Ragazzi, io ci sto provando ad aggiornare il blog, davvero, ma ultimamente le cose che mi escono quando mi siedo davanti alla tastiera somigliano all’ultimo Die Hard, un casino di botti per coprire la tristezza che trapela dalle schioppettate, e non so voi a leggerlo, ma a me scrivere così fa cagare, e allora preferisco non scrivere proprio.

Fra l’altro avrei anche un lavoro da preparare per un amico, una specie di racconto corale in cui mi sono scelto il personaggio e mi sono fatto una mezza idea di dove andare a parare, poi ho iniziato a scrivere e la pagina bianca ha avuto la meglio.

L’avete mai notato il fascino che ha una pagina immacolata? Non importa se di carta o di pixel, quella superficie intatta come il campo da calcio dopo la neve ti mette soggezione se non sei abbastanza veloce e abbastanza sicuro di te da lasciarci subito una pedata e spezzare l’incantesimo.

Il campo da calcio secondo me ti frega anche senza la neve, quel verde che ferisce gli occhi è in grado di ipnotizzare le menti deboli, piglia questi poveretti e li annichilisce, fa dimenticare loro dove si trovano e cosa devono farci lì, e dev’essere così per forza, sennò non mi spiego metà della formazione del Genoa.

Comunque sono qui, tiro giù due righe per farvi sapere come va, e anche per togliere dalla vista quello sfogo polemico di prima, che poi arriva uno che gl’interessa sapere cosa scrivo, che ha letto il mio nome su internet (il mio nome gira un casino su internet, ce la battiamo io e un pittore argentino), capita qui e mi prende per un rancoroso mugugnone.

Cioè, lo sono davvero, soprattutto rancoroso, ho dei tempi biblici per superare certe cose, otto anni sono solo il tempo necessario a metabolizzare l’accaduto, poi devi farne passare altri nove minimo, e alla fine fai prima a metterci una pietra sopra, che se aspetti che mi passi finisce che la pietra vengono a metterla sopra a te. Di quelle con la data e la foto ovale, non so se hai presente.

Però insomma, son cose mie, non voglio tediarvi, e non riguardano neanche il tizio che arriva qui interessato da quel che ha letto di me nei fascicoli della questura, soprattutto nei suoi confronti ci tengo a fare bella figura, metti che poi passa il mio profilo alla troupe del tigicinque e quelli mi dipingono come un malato di mente e pure violento.

Questo ci tengo a precisarlo, non sono violento. Cioè, quasi mai. Prima della volta per cui la troupe del tigicinque verrà a cercarmi (e che riguarderà, voglio sperare, una banca, una macchina sportiva e un largo uso di armi automatiche) non ho mai picchiato nessuno, a parte un tizio che però finora non l’ho ancora picchiato, quindi neanche conta.

Capito, quindi, signor interessato a quel che scrivo? Né violento né rancoroso, non si faccia fregare da quel post qui sotto, redatto in un momento di grossa crisi per fortuna passata, che ce li abbiamo tutti i momenti così, non mi dica che a lei non è mai capitato di aprire la porta di casa una sera e trovarsi a guardare dentro una pupilla gigantesca, mentre una voce fuori campo ti introduce al nuovo episodio spiegandoti che esiste una particolare zona che.

Chiarito questo punto che mi premeva chiarire possiamo andare avanti tirando giù una specie di prossimamente su questi schermi, un piano d’azione che ovviamente non rispetterò.

Intanto vorrei riprendere centotre-e-tre, che mi sono arenato in Colombia, o in Messico, uno di quei posti che improvvisamente mi è passata la voglia di bazzicare, sarà che a me non mi ci hanno mai invitato in quei posti lì, e ci sono rimasto male. No, è che avevo pianificato tutto abbastanza bene, luoghi, nomi, agganci, poi ho fatto una deviazione che mi sembrava potesse starci e mi sono impantanato come al solito, e mi dispiace, perché in cantiere c’è la vecchia Europa, dove ho fretta di tornare per raccontare delle cose che mi piacciono di più, i locali in cui sono cresciuto, la fila ai cancelli del palasport, gli articoli di giornale del giorno dopo, il ritorno a piedi in stazione.

Io l’America Latina, in fondo, non la conosco proprio per niente.

E poi ci sarebbe una puntata redatta insieme a Zuccannella, che rappresenta il mio primo esperimento riuscito di scrittura collettiva. Dovrebbero uscirne altre due puntate, ma quella là si è messa a leggere i romanzi porni e non mi scrive più.

Sempre sulla questione scrittura c’è il grosso progettone segreto al quale però non riesco più a collaborare come vorrei perché ho una connessione internet.. posso dirlo? Del cazzo.

Sto usando una chiavetta di mio padre che ogni tanto funziona e ogni tanto no, che ha un credito potenzialmente illimitato, visto che posso caricarla quando mi pare, ma che mi concede solo alcune ore di navigazione alla settimana e poi, invece di pescare dal credito residuo, mi estrae un rene.

E questo mi porta all’altro aspetto complicato della mia vita, la casa.

Non credo occorra spiegarvi che non abito più dove stavo prima, quella vita è finita il giorno in cui mi sono svegliato e c’erano un sacco di tizi con la faccia piena di cerone e i vestiti colorati che mi saltavano intorno tirandosi torte in faccia e facendo smorfie.

Ho fatto su i miei stracci e mi sono trasferito, non senza mugugnare e rancorare, che ve l’ho detto come sono fatto, ma non ce l’ho ancora una casa tutta mia.

Fino al 24 febbraio sarò ospite da mio padre, tanto lui è a fare la bella vita in Asia. Mio padre è un agente segreto che indaga su casi pericolosissimi che potrebbero destabilizzare l’ordine mondiale, tipo le scie chimiche e le brocche di plastica col filtro. Generalmente sventa ogni caso spinoso in un paio di giorni, perché è proprio bravo, ma si fa pagare la trasferta per tutto il mese e passa il resto del tempo in spiaggia.

In teoria dovrei stare cercando una casa in affitto, in pratica l’ho già trovata, ma la ricerca della casa e le tappe che mi condurranno ad andarci a vivere dentro, e l’arredo, e le pulizie, e tutti i passi verso il luogo prediletto da Carite vorrei raccontarli in una rubrica nuova e pronta ad essere trascurata tanto quanto le vecchie, rubrica che per il momento non ha ancora un nome.

Mi piaceva Rinascita, come la più bella storia mai scritta di Daredevil, ma rischiava di sembrare polemico, e l’ho scartato, che io non sono polemico, sono rancoroso.

L’ho scartato a malincuore, perché sono innamorato di quel ciclo di storie e tutti dovrebbero leggerlo, anche Bagonghi.

Un altro nome affascinante è Argo Vaffanculo, che rappresenta lo sforzo per costruire una cosa destinata al fallimento, ma necessaria al conseguimento di un obiettivo più grande. Se avete visto il film sapete già di cosa parlo, se non l’avete visto vedetelo, se pensate che Ben Affleck sia un coglione siete ancora fermi al film su Daredevil (mioddìo) e dovreste guardarvi le produzioni successive (e poi strapparvi gli occhi e dimenticare di avere visto una simile porcata e poi andarvi a leggere Rinascita, che dovrebbero leggerlo tutti, anche Bozo). E comunque il coglione sono io, Quel Coglione Di Pablo è il mio nome d’arte sulle chat di facebook, dovevo sceglierne uno che restasse in testa e facesse simpatia, e Pol Pot era già preso.

Insomma, non lo so ancora come si chiamerà, né quando mi metterò a scrivere seriamente, già buttare giù questi pensieri sparsi mi è costato una certa, e il risultato è ancora quello che “magari questa non la pubblichiamo, eh?”, però poi mi sono detto che io adesso scrivo cose così oppure non scrivo niente, e se il blog è mio è anche giusto che ne parli, di come sono io, e per il momento sono così, stattene. Magari domani cambia, magari no e scrivere cose incazzate è il mio modus operandi, solo che io non userei mai termini orrendi come modus operandi, ma chi cazzo è che dice modus operandi, un detective della Sûreté ? Chi?

E poi ci sono già passato una volta attraverso questo ciclo di post incazzati e sottotitolati, e ne sono uscito, e ne sono uscito alla grande, e allora chissà che non debba passare proprio da qui la strada per uscirne di nuovo. Inoltre confidarsi con degli estranei dicono che funzioni, ci sarà pure qualcuno che mi legge che non conosco, a parte i miei soliti quattro amici, no?

E perlomeno io sono sincero.

 

– Senta, Renzi. Quella faccenda di scrivere senza apparire polemico e rancoroso, se la ricorda?
– Si, certo. Ne abbiamo parlato ancora ieri. Mi ha detto che mi devo impegnare e l’ho fatto, no?
– Ecco, la prossima volta, magari, invece di impegnarsi si guardi un bel film.

La santa protettrice dei pipponi, ma non di quelli di cui parlo qui.

Lo so che dovrei mettermi a scrivere un altro episodio di centotre-e-tre ambientato in Colombia dove il protagonista si imbatte in una pattuglia di uomini armati in mezzo alla giungla e viene portato in catene e pieno di lividi presso una piantagione accanto a un aeroporto clandestino al cospetto di un boss della droga che gli chiede cosa ci faccia lì, e lui risponde cosa vuoi che risponda, che sta scrivendo una rubrica sulla musica e che questa settimana deve parlare di un cantante colombiano? Ovvio che non gli crederebbe nessuno, così si inventa una storia ispirata a un thriller che ha letto tanti anni fa e che chissà perché gli è appena tornato in mente, e gli dice di essere un agente speciale americano incaricato di stroncare il traffico di stupefacenti verso gli Stati Uniti, e ride convinto di aver detto chissà che genialata divertente, e adesso vedrai le risate che ci facciamo tutti insieme, e invece quelli gli puntano un tubo gelido nella nuca che dalle dimensioni potrebbe benissimo contenere dei proiettili, e lui pensa ma guarda te che permalosi, ed è l’ultimo pensiero che riesce a formulare all’interno della propria testa, che tutti i successivi li dovrà elaborare dal pavimento, dove è appena andato a sfrittellarsi il suo cervello.

Il santo protettore dei pipponi, ma non intendo neanche questi.

Purtroppo mi è successa una cosa che mi ha fatto passare per un po’ la voglia di scrivere di musica. Di scrivere in generale no, che da qualche giorno sono in sovrapproduzione, ma realizzo pipponi interessanti solo per il foglio di word, che anch’io quando li rileggo mi metto a sbadigliare, e non mi pare il caso di propinarli a chicchessia.

E allora perché li scrivi, si chiederà qualcuno. E già che parliamo di pipponi, perché ce la meni tutte le settimane con la rubrica di musica, che una volta è interessante, ma poi basta?

Perché, credetemi, e qui dovete immaginarmi con un cappello a punta e una lunga barba bianca, in piedi accanto a un caminetto, un anello in mano e la voce più grave che sappiate affibbiarmi, non vi piacerebbe leggere quello che la mia mente ha partorito fino a ieri. C’è violenza, fobie, ragni grossi così, e su tutto aleggia lo spirito di uno stregone maya che non fa che ripetere con voce chioccia “te l’avevo detto che anno bisesto..”.

Così adesso i grossi misteri che mi circondano sono diventati due, la novitona che vedrete che ridere e la tragedia apriamoci-le-vene-come-paginoni-centrali-di-riviste-per-soli-uomini, una suspan.. saspen.. suspen.. oh io non lo so scrivere e basta! Una roba che Damon Lindelof a confronto scrive delle sceneggiature di merda.

Vabbè, era per avvisarvi di non aspettarmi alzati, che probabilmente tarderò.

Riassunto delle puntate precedenti:

Introduzione
Bruno Lauzi – Garibaldi
Peggy Lee – Why Don’t You Do Right?

Tony Bennett & Lady Gaga – The Lady Is A Tramp
Joni Mitchell – Chelsea Morning
Neil Young – Cortez The Killer
Banda El Recodo – El Corrido De Matazlan

È uno scherzo, naturalmente. Si tratta di una canzone scritta per un episodio di Breaking Bad, quella serie che parla di un chimico in difficoltà economiche che scopre di avere il cancro, e comincia a produrre metanfetamine per lasciare alla famiglia un po’ di soldi per quando non ci sarà più, e si mette in affari con un piccolo produttore sfigato, e in quattro stagioni e mezza succede qualunque tipo di cosa, e a luglio comincerà l’ultima metà dell’ultima stagione, otto episodi che concluderanno la serie, e ho un macaco sulla spalla che se gli insegno ad andare a fare le commissioni posso passare il resto dell’inverno a casa davanti alla stufa.

Non so se vi è mai capitato di innamorarvi di una serie televisiva. Io ero di quelli che si scoglionavano già dopo due stagioni dei Simpson (si dice I Simpson o I Simpsons o I Simpson’s (avete mai fatto caso che a ripetere più volte la parola Simpson poi perde significato e la si guarda scritta senza riconoscerla più?)? Perché ci sono problemi di traduzione, o perlomeno io ci vedo problemi di traduzione, ma è solo perché ho ripetuto tante volte la parola Simpson e adesso non ci trovo più nessun significato e vedo solo delle lettere a caso) e anche I Griffin dopo un po’ ho smesso di seguirli perché sono pigro (ma sono comunque meglio dei Simpson o Simpsons, e se non siete d’accordo siete Contrarillo, che solo a lui piacciono in modo smodato), così non mi sono mai appassionato a nessuna serie televisiva e ho sempre dedicato il mio tempo a cose più corpose, tipo i film, o molto più brevi, tipo i videi su iutub.

L’occhio di Jack ci ha tormentati per anni.

Poi è arrivato Lost e sono andato via di testa. L’ultima stagione che si chiude su John Locke che apre la botola mi ha reso dipendente: tempo che cominciasse la seconda ero già lì che cercavo altre robe da guardare, sfogliavo forum per sapere quali fossero le migliori in circolazione, e la seconda stagione ce l’avevo sul computer, l’attesa effettiva è stata di trenta secondi! Ero perduto.

Poi anche le puntate scaricate da internet finiscono, e devi aspettare l’uscita americana, e allora il tempo di cercare altre cose lo trovi davvero, e diciamo anche che dopo la terza stagione Lost era diventato una di quelle cose come ripetere la parola, e che alla fine dell’ultima (la sesta? L’ottava? Simpson Simpson Simpson) mi è venuto un nervoso che Damon Lindelof lo picchierei ancora adesso, tanto che per ripicca non ho neanche visto Prometheus.

A proposito di Prometheus, esiste ancora qualcuno che se lo ricorda? Perché mi sembra che siano già passati lustri da quando è stato tolto dalla programmazione nelle sale, non ne senti più parlare, scomparso come se non fosse mai esistito. Roba che ti fa venire il dubbio che fosse solo un grosso spot pubblicitario. Tipo Lo Hobbit.

Volete davvero che mi metta a parlare dello Hobbit?

No, dai, che ero già fuori tema con le serie televisive, e questa rubrica parla di musica, no?

No, si serve della musica come filo conduttore per parlare di tutto quello che mi viene in mente.

Lo Hobbit secondo me sarà una merda.

se la ghigna, lui.

Perchè il romanzo da cui è tratto il film non è Il Signore Degli Anelli, è una favola per bambini, leggibile comodamente in un paio d’ore. Come fai a trasformarlo in TRE film di DUEOREEQUARANTA cadauno? Ma neanche se riprendi un balbuziente che lo legge ad alta voce ci riempi due ore e quaranta, e per coprire tre film devi mostrarmelo che va in libreria, lo cerca nello scaffale, fa la coda alla cassa, perde l’autobus per tornare a casa e se la fa a piedi.

No, no, io lo so cosa ci ha messo dentro: ci ha messo Jar Jar Binks.

Ve lo ricordate? Era quell’alieno simpatico divertente morisseièri che inaugurava la nuova trilogia di Guerre Stellari, quella che poi è venuto fuori che era una porcheria inguardabile piena di effetti speciali e senza un briciolo di caratterizzazione dei personaggi, e che ha gettato alle ortiche la credibilità di George Lucas, senza per questo impedirgli di fare uno svango di miliardi alla facciazza dei vecchi fans come il sottoscritto. In tutto questo Jar Jar Binks riassume egregiamente il concetto di come un’ottima idea possa trasformarsi, nelle mani sbagliate, in una macchina da quattrini senza dignità.

Peter Jackson ha fatto un capolavoro col Signore Degli Anelli, poi ci ha fatto un sacco di soldi, poi ha voluto farne ancora di più e ha deciso di fare Lo Hobbit, poi ha capito che se lo divideva in due film avrebbe fatto ancora più soldi, poi ha detto che due non bastavano più, e non si capisce se a quel punto si riferiva ancora al film.

E ci ha messo dentro Galadriel.

Ochei, nel libro non c’è, ma è plausibile, no? Lo Hobbit è ambientato nello stesso mondo del Signore Degli Anelli, solo diversi anni prima, quindi la regina degli elfi, che esisteva anche a quel tempo, potrebbe avere incontrato i personaggi del romanzo, magari dietro le quinte. Dai.

È che ci ha messo anche Saruman, il mago cattivo che Tolkien ha creato dopo avere scritto Lo Hobbit.

Ochei, ma devi tener conto del Bianco Consiglio, e infatti lo cita anche nel Silmarillion, e poi cazziemazzi. E dai.

Però ad un certo punto compare anche l’elfo Legolas, che cazzo ci fa l’elfo Legolas ne Lo Hobbit?

Vabbè, allora mettici anche Barbalbero.

No, vabbè, devi tener conto che gli elfi vivono molto più degli umani, e visto che il mondo in cui si svolgono entrambe le storie è lo stesso..

Ho capito, ma se fai un film sul romanzo L’Uomo Invisibile di H.G.Wells non puoi infilarci dentro un tizio sulla macchina del tempo sostenendo che tanto l’autore è lo stesso e tutti e due i romanzi sono ambientati a Londra. Che sarebbe anche plausibile, perché se hai una macchina del tempo vai un po’ dove cazzo ti pare, ma no! È una stronzata! Sarebbe come voler riempire lo spazio vuoto fra Ventimila Leghe Sotto I Mari e L’Isola Misteriosa raccontando che il capitano Nemo ha incontrato il dottor Jekyll e Dorian Gray. No, non si fa!

Sono sicuro che Lo Hobbit mi farà incazzare. Tutte e due le volte che lo vedrò.

(continua)

Ero qui che pensavo a questa grossa novità che potrebbe farmi smettere di scrivere centotre-e-tre per dedicarmi completamente a questa grossa novità, se non fosse che questa grossa novità è già saltata, e quindi potrei dedicarmi tranquillamente a scrivere centotre-e-tre, se non fosse che forse non è saltata proprio per niente, insomma, io non lo so se questa grossa novità è ancora valida, perciò non vi racconto niente e vado avanti a parlare di centotre-e-tre, riguardo al quale ho il grosso dubbio di sapere se piace, se non piace, se uno pensa che meriterebbe più spazio o se guarda, gliene stai dedicando già fin troppo.

Potrei preparare un sondaggio a domande multiple, mi pare che wordpress permetta di farlo, ma nel frattempo volevo suggerire una cosa ai miei numerosissimi tre lettori e risolvere così l’annoso enigma delle collaborazioni.

E si perché voi non lo sapete, ma una delle prossime puntate di centotre-e-tre (a naso direi intorno alla decima) vedrà la collaborazione di una blogger/lettrice/amica/una dei numerosissimi tre di cui sopra, grazie alla quale sono riuscito a portare a termine il mio primo racconto o pseudotale a quattro mani. Il primo, giuro, da quando ho iniziato a scrivere per divertimento e non perché me lo chiedeva qualche insegnante, e sono già ventisette anni
(e comunque non è che prima non scrivessi, alle medie facevo i fumetti sul quaderno dei fumetti, e già alle elementari avevo un librettino con la copertina marrone su cui scarabocchiavo le avventure di Sinestro il diavolo maldestro, nome che avevo tirato fuori da qualche cartone animato dell’epoca)
e ci sarebbe da scriverci un post apposta su una cosa così, ma sto divagando, ed è una cosa che mi riporta a centotre-e-tre.
Dicevo, c’è stata una collaborazione, peraltro non ancora conclusa, e lo so che mi leggi e pensi “uh cacchio devo spedirgli anche il resto!”, fai bene a sentirti in colpa, vai a scrivere invece di cazzeggiare sul mio blog!
Dicevo che c’è stata una collaborazione, e un’altra ne ho richiesto a un amico esperto di musica, ma il suo campo specifico non è neanche ancora in scaletta, e chissà quando ci arriverò, e mi spiace farlo aspettare, e così tutte le altre persone a cui vorrei chiedere di partecipare, per conoscere un po’ della loro musica e di come se la vivono, e quindi eccoci al punto.

Il punto.

L’ideona che mi è venuta, e che spero apprezzerete tutti e due, che una ha abbandonato la lettura ed è andata a finire il post che deve ancora spedirmi, è che voi che amate centotre-e-tre e che vorreste tanto partecipare, perché un’idea così pazzesca di unire ricordi personali, aneddoti curiosi, la geografia e la vostra musica preferita non era ancora venuta a nessuno, mi scriviate una puntata in cui partite da un musicista a vostra scelta e arrivate a un altro, mettendoci in mezzo qualcosa che sia interessante da leggere. Se non vi basta una puntata, come nel caso della mia amica di cui sopra, me ne fate due, o tre, o cinquanta, non ci sono problemi di spazio. Una volta che me l’avete spedita io me la leggo, la aggiusto per farla stare nel pablog e cerco di spostare il mio itinerario in quella direzione nel minor numero di passaggi possibile, magari sfruttando altre scalette ricevute da altri amici.

Eh? Che ideona! Ma prima voglio sapere se vi piace la rubrichina musicale, che se non vi piace me ne sbatto le balle perché io mi diverto come un pisquano a scriverla, e poi non è che altrimenti abbia granché da dire, quindi commentatemi e date un’opinione, che mercoledì si avvicina e io devo ancora terminare la puntata numero cinque.

Il mio attuale problema con la musica è quello di non avere un autoradio che legge gli mp3. Recentemente ho cambiato macchina, e quella che ho preso è più vecchia della precedente, e ha un autoradio di serie che non puoi sostituire sennò dice il meccanico che si sbagascia l’equilibrio climatico del pianeta e nel giro di una settimana ci estinguiamo tutti, e poi l’autoradio vecchio che leggeva gli mp3 non entra nello scomparto della macchina nuova, e quando ha cominciato l’elenco di fastidi (suoi) che avrebbe provato montandolo ho preferito rinunciare e mi sono comprato un lettore mp3 portatile, che attacco all’autoradio tramite quelle finte cassette col filo attaccato (ebbene si, la mia macchina ha un mangiacassette, sono vintage da paura).

Non è proprio la soluzione migliore, con quei fili che si intrecciano alla leva del cambio obbligandomi a percorrere lunghissimi tratti in seconda, con tutte le manovre da fare prima di riuscire ad ascoltare una canzone, e con un fastidioso fruscio costantemente in sottofondo, così il più delle volte mi limito ad ascoltare la radio.

Una delle mie trasmissioni preferite comincia all’ora in cui esco dal lavoro, su Radio3, e si chiama Sei Gradi: propone delle scalette ispirate alla teoria dei sei gradi di separazione, che sarebbe quella secondo cui ogni persona al mondo può essere collegata a un’altra in meno di sei passaggi: io conosco uno che lavora per un diplomatico che conosce un ministro che ha conosciuto il presidente degli Stati Uniti, quindi fra me e Obama ci stanno tre persone, massimo quattro, e nessuna di esse è Kevin Bacon.

In questa trasmissione il conduttore lega sei canzoni attraverso un filo conduttore che può comprendere l’anno di incisione, l’artista che le interpreta, il paese o qualunque altro aggancio gli venga in mente che non sia troppo tirato per i capelli.

Il fatto che il meccanico di Miles Davis fosse stato una volta al concerto di Billie Holiday, per dire, non sembra essere un collegamento valido.

Ogni volta, nei venti minuti che separano il mio posto di lavoro da casa, immagino di scrivere una scaletta anch’io, ma generalmente posteggio prima ancora di aver deciso da quale canzone partire.

Poi sono stato al festival di Internazionale, e c’era Vinicio Capossela che proponeva il più scassato e cialtrone dj set che possiate immaginare, con musica da tutto il mondo mixata veramente male, e mi sono divertito tanto che mi è venuta voglia di farlo anch’io, e mi sono detto che forse è possibile mescolare entrambe le idee, e creare una scaletta di canzoni legate fra loro in una qualche maniera, che mi permettano di viaggiare per il mondo e toccare quanti più paesi possibile.

Da qui è nata l’idea di questo post, che poi sarà una serie di post, e che volevo chiamare Portare la radio in valigia senza farsela sequestrare al check-in, se non fosse che il template del blog ha preso questa strana briga di spingere il titolo sopra la data fino a coprirla, e fa disordine.
Che fare? Cambiare template non se ne parla, modificare l’attuale neanche, che non sono capace. Ho dovuto cambiare titolo alla rubrica.

Per riassumere, volevo un titolo che richiamasse alla mente il viaggio, la radio e la musica: qual è la radio che si ascolta in viaggio, che trasmette musica e si sente dappertutto?

Ochei, a parte radiomaria?

Comincia qui la mia nuova rubrica Centotre-e-tre. Benvenuti!

Le regole sono poche:

  • proporre sempre una canzone che abbia un legame con quella precedente;
  • scegliere, quando possibile, autori che si conoscono poco, che il viaggio dev’essere un’occasione per scoprire cose nuove, sennò è come andare in vacanza dall’altra parte del mondo e chiudersi in un villaggio Valtour;
  • raccontare una storia, sennò diventa una lista sterile ed è un tormento per chi la legge.

Naturalmente ho intenzione di farmi accompagnare, mi piace viaggiare da solo, ma con gli amici è meglio, perciò se avete suggerimenti, percorsi alternativi, aneddoti interessanti siete liberi di sedervi, la signora che occupava il posto accanto al mio è andata in bagno un’ora fa e non è più tornata, probabilmente è morta.

Se riesco vorrei pubblicare un paese a settimana, ma so già che in alcuni posti mi vorrò fermare più a lungo, e vorrei concludere sempre anticipando dove si svolgerà la puntata successiva, così da permettere di intervenire a chi avesse qualcosa da raccontare.

La settimana prossima, per dire, cominciamo da Genova.

Una cosa che mi piacerebbe aggiungere alla rubrica sarebbe un logo, ma a disegnare faccio cagare, dovrete accontentarvi del titolo e della categoria qui a destra, a meno che qualcuno non si prenda a cuore la mia condizione di blogger sfigato e cerchi di migliorare l’aspetto di questo luogo angusto.

Beh via, ci vediamo la settimana prossima.

(continua)