Riassunto delle puntate precedenti:
Chico Buarque non è chi pensate voi, anche perché i canarini non hanno le dita per suonare la chitarra e il si bemolle gli viene malissimo; Drusilla non lo so, dipende molto da chi pensate.

Drusilla non la sentivo da un po’. Segno che stava bene. Di solito quando mi cerca è perché sta passando un periodo di crisi sentimentale, o ne è appena uscita e si annoia.
Per questo quando mi ha scritto “Ci vediamo domani sera?” non ho risposto va bene, ma “Non starci male, se la tirava e comunque cantava di merda”.

Poi la sua reazione è sempre di stupita negazione, come se fossi sceso da un albero appena ieri e non sapessi capire chi mi sta davanti. Mi infastidisce un po’ quando mi considerano un insensibile idiota. Cioè, idiota sì, ma vi leggo dentro abbastanza bene, sapete?
Nel suo caso dura poco, passa quasi subito a un’ammissione rassegnata e alla fine mi racconta tutto perché comunque aveva bisogno di buttarlo fuori, ‘sto rospone.
Si tratta di Piergigi il cantante maledetto, come non aveva capito proprio nessuno. È in tournèe, non si fa sentire, non risponde ai suoi messaggi, è uno stronzo egocentrico e bugiardo, ma meglio così.

Drusilla è molto intelligente, deve solo fare esperienza: nella vita abbiamo tutti un quantitativo di stronzi da affrontare prima di imparare a riconoscerli al volo ed evitarli. Non so bene a che età si raggiunga questa consapevolezza, ma ad un certo punto ti accorgi di non averne più intorno, e dato che sono considerati la specie più resistente dopo gli scarafaggi, significa che hai imparato a tenerli a distanza. Oppure che lo stronzo sei tu.
Non le dico che sarà un percorso lunghissimo e probabilmente non ci riuscirà mai e prenderà una facciata dopo l’altra e la sua vita sarà una merda, perché le voglio bene, e anche perché uno può sempre decidere che in fondo la felicità non è così importante come credeva, puoi ottenere lo stesso risultato con la ricchezza e le benzodiazepine.

Andiamo ai soliti giardini Dimarzo, assunti a nostro rifugio estivo nonostante la pochezza delle bevande. È la musica che li salva, di solito.
Stasera suona Dj A-Zo V-Rax, un ragazzetto sui venticinque con grosso naso e occhiali enormi, sepolto in una giaccavento diventata oggetto di alta moda dopo che per decenni mi sono sentito uno sfigato a indossarla mentre i miei amici affrontavano il temporale con giubbotti supertecnici.
Sebbene io non l’abbia mai sentito nominare e neanche mi senta troppo sicuro a pronunciarne il nome sembra conosciuto dal resto del pubblico: parecchi gli stanno intorno a guardarlo mentre armeggia sulla strumentazione, più trascinati dal personaggio che dai suoi dischi. Drusilla gli batte le mani da un po’ più lontano, appena oltre la schiera dei fedelissimi. Dalle casse viene fuori una melodia orecchiabile, coperta da un giro di bassi e batteria che renderebbero irriconoscibile anche fra martino campanaro.

“Raga! Dj A-Zo V-Rax pompa abbestia ai giardini Dimarzo!”

Il pubblico risponde ieeea.

“A-Zo V-Rax! La A è privativa perché io il fuoco di Sant’Antonio.. (pausa teatrale) ..ve lo faccio venire!”

Il pubblico ripete ieeea ancora più forte.

“Ragah!!”

Non ci credo che sto ascoltando questo demente.

Se Drusilla fosse la mia ragazza avrebbe senso, l’amore ti fa sopportare le serate più atroci. Io stesso una volta avevo accompagnato la mia compagna a vedere Viola Valentino ubriaca che cantava in playback fuori sincrono vecchi successi di Vasco Rossi a una festa gay. Mi si era starato il trashometro, ma l’avevo fatto volentieri, e poi conoscevo gente che si era sbuttanata anche peggio solo per un po’ di fonchia, in fin dei conti mi era andata ancora bene.

“Raga! Il presobenismo sarà la nuova religione! Fare solo quello che ci gusta! Basta menate, tutto si aggiusta! Sciallaaa!!”

E tutti in coro “Sciallaa!!”

Mette su un pezzo che dice dammela dammela dammela ammè me la devi dà ce la devo fa, e io che ho attraversato per intero gli anni ’80 una roba così becera non l’ho sentita mai neanche alla radio tamarra degli autoscontri.

Drusilla ne è conquistata come una ragazzina di fronte alla sua prima cotta adolescenziale per il cantante maled.. vabbè, ci siamo capiti.

“Dai, ha ragione! Siamo stati male anche troppo per degli stronzi! Adesso basta, quest’estate ci dedichiamo al presobenismo!”

Non riesco a trattenere un brivido. A parte che Chico Buarque non era affatto uno stronzo, se ti sei innamorata di un musicista di stocazzo sono problemi tuoi e basta, ma io ci sto bene nel mio stare male. È rassicurante, quando sei in quello stato devi solo preoccuparti di migliorare, il resto te lo puoi pure lasciare dietro. Per un pigro è un grosso vantaggio. Senza contare che quando stai morendo anche la morte è una notizia positiva, perché ti libera dai problemi.
È la classica situazione win-win.

“Dici così solo perché hai paura dell’ignoto. Buttati, vedrai che sarà divertente!”. Mi prende per un braccio e mi trascina a ballare sotto le casse.

Drusilla non ha mai mostrato interesse verso la danza, è la persona più statica che conosco dopo Stephen Hawkins. Non capisco cosa stia succedendo, ma sospetto il coinvolgimento di sostanze illegali.
L’effetto però è straordinario. La gonna larga le sventola come uno stendardo, la maglietta le scopre l’ombelico, distogliere lo sguardo dai suoi fianchi diventa difficile. Non mi ero mai reso conto della pienezza del suo seno. Drusilla ha smesso di essere una ragazzina parecchio tempo fa, e me ne sto accorgendo solo ora.

Ecco che fa un gran caldo ai giardini Dimarzo.
Dj A-Zo V-Rax si è perso in un trip anni 90 dove gli SNAP sono i protagonisti indiscussi. Meno male, se avesse lanciato Bryan Adams i miei ormoni non ce l’avrebbero fatta a portarmi fuori dalla zona limonella, sarei caduto sul campo come un eroe. Mi trascino al chiosco delle birre dove incontro il proprietario del locale, un tizio allampanato che ricorda la versione fricchettona di Pippo disegnata da Andrea Pazienza. Sta ballando soddisfatto, sposta a destra e a sinistra il baricentro, mentre il grosso culo rimane piantato al terreno. Sembra una pianta in vaso spinta dal vento, o un metronomo. È ipnotico, rimango a fissarlo scordandomi della sete, del caldo e del dj. Se adesso arriva uno e mi fa firmare delle cambiali ubbidisco senza fiatare, mi sento privo di volontà.

Invece arriva Drusilla e mi riporta alla coscienza col suo dito a punta. Mi chiede se mi diverto. Più che chiedermelo dichiara che no, sono inquietato, ci vuole una misura più drastica.

“Accompagnami a casa!”

La mascella mi cade così rumorosamente che si gira anche Pippo Fricchettone.

“No, intendo che la misura più drastica la tentiamo domani, adesso vado a dormire. Mi dai un passaggio, per favore? Ho la vespa dal meccanico.”

La serata anni 90 si rivela solo il primo passo di un lungo percorso edonistico applicato da Drusilla con un fervore quasi religioso. Ogni sera, di ritorno dal lavoro, trovo un suo messaggio in cui è illustrato il programma per il giorno successivo. Comprende visite guidate per la città alla scoperta di angoli dimenticati, proiezioni dell’ultimo capolavoro di un regista che neanche saprei pronunciare, teatro danza, poetry slam, jam session, altre robe con nomi difficili. Aspetto da un momento all’altro che compaia l’iridologia, e tremo all’idea di trasformarmi in un uomo dalla lunga barba bianca che indossa camicioni larghi e scrive oroscopi sorseggiando tisane al finocchio e verbena.
Rifiutare non è contemplato, Drusilla si offenderebbe e non la vedrei più per mesi, e in ogni modo l’alternativa sarebbe chiudermi di nuovo in casa a imbruttire solo.

Mi trascina per settimane in qualsiasi attività: il corso di portoghese organizzato da una nota marca di porto in tre lezioni super intensive in cui imparo solo a dire obrigado e distinguere un tawny da un ruby; la degustazione di sushi dove mi spiegano su quali piatti va aggiunta la salsa di soia e su quali prova a mettercela e sta mano poesse piuma ma poesse pure katana se semo capiti; la lettura delle poesie d’amore di Nazim Hikmet, segue un interessante dibattito con un politologo turco che ci spiega le ragioni dell’attuale burrasca che interessa il Paese, ma che però ce le spiega in turco e l’interprete non c’è perché ha avuto un improvviso mal di pancia, ma tanto il turco è simile all’italiano, di sicuro lo capite tutti. Non so gli altri, io sono fermo a obrigado.

Genova non è New York, prima o poi le mostre, i corsi e le poesie finiscono, i locali da aperitivi che ti fanno pagare un euro e cinquanta un piattino con due crackers sporchi di feta della lidl ti vengono a noia, le facce sono sempre le stesse e non hai più voglia di trovartele davanti. Per non parlare della birra schifosa propinata ai Dimarzo.
Insomma, viene il giorno in cui Drusilla ammette un po’ imbarazzata di non avere niente da proporti per il fine settimana. Come se prendersi due giorni di pausa annullasse tutti i progressi verso il nirvana presobenistico.

“Ti va di accompagnarmi a Roma? C’è una roba di street art che vorrei vedere.”

Che effetto buffo fanno i cellulari, mi è sembrato di sentire la mia voce che chiede a Drusilla di passare tre giorni con me a Roma!

“Che bello!”, risponde lei, il cui telefono deve avere lo stesso problema di distorsione sonora.

Mi ci vogliono dieci minuti per realizzare quanto sono cretino e sconsiderato e prendermi a schiaffi e chiedermi cosa mi sia girato di proporle una cosa simile e riprendermi a schiaffi perché tanto con me è inutile discutere.
E togliti quel sorriso deficiente dalla faccia, stupido!

(si ostina a continuare)

Riassunto della puntata precedente:
Per dimenticare un canarino vado in un posto che si chiama Palazzo Fava.
Giù in strada c’è Freud che mi suona con insistenza il campanello perché ha delle cose importanti da dirmi.

2.
Drusilla la rivedo una settimana più tardi. Sono ai Giardini Dimarzo col mio amico Beonio a bere pisciazza seduti dietro quell’uomo che grida gelati.
In effetti non lo so perché continuiamo a frequentare questo posto, la birra fa schifo e c’è pieno di ambulanti rumorosi.
Gli sto spiegando come il testo dell’omonima canzone di Battisti sia uno specchio dell’ontologia heideggeriana, in totale disaccordo, ad esempio, col superuomo di Nietsche, il quale verrà definitivamente estromesso dalla cultura musicale nel 1992, con l’avvento di Max Pezzali.

A Beonio questi discorsi non interessano. Lui vuole parlare di figa.
Mi indica tutte le ragazze carine che ci transitano davanti, di quelle brutte commenta “Eh però, due colpi..”

“Guarda quella con la maglietta a righe! Secondo te sta con quello lì che sembra un cattivo di Dragonball?”

È Drusilla, naturalmente. Il tizio che l’accompagna lo conosco di fama, canta in un gruppo di quelli coi testi complicati che non vogliono dire niente. Me ne ha parlato qualche volta, non sapevo che si frequentassero.
La birra che ho in mano fa schifo, abbandono il bicchiere e raggiungo la mia amica, subito tallonato da Beonio cui non sembra vero di poter avvicinare un esemplare privo di pisello.

“Ma tu solo magliette a righe quest’anno?”, le domando mentre mi impiglia alla barba un bacio leggero.
Mi presenta il cattivo di Dragonball, si chiama Piergigi e di persona sembra molto meno carismatico di quanto appare su youtube.

“Ciao, ho visto il video di Amore Lepidottero. Mi è piaciuta l’idea degli orsetti di peluche che invadono il pianeta, molto efficace.”

In realtà non me ne frega un cazzo, ma devo apparire gentile con gli amici di Drusilla, so che a lei fa piacere.

“È stata un’idea del regista. Noi volevamo mostrare gli occhi di un bambino che muore stritolato da un trattore guidato da centotrenta congolesi sotto il sole del Salento.”
“Eh, non credo che ve l’avrebbero passato su mtv”

Drusilla è parecchio su di giri, gli chiede se al concerto di stasera le dedicherà una canzone, lui dice Ogni Pesce Cerca Un Verme Dentro La Bottiglia, lei vorrebbe I Tuoi Capelli Distribuiscono Sigarette Automatiche, lui fa un sorriso pirata, lei si scioglie. Beonio ha capito che lì non ce n’è e dice che va a prendersi un’altra birra. Lo accompagno, troppi feromoni nell’aria mi fanno prudere il naso.

“Carina la tua amica. Perché non glielo butti?”
“Perché Clint Barton non glielo butta a Kate Bishop, tutto l’equilibrio della serie si basa su quello”
“Non ho capito”
“Non occorre che tu lo faccia”

Le bevande al bar dei giardini sono una peggio dell’altra, la birra è un’offesa al luppolo e i cocktails sono ghiaccioli privi di sapore. C’è gente che per riuscire a trangugiare qualcosa di decente è costretta a farsi servire l’amaro del carabiniere. Però la musica è ottima, tutte le sere suona qualche artista sconosciuto, ed è sempre qualcosa che ti cattura. Mentre aspettiamo che la ragazza al banco ci riempia il bicchiere di plastica con un’altra dose di urina osserviamo un trio parecchio gasato interpretare un vecchio successo di Zappa. Il chitarrista avrà sessant’anni, oppure trentacinque e una dipendenza pericolosa dagli stupefacenti, la maglietta sbiadita mostra ancora la scritta “Da vicino nessuno è normale”, che gli conferisce una certa rispettabilità fra noi amici di Basaglia. Gli altri due sono più canonici, uno mostra delle braccia toniche che gli invidio, oltre a una batteria che francamente non saprei dove mettere nella casa piccola in cui vivo, per cui mi limito ad ammirargli il fisico; l’altro è una ragazza bassa, capelli rossi e occhi azzurri, e suona la tromba, il sax, il clarinetto e il trombone slide. Ha l’aria di una che non si fa problemi a ottenere qualcosa, se lo vuole, e sembra di quelle che qualcosa lo vogliono sempre. Mi domando come si possa mantenere un equilibrio in gruppo con una bella donna inquieta, forse i due uomini sono una coppia, o lei è un androide. Forse sono io che mi faccio troppe domande inutili.

Ancora una volta è Drusilla che mi riporta alla realtà, entrando nel bar col suo amico e venendo diretta a ficcarmi le dita nelle costole.

“Mi hai lasciata sola!”
“Non mi sembrava che ti seccasse”

Se fossi un bravo attore le mie parole avrebbero sempre l’intonazione giusta, si farebbero capire sempre da tutti compresi quelli in ultima fila, e nessuno sgranerebbe occhi color laghetto estivo trovandole ostili. Sono gli allievi di poche speranze come me che devono giustificarsi di fronte al sopracciglio interrogativo delle ventisettenni perplesse, e fare free solo come Alain Robert sul Burj Khalifa, senza neanche i guantini appiccicosi del film.

“Secondo te la rossa sta con uno dei due?”, le chiedo per disinnescare l’imbarazzo.
“Perché dev’esserci sempre un’implicazione sentimentale? Non potrebbero essere semplicemente tre amici che amano suonare insieme?”
“Perché è più divertente”
“Mescolare il lavoro e il letto non è mai divertente”, commenta Cattivodidragonball, “E finisce sempre male.”

Drusilla gli si appende a un braccio: “Storie di vita vera! Racconta!”, ma Piergigi non vuole dire altro, gli è bastato dare un colpo di matita al tratteggio che vende di sé. Se si lasciasse avvicinare di più mostrerebbe le macchie di sugo sul colletto della camicia.
Decido in quel momento che mi sta sul cazzo, lui e tutti i personaggi bidimensionali dei cartoni animati come lui. E la birra dei Giardinidimarzo mi ha rotto i coglioni, contiene esterasi leucocitaria, che denota una possibile infezione batterica del barista, e io di prendermi i suoi malanni grazie ma mi bastano già i miei, che stasera mi pesano particolarmente, meglio se me ne vado a casa.

“Ma no, dove vai?”, dice Beonio.
“Ma no, dove vai?”, dice anche Drusilla.
“Mi piace Bologna mi piace la Spagna mi piace uno sguardo mi piace un abbaglio”, dice il poeta maledetto a una biondina, accendendo fastidi diffusi.

Vado a casa a piangere perché non c’è più Chico Buarque a proteggermi dagli stronzi che si prendono la scena e non rispettano il pubblico, né a capirmi quando ho una cosa che non riesco a far uscire se non dagli occhi e ormai ci sono più impagliatori di sedie ciabattini maniscalchi che lettori di occhi, né a regalarmi i suoi la sera in macchina quando nessuno parla per non disturbare il ticchettio della pioggia e perché non si parla mentre si legge.
Dove ritroverò quella sintonia? Di certo non qui, e allora cosa ci resto a fare.

(continua)