Sabato mattina, le undici e trentasette. La versione ufficiale mi vorrebbe impegnato a rivoltare casa per restituirle un po’ dell’antico splendore, quando fra queste mura abitava il signor Bruno con la moglie, e i vetri splendevano e sul pavimento ci potevi pranzare e non c’era un oggetto fuori posto.
La verità è un po’ più imbarazzante, in tutta la mattina ho fatto un paio di lavatrici e pulicchiato qua e là, e adesso mi sto mangiando una forma di formaggio davanti al pici, intanto che aspetto che si prepari lo stufato. Non c’è niente da fare, io e l’antico splendore di questa casa siamo incompatibili, ma va anche detto che le piastrelle della cucina erano orrende e difatti le ho tolte negli eterni lavori in casa.

“A proposito, a che punto sei con la casa?”, mi chiedono spesso gli amici. Non è l’unica domanda che mi sento rivolgere, perciò potrebbe essere una bella idea quella di tirare giù una lista di risposte alle domande più frequenti di questo periodo. Non sarebbero molte, non ho così tanti amici, e quelli che ho li vedo di rado, di solito preferisco stare a casa a farmi crescere la barba, e la muffa sotto le ascelle.
Lo stufato dice che ci metterà un po’ a cuocere, facciamoci questa lista di Friquentli Asched Ques-cions, come dicono gli italiani che millantano una conoscenza dell’inglese.

1. A che punto sei con la casa?
La casa è più o meno sempre allo stesso punto, sto cercando di mettere via i soldi necessari a comprarmi il materasso più comodo dell’universo, che ai più potrebbe sembrare una spesa superflua, ma quando passi gran parte del tuo tempo libero sdraiato a letto a leggere ecco che starci comodo assume una certa importanza.
Poi comprerò una libreria, che quella che c’è non basta a contenere tutta la cultura che in questa casa, signora mia, abbonda.
In realtà basta e avanza, ma mi sono rimasti in solaio i fumetti, i cidi e i divuddì,  e ho ancora tutta la collezione di Comix da riportare a casa, che il mio cuore sanguina a saperla nel solaio di mio papà.
Di seguito dovrei comprarmi un divano, che quello che mi ha regalato la vicina è scomodo e vecchio e il gatto me lo sta facendo a pezzi, ma anche quello nuovo me lo farebbe a pezzi, perciò non so se mi conviene. Inoltre per trovare i soldi dovrei vendere il cane a un circolo di punkabbestia, che è uno di quei posti dove questi individui si incontrano per allenarsi a suonare i bonghi, tirare per aria le cose che prendono al volo e soprattutto pianificare intelligenti strategie di marketing che facciano presa sui passanti e li convincano a sganciare i due spicci per la birretta. L’ultima volta che li ho visti erano orientati verso una tecnica di approccio informale con uno slogan di facile presa sul cliente, che trasmetta familiarità e calore, e nel contempo arrivi in fretta all’obiettivo, così da ottimizzare i tempi: “ciao, me lo dai un euro?”.

2. E il corso di improvvisazione teatrale?
Contrariamente alla casa quello va avanti molto bene, e si sta avviando allegro alla sua conclusione: domenica 8 giugno alle 20 ci sarà il saggio di fine corso, aperto al pubblico, e sono combattuto fra il non dirlo a nessuno per l’angoscia di fare una figura di merda e il dirlo a tutti perché resto un gran vanitoso, e siccome alla fine sticazzi venite a vedermi che i miei compagni di corso sono molto bravi.
Sono anche belle persone, e mi fa piacere che con alcune di queste sia nata una bella amicizia, e se con altre invece si stanno raffreddando i rapporti la colpa è solo la loro e della loro invadenza malata. A questo proposito credo di dover rispondere a una domanda duebis.

2bis. “Ma voi due avete una relazione?”
Si. Ce l’abbiamo tutti  e due. La sua la conosci, la mia no, e non sono cazzi tuoi. Perciò sarebbe il caso che la piantassi di fare domande in giro a me, a lei, agli amici e ai compagni di corso, neanche avessi dodici anni. Sei una frustrata. E non hai dignità.

3. Sei stato al cinema di recente?
Alcune volte, ho visto perlopiù delle vaccate immonde, tipo Lei, che è la storia di un tizio che si innamora di Windows Vista e poi questo lo pianta piantandosi, come fa sempre Windows Vista. La voce di Micaela Ramazzotti rende tutto molto più sgradevole.
Poi ho visto Grand Budapest Hotel di Wes Anderson, che mi ha fatto venire voglia di guardarmi tutto quello che ho perso di Wes Anderson dopo I Tenenbaum, e anche di riguardarmi I Tenenbaum. Però il film in stop motion con gli scoiattoli non credo di farcela.
Poi ho visto Capitan America: Il Soldato D’Inverno, dove il Soldato D’Inverno è un personaggio che se non ce l’avessero messo andava bene lo stesso, che salta fuori negli ultimi cinque minuti e prende solo una risma di cazzotti. Però radere al suolo Washington e dichiarare la missione un successo mi fa capire che lo SHIELD è guidato da repubblicani.
Credo di avere visto anche qualcos’altro, ma in questo momento mi sfugge.

4. L’hai finito Skyrim?
Macché, sono sempre lì che giro per le montagne menando orchi e vampiri, ma mi sono un po’ stufato, che alla fine è sempre la stessa roba, entra in una grotta, ammazza i cattivi, raccatta cianfrusaglie, torna in paese e rivendile, accumula punti esperienza. Quando sei già così forte che riesci a battere ogni avversario perde tutto un po’ di senso, forse dovrei ritirarmi in una casa isolata nei boschi e scrivere un libro: La mia vita da argoniano.
Però nel frattempo ho finito Far Cry 3, che mi sono anche divertito ad andare in giro a sparare ai pirati, ma a me piace più sparare che spadare, va detto.

5. Sei in giro stasera?
No, vado a teatro. E neanche domani, che rivado a teatro ma sto sul palco, e no, non potete venirmi a vedere, che sono lezioni private, c’è una tizia seduta su una sedia e io e altri dieci quindici individui ci avviciniamo tutti nudi e poi succede delle robe che non vi dico, ma se avete dello yogurt in casa è arrivato il momento di mangiarlo.

 

A parte dormire, che a dormire in una domenica troppo calda son capaci tutti, basta mettersi sul letto a fare qualunque altra cosa e finisci per svegliarti due ore dopo in un lago di sudore. Per esempio mi è già capitato di mettermi sul letto a stirare, o a girare la polenta, e dopo dieci minuti SBAMM! bello lungo. No, dormire in una domenica troppo calda sarebbe da evitare, anche perché poi arrivi alla sera, quando si dorme anche bene, che non hai più sonno, e stai a tirare le due a parlare col cane, che lui invece vorrebbe dormire, è stanco, ha boccheggiato tutto il pomeriggio.

Puoi aprire tutte le finestre e metterti a giocare a Skyrim, ma le finestre aperte sbattono, che fa un caldo maiale, ma c’è anche corrente, e già stamattina ti sei svegliato tappato come neanche in quegli inverni gelati in cui uno si tappa le vie respiratorie solo per restare più caldo, e a dirla tutta neanche Skyrim è una buona idea, che prima dovresti aprire il computer e pulirlo, che pure lui è tappato dalla polvere e quando fai qualcosa di più impegnativo che spostare il cursore del mouse comincia a sbuffare e ti sembra di maneggiare il ferro da stiro.

Potresti pulire il computer, ma ci vogliono i cacciavite a stella, e finora hai comprato solo quelli piatti perché ti sembrava che fosse una buona idea. Come quella volta che hai tolto i dadi alla ruota della bici di tua sorella per vedere cosa succedeva e lei è caduta e si è sfrantata tutti i denti, lo stesso tipo di buona idea.

Potresti smettere di pensare alle buone idee, e quello si, potresti farlo davvero, ma non è un’attività che ti porta via parecchio tempo, smetti di farlo, basta, finito. E poi?

Potresti stirare. Hahhaahhahhaahahaha! Ochei, e poi?

Potresti uscire e affrontare il caldo della strada e poi alzare la testa e vedere se si può convincere il drago appollaiato sul tetto ad alitare in un’altra direzione, ma solo uscire dal portone è rischioso, ultimamente mi dicono spesso che sono un anziano, e questa mia nuova condizione mi impone di restare chiuso in casa nelle ore più calde e bere molti liquidi, e dato che le ore più calde di questa domenica sono dalle otto di mattina alle undici di sera mi sa che uscirò pochissimo e molto tardi.

Potresti studiare la chitarra, guardarti un film, leggere i fumetti, telefonare alla ragazza, morire, cambiare le lenzuola, fare la lavatrice, preparare la cena, finire un libro, scrivere, costruire un robottone, chiuderti in cantina, terminare tutte le birre in frigo, ciattare su feisbu con qualche amico simpatico, insultarne qualcuno antipatico, approfondire la conoscenza con qualcuno che non hai ancora capito se ti sta simpatico o antipatico e poi regolarti di conseguenza, potresti fare una lista di cose da fare, potresti cominciarla solamente e poi interromperla sul più bello senza neanche metterci un punto

(qui c’è l’introduzione, se non sapete in quale ginepraio vi state infilando)

Ragazzi, cominciamo male. Il post che segue è stato il primo che ho scritto, circa tre settimane fa, e dovrebbe essere il primo di una serie potenzialmente infinita che andrei preparando con pazienza certosina e tempo sufficiente grazie alla cadenza settimanale. Dopo questo ne ho già pronto almeno un altro, e un quarto già abbozzato, ma in questa settimana avrei dovuto lavorare al quinto episodio, o perlomeno completare il quarto, e invece lo sapete cos’ho fatto? Ho ammazzato mummie, vampiri e banditi sulle alture di Skyrim, e stamattina ero già bello pronto a saltare l’appuntamento con la rubrica musicale per vedere se riesco a installare xp su un portatile che gira sotto linux utilizzando l’unico ingresso disponibile, una chiavetta usb. Vabbè, vedremo come va, nel frattempo cuccatevi la prima puntata (cristo quanto sono anni ’80 stamattina!).

1.
Il mio viaggio parte da Genova, e non potrebbe essere altrimenti, visto che è la città cui, almeno culturalmente, appartengo. E poi buona parte dei miei viaggi reali partono da Genova, ed è stato così per tantissime persone, quando si viaggiava per nave verso paesi che non si sapevano neanche pronunciare e non ci si andava per fare i turisti. Insomma, Genova è una partenza perfetta per un viaggio, anche per uno musicale, che qui il difficile è trovare qualcuno che non ha mai suonato uno strumento.

Uno pensa a Genova e subito dice De Andrè, e verrebbe anche bene, che poi ci si può attaccare idealmente la Francia di Brassens, ma se partissi da lui dove starebbe la ricerca?

Ho deciso quindi di partire da Bruno Lauzi, che sebbene fosse nato in Eritrea è giustamente considerato uno dei fondatori della scuola genovese dei cantautori.

Una sera, saranno otto anni fa, mi trovavo alla festa di compleanno di Gino Paoli. Questo farebbe di me un vip, se non fosse che ero solo uno fra le migliaia di invitati, e che il genetliaco si teneva su un palco alla Festa dell’Unità, molto fuori l’area della festa, lontanissimo dall’area della festa, su una spianata di cemento che dovemmo camminare tutti per mezz’ora.

Una volta lì c’era una bella spiaggia, ci raccontò dal palco Gino Paoli, dove lui e i suoi amici andavano ad abbronzarsi e a rimorchiare. Probabilmente doveva essere quando Paoli e i suoi amici partecipavano al Festival di Sanremo, avevo pensato, che la distanza percorsa per raggiungere quel luogo mi faceva sentire più vicino alla città dei fiori che non a quella della Lanterna.

Poi aveva introdotto i suoi amici, venuti fin lì (in macchina, loro) per celebrare i settant’anni del cantautore, e ognuno aveva cantato uno o due pezzi.

C’era stato Baccini, quel noioso di Vittorio De Scalzi, ma su tutti mi ricordo di Bruno Lauzi.

Aveva questa voce potente, che non ti aspetteresti da un malato di parkinson, e infatti lo disse anche lui; poi fece un’altra battuta sulla sua malattia, non me la ricordo, ma ridemmo tutti, e pensai che sarà stato anche basso, ma piccolo proprio no, quello lì era un gigante.

Era un uomo divertente, esordì spacciandosi per cantante brasiliano, con un singolo in dialetto genovese, “U frigideiru”, si esibì al Derby di Milano come cabarettista, e me lo ricordo negli anni ’80 a fare da spalla a Francesco Salvi in un noir a puntate ambientato al Festival di Sanremo, all’interno di Megasalvishow.

Non era solo un cantante ironico, altrimenti sarebbe stato relegato nella categoria dei “cantanti demenziali” (definizione di per sé demenziale, visto che accomuna artisti diversissimi come Elio e le storie tese, Gigi Sabani e Checco Zalone): è stato interprete dei classici della canzone italiana, come Ritornerai, Amore Caro Amore Bello, ha scritto L’Appuntamento alla Vanoni, Piccolo Uomo a Mia Martini, Johnny Bassotto a Lino Toffolo, che poi è quella che conosco meglio, e la sua La Tartaruga mi ha accompagnato per tutta l’infanzia.

Quella che ho scelto come brano di partenza per il mio viaggio è una cover, che mi permetterà di uscire dall’Italia, imbarcarmi su una nave e attraversare l’oceano. La versione cantata da Lauzi non segue granché il testo originale, e fa parte di quel repertorio ironico che meglio rappresenta il personaggio in questione.

Ochei, la prima è andata. La prossima settimana saremo negli Stati Uniti, su ci sarebbe da scrivere per mesi, ma non mi voglio fossilizzare su un paese soltanto, quindi li affronteremo in maniera trasversale e ce ne andremo altrove, tanto al limite ci sarà tempo per tornarci. Se volete, intanto che aspettate, potete cercare di indovinare di chi parleremo mercoledì prossimo.

(continua)