2.

“Coosaa?”, mi strilla il gioielliere tutto agitato. “E io dovrei acquistare il Sacro Amuleto Di Re Uriel Septim?”

Lo dice tutto maiuscolo, perché evidentemente è un monile molto prezioso. Comunque si, secondo me dovrebbe accettarlo, che per portarlo fuori dalle fogne ho dovuto pestare ratti grossi come facoceri e goblin con un alito che il facocero gli doveva essere marcito fra i denti, perciò secondo me una birra me la meriterei anche dopo tutto questo sbattone, e visto che la cosa più preziosa che ho è l’amuleto credo che si, dovresti proprio acquistarlo. Anche perché di regalartelo non ci penso neanche per sbaglio.
Glielo dico, ma non serve, anzi, minaccia addirittura di chiamare le guardie.
Le ho già incontrate quelle, all’inizio della mia avventura: sono grosse e incazzose, e anche se non somiglio più a un pancabbestia non esiterebbero a farmi il contropelo a scudisciate.
Mi viene voglia di infilargli la mia bella spada luccicante su per il culo a questo rabbino, ma poi dovrei vedermela coi fascisti di prima, meglio lasciar perdere.

Certo però che quando ho scelto di essere un elfo oscuro non sono stato per niente furbo. Dico, potevo essere un orco? Sono sicuro che a un orco non glieli rifiutava i soldi per la birra, col grugno che si ritrova nessuno ha il coraggio di dirgli di no a un orco. Un elfo oscuro invece è magrolino, di questo colore blu puffo, non bastano gli occhi di bragia per intimorire il prossimo, e così finisco sempre per pigliarlo nel ciarlibraun. Nato sotto il segno del Guerriero, mi dicevano. Appartieni alla classe degli Spaccaculi, mi decantavano. Avrei dovuto essere un forte guerriero, uno scaltro manipolatore, un abile affabulatore e un buon mago. Finora non me n’è andata bene una, magari mi metto in strada e provo a tirar fuori conigli dalla tuba.

È che non ho neanche la tuba, e l’unico che può procurarmi del denaro per acquistarne una, a questo punto, è proprio il priore di Weynor, il legittimo proprietario del gioiello che tengo in tasca.

Non mi resta che andare da lui. Fermo una guardia incazzosa e chiedo da che parte si va per il priorato.

“Di là”, mi indica, e non sto a spiegarvi da che parte sia, perché tanto quando vi ho detto a destra o a sinistra non vi cambia niente. Mi incammino in quella direzione e dopo pochi minuti oltrepasso la porta della città.

Fuori non ci sono i leoni, come recita l’antico detto, ma campi, e quando sei per campi scopri che fra l’erba, qua e là, cresce spontanea qualche erba che puoi raccogliere, o dei funghi. Non è roba da mangiare, però, bisogna combinarli insieme in un mortaio per creare pozioni magiche. Per esempio, se metto insieme la foglia di lallorollo e il corno tritato di scheletro adultero ottengo una pozione contro la caduta dei capelli, ma se ci aggiungo tre gusci di noce selvatica della Selva di Gorgoroth mi vien fuori un balsamo miracoloso contro gli incantesimi dei goblin. Faccio subito qualche esperimento, ma non ricavo granché di utile, perlomeno in un mondo assurdo come questo, che sono certo nel mondo reale ci diventerei ricco con queste pastigliette blu che stimolano l’apparato riproduttivo. E non ci vuole neanche molto a prepararle, bastano dei fiori di giglio di montagna appena sbocciati e un mucchio di merda di cavallo.

Sperimentando qua e là (che col mortaio da viaggio di cui sono dotato posso farlo anche mentre cammino), non mi avvedo della strada percorsa e mi ritrovo in mezzo alle rovine di un castello.
Non so come si chiami, la Lonely Planet non ha mai pubblicato guide di questi posti oscuri, e non c’è nessuno a cui chiedere. Però c’è una porta, che apro subito, curioso come sono.

Dietro la porta delle scale conducono in giù, verso l’oscurità, e io che sono un elfo oscuro non posso che sentirmi a casa, così le faccio tre alla volta, ma senza poi sedermi sul divano, anche perché sotto non ci sono divani, c’è uno scheletro armato di ascia che mi attacca.

Impreco verso i discendenti di Ray Harryhausen, cui mi riprometto di fare causa una volta uscito da questa situazione, e sollevo lo scudo per parare i suoi fendenti: sarà magrolino, ma picchia dei colpi della madonna! Io non sono certo da meno, quando la mia spada lo colpisce si sente un rumore di ossa fracassate, ma non cede il bastardo, ritorna a farsi sotto, e io di nuovo a menare sciabolate, e ancora quel rumore come quando il dentista gli scappa il trapano e ti perfora la mandibola, lo so che è un’immagine terribile, ma conosco un omone a cui è successo, e lui si è alzato di scatto dal lettino e ha preso il vassoio metallico con gli attrezzi e l’ha picchiato in faccia al medico così forte da sbriciolargli le ossa, e il rumore che ha prodotto è appunto quello che emette la mia spada sul mio avversario.

Finalmente va giù, decomponendosi in una nuvola di polvere. Esaminando i suoi resti mi procuro della farina d’ossa, molto utile per guarire il mal di gola, aumentare il fascino sulle Arboriane e condire la pasta alla puttanesca.

Proseguo, recupero delle monete da un baule aperto, spreco una decina di chiavistelli cercando di forzarne un altro chiuso, incontro un paio di quei ratti giganti e un goblin, ma non c’è altro di utile lì sotto, così ripercorro la strada al contrario e torno fuori. Nel frattempo si è fatto buio, e io sono senza rifugio. Non sembra che il mio me stesso di questo luogo patisca la stanchezza, ma l’avventura nel sottosuolo mi ha debilitato, e credo che dormendo qualche ora potrei recuperare l’energia. Si, ma dove vado a dormire, che qui oltre a sassi e fiori di cipollazza buoni contro la scrofola non c’è altro?
E allora andiamo avanti, la cartina di cui sono dotato mi indica un qualche insediamento verso est, non troppo distante da dove mi trovo, magari ci trovo un letto.
Il posto si chiama Aci Trezza, sono quattro baracche chiuse a chiave con degli animali che pascolano nei pressi. Non sembra esserci nessuno, così provo a forzare una serratura.

“Ehi!”, fa una voce alle mie spalle.

Sguaino la spada e cerco il proprietario dell’esclamazione, ma non vedo anima viva, e neanche morta, visto che ogni tanto si incontrano anche quelle. Mi sarò sbagliato, penso, e rimetto a posto l’arma, ma non faccio in tempo a rimettermi al lavoro sulla porta che di nuovo la voce mi fa “Ehi tu!”. Stavolta mi sento anche toccare una spalla, ma quando scarto di lato e metto mano alla mia arma non ho nessuno intorno su cui avventarmi. Che razza di diavoleria è questa?

“Non ti spaventare!”, sento dire, “Sono qui davanti a te, ma non puoi vedermi!”

Ah, perfetto, prima lo scheletro, adesso l’uomo invisibile! Chi devo aspettarmi dopo, Frankenstein o la mummia?

“Tutto il villaggio è stato reso invisibile da un mago che vive nelle rovine del castello! Ti prego, aiutaci!”

“Cosa dovrei fare, la Hammer Film ha chiuso da anni, non credo che troverete altri produttori disposti a fare un film su di voi!”

“No, basta che tu vada alle rovine a convincere il mago a riportarci tutti alla normalità!”

“E se non vuole? Oltretutto in quelle rovine lì ci vivono degli scheletri incazzosi, chi me lo fa fare di tornarci?”

“Vedrai, ti darà ascolto, è sempre gentile con gli stranieri! E se riuscirai a farci tornare visibili avrai in premio un mucchio di denaro, e il privilegio di passare una notte di sesso con Miss Aci Trezza, la più bella del villaggio!”

Non è per la lussuria che torno alle rovine, sia chiaro, e neanche per i soldi, è che ho paura di avere perso la carta d’identità durante lo scontro con Mister Magrissimo, prima, e non so come potrei fare a ottenerne una nuova, in città non ho visto neanche un tabacchino che vendesse marche da bollo.

(continua..)