Sono le dieci e venti, il salotto è caldo e accogliente grazie all’aria tiepida che emana dalla stufa a pellet. I gatti sono tutti stravaccati in fila sul tappeto, a godersi il clima affatto invernale, il cane sta poco più in là, steso su un cuscino accanto al caminetto. Dorme, o forse finge. Probabilmente finge, che ogni volta che mi alzo dalla sedia spalanca gli occhi e drizza le orecchie, sperando di vedermi indossare la giacca e portarlo un po’ a spasso.
Tutto ciò di cui ho bisogno è a portata di mano, i fumetti, la musica, i videogiochi, tutto all’interno di quella scatola collegata alla tastiera su cui scrivo. Se ho fame la cioccolata è appena più in là del mio braccio, se ho sete non ho che da alzarmi e servirmi uno dei diversi alcolici a disposizione.
Ho lo stomaco pieno, il frigo è pieno di leccornie, e ho la fortuna di vivere con un’ottima cuoca.

Ma allora perché sono infelice?

Bisognerebbe che la telecamera che inquadra la mia vita indietreggiasse di un paio di metri, allargando il campo visivo oltre le mie spalle. Lo spettatore noterebbe allora un televisore acceso, appena dietro la mia sedia, e sul divano al lato opposto una ragazza coi capelli color arancia però marrone.
Lasciate perdere la ragazza, si irrita quando viene guardata, e quando si irrita le si forma del gas nella pancia e dopo un po’ bisogna aprire le finestre; concentratevi invece sul televisore:
se ci fosse anche l’audio, nel film della mia vita, e non vedo perché non dovrebbe esserci, che non è mica la vita di Buster Keaton, si sentirebbe una voce lagnosa, che parla con un forte accento del centroitalia, e canna ogni doppia.
Questa voce racconterebbe della scomparsa di una poveraccia che viveva per strada e mangiava quel che trovava nei cassonetti, e tutti i vicini la schifavano e la mandavano via a calci, ma quand’è sparita e sono arrivati i giornalisti a preparare il servizio si sono schierati tutti in strada a dire che poveretta era tanto brava e ci manca tanto e speriamo di trovarla, poi si parla di un’altra, che forse l’hanno ammazzata, trent’anni fa, e intervistano uno che dice che forse si, l’ha vista infilarsi in un portone, e la polizia è entrata nello stesso portone trent’anni dopo per vedere se trovava delle tracce, poi è uscita scuotendo la testa, e si è visto che trent’anni dopo quel portone è l’ingresso della Upim, e la conduttrice in studio chiede agli spettatori se qualcuno per caso ha visto qualcosa di utile per le indagini, per esempio un maglioncino a righe che era in saldo giovedì e sabato quando c’è andata lei era già finito, però magari ne è rimasto uno infilato fra le pashmina.
Ora la telecamera torna a inquadrare me e la mia faccia triste, e anche lo spettatore più ingenuo a questo punto capirà che il mio stato d’animo e la trasmissione televisiva sono strettamente collegati.

Ebbene si, sono infelice nonostante gli agi che mi circondano, perché la mia fidanzata mi impone di vedere Chilavisto.
Per carità, una trasmissione ben fatta quanto vuoi, utilissima e ci mancherebbe, e meno male che c’è, che tante persone sono state ritrovate grazie a questi giornalisti volenterosi, anche quello che ce l’aveva messa tutta per sparire perché doveva dei soldi a una nota famiglia mafiosa, finché centinaia di persone hanno telefonato in redazione per segnalare di averlo visto in sudamerica, in un night, insieme a quattro puttanoni, che lasciava mance pazzesche al cameriere, e a quel punto è sparito davvero, e dove sarà andato, e alla fine lo trovano, in un fosso di una qualche città sudamericana, con un buco in faccia dove di solito uno ha la fronte.

Ora, io non ho assolutamente niente contro questa trasmissione, solo vorrei che non la facessero di lunedì, che alla stessa ora su telecittà c’è Gradinata Nord, ma non è neanche quello, che tanto poi di vedere Gradinata Nord non me ne frega granché. Quello che vorrei è che la trasmettessero da un’altra parte, in un’altra casa, dentro un’altra televisione, perché al di là dell’utilità (indiscutibile, che scherziamo?) del servizio che offre, c’è tutto un bagaglio di sofferenza regalata come i punti della benzina che proprio non mi va giù.

Non lo so, forse se la notizia venisse data in un tono più essenziale e distaccato non avrebbe la stessa utilità, forse è proprio l’impatto emotivo col dolore di una scomparsa quello che ti spinge a ricordare dove hai già visto quella faccia, e a telefonare; forse sono io che sono prevenuto, però la maggior parte delle volte mi sembra che si indugi troppo sul pianto della madre, sui dettagli macabri del ritrovamento del cadavere, sugli approfondimenti inutili riguardanti casi ormai risolti da tempo, giusto per farci sapere che un paio di giorni prima che sparissero, i bambini avevano litigato col papà e avevano preso un sacco di botte.

E così, tutti i lunedì, puntuale come la pubblicità del’antidiarroico all’ora di cena, devo lasciare il comodo divano e la facciona rilassante di Giovanni Porcella per tuffarmi in un bicchiere colmo di ansia limpida e gelida.
Come si sfugge da una trappola così diabolica?

Voi non lo so, io ho deciso di ubriacarmi.

Essiccomeche la gita non era proprio cappestre, ma semicappestre, per via di certi elementi del gruppo che alle Cappe non ci sono mai entrati, e soprattutto per via che non era stata fatta nessuna locandina per la gita da mettere sul blog, anche se quello via, uno poteva anche farlo dopo e poi spacciarla per gita ufficiale cappestre, ma siamo tutti gente onesta che certe cose non le farebbe mai, anche se a ben guardare fra di noi c’era qualcuno che proprio onesto onesto non è, che io lo so che certe mascalzonate le ha anche fatte, ma non sono io a dover giudicare, prima o poi qualcuno più in alto di me giudicherà, e poi se proprio dobbiamo dirla tutta neanch’io sono un santo, però ho un amico che si avvia sulla strada della santità, e l’ultima volta che l’ho sentito, sarà più o meno un anno e mezzo fa, ci stava provando di brutto a farsi santificare, sperava anche che gli venissero le stimmate, poi è sparito e qualcuno ci è anche rimasto male e gli ha augurato che le stimmate gli venissero per davvero, ma nel culo, grosse così che non si potesse più sedere per un mese, ma tanto a lui non gli serve sedersi, che in quanto Fedele Servo Del Signore è tenuto a stare ginocchioni, altrimenti sarebbe l’altro Fedele Servo, quello che Fedele lo fa di nome, e il suo signore è quell’altro piccoletto, che oggi ha nominato Schifani presidente del senato, che tutte le volte che ci penso mi domando se non avrei fatto meglio ad andare a votare, ma poi penso subito che no, a votare per salvare il paese da quelli lì non ci vado più, che se ti allaghi la casa per evitare che prenda fuoco sei un cretino, e io alla mia casa ci tengo, anche se magari poi non lo dò tanto a vedere, che delle cose che contano se ne parla poco quando si diventa discreti, e l’età e l’esperienza mi hanno abituato a tenermi vicino le cose importanti, la famiglia, l’amore, gli ideali, e qualche volta ci penso a scrivere due righe per quella tizia che mi obbliga a guardare chilavisto invece di Beato Pinuccio Brenzini, ma poi non trovo le parole, che fra noi le cose si è abituati a leggersele addosso, negli sguardi e sulle dita, e allora vado avanti e racconto invece di quella gita in salita che abbiamo fatto il giorno in cui Frenc e Gionni liberavano l’Italia da Frizz e Italo e noi invece di andare a salutare Napolitano e a fischiare il rappresentante ligure del tedesco biancovestito siamo saliti fino in cima e abbiamo mangiato i pansoti e abbiamo fatto un mucchio di foto, che io la mia parte di quel mucchio le ho messe su un sito che potete vedere qui:

 

Monte Santa Croce