“Ho visto che il 18 settembre c’è la Notte Bianca a Roma, ci andiamo?”, mi propone Lorenzo da una panchina dei giardinetti di Busalla, mentre intorno a noi risuonano le note dell’Orchestra Spettacolo Mariateresa Villabuona Fu Dimitri. Sono i festeggiamenti del Nome di Maria, ogni anno la seconda settimana di settembre i Busallesi si interrogano su quale possa mai essere il nome di Maria, forse Giovanna? Forse Lucrezia? E mentre se lo chiedono fanno festa, che per i Busallesi sedersi a un tavolo e pensare è noioso, molto meglio scendere in strada e far cagnara.

“Non so”, gli rispondo. “Sono senza soldi, sennò stasera invece che al Nome di Maria me ne andavo al Nome di un locale qualsiasi di Genova e mi prendevo la vecchia ciucca del venerdì sera, che è un’abitudine che ho un po’ perso.”

“Se fossi andato al Nome di un altro locale di Genova non avresti incontrato noi e avresti perso questa fantastica opportunità di andare a Roma alla Notte Bianca sabato prossimo!”, mi risponde Pino.

Pino è un amico di Lorenzo, il mio amico Lentese che ho incontrato ieri sera a Busalla. Ci conosciamo da poco anche con lui, non è un tipo cattivo, dice che se conoscessi sua zia cambierei idea.

“Sai cos’è? Che la Notte Bianca mi piace poco, ho delle esperienze strane riguardo quella notte lì, non è che mi vada tanto di parteciparvi”.

“Racconta”, mi dice Pino, “Racconta”, mi dice anche Lorenzo. Racconto.

L’anno scorso si tenne per la prima volta a Roma la Notte Bianca, spettacoli, negozi, musei aperti tutta la notte, mezzi pubblici a profusione, una grande iniziativa da non perdere. Solo che Roma non è Ronco, o Lento, che se fanno spettacoli tutta la notte e tengono aperti i negozi le strade si riempiono di un migliaio di persone e c’è vita e son tutti contenti e incontri gli amici e andate a bere e ci si passa tutti una bella serata. A Roma se fai una cosa così intasi la città, soprattutto se poi si mette a piovere, e soprattutto se da qualche parte un albero cade sull’unico traliccio che rifornisce tutta la penisola, e l’intero Paese resta al buio.

Io quella notte ero al Milk, che inaugurava la stagione, e mi stavo divertendo un casino. Era un periodo strano quello, avevo da poco ripreso i contatti con una ragazza, stavamo cercando di riprendere un certo discorso, era molto delicato, e proprio in quei giorni lì era andata a Roma per lavoro, e non l’avevo più sentita. Era viva? Era morta? Chissà.

“Non vi sto a raccontare tutto il preambolo sennò arriviamo a domenica e ci perdiamo i fuochi, che sarebbe anche una bella cosa, visto che i fuochi di Busalla fanno pena”, dico loro, e proseguo col mio racconto. Lorenzo e Pino sono interessati, la panchina è confortevole, l’Orchestra Spettacolo Mariateresa Villabuona Fu Dimitri attacca il suo cavallo di battaglia, La Cesarina, e i vecchietti fan la ola.

Stavo ballando su un vecchio pezzo di Iggy Pop quando accadde. La musica si fermò di colpo, e il locale si illuminò delle luci sinistre dei riflettori di emergenza. “Già finita la serata?”, si chiedeva Andrea, “Già saltato l’impianto?”, mi chiedevo io, “Che chiusure di merda, era meglio il digei dell’anno scorso!”, borbottava un habitué del locale.

Visto che la musica non accennava a ripartire dichiarammo chiusa la serata Milk e uscimmo in cerca di nuove avventure, e fu allora che si potè avere chiara l’entità dei danni. Tutta la città era al buio, gli amplificatori del Milk avevano mandato in corto l’impianto elettrico dell’intera Genova.

“Ma no, è Pericu che non ha pagato la bolletta!”, mi spiegò Andrea, sempre più informato di me su queste cose cittadine.

Poco più tardi, seduti su un muretto a guardare uno dei più bei cieli stellati che mi ricordi, riflettevamo sui grandi misteri della vita.

“La morte e l’aldilà?”, mi chiede Lorenzo. “La figa”, gli risponde Pino che ha già capito.

“Niente, non c’è molto altro da raccontare, la luce è tornata il giorno dopo, la ragazza in questione ancora dopo, il Milk ha ripreso a funzionare regolarmente..”

“E con la ragazza com’è andata a finire?”, mi chiede Pino.

“E’ andata a finire”, gli rispondo. “Probabilmente il giro di boa l’abbiamo fatto chissà quando, magari in una parola detta al telefono, uno di quei momenti che passano del tutto inosservati, ma mi piace credere che sia stata quella sera lì, la sera del black out, ad avere spento la luce su noi due. Da lì in avanti stavamo già scrivendo un’altra pagina, eravamo già i protagonisti di due racconti diversi”.

“Sei bravo a raccontare le storie”, mi dice Lorenzo. “Dammi un altro bicchiere di sangria e vedi cosa ti invento!”, gli rispondo, e abbandoniamo la panchina per tornare al bar del Diplodoco, mentre dietro di noi, l’Orchestra Spettacolo Mariateresa Villabuona Fu Dimitri attacca la Polka della Gigia.