Riassunto delle puntate precedenti:

Introduzione
Bruno Lauzi – Garibaldi
Peggy Lee – Why Don’t You Do Right?

Tony Bennett & Lady Gaga – The Lady Is A Tramp
Joni Mitchell – Chelsea Morning

Eccoci pronti a una nuova tappa del viaggio con la radio in valigia. L’avete lette quelle due righe che ho scritto qualche giorno fa dove dicevo che insomma sarebbe meglio che le leggeste perché non ho nessuna intenzione di riassumerle? Fatemi sapere cosa ne pensate, che c’è molta carne al fuoco, come dicono gli allevatori guardando la stalla distrutta da un incendio.

Questa settimana restiamo in Canada, e restiamo nell’ambito Musicisti che fanno anche altre cose, perché non si può non parlare del re dei tuttofare, lo scienziato pazzo della musica canadese, Neil Young, detto anche “One of you fuckin’ guys comes near me and I’m gonna fuckin’ hit you with my guitar”.

Lui e Joni Mitchell sono legati, oltre che da un’antica amicizia e dall’essersi detti delle cose attraverso le canzoni, anche dall’aver contratto lo stesso ceppo di poliomielite nel 1951. e come facevo a non collegarli?

Joni Mitchell insieme al papà de La Casa Nella Prateria.

Io Neil Young lo conoscevo pochissimo fino a qualche anno fa. Ai tempi gloriosi delle radio libere (siigh!), quando con un gruppo di disperati tenevamo in vita Radio Studio 93, mi era capitato fra le mani l’allora nuovo Harvest Moon, di cui conoscevo il singolo per averlo visto sull’altra grande novità di quei tempi: Mtv.

Non so se fra voi lettori ci sono anche dei ventenni, ma nel caso credo di dover spiegare di che si tratta. Vent’anni fa in Italia alcune reti private iniziarono a trasmettere il segnale della giovane Mtv Europe per alcune ore ogni giorno, permettendo a noi pischelli che abitavamo in posti dove non si prendeva Videomusic di godere finalmente della visione dei videoclips dei nostri gruppi preferiti.

Fu una rivoluzione, e lo fu anche per quelli che se la tiravano da Io guardo videomusic tutti i giorni, perché Mtv era davvero qualcosa di nuovo. Innanzitutto trasmetteva da Londra, quindi i conduttori parlavano solo inglese, e in quegli anni era l’unico assaggio concreto di Unione Europea che potevamo permetterci senza fare l’interrail; e poi l’impatto visivo era straordinariamente diverso da quanto visto fino ad allora, ti catturava con la sua energia, vinceva a mani basse su qualunque produzione locale. Poi vabbè, c’era la musica. Lo so che a questo punto i miei lettori più giovani mi prenderanno per cretino, ma dovete credermi, una volta Mtv trasmetteva solamente musica: videoclip, documentari, telegiornali riguardanti la musica, trasmissioni dedicate ai vari generi, quella ficata incredibile che era Mtv Unplugged, e Beavis & Butthead, che era un cartone animato, ma comunque parlava di due ragazzetti impallati con l’heavy metal.

Steve Blame, Ray Cokes, Rebecca De Ruvo erano gli animatori dei pomeriggi doposcuola (actually, Ray Cokes andava in onda la sera, ma il concetto è quello), e il fatto che capissi una parola su cinque me li rendeva più simpatici dei loro omologhi attuali, anche se magari dicevano delle castronerie inimmaginabili.

Presentatori impresentabili

Neil Young cominciai ad ascoltarlo allora, quando dopo l’ultimo video degli Edelweiss si ritornava ad atmosfere più morbide, e un uomo che spazzava il porticato sotto la luna dava il tempo al singolo più recente dell’artista canadese.

Della sua produzione artistica non racconto niente, è sconfinata e se non vi interessa il genere diventa anche noiosa, e poi se volevo scrivere una roba uguale a wikipedia mettevo al posto del titolo un banner con Jimmy Wales che vi domanda dei soldi.

Quello che interessa a me è l’altro Neil Young, quello che non suona.

Ce ne sono diversi Neil Young che non suonano, uno è un attivista politico, uno accudisce il figlio, ma il migliore di tutti resta il Neil Young inventore.

Credo di non essere l’unico che da piccolo si metteva più comodo in poltrona quando, sfogliando l’ultimo Topolino, vedeva Paperino prendere la strada verso il laboratorio di Archimede Pitagorico.

“Ora ne vedremo delle belle”, pensavamo, mentre ci tornavano in mente i fantastici frutti dell’ingegno del nostro scienziato preferito: il paracadute ascensionale, le car-can, il lapis bicolore che da una parte taglia i metalli e dall’altra li salda.

Insomma, le invenzioni in casa mia erano di casa, anche se poi non riuscivo mai a rimontarla, quella sveglia, e ci toccava comprarne una nuova; capirete che non potevo non appassionarmi al vecchio canadese (quello senza gli artigli), che spende un pacco di soldi per convertire in auto ibrida (elettrica/biodiesel) la sua vecchia Lincoln e la battezza Lincvolt, si lancia in una campagna a favore del bio-carburante e si fa tutta una tournèe alimentando i suoi camion con l’olio vegetale.

Poi vabbè, ad un certo punto la Lincvolt è andata a fuoco e gli ha bruciato un magazzino pieno di roba costosa, ma pare che non fosse dovuto a errori di fabbricazione.

Una macchina che va a Neil Young? Corro subito a comprarla!

L’ultimo progetto dell’Emmett Brown di Toronto si chiama Pono, uscirà l’anno prossimo e dovrebbe rivoluzionare il mercato della musica digitale.

Da quanto ho capito si tratta di un nuovo formato audio che garantirebbe una qualità che a confronto l’mp3 è uno di quei peti silenziosi, ma letali, tanto che le principali case discografiche si sono dette disponibili a riconvertire il proprio intero catalogo. Staremo a vedere, a me Neil Young piace un casino, ma se mi brucia la casa mentre ascolto l’ultimo disco di Capossela vado a cercarlo col badile.

La canzone che andiamo ad ascoltare si chiama Cortez The Killer, e ci racconta del massacro degli aztechi da parte dei soldati spagnoli, anche se girano parecchie interpretazioni più personali, e lo stesso Young, intervistato a riguardo, ha dichiarato “Ma non mi rompete il cazzo stronzi”, o qualcosa del genere.

Prima di chiudere credo di dovervi spiegare la frase in inglese all’inizio del post:
risale al festival di Woodstock, nel 1969, quando Young si esibì insieme a Crosby, Stills & Nash; ai cameramen che cercavano di filmarlo durante l’esibizione si rivolse col tono affettuoso che da sempre lo ha contraddistinto, minacciandoli di picchiarli con la chitarra.

Neil Young e Grumpy Cat sono parenti? Noi di Voyager crediamo di si.

Il mio eroe.

(continua)

Considerate la vostra scemenza

Davvero lascereste casa e lavoro per correre dietro alle sottane di quella scopa di Olivia? E per lei fareste a botte con Bracciodiferro, accettereste di avere per mamma la Stregadelmare, vi fareste crescere barba e pancia? Ma dai, fatti non foste a viver come Bruto!

E poi lo diceva anche Giulio Cesare, “Tu quoque Bruto!”, e voi pure, Quiquoqua! Ma nopn vi siete ancora accorti che Paperinik, il vostro idolo mascherato, non è altri che vostro zio? Hanno addirittura lo stesso nome! E si che ve la tirate anche da Giovani Marmotte.

Ma non preoccupatevi, c’è chi sta peggio di voi, gli abitanti di Metropolis per esempio. Il loro paladino non fa alcuna fatica a celare la propria identità dietro un comunissimo paio di occhiali. Si vede che a Metropolis sono più scemi che a Savignone..

Questa storia del travestimento mi ha sempre lasciato perplesso. Anche i supereroi mascherati, Batman, l’Uomoragno, come fanno a truccare la voce? Il commissario di Gotham City è amico di Bruce Wayne e del suo alter ego da molti anni, eppure non si è mai accorto di avere di fronte la stessa persona, ma com’è possibile? forse Bruce Wayne quando indossa il suo costume fa l’accento abruzzese?

Secondo me la verità è un’altra..

Dal diario del Commissario Gordon

..l’agente Smith si affacciò alla porta del mio ufficio: “Commissario, il Joker ha colpito ancora!”

Ci risiamo. Il Joker. Mai una rapina in banca, un marito geloso che spara alla moglie, gli unici casi di cui ci occupavamo a Gotham riguardavano persone che si vestivano da pagliacci e cercavano di avvelenare tutta la città col gas esilarante, o da pinguini, e allora la minacciavano con un ombrello esplosivo, o da gatti, e perdevano i peli.

Niente di strano quindi che il difensore della città fosse un uomo che si faceva chiamare Pipistrello.

Il suo vero nome era Bruce Wayne, uno schizzato miliardario che viveva col suo maggiordomo nella villa in collina. Quando hai troppi soldi c’è il rischio che perdi il senso della realtà, e lui l’aveva perso veramente bene, si vestiva da pipistrello e andava in giro a picchiare i criminali.

Ci dava una grossa mano eh, i piccoli malfattori lo temevano, e quegli altri matti della sua risma finivano continuamente rinchiusi al manicomio Arkham.

Per questa sua collaborazione, giù alla stazione di polizia si cercava di dargli una mano, e facevamo finta di non sapere chi fosse in realtà, lo chiamavamo Batman, e non Bruce Wayne, e anche quel suo piccolo vizietto dei ragazzini si cercava di tenerlo una cosa nascosta.

Wayne adottava orfanelli, li tirava via dalla strada e se li prendeva in casa. Sbandati, potenziali delinquenti, andavano a vivere da lui e godevano di tutti i benefici della sua posizione.

Un benefattore, secondo le beghine della città, ma loro non conoscevano tutta la storia, non sapevano che sotto la villa si celava una caverna, e che nell’oscurità i bambini venivano abbigliati con una calzamaglia verde e iniziati a chissà quali nuove esperienze.

La polizia ne era al corrente, come lo era il sindaco e tutte le associazioni che contavano in città, ma tutti si voltavano dall’altra parte, nessuno aveva interesse a mettersi contro Wayne. Era un filantropo, aveva costruito ospedali, case di riposo, aveva finanziato la campagna elettorale del primo cittadino e si era schierato al suo fianco nelle battaglie importanti. Il museo d’arte era il più ricco del Paese, ogni mese i suoi saloni si arricchivano di opere inestimabili, venivano allestite mostre che portavano a Gotham i capolavori di ogni parte del mondo.

Ovvio che quando vi fu quel fattaccio di Jason Todd si fece il possibile per insabbiare la responsabilità del miliardario.

Todd era il suo attuale pupillo, un ragazzino che aveva tirato via da una vita di orfanotrofi e riformatori. Lo aveva introdotto nell’alta società e sgrossato dei suoi modi grezzi. Sarebbe morto comunque, diciamolo, Wayne non fece che rimandare l’inevitabile, gli regalò qualche anno in più.

Lo ritrovarono in una discarica, vestito con la solita calzamaglia attillata che tutti conoscevano molto bene. Bruce Wayne non ebbe neanche bisogno di costruirsi un alibi, se ne trovò subito pronti una decina, garantiti dalle massime autorità cittadine, tutti giuravano di avere trascorso con lui la sera incriminata, si inventarono una doppia vita del giovane, un presunto amico tossico che non venne mai ritrovato e la cosa finì lì.

Attivai il Batsegnale, un faro che proiettava in cielo il simbolo del pipistrello.

Ce lo aveva procurato lui, Batman. Per costruirlo si era chiuso una settimana nella Batcaverna, con la registrazione di tutte le puntate di Art Attack.

I preziosi consigli di Giovanni Mucciaccia avevano sortito un buon risultato, ma con tutta quella colla vinilica il Batsegnale puzzava più di una fabbrica di solventi, tanto che avevamo dovuto sistemarlo sul tetto del palazzo.

Il simbolo del pipistrello si dipinse sulle nuvole. Mi chiedevo cosa sarebbe successo se avessimo voluto contattare Batman in una notte stellata, per fortuna non successe mai.

Si, nel caso avrei avuto il suo numero di cellulare, ma mi spiaceva usarlo, non volevo urtare la sua sensibilità.

Udii un rumore alle mie spalle, e quando mi voltai l’uomo mascherato mi stava di fronte.

“Phantom, che cazzo ci fai tu a Gotham City? Dovresti essere nella giungla coi pigmei!”

“Hai parlato dell’Uomo Mascherato, no? Ed eccomi qui!”

“No, io ho parlato dell’uomo mascherato, minuscolo. Mi riferivo a Batman!”

“Aah scuusa! Cosa vuoi, con tutti questi nomignoli è un attimo confondersi.. Senti, ti ho già mostrato il mio anello col teschio?”

“Si, e anche la foto dei gemellini. Adesso per favore vattene, che il tuo lupo mi sta pisciando sul batsegnale.”

Nel frattempo era arrivato anche l’uomo pipistrello, la sua batmobile andava davvero forte, dalla collina alla centrale di polizia ci metteva meno di cinque minuti. Vero che non rispettava neanche un semaforo, ma tanto sapeva che poi le multe gliele toglievamo sempre.

“Batman, il Joker è di nuovo in circolazione!”

“Che ha fatto stavolta?”

“Ha rubato al museo la Monnalisa di Leonardo. Dice che se non gli paghiamo il riscatto le dipingerà un sorriso a trentasette denti e le farà tutti i capelli verdi. L’ambasciatore francese mi ha minacciato di morte se non la recuperiamo, e il sindaco minaccia di farmi sostituire!”

“Maledetto criminale!”

“Chi, il sindaco?”

“No, Joker! Ho capito il suo piano, vuole trasformare Monnalisa nella Jokonda! Ma glielo impedirò!”

“Come farai a trovarlo?”

“Facile, stasera gioca il Genoa, sarà sicuramente allo stadio in tribuna d’onore”

“Ma non quel Joker, deficiente! Sto parlando del supercriminale!”

“Ah ecco, mi pareva.. vabbe, non lo troverò certo stanotte, ormai siamo all’ultima pagina. Dovremo aspettare il prossimo numero.”

“Ach! Dannati fumetti mensili!”