Sono giorni in cui mi si vede poco in giro e si aspettano mesi per ottenere una risposta a un mio messaggio, in cui le mie relazioni con gli amici si sono diradate fin quasi a sparire, e qualcuno ha già cominciato a depennarmi dalla lista degli auguri di Natale. Qualcuno fra i più intraprendenti è venuto fin sotto casa mia a chiedermi cosa mi stia succedendo, ma si è allontanato in fretta a causa della puzza, senza ricevere un’adeguata spiegazione.

Mi sta succedendo una Cosa Da Film Drammatico Hollywoodiano Con Attrice Famosa Che Poi Alla Fine Muore, dove io, dato che non sono un’attrice famosa, spero alla fine di cavarmela e al limite scrivere un pezzo sulla mia ipocondria che intitolerò “Di quella volta che credevo che sarei morto e invece soltanto quasi, hehe”.

Succede che mi sposo. Eh già. Anni di sfighe raccontate più o meno direttamente, scazzi lasciati filtrare nei racconti con un tatto da medico delle barzellette che deve comunicare al paziente che ha il cancro, dichiarazioni strappacore buttate in mezzo alla pagina senza il minimo riguardo sui cazzi altrui, e poi mi sposo così, senza preavviso, tranne giusto un paio di post risalenti a un anno fa dove più o meno s’intuisce che c’è una e che ogni tanto ci vediamo.

Se fosse un fumetto Marvel sarebbe la nuova gestione degli X-Men firmata da Jonathan Hickman, dove sembra sempre che ti sei perso dei numeri in mezzo.
Il mio editore verrebbe sepolto dalle lettere di protesta dei fans indignati, ma per fortuna non ce l’ho un editore, e neanche dei fans.
Data l’imminenza del matrimonio e la preparazione lasciata perlopiù al caso, sono sicuro che presto potrò comunque vantare un discreto numero di conoscenti indignati, per essere stati dimenticati dagli inviti, dai ringraziamenti o a tavola durante il ricevimento.
Scusatemi fin d’ora, è il mio solito modo di fare le cose: a cazzo.

E questo è il preludio felice, quando l’Attrice Famosa è convinta di avere davanti a sè un futuro radioso ed esce di casa cantando una canzoncina, e intanto si vede arrivare da una parte il suo oncologo e dall’altra un camion senza freni.

Nel mio caso, quello che vediamo arrivare dall’altra parte, è una rara malattia tropicale incurabile: il paraponzi.

Si tratta di un virus che si riteneva debellato già da due secoli, che nel passato ha mietuto vittime importanti, come Confucio, Attila e il poeta giapponese Hans Delbruck. Il paraponzi si trasmette solo mangiando certe larve del bambù che crescono in Thailandia, ma che localmente risultano innocue; è quando vengono stressate da un lungo viaggio che attivano un particolare enzima, che mescolato al succo di certi frutti tropicali può diventare pericoloso e produrre questo virus. Ma a chi vuoi che succeda di mangiare larve del bambù e insalata di mango fuori dalla Thailandia? Per questo nessuno si è mai preoccupato di trovare una cura, e per questo adesso sto assistendo a un disfacimento del mio organismo che non si può arrestare, non c’è antibiotico che tenga: il paraponzi ti apre delle ferite su una parte sporgente del corpo, a caso, e ti provoca febbri continue che finiscono per uccidere il tuo sistema immunitario.

Quando il progredire della malattia ha reso impossibile tenerla nascosta ho parlato a Shasha:

“Mia futura sposa, un’ombra di dolore incombe sul nostro futuro.”
“Ti è arrivato l’estratto conto della carta di credito?”
“Mi sono preso una rara malattia esotica, e adesso una parte sporgente del mio corpo si è riempita di piaghe.”
“Il naso?”
“No”
“Le orecchie?”
“Neanche”
“Le dita dei piedi?”
“Eh no”
“Oh dannazione!”

Non ho voluto credere che non esistesse una cura, e le ho chiesto di contattare la sua famiglia: i cinesi vantano una tradizione medica millenaria, conoscono dei rimedi che qui da noi non abbiamo mai neanche sentito nominare, figurati se non sanno curare il paraponzi.

“Mia mamma lavora da un commercialista”
“Tua nonna?”
“In effetti mia nonna prima di sposarsi viveva sulla Montagna Sacra dove parlava con gli spiriti e dava consigli non richiesti alle ragazze in età da marito.”
“Davvero?”
“No, è un ingegnere informatico. Ma la parte sui consigli non richiesti è vera. Comunque la chiamo, magari mi può aiutare.”

La seguente conversazione si è svolta in cinese. Per renderla fruibile ai miei lettori l’ho tradotta in italiano con Google Traduttore, quindi non mi assumo la responsabilità di eventuali errori di grammatica e ricette mediche discutibili.

“Ciao nonna, lo straniero con cui vivo si è preso il paraponzi, e adesso una parte sporgente del suo corpo è coperta di piaghe.”
“Il naso?”
“No”
“Le orecchie?”
“Neanche”
“Le dita dei piedi?”
“Eh no”
“È fottuto”
“Ma no, dai, dev’esserci un modo! Io quest’uomo me lo devo sposare, non mi arrendo così!”
“Ragazza mia, sarei felicissima di vederti sposata, anche se con uno che ha più peli sul corpo che idee in testa, ma l’unica cura per il paraponzi è tenere a bagno per un mese la parte infetta nella saliva di mucca, e nessun uomo sano di mente ficcherebbe per un mese il suo fiore di loto in bocca a un bovino.”

“Cosa dice la nonna?”, le ho chiesto, quando ha posato il telefono.
“È curabile, ma non sarà facile.”

Fino a qualche decennio fa il paraponzi sarebbe stato facile da curare, nell’area in cui vivo: i piccoli borghi arroccati sulle alture erano difficili da raggiungere, non ci arrivava neanche l’elettricità, figurati il postino, e nelle case nessuno aveva una lavatrice. Però tutti avevano una mucca, che ti dava il latte e tirava l’aratro, e dato che non esisteva youporn l’unico limite ai modi di impiegare un bovino erano dati dalla fantasia.

Oggi i tempi sono cambiati, le mucche sono diventate più consapevoli del proprio ruolo nella società, e non accettano più di essere ridotte a semplici oggetti di piacere.
La diffusione di internet fin nelle cascine più isolate ha favorito l’emancipazione delle mucche, creando una generazione di mucche istruite e indipendenti, che comunicano sui social e si scambiano opinioni e consigli. La nascita del movimento #Mootoo ha definitivamente seppellito le antiche forme di allevamento patriarcale.
non sarebbe stato facile trovare una mucca disposta a succhiarmi il fiore di loto, ma avevo ancora una carta da giocarmi.

Il ristorante dove abbiamo organizzato il ricevimento si chiama “Petrolchimica Fratelli Ottani”, e fino a qualche anno fa era una raffineria a pochi chilometri da dove abito.
Nata a metà degli anni ’70 grazie allo spirito imprenditoriale dei fratelli Osvaldo e Adelmo, la Petrolchimica Ottani ha saputo sfruttare la facilità con cui all’epoca venivano rilasciate le concessioni edilizie per creare un polo strategico lungo il torrente che attraversa la valle, a metà strada fra il porto di Genova e le aree industriali di Torino e Milano.
In tempi più recenti, la crisi energetica da una parte e una sempre maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui temi ambientali dall’altra, hanno fatto traballare questo gigante, ma la lungimiranza dei proprietari si è rivelata fondamentale: da alcuni anni è in corso una lenta riconversione dell’area in agriturismo, e oggi la produzione e raffinazione di carburanti è affiancata a un allevamento intensivo di animali da fattoria e produzione di verdura e formaggi a chilometro zero.

Certo, fa un po’ strano mangiare ravioli al montebore sotto una ciminiera che emette gas tossici, ma il pranzo di nozze a un prezzo così basso è impossibile da organizzare altrove, e a Shasha gli scarichi industriali davanti alla finestra ricordano quando abitava a Pechino.

Ho sempre trattato con Adelmo per l’organizzazione del ricevimento, ed è a lui che mi sono rivolto anche per questo problema.

“Scusa, cos’hai detto che ti serve?”, mi ha chiesto, ridendo. Poi mi ha interrotto per chiamare il fratello, che stava in un altro ufficio: “Osvaldo, questa non te la devi perdere!”

Quando entrambi i proprietari si sono seduti davanti a me ho ripetuto la mia richiesta: “Avrei bisogno di incontrarmi in privato per un mese con una delle vostre mucche.”

“Aspetta, aspetta!”, ha detto Adelmo al fratello, che strabuzzava gli occhi. E poi a me: “Spiegagli cosa ci vuoi fare!”

Non sarebbe stato facile neanche se mi avessero preso sul serio.

“Devo farmi succhiare il.. insomma.. avete capito.”
“Uah uah uah uah! Aspetta aspetta!”, è esploso Adelmo, e dando gomitate al fratello: “Chiedigli perché! Dai, chiediglielo!”

“E perché vuoi farti succhiare il.. coso?”, mi ha chiesto Osvaldo, che a quel punto faticava già a nascondere un sorriso uguale a quello dei bambini davanti ai clown.

“Per questioni mediche”, ho risposto con la voce piatta, già sapendo cosa avrei provocato.

I due fratelli si sono ribaltati sulla sedia, dandosi grosse manate sulla pancia. Lacrimavano come mia mamma davanti a uno sceneggiato, o come me davanti alla pagina facebook di mia mamma. Facevano dei versi come se li stessero scannando, ma era chiaro che se la stavano spassando da morire. Spero che almeno si siano pisciati addosso.

Dopo dieci minuti in cui hanno dato sfogo a un repertorio di ululati e versi che non credevo potessero essere emessi da un maschio umano adulto, si sono ricomposti, e fra qualche sbuffo ritardatario e con gli occhi gonfi, si sono guardati un po’ in faccia e Adelmo mi ha dato una risposta.

“Va bene”, mi ha detto. “Ma vogliamo guardare”.
“E fare un video”, ha aggiunto Osvaldo.

Ora non voglio mettermi a raccontare nei dettagli quel che è successo dopo, perché è troppo imbarazzante, né contribuire alla diffusione delle prove che ciò che ho raccontato è vero, perciò direi che il racconto finisce qui.
Shasha è a conoscenza di tutta la storia, compresi i dettagli più sconci, e per un po’ mi ha anche fatto delle scenate e c’è stato un momento in cui abbiamo rischiato di dover annullare tutto quanto e andarcene ognuno per la propria strada. I Fratelli Ottani sono stati fondamentali nell’aiutarci a mettere una pezza, non so se per spirito francescano o per timore di perdere l’incasso, ma hanno parlato a Shasha e le hanno promesso che avrebbero eliminato la sua rivale. Quando le hanno messo in mano il nuovo menù in cui al posto del cosciotto di maiale si serviva lo stufato di manzo, la mia futura sposa si è rincuorata ed è tornata sui suoi passi.

Da allora non abbiamo più avuto incidenti, la mia malattia sta regredendo, segno che la cura funziona, ma soprattutto il video, postato su uno di quei siti che visitate voi pervertiti, ha sfondato il tetto del milione di visualizzazioni.
Ieri sono stato contattato da una casa produttrice per girare dei corti con una gallina. A Shasha non l’ho ancora detto, aspetto di parlarle dopo la cerimonia. Fatemi tanti auguri.

Questa cosa delle barbe me la dovete spiegare.

Perché fino a ieri un uomo con la barba lunga era considerato alla stregua di un mugik afgano o, al limite, di un pastore amish, insomma, due categorie non propriamente appetibili per l’immaginario femminile, e all’improvviso lo stesso individuo vi scatena un arrunchio da groupies?

Perché proprio adesso che mi sono comprato i pantaloni da punk rocker e il mio sex appeal è passato da zero a centotrenta voi avete deciso che va di moda l’eremita squilibrato innamorato della propria pecora, annullando le mie possibilità di rimorchio?

Mi sono posto queste domande alla fine di Macbeth, quando si sono accese le luci in sala e tutte le donne presenti stavano sbavando con gli occhi a girandola.

forse dovrei andare in giro anch’io con le righe in faccia

Cioè, io e Muffin avevamo lo stesso sguardo, ma per ragioni diverse dall’ormone, nonostante la presenza di Marion Cotillard facesse supporre il contrario: intanto la presenza di Magneto sullo schermo, che non può lasciare indifferenti gli appassionati del cattivone col pitale in testa. È curioso il legame fra il thane di Glamis e i mutanti: Fassbender è il quarto attore ad aver interpretato sia Macbeth che un personaggio della saga degli X Men, dopo i due Professori X e l’altro Magneto.

Al di là del protagonista, Macbeth è un filmone, ha una regia impeccabile e il direttore della fotografia è quel signore che ci ha regalato True Detective, non so se avete presente, sarebbe quella serie tv dove il protagonista senza barba faceva muggire le donne che stavano con voi sul divano. No, mi spiace, non era il vostro deodorante.

Ma perché le bambine che compaiono dal nulla nella nebbia insieme a tre streghe devono risultare sempre così inquietanti, mannaggia a loro?

La colonna sonora rientra nella categoria “colonne sonore di film successivi a Inception”, ci sono diverse variazioni, ma il tema principale è quasi sempre POOOOOHHHH. Qui lo fanno dei violini, ma l’idea è quella, e comunque funziona. O forse è la gratitudine di non avere utilizzato delle maledette cornamuse, benché la storia sia ambientata in Scozia.

La storia è ambientata in Scozia, ed è quella raccontata nella tragedia di Shakespeare, con le tre streghe che predicono il futuro al
nobile Macbeth e lui il destino se lo crea da solo come pare che alla fine facciamo tutti, alla faccia di Rob Brezny.

Anche i dialoghi sono gli stessi della tragedia, quindi se vi piacciono i film con le frasi a effetto tipo “Nessuno mette Baby in un angolo” forse dovreste vedere qualcos’altro.

Visivamente il film deve molto a certe pellicole giapponesi, prima di tutto Kurosawa. Questa parte l’ho letta, io di Kurosawa ho visto solo un film con Richard Gere tanti anni fa al cinema di Ronco, e per una svista le bobine erano state proiettate invertite. Non so se vedere prima il secondo tempo del primo sia stata la causa della mia avversione verso questo regista, ma da allora mi sono tenuto distante dalle produzioni giapponesi, per sicurezza. Giusto una volta ho provato a forzare il blocco leggendo Kitchen, di Banana Yoshimoto, ma l’edizione di cui entrai in possesso era stata impaginata a rovescio e non ci capii nulla.

È per quello che quando mi proponete un film di Miyazaki vi rispondo che devo andare a trovare mia nonna, anche se è morta dieci anni fa.

Insomma, Macbeth miglior film del 2016, seguito da A Perfect Day. Ma adesso escono i pezzi grossi, la situazione potrebbe cambiare.

Metti su la pentola taglia il sedano la carota la cipolla aggiungi il sale buttaci la carne e aspetta. Dice che per fare il bollito ci vogliono due ore, e ne è passata mezza, e mi sono già mangiato un panino col prosciutto uno col formaggio un pacchetto di fonzi e una fettona di granapadano, ho bevuto una Ichnusa e un dito di vino, e adesso scrivo, che sennò continuo a mangiare bere uomo donna e faccio venire l’ora di andare a dormire senza infamia e senza loden, per forza ricevo critiche nell’abbigliamento, il loden di luglio, ma come stai, e comunque secondo me non è vero che la camicia con le maniche corte è esecrabile, in fondo è una polo con molti più bottoni, siete voi che vi fate le fisime perché non sapete inventarvi le regole da soli e cercate di sottostare a quelle degli altri senza peraltro riuscirci, cosa che vi rende fragili e tabagisti, e qui giuro che non sto parlando di nessuno in particolare, che ultimamente il mio blog è diventato il metro dei miei malumori e se scrivo merda c’è subito qualcuno pronto a ribattere che a lui merda non glielo devo dire, e ha ragione,che di solito quando scrivo lo faccio per qualcuno e su qualcuno, ma stasera scrivo per me, lepablog pour lepablò, à la guerre comme à la guerre, j’ai pensè qu’il valait mieux nous quitter sans un adieu, o perlomeno ci provo, che non è facile camminare nel campo minato che ho nella testa, altro che rumore, sai quando parlavo del rumore che ho nella testa? Probabile che fossero le mine quando ci camminavo sopra, poi ti chiedi cosa sono tutte quelle cicatrici, provaci te a farti scoppiare in mano un sogno dopo l’altro, poi mi dici se hai ancora voglia di.

È venerdì, si esce e si va alle feste alle cene si vedono gli amici e si celebra come si conviene la fine della settimana, e io avrei fatto lo stesso, sarei sceso in centro, avrei incontrato qualche amico e saremmo andati in giro a divertirci, parlare e guardare facce a cui non hai mai niente da dire per tempo timidezza o palle che ti racconti lì per lì, solo che piove e ho messo su il bollito, perciò il mio venerdì sera lo voto al culto del bollito che deve cuocere due ore, e sono passai solo quarantasei minuti, te lo dico io arrivare alle nove, avrò mangiato tanta rumenta da trascinarmi a letto in stato di semicoscienza, che rispetto a come mi ci sono trascinato fino a un paio di sere fa sarebbe comunque un successone. E qui sto camminando sul filo del messaggio con destinatario, che è una cosa che voglio evitare, perché nessuna ragione per restare è un’ottima ragione per andarsene, e non scrivere, e non pensare, ad esserne capaci, ma col tempo s’impara anche quello, il tempo ha questa cosa fighissima di far passare tutto, c’è una mia amica che si è appena separata e mi scrive che vorrebbe addormentarsi e risvegliarsi fra tre anni, ma non ha capito che per lei sarebbe passata solo una notte, e allora il tempo cosa ci sta a fare, se non lo lasci scorrere non risolverai mai niente. È una cosa che non ho mai imparato benissimo neanch’io, che di solito voglio tutto subito e al primo successo mi sento già arrivato, e al primo insuccesso me ne vado pensando che non c’è più niente da fare, epperò certe volte se me ne andassi subito forse sarebbe meglio, che andarsene se è ora di finire è un consiglio valido per ogni stagione, ma come fai a convincerti che basta, quando il basta è solo l’ultimo dei mille basta che l’hanno preceduto, che erano basta solo in superficie, e sotto c’era un sacco di roba che aspettava solo di essere tirata fuori, come lo distingui, per forza stai lì a vedere se è un altro di quelli e fai la faccia da si vabbè ci siamo capiti, e quando lo capisci c’è un grosso buco nero ed è troppo tardi per evitare di cascarci dentro.

Ogni volta che capisco di essere scivolato nel personale metto un punto e vado a capo, come un monito a comportarmi meglio e scrivere solo cose inoffensive, tipo la recensione di un film che ho visto di recente, ma non ho visto nessun film di recente, d’estate escono solo porcherie e cosa ti recensisco, Gozzilla? Ochei, Gozzilla parla di uno che una volta è stato il protagonista di una delle più belle serie tv degli ultimi vent’anni, che fa lo scienziato in una centrale nucleare in Giappone, anche se lui è americano, e c’è un terremoto e gli muore la moglie, che è Juliette Binoche, che per me è una delle donne più belle del mondo, perché ha questa bellezza raccontata sottovoce, che la bellezza è una cosa intima fra chi la porta e chi la sa vedere, ed è facile avere dei fantastici occhi azzurri, ma la bocca non la vede mai nessuno.

Un altro film che ho visto di recente è X Men Quello Di Wolverine Che Torna Indietro Nel Tempo, il titolo mi pare fosse quello, dove c’è gli X Men nuovi e quelli vecchi, ma più che altro quelli nuovi, gli altri son passati dieci anni, Halle Berry ne ha per le palle di farsi i capelli bianchi e supereroi basta, e difatti recita con uno scazzo che i robottoni in CGI ci mettono più impegno. Sono le otto, fra un’ora spengo il bollito e me ne vado a dormire, vorrai mica mangiartelo dopo che ti sei ingozzato come uno struzzo? Poi voglio vederti a svegliarti domani mattina, o ad addormentarti, ma quello ci sono abituato.

Niente, qui stiamo finendo gli argomenti, andiamo di recensioni, tipo quella di un film che ho visto un paio di mesi fa e che.

A parte le frivolezze il corso di teatro sta and.

 

 

 

 

 

No, niente, tutto a posto, davvero. Buona serata.

Sai quando ti prepari un programma accurato e qualcosa te lo manda in vacca?
Tipo che ti sei organizzato per andare sui prati insieme ai tuoi amici colleghi Pesantezza e Morte Cerebrale e all’ultimo momento ti va a fuoco la macchina, però spiacevole. Ecco, io stasera volevo fare le pulizie in casa, e lo so che il giovedì sera è un po’ strano, ma sono arrivato a uno strato di batteri sul pavimento così spesso che le sedie camminano da sole per la stanza.

Metti che stasera si presenti un ospite.
(poi dicono che non ho il dono della sintesi: potrei scrivere un racconto di fantascienza solo aggiungendo un apostrofo)
Ecco, l’ospite non si piglierebbe l’ebola solo perché casa mia è così sporca che anche l’ebola si rifiuta di entrarci.

Qui è dove una persona che conosco mi criticherà per avere usato la battuta dell’ebola schifiltoso, che l’avevo già usata oggi pomeriggio nella nostra conversazione e allora telolì che sei uno che ricicla le battute, mi sembra di sentirla con la sua voce chioccia.

Io stasera, dicevo, volevo fare le pulizie di casa, ma dovrei dire cominciarle, che ho da lavorarci tanto che ci vorranno almeno tre giorni per renderla di nuovo abitabile a esseri umani non mutanti. Io appartengo all’altra categoria, quella degli X-Men: sono nato col potere mutante di ammalarmi soltanto nei giorni in cui non devo andare a lavorare, perciò posso stare sepolto nella spazzatura tutta la settimana e le prime infezioni si manifesteranno solo il sabato mattina, per andarsene da sole la domenica verso le ventidue e trenta, ventitrè.
“E allora perché ti sbatti?”, mi chiederà la mia conoscente impicciona il cui nome d’arte è Vajont, perché tracima, “Tanto hai la stessa vita sociale di San Simeone lo Stilita, fatti le pulizie sabato mattina e sbattitene”.
Perché mi conosco, e se mi riduco a sabato mattina so già che sabato mattina mi alzo minimo alle undici, cazzeggio fino alle tre e alle cinque do la solita passata veloce di straccio perché poi c’è da andare a vedere Musical Cube, che è una figata andateci (questa era una marchetta vergognosa, ma una delle attrici è la mia maestra nonché carissima amica, e poi oh il blog è mio, cazzo vuoi), quindi è meglio correre ai ripari e scriversi addirittura un programma con la suddivisione dei lavori in tre giorni, così da finire sabato pomeriggio senza perderci più di un paio d’ore al giorno, come se fossi una persona seria e credibile, e poi mandare tutto in vacca e mettersi a scrivere sul pablog la sera in cui dovrei pulire i vetri e poi stirare (credici).

Insomma, si direbbe che i miei buoni propositi siano andati a finire giù per quel posto là, e già lo sento partire il coro di fischi e facceride, ma giuro che stavolta la colpa non è mia, ma piuttosto di un regime di alimentazione sano che però gli effetti collaterali signora mia..

E si perché stasera sono arrivato a casa tardi, che dovevo andare a ritirare lo scùter. Ho portato lo scùter dal meccanico perché a fine mese ho il collaudo, e senza clacson e freni e gomme mi hanno detto che potrebbe non passarlo, e stasera sono andato a ritirarlo, e il meccanico mi ha chiesto una cifra in denaro perché dice che le caramelle zigulì piacciono tanto anche a lui, ma non gliele accettano in banca, perciò fuori i schèi sennò la moto me la tengo. E allora l’ho pagato, portando il mio conto in banca da Pochicentesimi a Unsaccodisoldiperòcolmenodavanti, e siccome la mia banca quando vado in passivo mi manda a casa un tizio pelato senza un occhio con una cicatrice sulla faccia e un tatuaggio sul braccio che dice LA MIA BETTY, ho preferito trovare subito dei soldi con cui rimpinguare il mio conto corrente disastrato, e la cosa più veloce è sempre prostituirmi.

Non vi sto a raccontare i dettagli della mia vita sul marciapiede, sono squallidi come immaginate, ma alla fine della giornata mi sono ritrovato con un conto in attivo e lo scùter riparato e tutto come doveva andare, tranne che l’ora era fuggita e le pulizie morivano disperate.
Io però non mi sono dato pervinca, e ho deciso che le pulizie le avrei fatte lo stesso, che longo è lo cammino ma grande la meta, e quando sono arrivato a casa e ho portato Jack a fare le cose che fa sempre Jack quando lo porto fuori (e anche qui vi risparmierei i dettagli, che sono peggio di quelli di me sul marciapiede), mi sono preparato una cena veloce e poi dai che faccio le pulizie lo stesso.

Solo che la cena veloce non si preparava da sola, e il risotto con cui avevo pensato di sollazzarmi ci ha messo un fracco di tempo a prepararsi, non so perché, un esperto di cucina mi direbbe che avrei dovuto accendere il fuoco sotto la pentola, ma si sa che gli esperti di cucina se la tirano e spesso parlano a vanvera per farsi belli con le casalinghe frustrate teledipendenti che sognano tutta la vita un cuoco inglese che venga a prenderle e insulti il loro marito e poi se le porti via e cucini per loro piatti deliziosi fra un amplesso e l’altro, come se un inglese avesse una vaga idea di cosa sia la buona cucina (o il buon sesso, mi dicono amiche che hanno avuto fidanzati inglesi, ma ammetto di non saperne granché per esperienza diretta).

Per ingannare l’attesa mi sono aperto una bottiglia di rosso e un pacchetto di crackers, che poi sono diventati sedici pacchetti di crackers, e alla fine ti voglio vedere in bilico su una scaletta traballante a pulire i vetri della finestra aperta su un baratro di due piani più insegna della parrucchiera più piastrelle durissime in gres porcellanato, che il mio comune non bada a spese per rifare il marciapiede, tanto poi ti fa pagare la spazzatura come se la stoccasse su Saturno e chiude sempre in attivo, beato lui.

Insomma, adesso ho terminato la cena e dovrei lavare i piatti e poi mettermi a lavorare, ma sono già le nove, sono in una condizione che piacerebbe molto a Bukowski, ma molto meno al mio epatologo, se avessi un epatologo, non so neanche se esiste una professione come epatologo, e a dirla tutta non so neanche se esiste la parola epatologo, ma cazzo vuoi, la mia carta d’identità dice che faccio l’avunculogratulatore, credo di potermi permettere qualche licenza, e comunque il blog è mio, l’ho già detto più su, se non ti va bene quella è la porta e quella la finestra di guggol.

Però è anche vero che stasera internet non vuol saperne di funzionare, e questo porta le mie infinite alternative per la serata a due soltanto: fare le pulizie e andarmene a dormire. Dormire l’ho già fatto ieri ed è molto divertente, ma stasera vorrei fare altro, perciò a questo punto mi metto a fare le pulizie, sperando di non precipitare di sotto.

Buona serata a tutti.

È che certe volte ti fanno dei regali delle persone che davvero non te l’aspetti e rimani così, con la voglia di ricambiare, l’imbarazzo per non averci pensato prima, la gioia del gesto e l’insieme di queste emozioni è una faccia che somiglia un po a quella di Coco.

faccia da Coco (©Robert Doisneau, che la sua mostra a Palazzo Ducale è splendida e adesso voglio le sue stampe in salotto, ma non questa che è inquietante)

Quest’anno la faccia di Coco mi è già uscita tre volte in pochi giorni, l’ultima ieri dal panettiere, quando la commessa mi ha detto “Pablo aspetta”, che di solito al massimo mi chiama ciao, e mi ha allungato un torrone. E non me l’aspettavo, cosa devo dire, ho borbottato uh grazie e mi sono imbarazzato un po’, che la panettiera sono cliente da anni, ci sta che ad un certo punto mi regali un torrone, ma finché non succede non ci pensi, un po’ come i terremoti, che ti dicono che casa tua sorge su una faglia tettonica e tu dici si vabbè, non c’è mai stata una scossa, cacchio dici, poi torni dal lavoro e al posto di casa tua c’è un grosso mucchio di calcinacci e allora forse qualcosa di vero doveva esserci. Un torrone è meglio dei calcinacci, va detto.

Enorme faccia da Coco qualche sera fa, quando una ragazza che per questioni di privacy chiamerò Maria Antonietta Guerzoni mi ha allungato un pacchetto col suo bel bigliettino argentato e mi ha detto auguri. Perché mi aveva detto che voleva portarmi una cosa di cui avevamo parlato tempo prima, ma non mi aspettavo il gesto istituzionale col pacchetto e la carta e il fiocco e il bigliettino, e mi sono sentito il re delle merdone perché io invece niente, ma se posso dire qualcosa per difendermi vorrei mettere agli atti che con Maria Antonietta Guerzoni c’è da anni questa cosa che se le mando un messaggio non ricevo risposta e se le dico una cosa carina corre a chiamare i carabinieri, perciò mi ero abituato ad avere questo rapporto di ciucche nei vicoli e rapine alle banche, e i gesti teneri da parte sua non erano previsti, scusa. Però mi ha fatto un piacere enorme, come se per tutta la vita fossi convinto che c’è un orco che ti vive nell’armadio ma quando lo apri niente, solo i tuoi vestiti buttati dentro a muzzo, finché un giorno lo apri e c’è un orco che sta indossando la tua maglietta di Los Pollos Hermanos, e in quel momento prima che ti divori pensi che è bello avere avuto ragione su una cosa una volta tanto, e muori felice. Cercherò di sdebitarmi prima che posso, anche se non so come, che sono sicuro che i fiori li condisce e se li mangia con noci e scaglie di parmigiano, e se le dico qualcosa di carino mi ritrovo davanti al maresciallo che mi dice “Renzi, n’altra volta? Documenti”. Boh, improvviserò.

L’ultimo, che poi sarebbe il primo, è quello che vince il premio Faccia Da Coco 2013, e ha per protagonista un signore distinto che per motivi di privacy non chiamerò Andrea, ma Eriberto Sbazzeguti fu Pepito.

Eriberto Sbazzeguti fu Pepito ci conosciamo da molti anni, abbiamo un sacco di interessi in comune e abbiamo sempre passato bellissime serate isolati dal resto della compagnia a ciarlare di fumetti, mentre sua moglie cercava di sentirsi meno esclusa attaccandosi a una bottiglia, ma poi ci siamo allontanati a causa di divergenze di poco conto che possono capitare fra due uomini sanguigni ed orgogliosi come noi: a me piaceva di più Wolverine col costume giallo e nero, a lui quello marrone. Ci siamo accapigliati, sono volate le parole scritte maiuscole, e da lì i nostri rapporti non sono più tornati quelli sereni di una volta.

Venerdì scorso mi scrive e mi dice che sta per cominciare la prevendita del concerto dei Pearl Jam, se mi interessa un biglietto se ne occupa lui, che poi è un casino trovarli. Ecco, a me questa cosa ha fatto un piacere enorme, perché non mi sarebbe mai venuta in mente, che sono un egoista di merda e  neanche me lo ricordavo che anche lui volesse andare a vedere Eddie Vedder. E poi è proprio questo gesto di condivisione con qualcuno che non è nella tua immediata quotidianità, non ci sono abituato, mi commuove. Di solito gli strati sociali che mi circondano seguono l’ordine io/gli animali con cui vivo/gli amici più stretti/il resto del mondo, oppure io/la mia fidanzata/gli animali/gli altri quando si verificano quelle situazioni impossibili in cui vabbè, ma non stavo parlando di quello.

Dicevo che il biglietto non me l’ha regalato, mi ha regalato l’attenzione a qualcosa che sapeva interessarmi, che è una cosa bellissima, e se poi ci metti che i biglietti sono andati esauriti in meno di dieci minuti e io al concerto neanche sapevo con chi andarci, è stato un gesto di particolare importanza, e adesso non vedo l’ora di passare le ore fuori dai cancelli a ciarlare di quanto sia figo il nuovo Hawkeye e se è uscito o no il nuovo film degli X-Men che, vorrei ricordare, sarà bellissimo. Dico, ci recita pure Tyrion Lannister, devo aggiungere altro? No, e infatti vado a cena, casomai aggiungo qualcosa dopo.
Ci si vede.

Prima di scrivere quello che volevo scrivere oggi riporto un pensiero che mi è venuto mentre discutevo col mio amico Christian, che non ci crederete ma non è un blogger. Tale pensiero andrebbe riportato sotto la categoria fumetti, che non ce l’ho nei tag ma la aggiungo subito, e riguarda i problemi dei supereroi Marvel. Ochei, tutti i supereroi hanno problemi, sono sicuro che Batman soffra di una terribile artrite a starsene sempre chiuso nell’umido della Batcaverna, ma i supereroi Marvel hanno problemi per precisa scelta editoriale.
Sappiamo che ognuno di loro soffre di tremendi scazzi, gli muore la famiglia una puntata si e una no, la sua identità segreta viene rivelata da chiunque, gli brucia la casa, perde il lavoro, la fidanzata, il gatto, i superpoteri.
Ma non tutti i problemi dei supereroi vengono svelati sui fumetti, perché ci sono problemi che sono davvero troppo drammatici per essere mostrati su un giornaletto destinato a dei ragazzi.

Prendi l’Uomo Ragno. Io l’ho conosciuto, un giorno a Lucca Comics, eravamo io, il Mietitore (che nonostante il nome non ci crederete ma non è un blogger neanche lui) e Christian quello di prima, e c’era Spiderman che girava per la fiera a firmare autografi, con la sua calzamaglia rossa e blu che già solo per il colore me lo rendeva simpaticissimo. Subito ci siamo dati delle gomitate, cioè, non ti capita tutti i giorni di incontrare un vero supereroe in carne e ossa e calzamaglia, e subito dopo ci siamo chiesti come cazzo facesse a starsene mezzo nudo col freddo che c’era. Ma lui affronta tutti i giorni Rhino e il Dottor Octopus e Kraven, sai cosa gliene può sbattere del freddo polare, e poi a New York fa più freddo che a Lucca. Ecco, l’Uomo Ragno ha un grosso problema, che sui fumetti non viene mai affrontato, se non lasciandolo trapelare fra le righe. Lo sapete che sua moglie Mary Jane Watson ha già minacciato di andarsene se lui non abbandona la sua vita di supereroe? No? Beh, leggetevi qualche numero, se non ci credete, è tutto scritto lì, quella gnoccona di sua moglie non ce la fa a sopportare la tensione di vederlo rischiare la vita tutti i giorni, e lo ha minacciato di divorzio.
A parte che allora la moglie di un poliziotto cosa dovrebbe dire? Ma in ogni caso è una mussa, non è quella la ragione che ha spinto la signora Ragno a chiedere una separazione. La verità, e io posso testimoniarlo, è che l’Uomo Ragno ha un alito pestilenziale! Una vera fogna! Roba che a confronto le ragnatele sotto le ascelle sono una bazzecola, ha un fiato di salamella che stenderebbe un ippopotamo, e come fai a raccontarlo sui fumetti? Allora ci si è inventati questa faccenda dell’ansia della moglie per coprire i veri problemi.

E che dire di Hulk? Lo sapete che ha avuto seri problemi per farsi fare la foto sulla carta d’identità?
Riporto quanto scrissi in proposito su un vecchio numero di ARTErnativa:
Anche i supereroi hanno bisogno di rinnovare i documenti, solo che la procedura per chi ha una doppia identità è molto più complessa. Per non rivelare chi si celi sotto la maschera i difensori della giustizia si sono serviti di diversi stratagemmi. L’Uomo Ragno, essendo sempre nei guai con la legge, che nei numeri pari del suo giornalino lo considera un criminale, e in quelli dispari un eroe, quando vede un poliziotto si arrampica sul muro e aggira il problema. Per lui non occorre un documento apposito, così per Superman, universalmente riconosciuto, quando è senza occhiali non viene mai fermato ai posti di blocco. Meglio, anche perché sulla patente del suo alter ego Clark Kent c’è scritto “Guida con lenti”, e se lo beccano senza una multa non gliela leva nessuno.
L’Incredibile Hulk ha pensato di utilizzare un doppio documento, uno per quando è Bruce Banner e l’altro per quando è verde e incazzato. Il problema è farsi fare la foto in queste condizioni..
Mr Fantastic, geniale leader dei Fantastici Quattro, costruì apposta per lui una speciale macchina fotografica indistruttibile, e chiese all’Uomo Ragno di scattare qualche primo piano al gigante verde, ma il presuntuoso individuo dalle ragnatele sotto le ascelle rifiutò accampando futili scuse, tipo “Adesso non posso, devo cambiare l’Uomo Sabbia al gatto”.
Andy Warhol si propose per il servizio, sperando di ricavare materiale per una mostra, ma dopo la prima foto Hulk si incazzò e gli infilò la macchina fotografica nel culo.Ma quelli che mi fanno più impressione, e che mi hanno spinto a scrivere questo post sono i Fantastici Quattro.
Cosa succede quando uno di loro deve andare in bagno? I fumetti non ce lo raccontano, ma ci devono andare per forza, nella descrizione dei superpoteri di ognuno di loro non è descritta alcuna capacità di ritenzione sovrannaturale, perciò ci vanno come noi, punto. Al limite gli X Men, fra tutti potrà essercene uno sconosciuto col potere mutante di non fare la cacca, ma gli altri..
A pensare alla cacca ci sarebbero molti personaggi su cui soffermarsi, supereroi o supercattivi costretti a vita dentro armature senza cerniere, ma limitiamoci ai Fantastici Quattro, sennò viene fuori un post chilometrico.

I Fantastici Quattro, lo dice il nome, avrebbero bisogno almeno dei doppi servizi. Vivono in un grattacielo futuristico, ma non ci è dato di sapere se ognuno ha la sua tazza personale.
Voglio pensare per loro che sia così, altrimenti potrebbero verificarsi cose molto spiacevoli, tipo:

– La Donna Invisibile va a fare la pipì, ma essendo invisibile può capitare che suo marito Reed Richards entri credendo che il bagno sia libero e le si liberi addosso;
– Reed Richards potrebbe trovarsi in laboratorio, impegnato in un esperimento che non può assolutamente interrompere, e abbia bisogno di servirsi del gabinetto, che si trova presumibilmente in un’altra stanza. Sfruttando i suoi poteri elastici manda il suo pisello in giro per il palazzo fino alla tazza del wc, ma in quel momento passa per il corridoio la Cosa che, non vedendo quel lungo salsiccione che striscia sul pavimento, glielo calpesta.

Senza contare gli altri due:
– la Cosa ogni volta che va in bagno molla una specie di siluro granitico che magari non puzza granché, ma sfonda la tazza, rendendo il negoziante di sanitari del quartiere il primo fan assoluto del Quartetto;
– la Torcia Umana probabilmente ha il culo in fiamme e fa un largo uso di antiemorroidali.

(potrebbe anche continuare)