due giugno

Avevo da scrivere una cosa sul mio saggio di teatro di martedì scorso, sulla naturalezza con cui salgo sul palco e mi do in pasto al pubblico, e su come dietro le quinte sia sempre difficilissimo, vuoi per il mio ego, vuoi per quello degli altri, che col mio fa a pugni:  una primadonna e una drama queen non producono dialoghi, ma monologhi incrociati.

Ma alla fine non vale la pena dire niente. Oggi è il due giugno, festa della Repubblica e data importante per la mia emotività sbarellata: è il giorno in cui si è aperta la porta e il gestore dell’autoscontro mi ha detto che dovevo scendere, così ho fatto su la mia roba, compresa una crostata a forma di tirannosauro, e mi sono incamminato giù per la strada con tutte le ossa rotte dai colpi presi sulla giostra. Colpi che comunque avrei preso fino allo sbriciolo, se necessario. Perché ne valeva la pena, perché quello era casa, dove potevo svuotarmi le tasche e tirare fuori tutto senza paura di non essere capito, e ricevere parole che nessun altro avrebbe ascoltato mai.

Oggi me le sono rilette, gran parte di quelle parole: avevo bisogno di confrontarmi col me stesso di allora per non imbrogliarmi da solo con quello che mi sta succedendo ora. Non ci è voluto molto per riconoscere la differenza: ho attraversato due conflitti molto simili, ma solo nei termini necessari a descriverli, che sono sempre gli stessi quando c’è qualcuno che si spara addosso.
Sono le motivazioni a fare la differenza fra una battaglia di Castelfidardo e una Guerra delle Falkland, non il numero dei caduti; e di combattere non ne ho più voglia, specialmente quando la posta in gioco non è casa mia, ma uno scoglio in mezzo al mare.

Domani preparerò un’altra torta, sono due anni che non ne cucino una. Sarà come chiudere una parentesi sulle scelte sbagliate, sui comportamenti irrazionali, sull’ego di Pablo, e sul bagaglio ingombrante che ognuno si porta dietro e che deve imparare a trascinarsi da solo, invece di accollarlo agli altri.

Comunque il saggio è andato bene, mi hanno fatto un occhio nero e neanche per il motivo giusto. Inoltre, a rivedermi nelle foto sembro un tossico troppo asimmetrico, e appare evidente che dovrei dormire di più, mangiare di più, pensare di meno.

Le foto sono tutte nella pagina flickr del fotografo del teatro, Donato Aquaro, divise in capitoli:
la prova generale, il debutto, i camerini. Sono bellissime.

Movimento FF

E dimmelo, dai, lo so che ci tieni

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