gimme shelter

Così tanto tempo senza scrivere neanche due righe non l’avevo mai lasciato passare, ma non è una novità, una volta smetti per una settimana, quella dopo per un mese, e prima che ti accorgi di non avere più nessuna ragione per sederti davanti a una tastiera è passato più di un anno dall’ultima volta che hai pubblicato due righe anche solo per dire che stai bene. Quindi la prossima volta passeranno probabilmente due anni, oppure non scriverò più e facciamo prima, che tanto oramai scrivere solo per dire che non sto scrivendo è una cosa che non serve a niente, e oltretutto credo di averlo già fatto un post o due fa.
È che di solito non scrivo perché ho qualcosa da dire, scrivo perché ho qualcosa da dire a qualcuno in particolare, e finché quel qualcuno non ti parla ma legge il tuo blog è facile essere prolifici, basta raccontare i cazzi tuoi e cambiare due nomi, mescolare le date, è un attimo che viene fuori il racconto divertente ma anche profondo e che bravo questo tizio lo raccomando alle mie amiche single che nelle disgrazie altrui ci sguazzano come pesci rossi. Ma quando quel qualcuno a cui vuoi raccontare le cose fra le righe non solo non legge il tuo blog ma neanche parla la tua lingua cosa fai? Non scrivi, facile. Non scrivi e quello che hai da dire glielo dici in faccia, di solito con la testa sul cuscino e la finestra aperta e la luce spenta e i gatti che vi dormono sui piedi.
Se sembra un bel quadretto familiare dove è tutto perfetto è perché lo è davvero, o perlomeno ci si avvicina molto, e quando non hai niente che ti prende a pugni da dentro non hai voglia di dire nient’altro a nessun altro, salvo magari invitare Andrea a un aperitivo quelle rare volte in cui ti girano due soldi in più.
Poi non è neanche del tutto vero, ho un paio di cose su cui ogni tanto mi metto lì e provo a lavorare, una è una riedizione migliorata dei miei diari di viaggio, ho pensato che magari a qualcuno potrebbe interessare pubblicarli, magari no, ma a me fa comunque piacere rimetterci le mani e aggiungere qualche dettaglio qua e là, o raccontare un aneddoto che quando l’ho pubblicato sul blog è rimasto fuori.
Lo dico così, un po’ per caso, che se un domani riuscissi a farci un libro ve lo andate a comprare come l’edizione di Avengers Endgame completa di extra.

E c’è sempre quella storia su cui stavo lavorando il post scorso, una vita fa, che allora ci aggiungevo materiale ogni giorno e contavo di finirla entro massimo quindici giorni, poi mi sono arenato, e dopo qualche mese che non la guardavo più ho provato a creare uno sfondo in cui ambientarla, ed è venuto fuori un disegno di fantapolitica che è un attimo che ti scappa di mano se non sei davvero ferrato sull’argomento, e difatti mi è scappata di mano e adesso sto cercando il modo di farla tornare nei ranghi mandando tutto in vacca, che quando mandi in vacca una storia non serve più che sia coerente, anzi, più sputtani meglio funziona. Però ancora ci provo, perché mi piace la direzione che ha preso, ma se la rileggo mi fa cagare, come tutte le cose che esulano appena un po’ dal mio solito modo di scrivere. Non mi ci riconosco, mi spaventa, ridatemi la mia comfort zone, e cerco di cancellare tutte le sbavature e trasformarla nell’ennesima storiella inutile.

Oppure è proprio che non ho più voglia di scrivere, è un processo lento, e una volta che ti abitui a twitter perfino facebook diventa troppo macchinoso, e allora che fai, ti cancelli, così ti togli pure di torno quella massa di vermi che si nutrono di spazzatura e te la sputazzano addosso quando ti vengono vicino.

Non è che quando parlo di vermi abbia in mente qualcuno in particolare, diciamo che mi riferisco in generale a quella grossa fetta di idioti che usano il cellulare solo per condividere video imbecilli e notizie che hanno trovato sui social, che poi è la loro unica fonte di informazione. Un po’ mi vergogno di loro, perché hanno in mano lo strumento più potente dall’invenzione della ruota e non sono in grado di distinguere una notizia vera da un proclama politico scritto in un italiano discutibile, ma più che altro mi fanno schifo, loro e i loro burattinai.

Se sembra che stia parlando di politica è perché lo sto facendo davvero, ed è un’altra delle ragioni per cui alla fine preferisco chiudermi in casa e non comunicare con nessuno, specialmente attraverso questi canali digitali. Sono seriamente preoccupato: quando c’era Berlusconi mi aspettavo che il vero danno lo avrebbe fatto il suo successore, perché vent’anni di campagna elettorale a base di culi e personaggi privi di credibilità politica ci hanno tolto gli anticorpi necessari a riconoscere le bestie. Ora siamo arrivati al dopo, sono arrivate le bestie, e davvero non ho idea di come sia possibile tornare indietro, e neanche credo che lo sia, possibile.
Non so se gli allarmi sul cambiamento climatico, le previsioni catastrofiche che ci vedono a un passo dall’estinzione, si realizzeranno davvero, ma in tutto il mondo stanno alzando la testa delle forze che non hanno niente a che fare con la democrazia, ma neanche con l’umanità e la ragione; gente che non pretendo si rifaccia a Voltaire, ma Raimondo Vianello sarebbe già un miglioramento; e io se devo immaginarmi l’umanità seduta su un pullman senza freni che corre verso un burrone preferisco che alla guida ci sia Trump, piuttosto che Obama. Ha più senso, è più coerente.

Ho detto Trump perché parlare dei protagonisti del caos nostrano mi dà la nausea al punto da non voler neanche scrivere il loro nome. E anche questa è solo l’anticamera di un casino ancora peggiore che deve ancora arrivare. E arriverà, tranquilli, mettetevi comodi e non vi curate di preparare il sacchetto di carta davanti alla faccia, quando scenderemo al prossimo livello dovrete imbracciare il fucile.

Ecco, di fronte a questo pensiero mi passa anche la voglia di scrivere queste poche righe, figurati un racconto vero.

È questo lo stato d’animo in cui passo le mie giornate, almeno finché non viene l’ora di tornare a casa e nascondermi fra le braccia della mia fidanzata extraterrestre, l’unico posto al mondo in cui mi sento al sicuro.

Non aspettatemi alzati, potrei tardare.

E dimmelo, dai, lo so che ci tieni

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