Ho piantato lì con improvvisazione teatrale perché non sapevo finire le storie. E quando scrivo è uguale, vado avanti per pagine senza sapere come tirarmi fuori dal mio Meereenese knot. E vuoi che nella vita mi comporti diversamente? Certo, come no.
È che a me non piace chiudere con le cose, andarmene, dire che basta. Basta è una parola così brutta, dai. Intanto non ha che una sola vocale ripetuta, la a, che per essere una vocale è molto bella (per esempio la u non ha lo stesso fascino), ma denota poca fantasia. E poi le consonanti sono scivolose, la s ti accompagna su per la salita dove incontrerai la t che ti taglierà le gambe (è per questo che le salite spezzano, mica per lo scarso allenamento), e tutto questo sforzo viene presentato da una b, consonante da sempre impiegata per lavorare sul dubbio.
Sarà per questo che non riesco mai ad andarmene, perché ho sempre il dubbio che non sia la decisione più saggia, e rimando all’infinito anche quando in quel posto lì non ho più niente da fare, piove e ho i piedi bagnati, e tutti compreso l’autista del 104 (Indipendenza Della Verdura) mi dicono di levarmi dalle palle, più per me che per loro, che ad un certo punto basta è Basta.

Così indosso il vestito della risolutezza e me ne vado, solo che il vestito della risolutezza non ce l’ho, mai comprato, aveva dei colori troppo vivaci, non mi ci sentivo a mio agio io abituato ai grigini, e così mi metto quello che indosso di solito quando viene il momento di fare come Baglioni.
Ne ho due: uno è quello della morte, tutto nero color finestre sprangate e musica drammatica, superslimfit, che dai troppi lavaggi si è ristretto e mi costringe a saltare pasti su pasti per rientrarci senza soffocare. Poi soffoco lo stesso, ma se mangiassi, signora mia, non mi starebbe mai ma mai;
l’altro è quello della bile, di un bel verde ramarro, mi sta come le scarpe da tennis preferite e non me lo toglierei più, tanto che neanche lo lavo, me lo infilo così com’è e ci vado in giro convinto che basti un po’ d’aria a levargli quella puzza di acido. Ovviamente non è così, se ne accorgono tutti e mi girano alla larga, ma io sono talmente soddisfatto del mio aspetto da rettile che non me ne curo. Almeno finché non mi capita una di quelle epifanie in cui mi annuso le ascelle e svengo. Sono rare, il mio naso percepisce meno odori del vostro per via di una malformazione, ma ogni tanto capita anche a me. E allora è il momento di una lavatrice veloce e tante scuse per aver imposto a chiunque i miei miasmi.

Cambiare casa, lavoro, città, amici, fidanzata, abitudini, bar, musica nell’autoradio, pettinatura, occhiali, alimentazione, mezzo di trasporto, è altrettanto difficile.
Perché, quindi, cambiare blog dovrebbe essere una passeggiata? Guarda quanto bello spazio bianco c’è ancora su cui scrivere le mie fesserie, non è uno spreco lasciarlo vuoto? Fammi buttare giù due righe, dai.

Ecco, no.
Stare a casa a postare liste infinite di buoni propositi è bello e utile se poi si mettono in pratica, sennò è solo vanità e correre dietro al vento, e non se ne trae alcun profitto sotto il sole. Me l’ha detto Qoelet, che in questi giorni è venuto a stare da me perché se accumula abbastanza ricchezze per pagarsi una camera in un albergo di infima categoria poi Dio si adira perché le sue ricchezze verranno poi godute dall’empio, e lo punisce. Invece si vede che scroccare un divano è cosa buona e giusta.

“Ho visto tutto questo nei giorni della mia vanità”, mi ha detto. “C’è un tale giusto che perisce per la sua giustizia, e c’è un tale empio che prolunga la sua vita con la sua malvagità. Non essere troppo giusto, e non farti troppo saggio: perché vorresti rovinarti?”

Gli ho risposto che mi basterebbe farmi i cazzi miei e non essere tormentato da chi vuole cambiarmi a tutti i costi e poi non gli vado bene comunque.

“Non essere troppo empio, e non essere stolto; perché dovresti morire prima del tempo? È bene che tu ti attenga fermamente a questo, e che non allontani la mano da quello; chi teme Dio infatti evita tutte queste cose”

Anche i superstiziosi, gli ho risposto, strusciandomi le balle.

“La saggezza dà al saggio più forza che non facciano dieci capi in una città. Certo, non c’è sulla terra nessun uomo giusto che faccia il bene e non pecchi mai. Non porre dunque mente a tutte le parole che si dicono, per non sentirti maledire dal tuo servo; poiché il tuo cuore sa che spesso anche tu hai maledetto altri”

E a quel punto mi sono sentito autorizzato a cacciarlo di casa, che il divano serve a me e Jack per guardare le serie tv e addormentarci verso il minuto ventitré.

Ma non è di questo che volevo parlare, maledetti pensieri associativi. Volevo dire che è inutile fare liste e non seguirle, rilasciare dogmi tramite ufficio stampa e ignorarli nella pagina successiva, predicare bene e razzolare peggio che male, maledire lo sciampismo come la peggior piaga dell’animo umano e poi finire a lavare scale come una portinaia qualunque. No, cari miei, sarò anche bionda nell’animo, ma portinaia mai. Se non altro le sciampiste hanno una dignità. Quindi non posso che assecondare questa rivincita delle coatte tacco dodici, e indossare fieramente la mia parrucca rossa gridando “Col cazzo! È ora di agire!”. Sarebbe andato bene anche “È ora di agire col cazzo!”, visto che ultimamente si chiacchiera tanto ma si conclude pochino, ma il concetto è un altro: è ora di muoversi. E quindi mi muovo, e butto giù dei pilastri che manco Sansone il Capellone dopo che gli è scesa la depre per un taglio sbagliato.

Niente, tutto questo giro di parole per dire che ho delle difficoltà a non scrivere più niente sul vecchio blog, ma preferisco mantenere qui sopra le cose più serie. Tipo questo post, che voi non ci crederete, ma è serissimo. E che sto facendo delle cose importanti fuori dalla pagina, non ne parlo perché non sono ancora certo di riuscirci, ma solo il fatto di provarci è per me un grande risultato. Il 2016 è iniziato benissimo, si è girato subito in un pozzo artesiano dove la camorra va a svuotare di nascosto i camion dello spurgo, ma sul finale potrebbe rivelarsi l’anno del Grande Rinnovamento. Anche senza tagliarmi i capelli, che io mi trovo così bene da quello di via Maragliano.

Non l’avevo già usato questo titolo? Boh.
È arrivato il momento di tirare le somme di questo incredibile pirotecnico noiosissimo 2013 o, come lo chiamiamo fra addetti ai lavori, l’anno sgurz.
È il ventinove dicembre e chissà quante altre cose pazzesche mi aspettano nei due giorni che ancora mancano alla fine, tieni presente che c’è di mezzo un pranzo di famiglia, da sempre costellato di episodi indimenticabili, tipo quando Mario ha fatto soffocare la nonna raccontando a tutti che da quando la sua fidanzata è incinta non può più toccarle le tette, o quando hanno trovato la nonna in bagno che toccava le tette alla fidanzata di Mario. Insomma, ce ne sarebbe ancora, perché rinunciare chiudendo l’inventario oggi?

Perché si. Cominciamo.

1 gennaio: L’anno comincia alla grande, a brindare su un tetto di Harlem in mezzo a sconosciuti, fra cui il sosia di George Lucas e un cinese molto simpatico con cui mi faccio la prima vera grassa risata del 2013, oltre che la prima da un sacco di tempo. E me la faccio in inglese, pure, che suona tipo Haw Haw Haw!
Epperò quella vacanza lì andavo in giro avvolto nella sciarpona della depressione, che più te la giri intorno più hai freddo, perciò alla fine è stato un capodanno meh. Se fossi stato a Ronco sarebbe stato il capodanno più devastante da quello in cui io e mio cugino infilammo dei raudi accesi nelle tasche della nonna e corremmo via urlando tre! due! uno!, perciò va benissimo così.
18 gennaio: Per tirarmi su il morale vado a fare un seminario tenuto dai clown di corsia, che mi parlano tutto il giorno di bambini leucemici e di quanto ci mette un adolescente a morire. In realtà volevo diventare un clown professionista, ma diventa evidente che il corso giusto era un altro. Pazienza, ormai ho pagato e resisto fino alla fine, e faccio bene, perché insieme al diploma di partecipazione mi regalano anche un bel naso di gomma rossa.
26 gennaio: Mi telefona Ansel Adams, che inaugura una mostra a Torino e mi invita a partecipare. Non me lo faccio ripetere due volte, ho ancora l’umore sotto le scarpe e la faccenda dei clown di corsia non mi ha aiutato. È una bellissima trasferta, a Torino prendono i fumetti maledettamente sul serio: al museo del Risorgimento, per dire, c’è esposto un costume da Pippo appartenuto a Garibaldi.
6 febbraio: Dopo un finale pirotecnico il mostrone gigante di Cloverfield emerge dal fumo dell’esplosione e mostra le terga all’esercito statunitense, aprendo la strada ad un sequel. Poi non se ne farà niente per questioni di budget, ma per un po’ mi tengo le giornate occupate a spulciare forum di cinema.
14 febbraio: Lo staff di Salviamo Il Salvabile, una trasmissione dei tempi gloriosi delle radio libere, si ritrova dopo vent’anni in un circolo jazz parecchio fico e pianifica di celebrare la ricorrenza storica okkupando gli studi di radiotre durante Fahrenheit. Ognuno ha il proprio compito, Andrea deve picchiare la Lipperini, Matteo minacciare ritorsioni se non torna Marino Sinibaldi, io promuovo il mio libro. Potrebbe farlo lui col suo, ma io vengo prima per anzianità. Poi non se ne farà niente perché quel giorno lì Andrea aveva un impegno.

Siete tre stronzi

Siete tre stronzi

19 febbraio: Comincio il corso di portoghese, ma è solo una copertura organizzata dal servizio segreto lusitano per reclutare agenti. Sono loro che mi hanno contattato, hanno avuto il mio nominativo dai clown di corsia, dicono che faccio ridere il cazzo, che è una delle doti richieste per diventare una buona spia. Mi sembra strano, provo a dirglielo, ma mi zittiscono subito chiedendomi “Timothy Dalton ti fa ridere? E Pierce Brosnan? Trovi divertente che il ruolo di 007 sia stato affidato a Pierce Brosnan?”
23 febbraio: Il mio primo compito di spia è truccare i risultati delle elezioni nel mio Paese, per questo vengo messo a fare lo scrutatore nel mio seggio con i più sofisticati mezzi che il governo portoghese può permettersi. Fallisco, una biro e un pastello rosso non sono mezzi sufficienti per un colpo di stato.
2 marzo: Compro una chitarra. Adesso mi manca solo una stazione spaziale orbitante e un paio di baffi per poter rifare il video dell’astronauta che canta Space Oddity.
3 marzo: Vedo la Madonna di Medjugorje. Mi dice di comprare una camicia. Diffido.
27 marzo: Il governo portoghese mi spedisce in missione potenzialmente suicida a Roma, dove dovrei incontrare il mio contatto. Non mi danno il nome, ma la descrizione: dovrebbe essere una ragazza la cui faccia ricorda il crollo di una diga. Non mi danno neanche il biglietto, perché cerca di capire, la crisi, il deficit, i tagli imposti dall’Europa, così finisce che non ci vado e mi do malato.
29 marzo: Incontro un agente del servizio segreto portoghese che mi porge le scuse ufficiali per quella faccenda di Roma e mi offre da bere. Finiamo per ubriacarci al Barbarossa, poi succedono anche delle robe, ma non mi ricordo bene, facile che me le sia immaginate, mi succede spesso quando sono ubriaco.
6 aprile: Sono invitato a una festa al teatro Regio, a Torino, in qualità di mimo. Hanno saputo della faccenda dei clown e anche loro hanno capito male, però me la cavo discretamente, mi esibisco nel famoso numero del tiro alla fune e un locale del centro mi offre perfino da bere.

A Torino fai il Torinese, e dato che metà dei Torinesi sono immigrati di Cosenza..

A Torino fai il Torinese, e dato che metà dei Torinesi sono immigrati di Cefalù..

12 aprile: Prendo ufficialmente possesso della casa nuova, dopo aver convinto il suo proprietario, il signor Burns, ad affittarmela e lasciarmici fare un casino di lavori a mie spese. Il suo commento è “eccellente”.
16 aprile: Rivedo la Madonna, ma non quella di prima, stavolta è quella di Loreto. Mi dice che il mio numero del tiro alla fune è proprio bello, e mi invita ad iscrivermi a un corso di improvvisazione. Nicchio, che le cose che succedono all’improvviso di solito son brutte, e poi ho un impegno col governo portoghese, metti che devo trasferirmi di corsa a Viseu.
20 aprile: Rieleggono Napolitano presidente che certo, ci voleva proprio, e quasi quasi mi ci trasferisco davvero a Viseu.
2 maggio: Esce il libro di ARTErnativa, grossi fremiti scuotono l’ambiente letterario dello Stivale, e a quanto pare anche quello internazionale, perché ricevo un sms da Josè Saramago che mi fa i complimenti, ma Saramago è morto, quindi forse è uno scherzo.
18 maggio: Al Salone del Libro di Torino per ARTErnativa, mi faccio la foto con Zerocalcare che scopro essere un agente del servizio segreto portoghese, perché invece di darmi grosse pacche sulle spalle e trascinarmi in un pub a tirare mattina dicendo cazzate mantiene un basso profilo, mi porge il libro autografato e smette di considerarmi. Mi hanno spiegato al corso che gli agenti lo fanno per evitare di farsi scoprire, è una roba troppo astuta! Più tardi scopro che anche Francesco De Gregori è una spia portoghese.

Come i più attenti di voi avranno capito, il tizio insieme a me non è Zerocalcare. È De Gregori.

Come i più attenti di voi avranno capito, il tizio insieme a me non è Zerocalcare. È De Gregori.

21 maggio: Faccio una lezione di prova al corso di improvvisazione, che è una roba troppo divertente e se non mi trasferisco a Viseu lo faccio troppo, guarda.
22 giugno: Vedo la Madonna di Lourdes. Mi dà il suo numero di telefono.
29 giugno: Il servizio segreto portoghese viene smantellato per mancanza di fondi, ma mi assegna come ultima missione quella di recarmi a Bergamo per infiltrarmi in un gruppo anarcoinsurrezionalista con forte attività online. Ci vado, tanto poi basta e posso tornare a farmi i cazzi miei, e meno male che ci sono andato perché c’è un sacco di figa e un sacco di nerz simpaticissimi. Non riesco ad approfondire la conoscenza coi rappresentanti di entrambe le categorie, i tempi sono ridotti e mi tocca scegliere. A fine giornata so un sacco di cose interessanti su Star Trek..

Il meetup è l'unico posto dove puoi indossare una testa di cavallo ed essere considerato un gran figo.

Meme Man

13 luglio: Vedo la Madonna, le dico che dobbiamo smetterla di vederci così e la invito a cena. Si rivela una persona piacevole, e cominciamo una relazione a distanza, perché comunque è la Madonna di Fatima.
8 ottobre: Senza l’assillo dei portoghesi segreti mi sento libero di fare le cose che mi piacciono, e comincio quella che mi piace più di tutte, il magico mondo di Rubik Teatro, dove ho la fortuna di conoscere uno dei miei idoli dell’infanzia, Jabba The Hutt.
12 ottobre: Il gruppo anarcoinsurrezionalista dove mi sono abilmente infiltrato organizza un nuovo raduno a Milano. Ci vado, ovviamente, e scopro il loro piano diabolico di conquistare il mondo coi biscotti e le foto di gattini. Neanche stavolta c’è il tempo per conoscere meglio i due gruppi principali, i nerz e la figa, e siccome la volta scorsa ho conosciuto bene il primo stavolta cerco di fare le cose a modino, e torno a casa con tutta la cronologia degli episodi del Dr.Who. Forse sto sbagliando qualcosa..
15 ottobre: Vedo la Madonna, che però ha mal di testa e dice che mi richiama lei.
1 novembre: Lucca Comics. ARTErnativa ha talmente successo che lo stand è preso talmente d’assalto che la presentazione che dovevo fare salta, e vado in giro, ma c’è talmente casino che non riesco più a tornare indietro e i telefoni non funzionano e addirittura saltano i collegamenti più elementari fra le persone, tipo l’educazione e la voglia di continuare, così me ne torno a casa e vaffanculo.
7 novembre: Vedo la Madonna, che mi dice di prendermi un gatto che sarà il re dei giudei e il prescelto e schiverà le pallottole e non c’è nessun cucchiaio. Mi sembrano ottime argomentazioni, così vado e porto a casa João, che è il gatto più bello e affettuoso che abbia mai visto.
1 dicembre: Vedo la Madonna, che mi rivela di aspettare un bambino, ma non è il mio.