Vent’anni che te ne sei andato e vabbè, quand’è successo Freddie Mercury era già sei anni che lo rimpiangevamo, qualcuno neanche se n’è accorto, io per esempio ho dovuto andare fino ad Atene a scovare il tuo disco in un negozietto della Plaka per entrare nell’ordine giusto di idee e rendermi conto che avevamo perso qualcosa di grande, che se me lo fossi comprato al Porto Antico in quel grosso negozio che adesso non c’è più forse non avrebbe avuto lo stesso peso, l’avrei ascoltato tornando a casa in macchina e avrei detto vabbè, bell’atmosfera, e poi avrei messo su qualcosa che conoscevo meglio.

Così invece, al buio, in una stanza che neanche era la mia, con addosso quell’elettricità che ti viene quando sei in vacanza da solo in un paese che non conosci dove neanche sai leggere i cartelli e la tua unica compagnia è un tizio inquietante che va in giro con un caffetano nero e una pettinatura che neanche Scialpi, beh, l’effetto è stato lo stesso di un fiume che straripa dopo una pioggia intensa, ma senza l’odore di fangazza che resta dopo, sebbene dopo, nella stanza, ci fosse una puzza anche peggiore, ma giuro che non è stata colpa mia.

E non farmi parlare di quella sera in cui qualcuno a teatro ha messo su Hallelujah alla fine di una lezione difficile, perché quella volta lì altro che esondazione, è stato il Vajont, scusa il paragone, ma i tempi necessari alla bonifica e alla ricostruzione dopo l’onda sono stati pressappoco gli stessi, così come il panorama di chi mi guardava passare piatto e grigio, un orizzonte di morte da cui emergeva solo qualche detrito triste.

Lo so, scusa, non si parla di acqua in casa dell’annegato, come di corda in quella dell’impiccato o di politica in casa di mio papà sennò ti attacca dei pipponi che non finiscono più. Però sarebbe bello che dopo vent’anni di silenzio saltassi fuori dicendo dai, scherzavo, non sono morto, ero nascosto su un’isola deserta insieme a Amy Winehouse, abbiamo trombato come ricci per tutto questo tempo, ragazzi, che figata. Come dite? No no, lei è morta davvero, ma la necrofilia sarebbe un reato, perciò..

Che poi bello, insomma, finiresti per pubblicare un nuovo disco, le aspettative sarebbero altissime, e sono sicuro che resteremmo delusi, perché la musica è cambiata, noi siamo invecchiati, e tu a quel punto anche, ed essendo stato vent’anni su un’isola deserta a scoparti un cadavere non sono neanche sicuro che ci staresti tanto con la testa, chissà che roba verrebbe fuori. Immagino il terremoto all’annuncio del disco, i biglietti del tour venduti a un prezzo che uno se sapesse dove posteggiarlo ci si potrebbe comprare lo Shuttle, poi le recensioni sbalordite di chi l’ha sentito in anteprima, lo zoccolo duro dei fans che incaprettano i critici definendoli i soliti snob chiusi nel loro mondo non siete Lester Bangs non siete Carlo Emilio Gadda si fa fatica a capire cosa scrivete bontà di dio (e qui vorrei spezzare una lancia in favore di quei miei due tre amici che mi mettevano in guardia sui Lo Stato Sociale. Mi spiace ammetterlo, ma avevate ragione voi (però questa canzone mi piace lo stesso)), poi il disco esce e i fans li riconosci da lontano, sono quelli che camminano per la strada con gli occhi sgranati e parlano da soli, perché il disco è oltre la merda, è qualcosa che la merda stessa non aveva mai sentito prima di quel momento, è come prendere il peggio della musica mondiale e mescolarlo insieme e farlo cantare a Max Pezzali con arrangiamenti di J-Ax e poi chiedere al bravo cantante Mannarino di farci una cover e far remixare anche quella da.. non so chi ci sia adesso che fa queste cose, io sono rimasto a Fargetta, per me quando si nominava della roba che uno poteva ascoltare a scelta in discoteca o su Radio Deejay capivo che non era aria e me ne andavo a cercare una forchetta da conficcarmi in una tempia. Per fortuna non ne ho mai trovata, sennò questo post conterrebbe molte più virgole.

Insomma, il disco che potresti incidere se tornassi a suonare adesso dopo vent’anni di silenzio e idolatria non credo che sarebbe all’altezza delle aspettative, se mi passi l’understatement. Che poi è un po’ il problema dell’industria dell’intrattenimento, no? Che sia musica o cinema o letteratura fa poca differenza, il nuovo disco dei Guns’n’Roses oggi suona come il nuovo romanzo della famiglia Malaussène di Pennac, o il seguito di Blade Runner a distanza di ere geologiche: qualcosa che magari è pure di qualità, ma perché?

I morti stanno bene dove stanno, Jeff. Spero che tu non sia morto davvero, che stia su un’isola deserta a fare del gran sessone, magari non con quel che resta del cadavere di Amy Winehouse, insomma, anche alla creatività bisogna mettere un freno ad un certo punto, ma comunque a divertirti. E spero che ci resterai, perché siamo andati avanti, e se tornassi sarebbe un po’ come quando è uscito il seguito di Matrix, che uno può decidere di non guardarlo e fingere che non esista, ma tutto il mondo è lì a ricordargli che c’è, e la perfezione di quello che fino a ieri era l’unico Matrix possibile viene sporcata dall’idea che ci sia qualcosa dopo, e quando lo rivedi te lo godi lo stesso, ma meno. E io, scusa, ma Grace è qualcosa che non merita alcun seguito. Per i ricordi che si porta dietro, per la qualità delle canzoni.. Io i dischi postumi neanche li ho ascoltati, e comunque era roba uscita prima, erano demo, era il solito materiale vabbè che le iene buttano fuori per sfruttare il morto fino alla decomposizione.

Resta morto, Jeff. È meglio per tutti.