Mancavano 3 giorni a Natale, e il piccolo Pablo stava cominciando ad accusare gli strani disturbi che in genere sono dovuti alla carenza di sonno, ma siccome lui non conosceva quali siano questi strani disturbi nello specifico, attribuiva ogni scazzo che aveva al fatto che di notte si alzava a pisciare, cosa del tutto normale quando arrivi a cinquant’anni, ma uno dei grossi problemi che aveva il piccolo Pablo era la difficoltà ad accettare di essere entrato nella fase anziana dell’esistenza, che poi non sarebbe neanche stato così, a cinquanta mica sei decrepito, ma lui era un uomo, e reagiva come gli uomini, quindi si scoglionava facilmente, accusava strani dolori e stanchezza, era di cattivo umore e scorreggiava tantissimo.

Quello che però non avrebbe mai considerato come un segno dell’età fu trovarsi davanti il fantasma di Marley, un anziano socio d’affari di Ebenezer Scrooge, morto il giorno di Natale di sette anni prima. Primo perché lui Ebenezer Scrooge non sapeva manco chi fosse, e secondo perché se c’era uno scrittore che gli stava sul cazzo quello era Charles Dickens.

“Minchia, sto cominciando ad avere le allucinazioni!”, esclamò il piccolo Pablo di fronte a quel tizio nero coi dreadlocks.
“Get up, stand up, stand up for your rights!”, gli rispose quello, che evidentemente condivideva col piccolo Pablo la stessa ignoranza verso la letteratura britannica, e si era presentato nelle sembianze del primo Marley che aveva trovato su Google.
“Cazzo ci fa un rastamanno in camera mia alle due del mattino?”
“Sono venuto ad annunciarti una roba, bro”
“Sono incinto dell’agnello di Dio?”
“No, riceverai la visita di tre fantasmi che ti mostreranno delle robe e ti insegneranno qualcosa sullo spirito del Natale.”
“Ma non sono stato avaro o cattivo con gli altri, perché questo trattamento iniquo?”
“Non è per quel che hai fatto, è per cosa ti sei mangiato ieri sera. O pensavi che a cinquant’anni ci si potesse ingozzare come oche prima di andare a dormire e poi passare una notte tranquilla?”
“Fuck.”

Chiaro che per quella notte non si dormì più un cazzo nessuno, come fai a dormire dopo un’attività paranormale in camera da letto? Un minuto dopo l’apparizione eravamo in strada io e mia moglie in pigiama e ciabatte a cercare un esorcista aperto.

Poi con la luce del giorno tutto sembra più facile, e anche le cose più spaventose diventano sopportabili e addirittura ci si trova un lato positivo, dai, quanti possono dire di avere incontrato un’icona della musica morta quarant’anni prima senza dover usare un badile?
Ci passammo una bella giornata tranquilla e la sera andammo a letto senza pensare più alle cose brutte.

Alle tre mi sveglia una voce: “Pablooh! Pablooh! Oh Pablo! Oh! Ma ti svegli? Oh, il morto sono io!”

Era il fantasma dei Natali passati, interpretato da Natalin, il mio vecchio padrone di casa deceduto anni prima alla caparbia età di novantasei anni. Non voleva mostrarmi quant’era bello il Natale quand’ero bambino, voleva i soldi dell’affitto di quand’è morto, che nel trambusto che è seguito fra gli eredi che si accoltellavano nessuno è venuto a pretenderlo e alla fine me ne sono andato senza pagarlo.

Siccome di corsa in strada c’ero già andato la notte prima e non mi era piaciuto, stavolta ho provato a interagire:
“Ma scusa, com’è che proprio tu, che sei stato l’incarnazione terrena di Scrooge, l’uomo che piuttosto che spendere un centesimo moriva di fame, il più avaro, cinico, spietato figlio di puttana che mi sia mai capitato di conoscere, proprio tu sei diventato il fantasma dei Natali passati, che nel racconto originale incarna un messaggio tutto sommato positivo?”
“Perché quando muori da miliardario puoi fare il cazzo che ti pare. Funziona anche di là come qui, che ti credi?”
“Ma Gesù ci è sempre stato mostrato come un poveraccio!”
“A parte che lui è il figlio del capo e se voleva ereditare tutta la baracca doveva stare attento all’immagine che dava, dovresti vedere adesso come va in giro per il Paradiso, in decappottabile e circondato dalle fighe.”
“Da non credere!”
“Vabbè, senti, fammi trasmettere il mio messaggio di amore e fratellanza e mi levo dalle palle, che ho delle cose da fare: ricordati di quant’erano felici i tuoi Natali da bambino, la gioia dei regali e il calore della famiglia, cerca di trarre lezione sul tuo comportamento odierno eccetera eccetera. Ciao, buone feste. Ah, per quell’affitto non pagato riceverai notizie dal mio legale.”

Il fantasma di Natalin scomparve in una nuvoletta turchese che odorava un po’ di uovo marcio, ma forse era solo suggestione, oppure avevo di nuovo scorreggiato.

Passai un’altra notte sveglio, attanagliato dal panico: e chi ce li aveva i soldi per pagarmi un avvocato?

Poi la giornata trascorse senza telefonate da studi legali prestigiosi né postini che recapitano raccomandate sinistre, e in fondo mancavano ormai 2 giorni a Natale, e io e la mia consorte ci rituffammo sereni nei preparativi per il pranzo del 25, ci guardammo Una poltrona per due su una qualunque rete privata e la sera andammo a dormire presto perché verso le sei ci eravamo aperti una bottiglia di primitivo di manduria che sta benissimo col salame e un po’ di formaggio e dopo venti minuti eravamo già gonfi.

Il fantasma dei Natali presenti si materializzò intorno alle quattro, grattando il vetro della finestra. Immaginate lo stato d’animo di uno che viene svegliato di notte da un rumore e pensa subito al gatto, poi vede una faccia pallida che lo fissa dalla finestra, e realizza che al secondo piano non ci sono terrazzi su cui quella faccia potrebbe stare appoggiata, ed è un attimo che ti vengono in mente tutti i film di vampiri che hai visto da ragazzino e col cazzo che dormi più anche stavolta.

“Mi potrebbe aprire la finestra, per favore?”, disse la faccia pallida che stava fuori al freddo.
“Essì, se sei un vampiro non puoi entrare in casa senza che qualcuno ti inviti, conosco le regole!”
“Non sono un vampiro, sono l’avvocato del signor Natale.”
“Quindi sei un vampiro!”
“Beh, non uno di quelli tradizionali, ecco.”
“E che ci fai fuori dalla mia finestra alle quattro del mattino?”
“Di solito è da dove gli inquilini morosi cercano di scappare. Mi sono messo qui per sfruttare il fattore sorpresa.”
“Sei venuto a mostrarmi i Natali presenti?”
“Sono venuto a recapitarLe un’ingiunzione di pagamento.”
“E i Natali presenti chi me li mostra?”
“Il telegiornale. Mi apre la finestra, per favore?”

Ho tirato le tende e sono tornato a letto, se voleva stare fuori al freddo appeso al davanzale erano cazzi suoi.
Il mattino dopo l’abbiamo trovato duro come un sasso, l’abbiamo staccato dalla finestra versandoci sopra dell’acqua calda e siamo andati a seppellirlo nel bosco, poi abbiamo passato il resto della viglia di Natale cantando canzoncine che parlano di amore e speranza.

Oramai lo sapevo dove saremmo andati a parare, e la notte di Natale l’ho passata fuori, a ubriacarmi nei bar dei vicoli insieme a mia moglie e un gruppo di amici. Ad un certo punto incontriamo il mago Otelma, e tutti eh! oh! il mago Otelma! accidenti che celebrità! e lui si gira verso di me e con la caratteristica zeppola mi dice: “Fono il fantafma dei Natali futuvi, fono qui pev mostvavti cofa ti fuccedevà l’anno pvossimo.”
“Ok dai, sono abbastanza ubriaco per reggere le brutte notizie.”
“L’anno pvossimo passevai il Natale a casa con tua moglie e guavdevete Una poltvona pev due su una qualunque vete pvivata.”
“E basta?”
“Eh.”
“Sono un po’ deluso.”
“Questo passa il convento, se volevi una vita avventuvosa dovevi fave il divettove della clinica pev malattie infettive dell’ospedale di Genova: andavi in televisione tutti i giovni, ti viconoscevano pev stvada e ad un cevto punto incidevi puve un disco di canzoni di Natale.”
“No, vabbè, non mi lamento. Grazie eh.”

D’altronde se conduci una vita mediocre ci sta che anche i tuoi fantasmi siano mediocri, però continuo a pensare che se avessi potuto scegliere in quale storia di Natale finire avrei preferito che fosse quella in cui Bill Murray ripete sempre lo stesso giorno all’infinito. O al limite Die Hard, ecco.

M: “E’ ora di mettersi in cammino, avete trovato niente?”
G: “Sarà anche il suq più fornito della Mesopotamia, ma per i bambini c’è davvero poco.”
B: “Io ho preso un braccialetto d’oro.”
M: “Un classico. E tu, Gaspare?”
G: “Gli ho comprato dell’incenso.”
B: “Incenso? E ti sembra un regalo adatto a un bambino?”
G: “Ma hai sentito dove vivono? In una stalla! Hai idea della puzza che ci dev’essere? Vedrai se apprezzeranno di più il tuo oro o il mio incenso!”
B: “E tu, Melchiorre, cos’hai comprato?”
M: “Ho trovato un banchetto là dietro che vende prodotti biologici, gli ho preso della mirra.”
G: “E ti pareva che non faceva il pazzesco! L’avrai pagata una fortuna!”
M: “E’ tutta roba naturale, senza pesticidi. Beh, si, è un po’ cara, ma la qualità si paga.”
B: “Melchiorre se lo può permettere, viene da una famiglia di nobili.”
M: “Cosa vuol dire? Veniamo tutti da famiglie nobili, non ci chiamiamo mica Magi Metalmeccanici!”
B: “Si, ma la tua famiglia è sempre stata quella più ricca, dai. Lo sanno tutti.”
M: “Scusa, non ho capito. Cosa c’entra la mia famiglia adesso?”
B: “Ma si, siete sempre stati quelli eccentrici, gli anticonformisti.. Mica per niente ti hanno chiamato Melchiorre, voglio dire.”
M: “Embè? Tu ti chiami Baldassarre!”
B: “Ma Baldassarre è un nome normale! Che razza di genitori chiamerebbero il loro figlio Melchiorre? Poi per forza che viene su strano!”
M: “Io non sono strano! Come ti permetti?”
G: “Ragazzi basta! Piuttosto, la sapete la strada?”
M: “Mio cugino mi ha spiegato che bisogna attraversare il deserto fino ad Aqaba, poi svoltare a destra.”
B: “Tuo cugino Garmin, dici? Stiamo freschi allora! Una volta si è perso al mercato!”
M: “Oh! Prima i miei genitori, adesso mio cugino, si può sapere cosa vuoi da me?”
B: “Cosa voglio io? Cosa vuoi tu piuttosto! Mi hai convinto a prendere ferie per venire con voi a fare le vacanze in Giudea, sole e figa in quantità, e adesso salta fuori che si va ad adorare un bambino! Chi è questo bambino, cosa c’entriamo noi con questo bambino?”
M: “Come sarebbe chi è? È il Messia! L’hai letto il tuo contratto quando sei stato assunto? In caso di nascita di Messia i Re Magi sono tenuti a fargli visita e omaggiarlo con doni, è scritto nelle clausole! O credevi di cavartela scrivendo un paio di oroscopi alla settimana?”
B: “E chi l’ha detto che è il Messia? Cos’ha, un cartello appeso fuori dalla stalla?”
G: “Una stella.”
B :“Che stella?”
G: “La sua stella, ma come ci sei diventato remagio?”
M: “E glielo chiedi ancora? Non lo conosci Hussein di Baghdad?”
G: “Il re? E cosa c’entra con lui?”
M: “Diglielo, Baldassarre.”
B: “Basta con questa storia! Mio zio non c’entra niente, sono entrato alla scuola zoroastriana lavorando sodo e senza raccomandazioni!”
M: “Si, certo. E il posto da astrologo di corte l’hai ottenuto attraverso un concorso.”
G: “Non si fanno i concorsi per diventare astrologo di corte, lo sanno tutti. È un posto che si tramanda da padre a..”
M: “Eccallah!”
B: “Basta con queste fandonie! Ditemi piuttosto da che parte dobbiamo andare, prima adoriamo il bambino e prima possiamo andare in spiaggia!”
M: “Mio cugino dice che è tutta dritta fino al mare, bisogna seguire le indicazioni per Sharm El Sheikh.”
B: “Bel posto, ci sono stato l’anno scorso con la tipa.”
G: “La fenicia? Com’è che si chiama?”
B: “Ariene.”
G: “Ah si, bella topa, se mi permetti. State ancora insieme?”
B: “No, ci siamo lasciati il mese scorso.”
M: “Uh che peccato! E come mai?”
B: “Guarda, non mi va di parlarne, ti spiace?”
M: “No no, ci mancherebbe, scusami.”
B: “…”
M: “…”
G: “…”
M: “..Certo, adesso è tutto più chiaro..”
B: “Cosa?”
M: “La faccenda delle vacanze in Giudea, dico. Se stessi ancora con lei non avresti accettato.”
G: “In effetti mi stavo proprio chiedendo come mai ti lasciasse partire.”
B: “La volete smettere? Ho detto che non mi va di parlarne!”
M: “Vedrai che te la faremo dimenticare in fretta!”
G: “Si, ho sentito che le giudee fanno certi lavoretti..”
M: “Chiodo schiaccia chiodo!”
B: “Basta!”
M: “Scusa.”
G: “Scusa.”
B: “…”
M: “…”
G: “…”
B: “Che lavoretti?”
G: “Eh?”
B: “Le giudee.”
G: “Ma niente, roba che ho sentito da un amico, stupidaggini.”
B: “Eh.”
G: “No, è che dicono che siano brave, tutto lì.”
B: “Brave a fare cosa?”
G: “Ma lo sai, quelle robe che si raccontano.. lo sai, no?”
B: “E no che non lo so, sennò non te lo chiedevo. Che robe?”
M: “Hai mai sentito parlare di Sodoma e Gomorra?”
B: “Minchia! Quelle Sodoma e Gomorra?”
G: “Sono poco distanti da dove andiamo noi.”
B: “Ma sapevo che le avevano chiuse.”
M: “Si, ma lo sai come vanno queste cose, una volta che si crea il giro..”
G: “Diciamo che tutta la regione ha mantenuto un certo.. gusto per la trasgressione.”
M: “Insomma, se uno sa dove cercare..”
B: “E noi lo sappiamo?”
G: “Abbiamo un paio di indirizzi”
B: “Ma grandi! Allora è deciso, eh? Si va a salutare il ragazzino e via! Non è che ci dilunghiamo, eh?”
M: “Tranquillo, facciamo una visita di cortesia, molliamo i doni e ce ne andiamo.”
B: “Un paio di preghiere, due inchini.. Mezz’ora e siamo fuori?”
G: “Capirai, in una stalla. Mezz’ora sarà tanto, venti minuti e chi s’è visto s’è visto!”
M: “E poi quindici giorni di lussuria sfrenata!”
B: “Sole, mare e figa!”
G: “Che gran lavoro fare i re magi!”
B: “Oh, raga! Che ne dite se l’anno prossimo prevediamo l’arrivo di un altro Messia?”
M: “Mmm, dici che si può fare?”
B: “E che ci vuole? L’astrologo di corte può fare tutte le previsioni che gli pare.”
G: “Ma sai che non è una cazzata? Arriviamo in questo posto.. com’è che si chiama?”
M: “Betlemme.”
G: “Betlemme. Facciamo l’adorazione come va fatta..”
B: “Breve.”
G: “Certo, brevissima. Poi quando torniamo indietro, fra due settimane, diciamo che le stelle si sono sbagliate.”
M: “Le stelle?”
G: “Eccerto! Vuoi mica dire che ci siamo sbagliati noi? Che razza di astrologi saremmo? Si sono sbagliate le stelle, quello non era il Messia vero, e l’anno prossimo prevediamo un’altra nascita in un altro posto. Come la vedete Ibiza?”
M: “Ma le stelle non si possono sbagliare, dai!”
G: “Una congiunzione astrale negativa ha occultato la visione, checcazzo ne so! Diamo la colpa ad Angra Mainyu, tanto gira che ti rigira c’è sempre lui di mezzo. Semmai ce lo facciamo confermare dall’astrologo di corte.”
B: “Io?”
G: “No, tua madre. Certo che parlo di te, sei l’astrologo più importante del regno, la tua parola varrà qualcosa o no?”
B: “Si, beh.. certo.. è che non so se è il caso di tirare troppo la corda.”
M: “Baldassarre, stiamo parlando di Ibiza, la perla del Mediterraneo!”
G: “Viaggio e soggiorno a spese del regno!”
M: “Se le giudee ti attizzano pensa a cosa devono essere le spagnole!”
B: “Ragazzi, siete due diavoli!”
M: “Tre diavoli, collega!”
G: “Ma che diavoli! Siamo i re magi!”
M: “Andiam, andiam, andiamo ad adorar!”

(si allontanano fischiettando)

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La prima ondata di feste è passata non senza fatica, che avranno un bel dire i minatori, ma vorrei vederli a trascorrere due giorni di fila in famiglia senza alzarsi da tavola e con un transito ininterrotto di cibo davanti, neanche si fosse sulla Piacenza-Brescia. A natale da mia mamma è stato impegnativo, che anche quando si tiene prepara comunque da mangiare per undici persone minimo e non importa che si sia in quattro o sei, lei ci tiene a non sfigurare, e poi al limite si dà al cane, che oramai somiglia più a un barbapapà che a un.. che razza è poi? Boh, vabbè.

Oltre alla quantità smodata di vettovaglie c’è anche da sostenere gli sbalzi di Adrena Lino, il nano di famiglia, che non vuol mangiare, poi si, poi no, poi vuole andare a giocare con la gru, poi col papà, poi con Carletto, poi torna sulla sedia, poi ha sonno, poi finalmente si caga addosso e sta tranquillo, ma appena lo cambiano interviene la Squadra Speciale Disinfestazioni Nucleari, che ha riscontrato un improvviso aumento di radioattività nella zona che a confronto Chernobyl era un ruttino, e ci evacua.

E’ in situazioni simili che provo invidia per Hiroshi Shiba, il giovane giapponese che quando le cose si fanno difficili si arrotola su sè stesso e dice a Miba di lanciargli i componenti. Lui in un caso del genere farebbe presto, diventerebbe Gigrobodacciaio e con lo stomaco proporzionato a un robottone di quaranta metri ingurgiterebbe tutto il pranzo di natale compresi gli invitati in una botta sola, quindi si alzerebbe da tavola sfondando il soffitto e si congederebbe dicendo “Grazie di tutto, è stato buonissimo, ma ora devo andare a sconfiggere i mostri Haniwa che vogliono radere al suolo Tokyo”.

Passato il pranzo, trovandomi sprovvisto di componenti che mi trasformino in Gigrobodacciaio, mi sbatto sul divano e accendo la tele, cosa che non sono abituato a fare e si vede, resto imbambolato davanti a quelle figurine che si muovono e dicono cazzate, e bisogna che arrivi Marzia a scuotermi dicendo “Va bene rincoglionirsi davanti alla tele, ma almeno non la messa di natale!”

E io che ne so che era la messa di natale, mi incuriosiva quel buffo individuo col cappello a punta che cade di faccia, credevo fosse il festival del circo di Montecarlo.

Per sviare la mia attenzione ci mettiamo a giocare a Catan, che dovrebbe durare un’ora e mezza, ma che con giocatori agguerriti come noi arriva anche a due ore buone.

Finita la partita non ci alziamo neanche, che è quasi ora di cena, e rimangiamo gli avanzi del pranzo, finendo per ingolfarci come bibini, poi ringraziamo, salutiamo, e ciondoliamo verso casa come personaggi di un quadro di Botero.

Potrebbe essere finita, ma non è così, perché a Santo Stefano si replica, con la differenza che c’è più gente a mangiare, ci sono ancora più portate, perché la mamma di Marzia ha saputo della ricchezza di portate della consuocera e ci tiene a non sfigurare neanche lei. È una specie di battaglia a distanza nella quale noi ci troviamo come crocerossini fra due trincee nemiche che invece dei proiettili si sparano bolliti misti.

Dopo il pranzo gargantuesco arriva il dolce, e dopo il dolce l’amaro, che essendo terminato viene sostituito dalla cugina di Marzia col fidanzato, che schivano per un pelo una meringata alla crema chantilly che sarebbe stato un delitto non mangiarne almeno mezza.

E una volta archiviata la pratica alimentare vorrai mica rinunciare a una massacrante partita a Catan, che quest’anno pare essere diventato il Gioco Supremo? In questo caso gioca anche la sorella di Marzia, che è un po’ come giocare vicino a un buco nero, ogni volta che tocca a lei il tempo si dilata e la materia viene inghiottita da un nulla vorticoso. Avviene così che una partita che generalmente dovrebbe durare un’ora e mezza si prolunghi fino al parossismo, e finiamo per far vincere la cugina Francesca più per sfinimento che per reale competizione. Torniamo a casa che ho un gran bisogno di disintossicarmi a brodino e morra cinese.

Ecco come ho trascorso le mie vacanze di natale, con l’incubo di un san silvestro a tema gastroludico all’orizzonte. Speriamo solo di dimenticarci Catan a casa, o di ritrovare il numero di cellulare di Miba.

E’ natale, siamo tutti più buoni, e anche una pellaccia arida e cinica come il sottoscritto, in questo periodo dell’anno, è solita abbandonare la sua consueta freddezza, per abbandonarsi a gesti di generosità inconsulta.

L’unica eccezione la faccio per i programmatori della finestra di splinder, che maledico ogni volta che dopo uno spazio perdo la formattazione e torno a scrivere in arial, che sia natale o ferragosto.

Che poi non è mica vero che sono un cinico bastardo, ma ho visto che ti fa guadagnare un sacco di lettori, e siccome ho deciso che il mio blog dovrà diventare più famoso di quello del fintobastardocinico per eccellenza, colgo l’occasione.

Comunque è natale, siamo tutti più buoni, e anche io ho deciso di rendere felice il mio prossimo, soprattutto dopo aver letto questa lettera, giuntami addirittura dalla fredda Russia:

Hi

Il mio nome e` Elena, ho 32 anni e vivo in provincia russa. Io lavoro in una biblioteca e dopo il mio lavoro mi ha permesso di utilizzare computer quando e` possibile.
Ho trovato il vostro indirizzo in internet e ho deciso di scrivere questa lettera.

Ho 7 anni figlia di Angelina, suo padre abbandonato noi e vivere con mia madre.

A causa della crisi nel nostro paese di mia madre perso posti di lavoro e la nostra situazione e` diventata molto difficile.

Il prezzo per il riscaldamento o per la nostra casa e` molto elevato e non possiamo permetterci piu`.

L’inverno sta arrivando e meteorologiche diventano ogni giorno piu` freddo. Siamo preoccupati se la temperatura sara` molto freddo nella nostra casa, non sappiamo come sopravvivere.

Abbiamo bisogno di stufa portatile che danno calore dal legno che brucia. Abbiamo molti legno nella nostra regione, ma non siamo in grado di acquistare la stufa nel mercato locale, perche’ i costi equivalente di 192 euro e molto costosa per noi.
Se avete qualche vecchio portatile stufa a legna, io prego che potete donare a noi e organizzare il trasporto di questa stufa al nostro indirizzo. Viviamo 200 km da Mosca.le due poverelle
Questi forni sono diversi, di solito hanno fatto da ghisa e peso circa 100kg.

Ho scaricato la nostra immagine per sito web gratuito e si puo` vedere a
https://www.pablog.it/wp-content/uploads/2009/01/dtovbrl3chl547f8oannwxqxo1_400.gif

Ho tradotto questa lettera alla lingua italiana con computer-traduttore e vorrei apprezzare se si puo` rispondere alla mia lettera in lingua inglese, perche’ non so di lingua italiana.

Mi auguro di sentire presto da voi e vi auguro un Buon Natale.

Elena.

La situazione è chiara a tutti, no? C’è questa tizia che si chiama Elena, ha 32 anni, ne ha 7, e vive con sua madre che si chiama Angelina. Il padre (di chi?) l’ha abbandonata, probabilmente perché schizofrenica, e la poveretta chiede aiuto.
La situazione dev’essere peggiorata, perché il paese di sua madre è in crisi e non c’è più lavoro, o forse perché sua madre è in crisi e per questo il paese ha perso lavoro, non è chiaro, ma si capisce benissimo che le due donne non si possono più permettere. Cioè, una volta si, che potevano permettersi, ma adesso basta, non si possono più permettere. Dev’essere molto difficile prendersi delle confidenze, in Russia..
Il fatto grave, però, è che l’inverno è alle porte, e in confidenza c’è il rischio che Elena e Angelina non sopravvivano all’inverno. Avrebbero bisogno di una di quelle stufe che generano calore bruciando legna, che sono aggeggi in ghisa difficilissimi da procurarsi. Io per dire in casa ne ho una che genera freddo tenendosi dentro la legna spenta, e anche quando riesco ad accenderla tuttalpiù riesce a generare fumo. Tantissimo. Quasi quasi gliela spedisco.
Comunque mi sono messo lì, e siccome mi sentivo tanto buonino le ho risposto nel mio inglese stentato:

Dear Elena,
Your letter touched me deeply, and I would be very happy to help you.
I’ve got an iron stove that I don’t use anymore, because in my town there has been a nuclear blast last year, and since then the temperature goes never under 113° F (45° C).

If you give me your address I’ll immediately send you a big stove with DHL.
They apply high fares based on weight, so I’ve planned to send you the stove divided in several pieces, to save some money. When you receive all of them (they will be more or less 12.500) you will just have to reassemble it with vinilic glue, or some tape.

Please let me know quickly, so I will begin to cut the stove.

Pablo

Spero tanto che la mia offerta di generosità possa giungere a compimento, e che la povera Elena dall’età estremamente variabile riesca a superare incolume questo gelido inverno russo.
Anche voi cari lettori, se avete una stufa che vi avanza, un termosifone con seimila chilometri di tubo, legna no che ne ha anche lei, non esitate, infilatela in una bella busta e speditela prontamente alla nostra amica Elena. Le farete passare un Natale più felice, e anche voi vi sentirete subito meglio!