che tanto nuovo non è: ho preso tutto il contenuto di quello vecchio e l’ho travasato qui sopra, ma è nuovo per me, e soprattutto è mio.

Nel 1975, dopo un tour mondiale per promuovere il disco The Lamb Lies Down On Broadway, Peter Gabriel decide di lasciare i Genesis. La scusa che gli è nata una bambina e non ha più tempo per fare la popstar è, appunto, una scusa. La ragione vera è che i Genesis da un po’ gli stanno stretti, vorrebbe seguire strade diverse, scrivere la musica che piace a lui, e non ne può più di vedere la manina che si alza ogni volta che prova a suggerire un’idea innovativa: “Peter, scusa, non ti sembra che vestirsi tutti da grossi cazzi e cantare Shama-Lama-Ding-Dong potrebbe risultare eccessivo per il nostro pubblico?”.

Peter Gabriel ha bisogno di trovare la propria direzione, così molla quegli sfigati e si fa un disco da solo. E se domani gli viene voglia di cantare a testa in giù appeso al soffitto, sai cosa? Lo fa, perché può.

Io un gruppo da abbandonare non ce l’ho, ho soltanto quello di teatro, ma non sono ancora abbastanza bravo per bastarmi da solo, e poi ho degli impegni con loro fino alla fine di maggio, tocca tenerselo.
Così ho abbandonato altre cose meno importanti, che mi portavano via tempo e non mi davano niente, e per dare più spinta alla mia piccola rivoluzione mi sono trasferito su questo spazio, che si chiama come me.
L’aspetto è ancora da definire, come ancora da capire è il funzionamento delle mille applicazioni che mi vengono offerte e di cui ignoro l’utilità.
Ho alcune idee, andando avanti cercherò di metterle in pratica.

Nel 1977 Peter Gabriel pubblica il suo primo singolo, una canzone che parla di “essere pronti a perdere ciò che si ha per ciò che si potrebbe avere”. Liberarsi del passato, tagliare, trovare la propria strada. È un testo abbastanza chiaro, accompagnato da un ritmo accattivante, e diventa un successo. Non voglio dire che sia sempre così, certe volte rovesci il tavolo e te ne vai e ti ritrovano due mesi dopo che dormi in uno scatolone davanti al McDonald’s, ma preferisco prendere esempio dai casi positivi, e quello lo è stato: non sto a raccontarvi chi sia oggi Peter Gabriel e cosa rappresenti la sua musica (e la sua etichetta discografica), anche perché quest’anno se sei un grande musicista e hai superato i cinquanta preferisci non dare troppo nell’occhio.

Se questo post fosse la mia Solsbury Hill dovrebbe avere ritmo, essere intrisa di una spiritualità e di una voglia di rinascita che qualcuno troverebbe eccessive, ma sarebbe di nuovo lui, il sosia di Giorgio Faletti e inventore della world music, a rispondere che non è la causa l’importante, ma l’effetto. Poi salterebbe sulla bici e via di pedalare lungo il bordo del palco rotondo. E avrebbe ragione. Per cui no, non sarà questo il trampolino del mio successo, ma che almeno rappresenti una piccola crescita personale e mi smarchi una volta per tutte da quei comportamenti deleteri che mi porto dietro.
E per me riuscirci sarebbe già una specie di rivoluzione.

Nel frattempo sul vecchio blog sono stato sostituito da Phil Collins.

 

Allora, credo di dover raccontare qualcosa dei miei progressi con la nuova vita da single, ve l’avevo promesso, so che ci tenete. Ogni tanto mi scrive qualcuno che vuol sapere a che punto sono, se ho firmato il contratto, se ho cominciato il trasloco, e io mi sento anche lusingato, che è bello avere dei fans così premurosi. Poi ho scoperto che è mio padre dalla Thailandia, fra una settimana torna e non vuole ritrovarmi ancora in casa sua.

Comunque la novità grossa è che ieri ho finalmente ricevuto il mio mazzo di chiavi e ho potuto prendere le misure dell’appartamento.

Ma facciamo un passo indietro.

Ho trovato questo trilocale più bagno al secondo piano di una palazzina di due piani nel quartiere dove sono cresciuto, sopra di me il solaio, sotto una signora che credo sia morta l’anno scorso e nessuno si è ancora preso la briga di andarla a scrostare dal pavimento, affitto basso e stanze ampie. Niente spese di amministrazione. Il padrone di casa mi conosce e non vuole neanche la caparra.

Bene! Direte voi. E anch’io ho detto così quando l’ho saputo, pensando ingenuamente che avrei potuto traslocarci dentro in un paio di settimane al massimo, sfruttando nel frattempo la casa di mio padre che tanto è in ferie fino a fine febbraio.

Ferie Fino Fine Febbraio Fa Fico.

Non è andata proprio così, dopo un mese e passa dovevo ancora firmare il contratto, e il padrone di casa se ne stava placido al bar sotto casa a leggere la Gazzetta Dello Sport, strabattendosene altamente di me, del contratto, delle chiavi di casa e dei lavori da fare in bagno, che pare sia tipo esplosa la fogna o non so bene, e bisognerebbe chiamare un idraulico prima che subentri il nuovo inquilino, che sarei per l’appunto io.

È l’inconveniente di avere a che fare con un padrone di casa vecchissimo e ricchissimo e pigrissimo, un incrocio fra Zio Paperone e Cicciodinonnapapera, che preferisce pagare le tasse su una casa vuota che attraversare la strada per andare dal commercialista a fargli preparare il contratto di affitto. Aggiungete poi che la firma sul foglio deve mettercela lui, ma anche un paio di suoi consanguinei altrettanto maturi e scattanti, dislocati lungo la Riviera Ligure, e capite bene perché le chiavi dell’appartamento le ho ottenute un mese e passa dopo la conferma.

Adesso però ce l’ho, e ieri sera sono entrato con piglio bellicoso e un metro in mano per stimare le dimensioni dei vani e non presentarmi fra qualche giorno con un armadio che è bello, ma per farcelo stare devi tenerlo inclinato.

L’odore di fogna permeava l’appartamento, segno che l’idraulico aveva fatto il proprio dovere, e le pareti erano nere di muffa, segno che prima dell’idraulico nessuno ha calpestato quei pavimenti per un anno e mezzo, e le finestre non si aprono da sole tranne in Paranormal Activity, credo, mi sembra strano che il fantasma si accanisca solo sulla porta della camera da letto. Nel caso sarebbe facile, vai a dormire in salotto e ciao.

Nel mio caso il salotto non c’è, e neanche la camera da letto. Ci sono due stanze, una più larga dell’altra, con porta e finestra sul lato corto, cosa che mi obbligherà a sbattermi per trovare una sistemazione consona all’armadio, che non ho ancora, ma facciamo finta che.

Non è una brutta notizia, ci sono delle camere a ponte con letto e armadio dallo stesso lato, che dovrebbero risolvere il problema, oppure potrei farmi una camera da letto molto larga e un salotto piccolino, ma credo che a parte le spiegazioni psicanalitiche servirebbe a poco.

Poi ci sono le notizie fighe:

il solaio è già attrezzato per metterci una camera degli ospiti, manca giusto di decidere come scaldarla, ma c’è anche una canna fumaria, al limite si mette una stufetta a legna;

la cantina è dotata di scaffalature per bottiglie di vino e attrezzatura da imbottigliamento. È un segno divino: lì deve sorgere una tavernetta;

stamattina mi hanno attaccato la luce e in una decina di giorni mi metteranno pure la linea telefonica, perciò mi vedo già seduto per terra al freddo a scaricare illegalmente ogni genere di vaccata, proprio come ai vecchi tempi.

Restano da postare le foto che ho scattato stasera col telefono, che sono solo quattro e riguardano tre stanze, che la quarta non ha la lampadina e col telefono non si capiva se stavo fotografando una stanza vuota o l’interno della mia testa.

Prossimamente aggiungerò altre foto per documentare l’andamento dei lavori e le stanze ancora assenti, per il momento sentitevi liberi di suggerire colori e soluzioni, il cantiere è aperto!

 

our house in the middle of our street