la febbra

Che certe volte, quando sei lì che neanche te l’aspetti, tipo che stai stravaccato su un divano che neanche è il tuo a guardare emtivì, che non ci sei più abituato a quelle immagini così veloci e colorate, che tu a casa emtivì non ce l’hai, e te lo guardi con gli occhi sbarrati e non riesci proprio più a smettere, e arriva la tua fidanzata e ti trascina fuori casa che non puoi a suo dire perdere la giornata davanti alla tele, ti capita di sentirti un po’ imbambolato, come dopo una grossa bevuta, e lei subito ti dice che è colpa della troppa televisione, o dell’aperitivo che hai preso il giorno prima, o di chissà quale altro cazzo. Tu provi a spiegarle che secondo te no, ci hai due linee di febbra, ma la sua mano ti si infila ratta giù per il collo e poi sulla fronte, e la senti subito rimproverarti (la tua fidanzata, non la sua mano) che sono tutte storie, che sei fresco come un calippo sotto il sole, e tu continui a sentirti strano, e pure un po’ ipocondriaco.

Poi però torni a casa, e diffidente di natura vai a cercare un riscontro più professionale nella figura del termometro-sottolascella, che adotta metodi meno empirici di valutazione, e alla fine ti comunica che si, non stai benissimo, ce ne hai giusto due lineette, sarà il caso che ti prendi una pastiglia.

Ubbidisci, t’impasticchi e ti infili a letto, mentre la tua fidanzata e la tua vicina si prodigano ad assistere tre gattini abbandonati nei paraggi, che di certo stanno peggio di te.

Passi una notte allucinante, nel senso che ti sembra di stare nel film “Stati di allucinazione”, con immagini tutte sovrapposte, sogni fuori fuoco e voci fuori sincrono, che se fosse un film al cinema avresti già linciato l’operatore, ma qui come fai, che l’operatore sei tu? Ti svegli, non puoi fare di meglio, e ti rimisuri la temperatura, scoprendo non senza un filo di stupore, che nella notte ti è salita come se ti avesse punto la rarissima zanzara influenzara.

Ammetti che un po’ ti fa piacere, chiami al lavoro e ti dai malato, quindi ti ributti a letto, forte dell’alibi che ti permetterà di cazzeggiare per il resto della giornata e non fare neanche un lavoro di casa piccolo piccolo, che si sa che gli uomini quando sono malati sono delle amebe mentre le donne si alzano e si comportano proprio come quando stanno bene, solo mugugnano di più.

E passi la giornata a fare quello che sogni di fare tutti i giorni, svaccarti a leggere, guardarti un film, farti una tazza di tè, una partita alla pleistescio, rispondere al telefono, giusto prenderti cura dei gattini trovatelli, il cui numero diminuisce a vista d’occhio, tanto che arrivata la sera ne è rimasto giusto uno, la cui prognosi resta riservata.

Poi, il martedì, i tuoi anticorpi tornano dalle ferie, e capisci che la pacchia è finita. Non puoi più far finta di niente, startene a letto a poltrire, devi farti da mangiare, mettere a posto, occuparti del sopravvissuto ululante, che il fatto che ululi è si una rottura di coglioni, ma almeno vuol dire che è vivo, curarti anche di One Eyed Jack, che sentendosi trasscurato è tornato alle antiche abitudini, quelle di assaggiatore dell’arredo, e lecca il divano, il pavimento, le sedie, le coperte.. Forse anche lui è preoccupato per quella pallina di pelle rossa che spunta dalla cesta, forse i suoi timori sono rivolti più che altro alla copertina usata per scaldare il gattino, originariamente la sua, fatto sta che ogni volta che lo sente miagolare si agita e mi segue come l’infermiera segue il primario, ma senza andarci a letto dopo l’operazione.

4 commenti

  1. 🙂

    Auguri al micio trovatello che ulula nella cesta. Sembra di essere nel film la carica dei 101 quando nascono i cuccioli.. speriamo nel lieto fine. Ciao!

  2. E’ morto ieri sera. Mangiava, ma aveva un occhio completamente fuori dalla testa, probabilmente è stato quello.
    Ci sono rimasto piuttosto male.

E dimmelo, dai, lo so che ci tieni

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