Che poi ci sono persone che semplicemente non dovrebbero morire mai, non è previsto nel contratto che le ha legate alla nostra esperienza. Certi cantanti, attori, i nostri genitori. Non è necessario che facciano qualcosa, possono anche ritirarsi in casa e non uscire più, non incidere più nessun disco (e il più delle volte quello è auspicabile), sarebbe sufficiente saperli lì, a irradiare sicurezza. Quando se ne vanno tradiscono le tue aspettative, anche se te l’aspettavi, se erano malati da anni, è comunque una condizione sbagliata. Non era previsto che si licenziassero.

Io un po’ mi ci incazzo che Villaggio sia morto invece di ritirarsi in una pensione eterna dove ogni tanto lo va a intervistare la conduttrice di qualche programma della mattina su Raidue. E mi ci incazzerò ancora di più quando ad andarsene saranno i miei idoli veri. Per me il 2016 è stato devastante, per dire. David Bowie, Prince, George Michael, Gene Wilder e la Principessa Leila. Leila, non Leia, sono nato nel 1972 e per me è Leila, punto. E non Carrie Fisher, per quanto volessi bene all’attrice per me lo scorso dicembre è morta la mia principessa delle favole.

E oggi se n’è andato il ragioniere, non il prestigiatore maleducato o l’attore macchietta che oltretutto tifava per quell’altra squadra di Genova.  Era genovese, e un po’ di campanilismo viene fuori, forse perché oggi da queste parti i comici bravi scarseggiano (non che altrove..), e quando se ne va uno di quel livello ti girano le balle. Che poi i suoi libri mi facevano ridere, i film già meno, ma è anche vero che dopo i primi due diretti da Luciano Salce non aveva più niente da dire, era patetico e sopravviveva a sé stesso come Massimo Boldi e Christian De Sica. Anche come Vasco, avrei detto fino a sabato mattina, poi quello ha radunato 220.000 paganti al concerto di Modena, lui che fuori dall’Italia è un perfetto sconosciuto è riuscito dove neanche i Rolling Stones, adesso diventa difficile  dargli del rottame. Magari domani Boldi fa il film dell’anno, che ne so.
Poi va a ritirare il leone d’oro e dice bestia che roba e tutti i fotografi gli tirano addosso la nikon.

Oppure no, aspettano che muoia, è più sicuro. Se riscopri qualcuno da vivo e inizi a celebrarlo poi devi essere coerente e mantenere l’attenzione su di lui, dargli l’opportunità di riscattarsi da decenni di macchietta. Non puoi andare controcorrente e dire che Paolo Villaggio è un grande attore e uno scrittore che avercene, finché è vivo. Conviene aspettare che muoia, a quel punto ti basta scrivere due righe e ne vieni fuori come l’esperto che se fosse dipeso da te, uh, vedevi che carriera faceva quello.
Mi spiace per Boldi, sarebbe stato interessante vederlo recitare in un film di Bellocchio, toccherà osannarlo anche lui quando non ci sarà più.
Spero che succeda il più tardi possibile, nel caso.

Oggi dal panettiere ho speso 6 euri e 66, e la signora dietro il banco ha commentato “Brrr! Satana!”.
Per tranquillizzarla le ho detto che il mio conto era 659.34 euri più basso del numero della Bestia, e che comunque non credo che il Diavolo mangi le rosette, ma nel caso immagino che sarebbe un ottimo cliente, con tutti i dipendenti che ha ne dovrebbe comprare tantissime.

Uscito di lì ho continuato a ragionare su questa faccenda del Diavolo, e mi sono reso conto che forse lo abbiamo sempre consideriamo una figura negativa a torto, rifacendoci a un’immagine stereotipata di lui che ci tramandiamo da così tanto tempo da averne ormai perso l’origine, ma soprattutto basandoci su racconti messi in giro proprio dai suoi diretti avversari.
Dico, non vi sembra strano? Ci sono due forze uguali ed opposte che si contendono le anime degli esseri umani, e una sola delle due ha stabilito che lei e solo lei è quella che rappresenta il bene, e si è messa a raccontarlo a tutti. Non contenta, ha preso a screditare la forza rivale attribuendole le peggiori carognate che le passassero per la mente. È come se alla vigilia delle elezioni per la poltrona di sindaco solo uno dei due candidati si mettesse a fare campagna elettorale, e tappezzasse la città di manifesti che dicono che il suo avversario è un ladro e un puttaniere. Satana potrebbe addirittura essere la prima vittima di pregiudizi della storia.

Cominciamo dall’inizio e cerchiamo innanzitutto di capire di chi stiamo parlando. Mi scuso coi cattolici più esperti per le eventuali imprecisioni, ma l’ultima volta che ho frequentato catechismo avevo dodici anni e il parroco mi cacciò perché leggevo i fumetti invece di ascoltare la parola del Signore.

Dio è un essere soprannaturale, invisibile e onnipresente. È potentissimo, può generare dal nulla qualunque cosa gli venga in mente, infondere la vita, dare la morte, e sa le cose leggendoti nel pensiero. Sarebbe un supereroe praticamente invincibile, e forse è per questo che nessuno gli ha mai dedicato una serie.

Satana, per la tradizione cristiana, si chiamava inizialmente Lucifero, era l’angelo più bello di tutti e ne era consapevole, tanto che un giorno decise di ribellarsi al suo creatore (Dio) e gli mosse guerra, facendosi aiutare da un terzo delle schiere celesti. Venne sconfitto e precipitò all’inferno, diventando Satana, l’Avversario.
E qui ci sarebbe molto da leggere fra le righe. In pratica in paradiso Dio era il capo e Lucifero un suo dipendente; quando viene licenziato (e bisognerebbe vedere se c’era la giusta causa) se ne va all’inferno, che all’epoca è un posto come un altro, e lo trasforma. Oggi quando pensiamo all’inferno e al paradiso li consideriamo due entità uguali ed opposte, e il merito è tutto del vecchio Satana e delle sue straordinarie capacità manageriali.

Da lì in avanti le cose hanno preso una piega ben precisa: da un lato la cristianità ha lanciato una campagna mistificatoria contro il diavolo, descrivendolo come un essere malvagio e con le corna, zampe caprine e coda, che è un atteggiamento anche infantile, se vogliamo; dall’altro Satana ha portato avanti il suo piano in silenzio, senza proclami e senza una struttura organizzata e penetrante come la chiesa. Ci sarebbe da chiedersi perché non abbia cercato di rispondere agli attacchi almeno sul piano organizzativo, ma non sottovalutiamolo, ha già dimostrato di avere spiccate qualità gestionali, evidentemente ha un piano e non è ancora il momento di comunicarlo. Di certo il tenersi fuori dall’agone mediatico gli conferisce un certo stile.

Adesso immagino che alcuni di voi contesteranno la mia affermazione, ricordandomi che esistono sette religiose che si ispirano al suo nome, e che non sono certo composte di brava gente. È vero, ci sono, ma sono un numero talmente esiguo che possono essere tranquillamente etichettati come dei poveri matti. Voglio chiedervi però di considerare anche i danni inflitti dalla chiesa: se mettessimo su una bilancia il sangue versato in nome del diavolo e quello versato in nome di dio quale peserebbe di più?

Confronti di questo tipo se ne possono fare a decine, e ogni volta ne esce scornata la figura che corna non ha, vogliamo parlare della musica sacra e di quella diabolica? Da un lato canti gregoriani e bravi ragazzi per bene, dall’altra praticamente tutto il rock’n’roll, il jazz e il blues. Voglio dire, preferireste sedervi a un tavolo con Claudio Baglioni e Gigi D’Alessio o con i Led Zeppelin e Miles Davis?

Negli ultimi tempi anche la figura impeccabile della chiesa ha cominciato a mostrare segni di logoramento, i preti pedofili, un papa sempre più mefistofelico (non me ne voglia il diavolo se utilizzo ancora questi aggettivi denigranti, ma è solo per praticità), proibizioni anacronistiche e al di fuori della realtà ci hanno mostrato come il confine che separa i due poteri supremi è sempre più sottile. Dall’altra parte, invece, sempre lo stesso silenzio, che potremmo riassumere in un rassicurante “fai un po’ quel che ti pare”.

Già, il diavolo non ti impone alcun comportamento, non vuole sapere con chi vai a letto e se sei fedele a tuo marito, non ti impegna le domeniche e non vuole il tuo otto per mille. È talmente discreto che potresti credere che non esista. Eppure noi continuiamo ad affidare le nostre anime a quell’altro, che a ben vedere è un incredibile scassacazzi, e solo perché è stato lui a chiedercelo. Ci ha detto di essere buono e noi tutti dietro, ci ha detto che se non facciamo come dice verremo spediti in un posto orrendo in balìa di un essere malvagio, e ci siamo presi paura e gli abbiamo ubbidito. Cazzo, se si fosse candidato a presidente del consiglio lo avremmo addirittura votato, ammaliati dalla promessa di un milione di posti di lavoro e spaventati dal pericolo di cadere nelle mani dei comunisti!

Scegliendo da che parte stare abbiamo messo da parte la nostra razionalità, ci siamo bevuti delle storie senza uno straccio di prova che fossero autentiche e ci abbiamo creduto con una tale intensità da farle diventare dei dogmi, ovvero dei princìpi che vanno accettati come atti di fede. Tommaso D’Aquino nella Summa Theologiae scrive “Se il nostro avversario non crede alla rivelazione divina, non vi è più alcun mezzo di provare gli articoli di fede col ragionamento, ma solo di rispondere alle sue obiezioni – se ne ha – contro la fede”, che credo significhi, in pratica, “fidati e basta”. Il risultato è che tutto quello che sappiamo oggi sul diavolo ce l’ha detto dio.

Credo sia venuto il momento di dire basta a questa campagna denigratoria e di riabilitare il nome del Gran Cornuto, e mi piacerebbe chiudere con un’immagine positiva del Diavolo, ma se cerco su Google “good devil” trovo soltanto foto di elefanti, e non mi pare proprio il caso. Pazienza, farò a meno dell’immagine, quel che conta è che da oggi tutti ci si impegni un po’ di più a ripulire la figura di Satana. Bastano piccoli gesti quotidiani, tipo chiedersi “Ma che Dio succede?”, oppure mostrare il gesto delle corna per sottolineare qualcosa di positivo (come già fanno i rocchettari duri e puri), o far circolare proverbi edulcorati in cui la figura malvagia è rappresentata da qualche altra categoria professionale, magari gli avvocati (a proposito, d’ora in avanti quando volete stare sopra le parti dite che fate l’”avvocato dell’arbitro”): la farina dell’avvocato, il tranviere fa le pentole ma non i coperchi, tua madre non è brutta come la si dipinge e così via.

Già ero.. seccato (esiste un termine più fedele per “disappointed”?) che il post che volevo scrivere se lo fosse preso qualcun altro, e senza neanche la possibilità di lamentarmi, che non puoi protestare quando il tuo pensiero emigra nella testa di chi ti vive accanto, conferma solo che siete molto simili, ma il pezzo che avevo cominciato, e che si intitolava Impressioni di Settembre, è stato inghiottito dalla rete per colpa di un errore di splinder che non sto a spiegare perché non sono un noiosissimo ingegnere. Parlava del perché non scriverò quello che mi gira in testa da giorni, riguardante le bellissime sensazioni che mi riaccendono certe canzoni.
Che tutto è cominciato da quando ho cambiato la musica nel telefono, che me la ascolto in treno, la domenica, mentre vado allo stadio, e poi ancora allo stadio, mentre aspetto il mio socio, anche se lì è più complicato, con tutta la gente che parla chiama grida canta offende Cassano, ci vorrebbero delle casse grosse così.
E’ un peccato che non possiate leggere che i primi due brani di cui avrei parlato se il mio post precedente fosse ancora vivo fossero quelli di cui non avrei potuto parlare perché già recensiti dalla mia fidanzata, perché secondo me, quando passa in cuffia, Last Minute è una perla elettrica, in cui ogni componente, la musica, le parole, l’arrangiamento, la metrica, contribuiscono a farne una delle più belle canzoni italiane degli ultimi anni. E non vedo l’ora di essere seduto nelle prime file del Carlo Felice (in galleria no, che ha un’acustica che fa cagare) per ascoltarla dal vivo.
Poi sarà perché viene subito dopo nella lista di brani, o perché le chitarre producono un suono molto simile, ma ultimamente ogni volta che ascolto quella canzone mi viene da andarmi ad ascoltare Cowgirl in the Sand.
Che io Neil Young l’ho scoperto tardi, durante un rigetto per tutta la musica che avevo in casa, e che conoscevo ormai a memoria. Ricordavo di lui una vecchia ballata, Harvest Moon, uscita in quel 1992 foriero di tante novità, prima fra tutte Mtv Uk, che mi arrivava attraverso le frequenze di Telecittà. Fu una rivoluzione per me, che non avevo mai visto un videoclip intero, e muovevo allora, con molto ritardo, i primi passi nel mondo della musica oltre quelle tre quattro cassette che giravano per casa.
Ecco, la passione per quel canadese anarchico è rimasta in incubazione per più di quindici anni, e adesso sta maturando.

E poi, se volessi scrivere ancora quel post a tema musicale, chiuderei con un brano che mi gira nelle orecchie almeno un paio di volte al giorno, e che sarebbe il titolo di un post che non scriverò probabilmente mai: Sympathy For The Devil.
E di cosa puoi parlare in un pezzo che si intitola così? Di Berlusconi? Di Ming The Merciless? Naah, anche riferendosi al più subdolo dei manigoldi faresti un torto al più elegante, astuto, affascinante dei cattivi, il Grande Cornuto, e di conseguenza anche a questo pezzo, che del personaggio ispiratore mantiene inalterata la classe, che scuote senza eccedere, che trasmette tutta l’energia di quarant’anni fa, esattamente il 6 dicembre 1968, senza mostrare la tela neanche su una nota.

Ecco, mi sarebbe piaciuto scriverlo, un omaggio alla “musica che mi gira intorno”, ma è già mezzanotte passata, e quello che avevo cominciato a scrivere è andato perso.

Pazienza, sarà per un’altra volta.

Già ero.. seccato (esiste un termine più fedele per “disappointed”?) che il post che volevo scrivere se lo fosse preso qualcun altro, e senza neanche la possibilità di lamentarmi, che non puoi protestare quando il tuo pensiero emigra nella testa di chi ti vive accanto, conferma solo che siete molto simili, ma il pezzo che avevo cominciato, e che si intitolava Impressioni di Settembre, è stato inghiottito dalla rete per colpa di un errore di splinder che non sto a spiegare perché non sono un noiosissimo ingegnere. Parlava del perché non scriverò quello che mi gira in testa da giorni, riguardante le bellissime sensazioni che mi riaccendono certe canzoni.
Che tutto è cominciato da quando ho cambiato la musica nel telefono, che me la ascolto in treno, la domenica, mentre vado allo stadio, e poi ancora allo stadio, mentre aspetto il mio socio, anche se lì è più complicato, con tutta la gente che parla chiama grida canta offende Cassano, ci vorrebbero delle casse grosse così.
E’ un peccato che non possiate leggere che i primi due brani di cui avrei parlato se il mio post precedente fosse ancora vivo fossero quelli di cui non avrei potuto parlare perché già recensiti dalla mia fidanzata, perché secondo me, quando passa in cuffia, Last Minute è una perla elettrica, in cui ogni componente, la musica, le parole, l’arrangiamento, la metrica, contribuiscono a farne una delle più belle canzoni italiane degli ultimi anni. E non vedo l’ora di essere seduto nelle prime file del Carlo Felice (in galleria no, che ha un’acustica che fa cagare) per ascoltarla dal vivo.
Poi sarà perché viene subito dopo nella lista di brani, o perché le chitarre producono un suono molto simile, ma ultimamente ogni volta che ascolto quella canzone mi viene da andarmi ad ascoltare Cowgirl in the Sand.
Che io Neil Young l’ho scoperto tardi, durante un rigetto per tutta la musica che avevo in casa, e che conoscevo ormai a memoria. Ricordavo di lui una vecchia ballata, Harvest Moon, uscita in quel 1992 foriero di tante novità, prima fra tutte Mtv Uk, che mi arrivava attraverso le frequenze di Telecittà. Fu una rivoluzione per me, che non avevo mai visto un videoclip intero, e muovevo allora, con molto ritardo, i primi passi nel mondo della musica oltre quelle tre quattro cassette che giravano per casa.
Ecco, la passione per quel canadese anarchico è rimasta in incubazione per più di quindici anni, e adesso sta maturando.

E poi, se volessi scrivere ancora quel post a tema musicale, chiuderei con un brano che mi gira nelle orecchie almeno un paio di volte al giorno, e che sarebbe il titolo di un post che non scriverò probabilmente mai: Sympathy For The Devil.
E di cosa puoi parlare in un pezzo che si intitola così? Di Berlusconi? Di Ming The Merciless? Naah, anche riferendosi al più subdolo dei manigoldi faresti un torto al più elegante, astuto, affascinante dei cattivi, il Grande Cornuto, e di conseguenza anche a questo pezzo, che del personaggio ispiratore mantiene inalterata la classe, che scuote senza eccedere, che trasmette tutta l’energia di quarant’anni fa, esattamente il 6 dicembre 1968, senza mostrare la tela neanche su una nota.

Ecco, mi sarebbe piaciuto scriverlo, un omaggio alla “musica che mi gira intorno”, ma è già mezzanotte passata, e quello che avevo cominciato a scrivere è andato perso.

Pazienza, sarà per un’altra volta.