Mentre sto scrivendo davanti al monitor più rigato del mondo, in una piccola pensione cino-piemontese, nei pressi dell’ospedale Maria Vittoria di Torino, il Subcomandante è salita in camera e probabilmente la troverò già russante. Oppure sbaglierò camera, che già per farsi dare la chiave giusta è stata una commedia.
Siamo a Torino per la fiera del libro, partiti il sabato pomeriggio per vedere Ascanio Celestini e sgroppati giù da un autobus dopo mezz’ora di stumpetestampete sull’acciottolato che sarà pure sabaudo ma ti fa tornare su la cena.
E si che non era buona neanche la prima volta.

Insomma, Celestini era bello, io però ne ho visto venti minuti e poi sono andato a fare un giro, che la fiera l’è sempre la fiera, e volevo vedermene un po’ di anteprima prima di buttarmici dentro domani mattina.

La prima impressione è che l’è sempre la fiera un par di coglioni, la crisi si sente, si sono rimpiccioliti gli stand, imbruttite le standiste, ma forse è solo che nel frattempo non ci sono più i miei amici da anare a salutare. Verai che domani, quando mi siederò ad ascoltare Marino Sinibaldi farmi fahrenheit lì davanti, mi sembrerà tutto più bello.

E c’era Beppe Gambetta che schitarrava a palla, però Augias non c’è venuto a litigare con dio.
Vado a letto, che la d non funziona, ‘sta tastiera perde i tasti, fra poco si chiamerà solo era.