Dice “È un po’ che non aggiorni il blog, che stai facendo? Scrivi un altro libro?”

Dire che sono stato risucchiato dal vortice di Tumblr e in pratica passo ogni minuto libero ad aggiornare la dashboard fa brutto, così ho deciso di raccontare alcune delle cose che ho visto, letto o fatto nell’ultimo decennio, fingendo di avere impegnato gli ultimi mesi in qualcosa che se non è produttivo sia almeno socialmente accettabile.

Allora, innanzitutto ho cominciato a pedinare una ragazzina di sedici anni dall’uscita di scuola a casa sua, ma pedinare non è il termine giusto, la tallonavo proprio, le stavo a un metro e le mormoravo parole oscene tipo icsfactor, libridimoccia e rapperitalianotrasgressivodistocazzo, e ogni volta che si voltava a rimproverarmi mi accarezzavo il pacco con lascivia [la-scì-via, se hai letto la-sci-vìa sei una brutta persona]. Poi mi è scaduto l’interinale alle poste e a consegnare la corrispondenza ci hanno messo un altro.

(questa cosa della ragazzina starebbe a sottintendere come la frequentazione di tumblr sia più immorale e deplorevole di un atteggiamento che puzza di pedofilia. Non ha molto senso spiegarlo, mi rendo conto, ma ultimamente su tumblr mi leggono i Bimbiminkia col senso dell’umorismo di un anello di totano, ma manco di quelli fritti, crudo, e allora rischio che la battuta non venga colta. Scusate.)

Pazienza, molto più tempo libero da investire in attività più socialmente accettabili della dashboard di tumblr, (vedi? devo sottolineare come alle elementari) che se non l’avete mai vista lasciate perdere, tutta quella pornografia mescolata a immagini di gattini potrebbe far perdere il senno a chiunque, io stesso oramai mi eccito ogni volta che sento miagolare.

Però non starò qui a raccontarvi delle mie fantasie erotiche, anche perché non tutte vi riguardano, ho scritto questo post per raccontarvi di quello che ho letto e visto, e tanto vi devo.

Quello che ho letto e visto

Comincio dal fondo, da quello che sto ancora leggendo perché è come quando ti invita a cena una che non sa cucinare e ci metti tre ore a finire il secondo perché se lo lasci magari si offende e poi va a finire che ti tocca passare la serata a guardare Men vs Food, che non so cosa sia, ma un amico me l’ha appena citato su facebook, e lui è uno che guarda delle vere porcherie.

Roba che se ad un certo punto compariva Ok Quack il romanzo poteva proseguire a Paperopoli e nessuno ci avrebbe trovato niente di strano.

 Si, ce l’ho con te, Stephen King, che prima mi illudi con tre capitoli piacevoli, poi mi esalti con un quarto che è un capolavoro, e poi mi presenti il conto con un quinto volume, I Lupi Del Calla,  piuttosto calante, un sesto, La Canzone Di Susannah, che bisognerebbe tirartelo dietro, e l’ultimo, La Torre Nera, che se non avevi più voglia di scriverlo bastava dirlo, l’avremmo capito. Guarda, ci parlavo io col tuo editore, una soluzione si trovava, ma metterti a discutere col lettore, diventare tu stesso un personaggio della storia, dai, è veramente la soluzione di chi non ha più niente da dire! Non sei d’accordo con me, lettore di questo blog?

Adesso ho questo romanzo a un quarto scarso, ne leggo due pagine la sera per vedere se migliora, salto le righe, mi dispero perché è di un noioso che non ci si crede, da un momento all’altro potrebbe raccontarmi del benzinaio preferito dai taheen e di quella volta che si è messo a regalare i punti carburante perché aveva avuto una crisi mistica e gli era apparsa Santa Teresa, che però lui non essendo pratico di cristianesimo aveva scambiato per San Pietro (oppure a causa dei baffi, che le Scritture non ne parlano perché non è bello che si sappia, ma Santa Teresa da ragazza la chiamavano Gino Cervi), e gli aveva confidato che il mondo stava per finire e che Marchionne avrebbe trasferito gli stabilimenti in Pakistan, perciò suo nipote avrebbe perso lavoro e sarebbe tornato a drogarsi. Siccome il nipote è quello del benzinaio e non quello di Marchionne capirete anche voi che al nostro amico quel giorno gli giravano le balle, e vi sarete fatti un’idea, cari lettori grandi e piccini, di com’è stato scritto l’ultimo volume di questa saga fantasy postatomica.

Roba che il tuo scrittore preferito dei tuoi anni di ragazzetto protonerd potrebbe perdere anche quel rispetto che gli devi ancora per le forti emozioni che ti ha fatto provare descrivendo un momento di petting fra il protagonista e la sua ragazza cheperòpoimuore ne Le Notti Di Salem, che tu una roba così spinta come lui che “fece scivolare una mano sul suo seno e lei si inarcò per offrirglielo pienamente, soffice e sodo com’era” non l’avevi mai letta e quella sera sei andato a dormire sconvolto.

Sai cosa, amico Stephen King? O mi tiri fuori un altro 22/11/63 o mi leggo tutta la bibliografia di Valerio Massimo Manfredi. NON STO SCHERZANDO!!

Il titolo è fuorviante, in realtà è un libro di ricette per cucinare le melanzane.

Per evitare di morire di noia mi sono procurato una lista di romanzi sui viaggi nel tempo, e poi, grazie al mio amicone Senko che un giorno mi ha detto “ti faccio una cassetta”, che negli anni ’80 indicava una compilation TDK da 90 minuti piena di musichine e adesso invece rappresenta una chiavetta usb da 16 giga piena di qualunque cosa, in questo caso libri, ho spulciato in un archivio grande più o meno come la provincia di Cuneo alla ricerca dei tiroli che mi interessavano.

Al momento sto leggendo Al Di Là Del Tempo di Connie Willis, che non è un romanzo ma un’antologia di racconti, e di viaggi nel tempo ne parla più o meno come ne sto parlando io qui, però finora si lascia leggere, e il primo racconto mi ha preso molto più di quanto mi aspettassi dal genere, che è una roba tipo ricordi di scuola e primi amori, che detta così mi fa un casino casalinga frustrata, ma in realtà è scritto bene davvero. Vedremo gli altri.

Lo so, non sto leggendo molto, direte voi amici colti, che divorate i libri come io divoro i pomodorini dell’orto, a cinque per volta e senza lavarli, che però per i libri è meglio fare così, che sennò poi si sgualciscono le pagine, per non parlare di chi legge col kindle, lascia perdere.

In realtà sto occupando il tempo che voi dedicate ai vostri romanzi preferiti per leggere una quantità disumana di fumetti, tipo tre o quattro, che però escono tutti i mesi!! È come se vi metteste a leggere.. dei fumetti, tipo.. che però escono.. tutti i mesi!! Non so se è chiaro il paragone.

Un momento tipico nella vita di una famiglia, e se a voi non è mai capitato vi compatisco assai.

Una delle serie che ho cominciato dal numero uno e sto portando avanti con soddisfazione è Saga, di Brian K. Vaughan e Fiona Staples, un racconto fantasy (daje) ambientato nello spazio, quindi di fantascienza, si però più fantasy. Adulto nei dialoghi e nelle situazioni (Parlano anche di sesso! Nei fumetti! Tutti i mesi!!), molto ironico, sempre lì che adesso succede qualcosa, ma senza l’ansia di ommioddio un mese senza sapere come va a finireh! L’ha consigliato anche Buoni Presagi, che poi sembra che leggo i fumetti che consiglia lui e non lo cito. In realtà l’avevo già lì da leggere da anni e anni e aspettavo di trovare la voglia, non è che ho cominciato perché me l’ha detto lui, e comunque io ne ho già letto tredici numeri e lui invece è fermo al terzo, gnegnegne.

Allora ci vediamo questa sera? Una serata fra amici, una chitarra e un omicidio.

Garth Ennis lo leggo per principio, mi piace, a volte si ripete un po’, a volte non ne ho voglia e lo pianto lì, a volte vorrei telefonargli a casa e tirarlo giù dal letto e dirgli “Oh Garth! Questa si che è una storia coi coglioni! Ma non i coglioni tipo i protagonisti della Torre Nera!”.
Red Team è appena cominciato, giusto quattro numeri, e sta scorrendo bene, una trama solida, dei protagonisti credibili che non fanno i pazzeschi come Barracuda, che è simpatico, ma tutti così no eh. È la storia di un gruppo di agenti che dopo aver visto com’è andata a finire con Berlusconi, che tre gradi di giudizio ed è ancora lì a rompere i coglioni, decidono di dare una mano alla giustizia e invece di arrestare i criminali li fanno fuori con azioni da commando.
Strega commando colori.
Non c’entra, ma mi faceva ridere.

L’amore. Quello con la a minuscola, ma col tizio che tira le frecce e fa il coglione per Brooklyn.

Mi sono tenuto per ultima la serie che mi ha fatto innamorare, Hawkeye, di Matt Fraction e David Aja, roba che non credevo che una serie regolare Marvel fosse ancora capace di. È il supereroe che abbiamo visto negli Avengers, sai quel film di supereroi fatto bene che ti ha fatto dimenticare le porcherie tirate fuori con Hulk, Spiderman e, lo so che non sarete d’accordo ma mi ha fatto cagare, Iron Man? Quello interpretato da quello che sembra sempre si sia appena svegliato, che ha fatto quel film che ammazzava una bella saga come quella di Bourne.
Insomma, niente a che vedere, queste sono le avventure di Occhio Di Falco (che non è stato tradotto e continua a chiamarsi Hawkeye anche in italiano) quando non indossa il costume pacchianissimo che lo fa somigliare a una versione campy della (orrenda) Catwoman di Halle Berry. Vive in un condominio di Brooklyn, piglia botte da buffi mafiosi russi che vanno in giro con la tuta dell’adidas e dicono Bro, salva un cane, cazzeggia coi condomini e finisce nei casini per delle donne. Adorabile, cialtrone, lontanissimo dallo stereotipo del supereroe, sia dell’antieroe indisciplinato tipo Wolverine che della macchietta fastidiosa che in questo momento non ricordo neanche come si chiama ma avete capito, è tutto rosso, ha due pistole ed è una specie di zombi ninja. Inoltre David Aja ha fatto un lavoro splendido nella costruzione della pagina, e alterna vignette che sembrano scarabocchiate, con pochissimi dettagli, ad altre molto complete. Insomma, si è capito che mi piace, cos’altro devo fare, comprarvelo e portarvelo a casa?

Ci sono altre cose di cui dovrei parlare, alcune bellissime altre meno, prima di affrontare il discorso cinema, ma qui finisce che arriva l’alba e sono ancora alzato, e poi voi non mi leggete perché ho scritto troppo e ormai siete abituati ai microperiodi di facebook, e se uno scrive più di 160 caratteri senza faccine diventa prolisso.

Io poi prolisso lo sono già, ti lascio immaginare che succede. Facciamo che proseguo un’altra volta, eh?

 

Deadpool! Ecco come si chiama! Simpatico cinque minuti, poi torno a leggermi La Torre Nera.

Aggiornamento dell’ultimo minuto:
All’idea di dovermi sorbire altre pagine della Torre Nera sono andato su wikipedia e mi sono letto la trama. Non ve la racconto per evitarvi spoilers, ma sappiate che dopo aver scoperto cosa succede nelle pagine che mi mancano ho cancellato il file dal telefono, poi dal computer, poi ho buttato via la chiavetta usb di Senko, poi ho strappato il cavo del telefono e me lo sono mangiato.

Riassunto delle puntate precedenti:

Introduzione
Bruno Lauzi – Garibaldi
Peggy Lee – Why Don’t You Do Right?

Tony Bennett & Lady Gaga – The Lady Is A Tramp
Joni Mitchell – Chelsea Morning

Neil Young – Cortez The Killer
Banda El Recodo – El Corrido De Matazlan
Los Cuates de Sinaloa – Negro Y Azul: The Ballad Of Heisenberg
El Chapo Guzman – Los Tucanes de Tijuana
Cholo Valderrama – Llanero si soy llanero

La scorsa puntata vi avevo promesso di approfondire la conoscenza con un’altra vincitrice del Grammy Latino, perciò cominciamo senza altri indugi.

Nel 1990 facevo il fotografo per una rivista di non vedenti che si chiamava “Perlomeno il cuore non duole”, e il mio capo mi spedì a Cuba a fotografare Celia Cruz, che tornava in patria dopo trent’anni per un concerto nella base americana di Guantanamo.

“Scusi capo, ma Guantanamo fa cagare, ci sono dei gabbioni e dei tizi in tuta arancione, e i soldati sparano ai cubani per divertimento e poi si fanno coprire da Jack Nicholson che fa il colonnello che poi però in tribunale sbrocca, che foto possono venire fuori?”

“Ma a me che cazzo me ne frega, io li odio i non vedenti, mi toccano tutta la rivista, me la lasciano piena di ditate. Ho provato a spiegarglielo che è carta patinata, ma loro niente, duri proprio.”

Non feci altre domande e partii per assistere a quello che per i cubani era un autentico evento.

Celia Cruz, il cui vero nome era Úrsula Hilaria Celia de la Caridad de la Santísima Trinidad Cruz Alfonso, ma non ci stava sulla carta d’identità, era nata a Cuba nel 1925, e già prima di avere compiuto venticinque anni era una cantante con un discreto successo, aveva inciso delle canzoni e se ne andava in tournèe. Per dire, io a venticinque anni potevo spiegarti grossomodo chi erano i personaggi di un fumetto di Hulk.

A trentacinque lasciò Cuba per una tournèe che toccò Messico e Stati Uniti, e una volta arrivata lì disse Fidel puzzacacca e dichiarò che non sarebbe più tornata, perché Cuba es la alma de mi corazon, ma si sta meglio altrove, e finché ci fosse stato Castro al potere lei gli avrebbe fatto i pernacchi da lontano con due mani. Perché è facile difendere un regime quando non ci stai sotto, il sogno cubano, il comunismo reale, parli con un idealista italiano e Cuba viene fuori come il paradiso terrestre e quelli che scappano sono tutti degli illusi che vogliono la televisione a colori e non hanno capito che fuori si sta peggio che dentro, e sarà anche vero, ma un regime è un regime e un regime non è mai un buon sistema di governo, e allora vaffanculo a Castro, io sto con Celia Cruz. Sono tanti gli esuli dell’isola che aspettano il tiraggio di gambina del lider maximo, ma finora lui li sta seppellendo tutti.

Celia Cruz se n’è andata nel 2003 senza tornare veramente alla sua terra: l’unica rimpatriata fu appunto quella del 1990 alla base americana di Guantanamo, che è un po’ come litigare con tua suocera e passare il pranzo di natale da solo nella trattoria di fronte a casa sua.

Io c’ero quel giorno, e posso raccontare l’emozione della cantante a rivedere la sua terra oltre la recinzione e il filo spinato, e quando raccolse un pugno di terra dicendo che non se ne sarebbe mai più separata, e del tenente che l’accompagnava, che le rispose “Va bene signora, ma allora sarebbe meglio che raccogliesse della terra vera, quello è sterco di asino, vede?”.

“Azùcar!”, esclamò lei, com’era solita fare, sfoggiando il suo sorriso migliore e pulendosi la mano sulla giacca del militare.

Celia Cruz, campione dei pesi massimi categoria drag

Celia Cruz, campione dei pesi massimi categoria drag

Fu un concerto commovente, seppure breve. Celia Cruz indossava un vestito pieno di sbuffi colorati sulle spalle, e i soliti occhialoni che la facevano sembrare un transessuale con dei precedenti nel pugilato semi professionistico. Quando risalì sull’aereo che la portava via per sempre dalla sua terra pianse a lungo, e parecchi la imitarono anche al di qua delle transenne, fra gli uomini in divisa e quelli con la tuta arancione. Non credo che un governo dovrebbe impedire a qualcuno di tornare a casa propria, e voi mi chiederete “e allora i Savoia?” e io vi rispondo che i Savoia sono un discorso un po’ tanto diverso, e comunque in Italia ci sono tornati pure loro e con tanto di inchino, cosa che mi farebbe venir voglia di esiliare anche quelli che si sono prostrati in salamelecchi, ma finirei per contraddire il discorso di cui sopra, e mi pare di avere già scritto una montagna di minchiate, considerato che volevo solo allacciarmi a Celia Cruz per dire che a me il sogno cubano fa cagare il cazzo.

Morì negli Stati Uniti, dove abitava, e la cerimonia funebre venne officiata nella chiesa di San Patrizio, a New York, davanti a una folla oceanica. Per l’occasione il suo amico Victor Manuelle cantò questa canzone qui:

Pensateci quando morirete e al vostro funerale ci saranno solo persone che pregano e piangono.

(continua)

brusbannerOchei, il banner l’ho messo, e dove c’è Banner non può mancare il suo alter ego, L’Incredibile Hulk.

L’ho visto, ho aspettato di essere solo in casa, che certi film non li posso propinare alla mia fidanzata senza vederla diventare verde, e poi correre in bagno a vomitare.

Il film è simpatico, oppure una vera schifezza, dipende dai punti di vista. Nel senso, ti piace la serie a fumetti? Tienti vicino un antiemetico. Seguivi il telefilm? L’antiemetico puoi anche posarlo a qualche metro da te, ma assicurati di averlo sempre nei paraggi. Sei un ragazzino appassionato di giganti muscolosi che gridano e spaccano tutto? Questo è il film per te, fratello!

Edward Norton non mi è dispiaciuto, anche se ha la stessa faccia depressa per tutto il film, ma quando ho scoperto che non poteva fare sesso con Liv Tyler per paura che la sovraeccitazione lo trasformasse in Hulk ha avuto tutta la mia comprensione.hulk

Tim Roth invece mi ha fatto un po’ cagare, ma forse è perché ha la faccia da tossico e a torso nudo somiglia a una tartaruga anche prima di trasformarsi in Abominio.

La regia non è male, finché non compaiono i due wrestlers digitali, la parte in Brasile è addirittura piacevole, poi diventa un videogioco, e non puoi far altro che spegnerti il cervello e aspettare che finisca, come d’altronde devono aver fatto gli sceneggiatori durante la stesura.

 

La trama in dettaglio:
Nei primi cinque minuti scopri che non è il seguito dell’Hulk di Ang Lee, ma un figlio bastardo di quello e della vecchia serie televisiva, e che neanche stavolta compare Rick Jones. Banner si sottopone all’esperimento gamma, si trasforma, spacca tutto e scappa, inseguito dal Generale Ross cui ha spaccato un braccio e malmenato la figlia.
Un po’ di tempo dopo Banner è in Brasile, ha stretto amicizia con uno sconosciuto su una chat e gli ha raccontato tutti i suoi cazzi, e questo gli spiega come guarire dalla contaminazione radioattiva. Non fate quella faccia, è successo a tutti noi almeno una volta da quando esiste internet.
Lavora in una fabbrica di bibite, e quando il suo sangue finisce inavvertitamente dentro una bottiglietta, ti aspetti che succeda chissà quale patatrac, e invece se la beve Stan Lee e si trasforma in un vecchio che non riesce a tenere in mano le cose, e la fa cadere sul pavimento.

Questo però permette ai militari di rintracciare Banner. Lo inseguono in Brasile nei vicoli di una favela, poi nella fabbrica di bottiglie, finché lui si trasforma e scassa tutto.

Il generale Ross inietta il siero (ma non erano radiazioni?) su un soldato gasato, Emil Blonsky, che diventa fortissimo, ma mantiene la faccia di Tim Roth tossico.
Nel frattempo Banner torna in America per incontrare il suo amico misterioso a cui ha pure spedito un campione del suo sangue. La similitudine con le nostre abitudini informatiche è sempre più spaventosa, proprio ieri l’ho fatto anch’io con un amico conosciuto su facebook.
Ritrova la sua vecchia fidanzata che ora sta con uno psicologo (Doc Samson?), incontra Lou Ferrigno che adesso fa il portinaio, riscappa, si ritrasforma, riscassa tutto e fa a pezzi Tim Roth, che però non muore mica. Qui ci sono un paio di citazioni simpatiche dalla serie a fumetti, incontriamo Jim Wilson, il suo amico gay, e i celeberrimi pantaloni viola, che rifiuta di indossare come tutti gli altri supereroi marvel portati al cinema, in una gag che oramai non fa più ridere nessuno.roger rabbit

Banner e Betty decidono di andare a New York per incontrare il ciattaro misterioso, di cui improvvisamente conoscono anche il nome, Samuel Sterns. Si vede che gliel’ha detto lo sceneggiatore in una pausa fra un ciak e l’altro. Anche i militari lo scoprono, semplicemente perché era uno che tenevano d’occhio, e allora ti chiedi come mai non fossero andati a beccarlo subito, visto che era in contatto con Banner dall’inizio del film, ma vale la Regola di Roger Rabbit:
Potevi liberarti dalle manette quando volevi?”,No, solo quando faceva ridere

Insomma che Banner si sottopone a un esperimento che dovrebbe dehulkizzarlo, poi arriva Blonsky che lo cattura e si fa trasformare in Abominio dallo scienziato, che nel casino che segue diventa un’altra nemesi dell’Hulk fumettistico: il Capo. Ma lo vedremo nel seguito, se lo gireranno.

Finale scontato, Abominio scassa tutto, arriva Hulk, riscassa tutto e scassa anche Abominio. Unica nota interessante, che promette una certa continuità non più fra film dello stesso personaggio, ma addirittura riguardanti un intero universo narrativo (in questo caso i supereroi Marvel), sull’ultima scena arriva anche Tony Stark, interpretato da Robert Downey Jr. come da copione, che parla al Generale Ross di una squadra in divenire. La Juve?

Prima di scrivere quello che volevo scrivere oggi riporto un pensiero che mi è venuto mentre discutevo col mio amico Christian, che non ci crederete ma non è un blogger. Tale pensiero andrebbe riportato sotto la categoria fumetti, che non ce l’ho nei tag ma la aggiungo subito, e riguarda i problemi dei supereroi Marvel. Ochei, tutti i supereroi hanno problemi, sono sicuro che Batman soffra di una terribile artrite a starsene sempre chiuso nell’umido della Batcaverna, ma i supereroi Marvel hanno problemi per precisa scelta editoriale.
Sappiamo che ognuno di loro soffre di tremendi scazzi, gli muore la famiglia una puntata si e una no, la sua identità segreta viene rivelata da chiunque, gli brucia la casa, perde il lavoro, la fidanzata, il gatto, i superpoteri.
Ma non tutti i problemi dei supereroi vengono svelati sui fumetti, perché ci sono problemi che sono davvero troppo drammatici per essere mostrati su un giornaletto destinato a dei ragazzi.

Prendi l’Uomo Ragno. Io l’ho conosciuto, un giorno a Lucca Comics, eravamo io, il Mietitore (che nonostante il nome non ci crederete ma non è un blogger neanche lui) e Christian quello di prima, e c’era Spiderman che girava per la fiera a firmare autografi, con la sua calzamaglia rossa e blu che già solo per il colore me lo rendeva simpaticissimo. Subito ci siamo dati delle gomitate, cioè, non ti capita tutti i giorni di incontrare un vero supereroe in carne e ossa e calzamaglia, e subito dopo ci siamo chiesti come cazzo facesse a starsene mezzo nudo col freddo che c’era. Ma lui affronta tutti i giorni Rhino e il Dottor Octopus e Kraven, sai cosa gliene può sbattere del freddo polare, e poi a New York fa più freddo che a Lucca. Ecco, l’Uomo Ragno ha un grosso problema, che sui fumetti non viene mai affrontato, se non lasciandolo trapelare fra le righe. Lo sapete che sua moglie Mary Jane Watson ha già minacciato di andarsene se lui non abbandona la sua vita di supereroe? No? Beh, leggetevi qualche numero, se non ci credete, è tutto scritto lì, quella gnoccona di sua moglie non ce la fa a sopportare la tensione di vederlo rischiare la vita tutti i giorni, e lo ha minacciato di divorzio.
A parte che allora la moglie di un poliziotto cosa dovrebbe dire? Ma in ogni caso è una mussa, non è quella la ragione che ha spinto la signora Ragno a chiedere una separazione. La verità, e io posso testimoniarlo, è che l’Uomo Ragno ha un alito pestilenziale! Una vera fogna! Roba che a confronto le ragnatele sotto le ascelle sono una bazzecola, ha un fiato di salamella che stenderebbe un ippopotamo, e come fai a raccontarlo sui fumetti? Allora ci si è inventati questa faccenda dell’ansia della moglie per coprire i veri problemi.

E che dire di Hulk? Lo sapete che ha avuto seri problemi per farsi fare la foto sulla carta d’identità?
Riporto quanto scrissi in proposito su un vecchio numero di ARTErnativa:
Anche i supereroi hanno bisogno di rinnovare i documenti, solo che la procedura per chi ha una doppia identità è molto più complessa. Per non rivelare chi si celi sotto la maschera i difensori della giustizia si sono serviti di diversi stratagemmi. L’Uomo Ragno, essendo sempre nei guai con la legge, che nei numeri pari del suo giornalino lo considera un criminale, e in quelli dispari un eroe, quando vede un poliziotto si arrampica sul muro e aggira il problema. Per lui non occorre un documento apposito, così per Superman, universalmente riconosciuto, quando è senza occhiali non viene mai fermato ai posti di blocco. Meglio, anche perché sulla patente del suo alter ego Clark Kent c’è scritto “Guida con lenti”, e se lo beccano senza una multa non gliela leva nessuno.
L’Incredibile Hulk ha pensato di utilizzare un doppio documento, uno per quando è Bruce Banner e l’altro per quando è verde e incazzato. Il problema è farsi fare la foto in queste condizioni..
Mr Fantastic, geniale leader dei Fantastici Quattro, costruì apposta per lui una speciale macchina fotografica indistruttibile, e chiese all’Uomo Ragno di scattare qualche primo piano al gigante verde, ma il presuntuoso individuo dalle ragnatele sotto le ascelle rifiutò accampando futili scuse, tipo “Adesso non posso, devo cambiare l’Uomo Sabbia al gatto”.
Andy Warhol si propose per il servizio, sperando di ricavare materiale per una mostra, ma dopo la prima foto Hulk si incazzò e gli infilò la macchina fotografica nel culo.Ma quelli che mi fanno più impressione, e che mi hanno spinto a scrivere questo post sono i Fantastici Quattro.
Cosa succede quando uno di loro deve andare in bagno? I fumetti non ce lo raccontano, ma ci devono andare per forza, nella descrizione dei superpoteri di ognuno di loro non è descritta alcuna capacità di ritenzione sovrannaturale, perciò ci vanno come noi, punto. Al limite gli X Men, fra tutti potrà essercene uno sconosciuto col potere mutante di non fare la cacca, ma gli altri..
A pensare alla cacca ci sarebbero molti personaggi su cui soffermarsi, supereroi o supercattivi costretti a vita dentro armature senza cerniere, ma limitiamoci ai Fantastici Quattro, sennò viene fuori un post chilometrico.

I Fantastici Quattro, lo dice il nome, avrebbero bisogno almeno dei doppi servizi. Vivono in un grattacielo futuristico, ma non ci è dato di sapere se ognuno ha la sua tazza personale.
Voglio pensare per loro che sia così, altrimenti potrebbero verificarsi cose molto spiacevoli, tipo:

– La Donna Invisibile va a fare la pipì, ma essendo invisibile può capitare che suo marito Reed Richards entri credendo che il bagno sia libero e le si liberi addosso;
– Reed Richards potrebbe trovarsi in laboratorio, impegnato in un esperimento che non può assolutamente interrompere, e abbia bisogno di servirsi del gabinetto, che si trova presumibilmente in un’altra stanza. Sfruttando i suoi poteri elastici manda il suo pisello in giro per il palazzo fino alla tazza del wc, ma in quel momento passa per il corridoio la Cosa che, non vedendo quel lungo salsiccione che striscia sul pavimento, glielo calpesta.

Senza contare gli altri due:
– la Cosa ogni volta che va in bagno molla una specie di siluro granitico che magari non puzza granché, ma sfonda la tazza, rendendo il negoziante di sanitari del quartiere il primo fan assoluto del Quartetto;
– la Torcia Umana probabilmente ha il culo in fiamme e fa un largo uso di antiemorroidali.

(potrebbe anche continuare)