È l’una e mezza e dovrei andare a dormire, ma ci tenevo a scrivere questa cosa oggi, anche se oggi è già domani e quindi tecnicamente sono già fuori tempo, ma per me domani comincia fra pochissime ore quando suonerà la sveglia, quindi oggi è ancora il 15 luglio 2014, venticinque anni dopo la sera del concerto a Venezia dei Pink Floyd. E mi dirai, stai sveglio per scrivere ‘sta cazzata? Chi se ne frega dei Pink Floyd, g’han lassà un degheio de scoasse e l’unica cosa buona che ne è venuta fuori è stata la canzone dei Pitura Freska, vai a dormire che domani hai pure lezione.

Solo che no, quella sera lì è anche successa una delle cose della vita che quando ti trovi a mettere un sassolino in fila per ogni episodio importante a quella riservi sempre un sassolino molto più grande degli altri, e il fatto che me la ricordi solo perché mi è stata suggerita da una persona che se la ricorda solo perché c’era il concerto di mezzo non ne riduce l’importanza.

Oggi sono venticinque anni che io e Francesco siamo amici, mi piacerebbe raccontare cosa ha significato per me avere vicino una persona così speciale, cosa abbiamo condiviso e quanto mi senta fortunato a sapere che non siamo mai più distanti di una telefonata, ma non mi va, e non so neanche se ne sarei capace, che le parole arrivano solo fino ad un certo punto. E poi tanto lui lo sa, e va bene così.

Ti voglio bene.

Io quando li ho visti suonare quella sera a Modena mi sono detto che quelli lì non erano mica più gli stessi, che alle spalle del trio c’erano tutta una schiera di musicisti che ti facevano domandare che senso avesse oramai esibirsi dal vivo. Mi era tornata in mente una vignetta favolosa di Cavezzali, dove si vedevano questi tre grossi cazzi tristi che suonavano circondati da luci, maiali, muri e martelli, e avevo pensato che era perfetta per quello che stavo vedendo sul palco. 
Poco dopo hanno smesso di esibirsi dal vivo, e anche di pubblicare dischi. E’ uscito il live doppio in confezione figosa con tanto di lucina lampeggiante, che mi sono guardato bene dal comprare, e poi il silenzio, fino alla tanto pubblicizzata riunione per il Laivèit.
Però io quei signori lì non ho mai smesso di volerci bene, e stasera me ne vado a letto con un bel po’ di magone.

banner renzportDomenica viene il Papa a Genova. Non so in cosa consisterà la sua esibizione, perché quando c’era da scegliere se andare a vedere il Papa o i Pink Floyd ho preferito questi ultimi, forte del fatto che il Papa non fa volare maiali, mentre se non fossi andato a vedere i Pink Floyd sarebbero volate delle madonne.
Immagino comunque che il Pontefice si esibirà nel solito repertorio, difesa della famiglia, condanna della legge sull’aborto, preghiera ai fedeli e lancio di colombe come il miglior Silvan. Niente di eccezionale, ma la città è in subbuglio. Sono stati asportati alberi che potrebbero oscurare la vista del Pastore Tedesco, blindati portici e montate transenne, ricreando quell’atmosfera che tanto abbiamo apprezzato sette anni fa per il G8.
Non veniamo a facili conclusioni, questa volta le barriere non serviranno a proteggere Ratzy dalla folla, ma la folla stessa da quei gruppi eversivi e potenzialmente pericolosi che da tempo accompagnano il Papa nei suoi viaggi: i Papa Boys.

Chi sono costoro? Si tratta di facinorosi appassionati di due cose soltanto, la religione e la violenza smodata. Eccitati dalla figura del Pontefice, che hanno eletto loro guida spirituale, si raccolgono in squadracce di ultras che adottano la scusa del pellegrinaggio per seminare il terrore in giro per il mondo.
La polizia li tiene sotto controllo durante i loro spostamenti, monitorando i treni speciali di cui si servono e scortando i pullman in giro per le autostrade. Tutti ricordano quel tragico episodio di qualche anno fa, quando un gruppo di Papa Boys si incontrò all’autogrill con una comitiva di Hare Krishna: settanta feriti, di cui una decina costretti al ricovero ospedaliero per ferite da rosario e tamburello, danni alle strutture, centinaia gli automobilisti coinvolti nella rissa più spaventosa che la storia moderna ricordi.
Il fatto è che gli Hare Krishna sono considerati dai Papa Boys i loro nemici peggiori, a causa della testa rasata, che li etichetta automaticamente come skinheads.

Come detto, questi holygans sono presenti ovunque alle esibizioni papali, si occupano del servizio d’ordine schierandosi sotto il palco, e sostengono il loro idolo dalle curve, intonando cori e sventolando bandiere e striscioni.
Sovente eccedono, ed è frequente trovare i capi storici delle varie fazioni sottoposti a divieto di frequentazione, costretti a presentarsi in caserma negli orari di messa. Succede allora che i loro compagni espongano striscioni che recitano “Beniamino e Pio liberi”, “Libertà per i focolarini”, “Diffidati” e altri slogan del genere.

Questa domenica Genova sarà sottoposta a un’altra dura prova. Sinceramente non credo che delle transenne, o qualche poliziotto in più, possano scoraggiare chi ha fatto della preghiera d’azione una ragione di vita, e temo che ancora una volta sentiremo intonare le loro macabre canzoni per le strade della città:

Siam venuti fin qua
Per vedere pregar
Benedetto che va
Verso la santità
Siam venuti fin qua..