Quando lo scrittore non ha niente da pubblicare e una scadenza che gli rosicchia i piedi di solito s’inventa le cose. Tanto è uno scrittore, può.
Il casino è che le sue libertà sono male accettate dai lettori, e capita che in seguito alla pubblicazione su feisbu di un video in cui sta ai giardini di plastica a bere la birra più amara del mondo, riceva una miriade di commenti velenosi che gli suggeriscono di chiudersi in casa a scrivere. Non c’è Neil Gaiman a perorare la sua causa dicendo “No, neanche Pablo Renzi è la vostra puttana, fatevene una ragione”, l’unica soluzione è raccontare le cose come stanno veramente, senza palle.
Quindi, cari lettori, la verità quella vera veramente è che non sto pubblicando niente per una ragione alquanto triste.

È successo che è morta Marta, e sono andato a Milano al rosario, perché eravamo amici di famiglia.
C’era tutta la Milano che conta, il conte Crodini, il presidente dell’Inter, la blogger che viaggia e mangia, e due mariachi con la tromba e la chitarra che vivacizzavano l’open bar, che di solito questi rosari son di una noia..

Ero lì che porgevo le più sentite condoglianze alla povera nipote, cercando di non guardarle dentro la scollatura, quando ho notato una figura familiare che si nascondeva dietro al feretro.
Era Ambrogio il maggiordomo. Ho cercato di non far vedere che l’avevo notato, ma sul volto mi si è dipinta una smorfia, perché dove c’è lui c’è sempre la sua padrona, la contessa Serbelloni Mazzate Sulle Palle, con la quale condivido della ruggine antica.
La bionda nipote di Marta ha capito che qualcosa non andava e mi ha suggerito di accompagnarla in terrazza a prendere una boccata d’aria, ma così facendo siamo passati proprio davanti all’ambrogiordomo, che preso da imbarazzo si è infilato nella bara. La cassa era solida, che i becchini milanesi non lesinano certo sul palissandro quando si tratta di sotterrare un personaggio famoso, ma lo stesso non si poteva dire dei cavalletti su cui appoggiava. Chi li ha scelti nel reparto pittura di Leroy Merlin non poteva certo immaginare che avrebbero dovuto sostenere il peso di un cadavere più un uomo sulla quarantina tendente alla pinguetudine, che la vita di un autista maggiordomo non è proprio quella dell’atleta, soprattutto da quando ha sostituito i cioccolatini con le mozzarelle ciliegine.

Lo scricchiolio è stato coperto dalla tromba dei mariachi, ma lo schianto ha fatto girare proprio tutti.
C’era Ambrogio per terra abbracciato alla fu Marta. Le aveva anche mezzo sfilato l’abito. Non voglio pensar male, sono sicuro che è stato un tentativo di aggrapparsi a qualcosa e non un bisogno così impellente di riprodursi da non guardare in faccia nessuno neanche i morti, anche perché ho sentito dire che ogni tanto la contessa gli paga lo straordinario in natura, e ha ancora una discreta carrozzeria, considerati gli anni. Fatto sta che quando ci siamo girati c’era Ambrogio con la faccia premuta contro le tette nude di Marta, che erano già rinsecchite quand’era viva.

La nipote ancora un po’ sviene, sono intervenuti in tre per portarle chi i sali, chi un gin tonic, chi un paio di grammi di peruviana. Io non avevo più niente da fare, mi sono diretto al bar, rimasto incustodito. E ci ho incontrato la contessa.

Il gelo. Non poteva fare finta di non vedermi, le ero di fronte, e visto il risultato ottenuto dal suo accompagnatore ha preferito affrontarmi senza troppe menate. “Ciao”, mi ha detto, come avrebbe potuto dirlo la protagonista della serata da dentro la bara.
“Ciao il cazzo”, ho risposto, che a me la falsa cortesia fa girare i coglioni, e se devo prenderti a calci preferisco saltare i preliminari e puntare dritto al tuo culone.
“Quand’è che sgomberi i tuoi stracci?”, ho aggiunto, perché capisse subito dove volevo arrivare.

È successo che io e la contessa ci stiamo litigando da anni un antico maniero in Scozia. Il giudice sostiene che il legittimo proprietario sia io, avendolo acquistato a un’asta di oggetti smarriti l’anno scorso; lei dice che è un cimelio di famiglia, che è ancora abitato dal fantasma di suo nonno e quindi diventa suo per una sorta di usucapione metafisica.
È vero, un fantasma in effetti c’è, ma non è quello di suo nonno. È Mike Bongiorno. Quando venne trafugata la sua salma lo nascosero nella cantina del castello, e all’avvenuto pagamento del riscatto (perché è stato pagato un riscatto, non credete ai giornali) i sequestratori buttarono i resti di una cena a base di cinghiale in un sacco di iuta e restituirono quelli.
Ora, a meno che la contessa non sia una nipote illegittima del re del telequiz, ha cercato di rifilarmi una delle sue solite minchiate.
Non è nuova a questo tipo di atteggiamento, è il tipo di persona che ti entra in casa quando non ci sei per prendersi una bottiglia di vino da offrire all’ospite, e siccome non ha le chiavi ti fa buttare giù la porta da un suo cugino che fa quei mestieri in cui ci si arrangia poverino è quello sfortunato della famiglia cerchiamo di aiutarlo un po’ tutti, e per non svegliare tutto il quartiere ti avvelena i cani da guardia.

“Non mi sembra il luogo adatto”, ha tentato di difendersi lei, ma visto che non accennavo a smettere di aggredirla ha adottato la tecnica di difesa del riccio, si è appallottolata sul pavimento e ha aspettato che passasse l’ondata di merda.
Non avete idea del fastidio che mi da litigare con qualcuno che neanche ci prova a difendersi. È un’ammissione implicita delle proprie colpe, e va bene, ma mi toglie tutto il divertimento della retorica. È come vincere una causa per telefono, ma che gusto c’è? Perry Mason sarebbe d’accordo con me.

Non potendo averla vinta sul piano verbale le ho versato addosso il secchiello del ghiaccio, tanto la bottiglia di Veuve Cliquot non c’era più, se l’era bevuta un famoso blogger che si chiama come il Presidente del Consiglio neanche mezz’ora prima, e me ne sono andato.

Mi ha fermato Ambrogio, scampato chissà come al linciaggio e desideroso di riscatto agli occhi della sua padrona. “Eh no! Questo è troppo!”, ha esclamato.
“E quindi?”, gli ho chiesto.
“Eh.. beh.. magari bisognerebbe.. ecco.. un po’ meno..”

Me ne sono andato, se c’è una cosa che mi fa cagare sono i pavidi. Ma soprattutto è arrivato il marito della povera nipote, che ha fatto chiudere l’open bar e la bara, dichiarato concluso il rosario e distribuito inviti non trasferibili per partecipare al funerale vichingo sullo yacht di famiglia presso l’isola di Terceira, nelle Azzorre.

Sto preparando la valigia, dovrei tornare entro la metà di agosto. Se trovo il tempo scrivo due righe da là, ma non so se c’è il wi-fi. Sennò ci rivediamo a settembre.
Buone vacanze!