L’anno scorso, dopo mille peripezie, ho finito di scrivere un racconto di una ventina di pagine, iniziato una sera per gioco e portato avanti in quel modo balengo che ho di scrivere i racconti, senza sapere assolutamente se riuscirò a finirli e scoprendo cosa succede solo nel momento in cui li scrivo. Avevo delle cose da dire a qualcuno e ho cominciato a raccontare una storia per arrivarci col tempo necessario, poi si sono aggiunte delle cose da dire a qualcun altro, altre cose mi sono morte in bocca e questo spiegherebbe certi problemi di alitosi, e insomma, quando l’ho finito era diventata una storia del tutto diversa da quella che avevo in mente all’inizio.
C’è un personaggio che si chiama Pedro o Pablo, e infatti non sono io oppure sì, e questa esposizione con filtro a scomparsa mi pesava un po’, tanto che invece di pubblicarlo subito sul blog l’ho messo su issuu per farlo leggere solo a un paio di amici, e poi me lo sono dimenticato.

Fino a venerdì sera, quando ho incontrato uno dei personaggi del racconto. Se il tizio seduto a due metri da me si fosse girato avrebbe visto due persone ben vestite che chiacchieravano amichevolmente di cose senza importanza, ma gli sarebbe bastato mettersi al mio posto per scoprire che su quelle due piastrelle che occupavo non era più il 13 maggio 2016:
era il 20 luglio 1969, io indossavo una tuta da astronauta e sotto di me si stendeva un terreno mai calcato da piede umano. O perlomeno così mi sentivo nell’affrontare quella persona per la prima volta, dopo due anni di vogliomorirequiora e senonpossomorireioalmenofallotugrazie possibilmentemalissimo ogni volta che ci si incontrava.
È passato del tempo e sono successe delle cose a tutti e due, per cui incontrarsi e parlare ha smesso di somigliare al vertice di Camp David. E meno male, perché io interpretavo sempre Arafat.

È stato come togliersi gli scarponi dopo due anni che cammini per i monti. Ho fatto pace col Pablo di due anni fa e ho rimbrottato quello di questi ultimi mesi, che se la stava raccontando e ce lo cacava che era un martire.

E ho caricato il racconto sul pablog, lo potete scaricare dal link qui a sinistra sotto il titolo. L’ho convertito in EPUB, leggibile da qualunque supporto digitale compreso l’orologio da polso di Batman. Non so se ci sono riuscito benebene, se trovate degli errori segnalatemeli, così li correggo e lo riposto con la fascetta “seconda ristampa”, che fa sempre bello.

Domani cominciano le mie ferie. Cioè, tecnicamente sono cominciate venerdì alle cinque quando sono uscito dal lavoro, ma funziona che sei in ferie quando dovresti essere al lavoro e non ci sei pur non essendo malato o finto tale, quindi è da domani che avrò un casino di tempo da dedicare ai lavori che mi sono lasciato indietro e che non possono proprio aspettare, tipo tagliare la legna e piantare i pali per stendere e segare l’erba, da domani, non da oggi, oggi non sono in ferie e quindi ho tutto il diritto di perdere il pomeriggio cazzeggiando.

Sono belle le domeniche trascorse nell’ozio, a godersi la tranquillità della via, solo qualche macchina in autostrada, nessuno che ti cerca, puoi cominciare un libro e addormentarti in mutande sul divano, o sulla sdraio in giardino.
Forse dovrei spiegarlo al mio vicino quanto sono belle le domeniche nell’ozio, che è da stamattina alle nove che ci dà di mazzetta per tirare giù una scala di mattoni e adesso che sono le tre del pomeriggio ha tirato fuori il martello elettrico e sta mandando a puttane la giornata a me e a El Bastardo qui accanto, che agita la coda nervosamente cercando di riaddormentarsi.

Qualche giorno fa mi sono arrivati per posta quattro librini dal Cino, che è il mio attuale editore, dato che pubblicherà il mio nuovo libro nella sua collana dal nome impossibile, Samis-qualcosa-at, Samis e una serie di consonanti, un nodo fonetico impossibile da sbrogliare, tipo Samis-dgtzv%simbolodibatman-at. Ho deciso di sostenere la sua politica di distribuzione clandestina, li leggerò e poi li abbandonerò per il mondo col sistema del bookcrossing, mi sembra un bel modo di far conoscere un libro, anche se temo che un settantacinquepercento di titoli abbandonati per strada finisca nella spazzatura senza passaggi intermedi: lettore abbandonatore / spazzino scoglionato / discarica. Non importa, credo sia giusto correre il rischio, così ho finito il primo, In Vece Di Un Addio, di Luigi Romolo Carrino, e poi l’ho lasciato su un muretto del teatro Carlo Felice ieri pomeriggio.
Ne ho approfittato per abbandonare anche una copia del mio primo libro, Acapistrani, in stazione Brignole sul binario diciotto.

Mi è piaciuto il libro di Carrino e mi sono sentito un po’ una merda a mollarlo su un muretto, ma bisogna provarlo questo bookcrossing per sapere se funziona, sono sicuro che anche il suo autore sarebbe d’accordo. È una persona molto alla mano, una volta mi ha pure offerto una cocacola.

Ieri mi sono portato anche Di Luce Nemmeno L’Ombra, di Antonio Koch, che è un autore che non conoscevo e che mi piace un casino, ha quel modo di scrivere che mi fa venir voglia di aggiungere qualche nota al blog e poi magari di raccogliere tutto in un libretto e pubblicarlo magari no, che quando scrivo pezzi senza lo scheletro, tipo questo, uno fa fatica a leggere e un libretto così magari non se lo comprerebbe, e di conseguenza un editore non ci si mette volentieri a stampare un libro che non vuole nessuno. Però potrei metterlo su issuu, che se lo leggerebbe giusto Misterteena, che lui le cose che scrivo le legge sempre tutte, anche quelle che fanno cagare, così poi può dirmi che gli hanno fatto anguscia e criticarmi un’ora, che si vede che un po’ ci gode.

Su issuu ho in mente di pubblicare il numero zero di una rivista fatta tutta da me, contenuti e impaginazione, che si chiama Plop! col punto esclamativo, ho già cominciato a scriverlo, ma poi mi sono accorto che la copertina mi fa l’effetto delle mie cose a Misterteena e mi sono arenato.

Ma ero rimasto a ieri, che all’andata ho letto il libro di Koch, ma al ritorno no, che nel mezzo fra i due viaggi sono stato in fumetteria dove ho speso due o tre fortune in fumetti di Garth Ennis, che al momento è il mio scrittore di fumetti preferito, ed è brutta come cosa perché oramai ho letto quasi tutto e non so più come farò dopo. Poi sono stato alla fnac, perché in fumetteria The Boys n.5 risultava esaurito e invece lì ce l’avevano ancora, e poi sono stato da Feltrinelli a prendere l’ultimo George Martin e a rischiare di portarmi via anche quello nuovo edito solo in inglese, che però non potrei neanche portarmelo in vacanza, che da solo pesa come una ruota dell’aereo, quindi o qualcuno mi regala un kindle da qui al sedici agosto oppure dovrò aspettare che esca in italiano diviso in tre volumi, cazzo di editori vampiri figli di troia che cercano di guadagnare tre volte sullo stesso titolo e io sapete cosa vi dico, che pubblico solo con editori clandestini e indipendenti come il Cino o come chi capiterà che avrà voglia di investire denari sulle mie seghe da tastiera, spero che facciate la fine di quello che state già facendo visto che in Italia ci sono più concorrenti al grandefratello che lettori di libri.

Nel frattempo il mio vicino deve avere imparato la bellezza del silenzio, perché non lo sento più.

Oppure è deceduto, metti che l’infermiera che abita dietro casa mia sia tornata stamattina dal turno di notte e si sia rotta le palle di trrrrrrrrraaaaaaaaaaaarrrrrrrrrrrrraaaaaaaaarrrrrrrraaatt e lo abbia ucciso in quella che diventerà la camera da letto, con un candelabro. Mentre il Colonnello Mustard lo teneva fermo.

A questo punto mi si presentano diverse opzioni: seguire il buon esempio di Frida, la nipotina adottiva di El Bastardo, che mi ronfa accanto tutta lunga sul copriletto; mettermi a scrivere quel racconto che non ha ancora un titolo né un finale e che per il momento si chiama Giulio Pennacchi Va Alla Guerra, perché per me Frank Miller ha scritto anche delle cose memorabili; continuare a leggere il libro di Koch, così da poterlo finire e mettere sotto quello di Ghezzi o quello del Cino; aprire quella cartella che so essere sotto questo foglio openoffice e che si chiama The Boys e vedere se il Piccolo Hughie ha altri posti interessanti da suggerire dopo aver eliminato tutti i G-Men ed essersi trombato per l’ennesima volta la pettoruta Annie.

Non so voi, ma io ho già deciso.

Splendiddio!