bombe di profondità

Che poi in dieci minuti prima di tornare a lavorare non lo scrivi un post, specie se non hai niente da dire, che certe volte avere qualcosa da dire equivale a non dover dire niente, che hai da dire cose che hai già detto mille volte o che una delle sette regole per vivere meglio ti suggerisce di non dire. Le sette regole per vivere meglio una dice di non dire sempre le stesse cose, le altre sei non me le sono ancora inventate, datemi tempo, ho solo un quarto d’ora per scrivere questa cosa e se mi metto anche a pensare a sette regole per vivere meglio arriva l’una e mezza che sono ancora alla riga che inizia con 2.
Ma allora perché dovresti scrivere qualcosa se non hai niente da dire, si domanderà qualcuno che passa di qui con noncuranza, ma tipo tutti i giorni e tutti i giorni sbuffa perché l’ultimo post è quello sui narcisi che a questa persona neanche è piaciuto e un po’ ci si è pure riconosciuta, si vede che alla fabbrica di code è arrivato un nuovo carico di paglia, ma in realtà quella persona lì sbaglia, perché quel post l’ho scritto più che altro per fare il punto sulle mie criticità, che non sono così critiche, ma mi piaceva la parola, mi fa venire in mente uno di quei film dove uomini in divisa pieni di medaglie si parlano davanti a un megaschermo pieno di lucine e linee che partono di qua per arrivare in Russia, tipo.
E a quella persona lì, dopo aver spiegato che guarda che stavo parlando di me, ma mi rendo conto che il discorso si potrebbe applicare a un sacco di persone, tipo quella persona che passa di qua ogni tanto e sbuffa senza farsi sentire da nessuno perché di qua aveva detto che neanche ci sarebbe più passata e guarda un po’ questo stronzo che parla meglio di altre persone che di me, o tipo quelle altre persone di cui parlo meglio, direi che forse una delle ragioni per cui mi sono sentito in dovere di scrivere questa cosa è che mi è sembrato doveroso spiegare delle cose, che a me creare conflitti piace poco, nonostante sembri proprio il contrario, mantenerli vivi lo faccio con sforzi enormi, ma dissolverli mi costa ancora più fatica, specie quando sono sicuro di avere ragione, e allora forse il mio post che ho ancora cinque minuti per scrivere dovrebbe parlare più che altro di conflittualità, che è una parola che mi piace meno di conflitti, ma conflitti mi fa pensare a carri armati nel deserto e a bomboniere nuziali per coppie che non si amano abbastanza, tipo che apri la bomboniera e dentro ci trovi i conflitti alla mandorla, e allora forse anche la parola bomboniera non è del tutto fuori luogo, ma qui si stava parlando di come si dovrebbe parlare di conflittualità e del senso di portarla avanti e per quanto e se ad un certo punto è previsto che finisca o bisogna reiterarla fino all’annientamento totale dell’avversario. E dovrei scriverlo, ma non ho abbastanza materiale di cui parlare, io i conflitti in genere li evito, e quando mi trovo a doverli affrontare mi tremano le mani e si chiude lo stomaco e vorrei davvero essere altrove, ma siccome sono lì allora cerco di farla finita nel modo più rapido ed efficace possibile, tipo una roba che mi è successa ieri mattina con uno che una volta eravamo amici ma poi vai a capire, la gente è strana, ho dovuto scrivergli un messaggio lungo così e mi è costato una fatica bastarda. Poi ci sono anche le volte in cui non è conflitto ma pena, e siccome possiedo un gran senso del ridicolo tendo a manifestarlo, ma qui sto un po’ imbrogliando, perché lo so io perché, e comunque sto parlando di cose che a voi magari non interessano, perciò forse è il caso che chiuda lì, anche perché è l’una e mezza e dovrei andarmene.
Insomma, il perché ho dovuto scrivere questo pezzo mi sembra di averlo spiegato a dovere, la prossima volta vi racconto di quella volta che alla mia ex che si sposava ho regalato una medaglietta da cani col suo numero di telefono e il nome del marito, che era uno che andava sempre in giro e avevo paura che si perdesse. Poi s’è persa lei, ma questa è un’altra storia.

E dimmelo, dai, lo so che ci tieni

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