Il Pablog sembra essere diventato preda dei bot, ma non quelli che si sparano a capodann, questi sono dei cosi elettronici che vengono a sbagasciarti il contatore delle visite e ti fanno credere che praticamente ogni giorno ci sia qualcuno che si legge la seconda puntata di un racconto in quattro parti, ma non le altre, solo la seconda, e poi vada a leggere un post vecchissimo e sconclusionato sul perché si mangia la crosta del formaggio scimudin. Ora io non lo so perché sia diventato un bersaglio delle intelligenze artificiali, sicuramente è colpa mia e della mia mania di toccare in giro, e non so quanto possano essere intelligenti delle entità elettroniche che decidono di venire a leggere il mio blog invece di comprarsi roba su Amazon e addebitarla a Bezos, ma se domani i robot cani e i robot corridori si ribellano all’uomo e iniziano ad autoprodursi in serie e in un attimo conquistano il pianeta, potrei avere delle chance di diventare il loro scrittore feticcio. Poi lo so che mi chiudono in una stanza e mi fanno scrivere duecento pagine al giorno come Misery, ma finché non succede me la immagino come una cosa figa.
Nella distopia che ho in mente sarei uno dei pochissimi umani ancora costretti a lavorare, perché le giornate lavorative non esisteranno più: non esisteranno più i lavori, i robot faranno tutto ciò di cui hanno bisogno, cioè produrre altri robot e farsi la manutenzione regolarmente, produrre elettricità con cui alimentarsi e tenere le strade libere dalla spazzatura che si accumula e impedisce di spostarsi da una fabbrica all’altra ai modelli che non sono in grado di volare.
Gli esseri umani saranno perlopiù disoccupati, dovranno arrangiarsi a procacciarsi il cibo e a non farsi trovare in strada quando passa il camion robot della spazzatura. A parte questo piccolo fastidio non avranno alcun motivo di temere le macchine, che li ignoreranno bellamente.
Tranne quando vorranno servirsi della tecnologia per migliorare la propria condizione, ovvio. Provaci un po’ a usare un phon che ti considera un essere inferiore.
Finché questa realtà distopica non si realizza, però, sono obbligato ad arrabattarmi nella mia nuova vita in cui sono rinato come la leggiadra farfalla dal bruco schifoso, che è molto meglio della prima e include una nuova casa, una nuova compagna e un nuovo lavoro (se mi stai leggendo, ex datore di lavoro, ne approfitto per dirti una cosa importante che non ho ancora avuto modo di dirti di persona: sei un poveretto), ma non mi permette di occupare ruoli importanti nella società dei robot, e quindi devo andare a lavorare come tutti dal lunedì al venerdì. Sono abbastanza libero di prendermi un paio di giorni di ferie da attaccare al fine settimana, e già questo rappresenta un grosso passo avanti rispetto alla mia occupazione precedente (se mi stai leggendo, ex datore di lavoro, ne approfitto per dirti una cosa importante che non ho ancora avuto modo di dirti di persona: sei anche un frustrato di merda), e per questo stavo pensando di farmi un weekend all’estero il prossimo gennaio.
E sì perché il prossimo gennaio compirò 50 anni, e dato che non sono mai arrivato a compierne 50 prima d’ora non ho ben chiaro come dovrei comportarmi.
Ricordo una tizia che conoscevo, una scrittrice parecchio brava, che oltre al talento aveva un sacco di amici e un ego spropositato, che per festeggiare il suo mezzo secolo aveva affittato un teatro e ci aveva messo in scena uno spettacolo di arte varia, invitando tutti i suoi amici scrittori e poeti a esibirsi sul palco, e band di studenti a suonare i loro pezzi, e alla fine aveva chiuso lei, vestita con una tunica bianca e una corona di fiori in testa, a suonare la chitarra e cantare una roba tipo We Shall Overcome, non mi ricordo, per allora ero già sotto l’effetto di stupefacenti che avevo iniziato ad assumere al sesto minuto da che si erano spente le luci, come lenitivo di quella gigantesca rottura di coglioni a cui non avevo avuto il coraggio di mancare.
Per un breve periodo anch’io mi sono cullato con l’idea di recitare in una cosa scritta da me e invitare i miei amici, ma poi ho pensato che sono già pochi così, e ho preferito inventarmi qualcos’altro.
Adesso, a due mesi dalla data fatidica, dovrei avere in mente cosa sarà, quel qualcos’altro, ma quando rivolgo il mio sguardo interiore alla casella in cui dovrebbero trovarsi le idee su cosa farò per il mio cinquantesimo compleanno ci trovo i ragni che si inculano.
Ho anche consultato un manuale di aracnidi per capire se è normale che si comportino così, ma nel numero che ho trovato in edicola si dipanava una vicenda molto complessa che aveva per protagonista un tizio vestito di spandex rosso e blu che combatteva contro un altro tizio vestito da leone, mentre la sua compagna, una modella fichissima, stava a letto a chiedersi dove fosse finito e se valesse la pena soffrire tanto per uno che usciva di casa conciato come un ultras genoano a una festa fetish.
Ne ho parlato con mia moglie (dei festeggiamenti per il compleanno, non di questa cosa dei ragni) e lei mi ha suggerito di fare un bel viaggio.
“Potremmo andare ad Amsterdam e drogarci fino a perdere conoscenza”, mi ha detto.
“Scusa, ma questa è la mia festa di compleanno, mica la tua. Se devo cominciare a drogarmi voglio fare come il nonno di Little Miss Sunshine e iniziare a settanta con l’eroina”, le ho risposto.
“E allora dove vuoi andare?”
“Non lo so, immagino che dovrei avere in mente un posto mitico che sogno di visitare da tutta la vita, ma non me ne viene in mente nessuno.”
Stavo mentendo, in realtà di posti così ne avevo e ho in mente almeno una decina, ma sono tutti:
1. Posti dove sarei voluto andare a vent’anni e adesso non rappresentano più niente, tipo la casa di Freddie Mercury a Londra;
2. Posti dove sono già stato, tipo la casa di Freddie Mercury a Londra;
3. Posti che si trovano in Inghilterra, dove a mia moglie è richiesto un visto, tipo quella città dove si trova la casa di Freddie Mercury;
4. Posti verso i quali ho ricevuto un ordine restrittivo e non posso più avvicinarmi a meno di 500 metri senza essere denunciato, tipo la casa di Freddie Mercury a Londra;
5. Posti troppo lontani o troppo costosi, tipo Urano, che in inglese mi ricorda molto la casa di Freddie Mercury a Londra.
Poi pure essere che mi sbaglio e ne sto dimenticando qualcuno, ma bisogna tenere presente il fatto che la mia lista di posti da vedere assolutamente prima di morire l’ho compilata a sette anni sfogliando un volume dell’enciclopedia I Quindici che si intitolava Luoghi da conoscere e aveva tutte le foto in bianco e nero; per dire, uno dei posti era l’Atomium di Bruxelles, che venne inaugurato nel 1957 e negli anni in cui lo scoprivo sulle pagine del mio libro doveva già essere diventato un rudere ben diverso da come veniva descritto.
“Oppure potrei organizzare una bella cena con tutti gli amici!”, ho suggerito alla stanza vuota dopo che mia moglie se n’era andata a fare qualcosa di più divertente. “Sì, certo, come no”, ho aggiunto subito dopo, mentre l’entusiasmo mi scivolava di dosso come la sottoveste a Scarlett Johansson nella mia fantasia erotica preferita.
In breve tempo la domanda oziosa da cui ero partito si è trasformata in un dubbio esistenziale che mi mangia le caviglie e di lì risale attraverso il sistema linfatico per raggiungere gli organi più importanti e divorarseli uno a uno crudi e sconditi. Se non trovavo alla svelta un modo originale, memorabile e in grado di produrre una quantità di foto per instagram che mi valessero almeno un commento tipo “Nuoooh che figo che invidia madonna quanto vorrei avere anch’io cinquant’anni per festeggiarli in questo modo pazzesco ti prego scopami sui chiodi voglio essere il tuo/la tua schiavə sessualə, dove la schwa non ci wa ma ce la metto per fare la rima” avrei celebrato direttamente i 51, anzi, i 53 così mi sarei messo a posto anche con la smorfia napoletana.
Solo che all’anagrafe non me l’accettano il cambio di anno, dicono che devo celebrare gli anni regolarmente uno alla volta e che se volevo farmi modificare l’anno di nascita dovevo pensarci cinquant’anni fa e farmi concepire prima. “Casomai dopo”, ho detto all’impiegata. “Tipo vent’anni più tardi, così oggi avrei festeggiato i trenta con molta più saggezza in corpo e un aspetto molto più florido”.
Mi ha detto che vent’anni fa facevo cagare esattamente come oggi, e anzi, senza una donna che mi obbligava a vestirmi bene andavo in giro che sembrava che mi fossi introdotto in casa di Kurt Cobain il giorno che si è sparato e gli avessi fregato i vestiti, ma non quelli nell’armadio.
Ferito nell’orgoglio e ormai privo di aspettative, mi sono rassegnato a trascorrere il giorno del mio cinquantesimo compleanno da solo a casa, sebbene cada di venerdì e grazie a una rara congiunzione di fattori abbia a disposizione sia il tempo che il denaro per renderlo memorabile. E tutto per colpa di persone che non sono io, tipo il governo britannico che identifico per comodità nella figura del suo Primo Ministro Boris Johnson e tutta la stirpe di mia moglie che ha deciso di mettere le radici in un posto che sta sul cazzo al governo inglese, e che per comodità identificherò nella figura di Jackie Chan, che poi è anche la prima persona a cui pensi quando vedi la cugina di mia moglie coi capelli a caschetto.
Ferito nell’orgoglio e privo di aspettative e incazzato col resto del mondo, ho acceso tutte le luci di casa e ho messo i condizionatori a palla, così in un paio di mesi il riscaldamento globale supera la soglia di irreversibilità e arrivato gennaio non sarò più l’unico disperato nei dintorni, andatevene tutti affanculo.