A parte che ogni volta devo cercare come va l’accento su cinéma, scrivere la recensione di un film come Francofonia non è facile per uno la cui comprensione dell’arte si ferma a questa è una statua e quello è un quadro. Fosse l’ultimo Guerre Stellari mi sentirei di esprimere un giudizio più approfondito, direi che JJ Abrams ha girato un film magnifico che ci restituisce l’epica della trilogia originale, ma resta un omino patetico.

Come patetico? Come sarebbe a dire?”
Avevi un fracco di soldi, un universo intero da cui prendere spunto e perfino gli stessi attori, potevi fare un capolavoro e ti sei limitato a riproporci le stesse situazioni. Non è un film, è un tributo.”
Oh, ho fatto un film magnifico che restituisce l’epica della trilogia originale, non è che posso pure inventarmi una storia!”
Se George Martin avesse pubblicato un romanzo in cui i personaggi rifanno le stesse cose del primo volume lo avremmo crocifisso. Ne ha pubblicati due dove fondamentalmente non succede un cazzo, ma almeno è stato onesto. Tu no, hai cambiato due facce, due sfondi, e ci hai riproposto lo stesso film. Sei un cialtrone.”

Vabbè, non è che la trilogia originale fosse così originale, eh?”

Prendere delle idee altrui e adattarle al proprio lavoro è legittimo, è da quando dipingiamo bisonti nelle grotte che lo facciamo. Ma se prendi il tema del tuo compagno di banco e ci metti la tua firma sotto non si chiama più ispirazione, è plagio.”

Ecco, se avessi dovuto scrivere la recensione del Risveglio Della Forza sarebbe stato facile, avrei potuto riempire pagine solo insultando Abrams, ma qui stiamo parlando di un prodotto complesso, che viaggia tutto sul filo dell’interpretazione: cosa vuol dirci il regista quando ci mostra la nave nella tempesta e Napoleone che cazzeggia per il Louvre? Perché la critica considera più riuscito il suo film precedente, Arca Russa, che a me ha fatto venire voglia di arruolarmi nell’Isis solo per avere una cintura esplosiva?

Forse non dovrei accostarmi a queste forme di arte, ci sono un sacco di Topolini che aspettano di essere raccontati, ma quando sono uscito dal cinema avevo gli occhi pieni di quadri, tessuti e tetti di Parigi, e se non mi mettevo a scrivere queste righe correvo il rischio di mangiare crème brulèe fino alla fine dell’anno, e io non la so fare la crème brulée, ci vuole il lanciafiamme per formare la crosta di zucchero e non trovo nessuno che me lo venda di contrabbando. Mi sono messo con una fumatrice per poterle rubare gli accendini mentre dorme, ma non è la stessa cosa, se lo tieni verso il basso la fiamma lambisce lo zucchero ma ti brucia le dita, e se rovesci la tazza spargi tutta la crema sul tavolo e l’accendino si spegne.

a me comunque piace di più la locandina coi due protagonisti di spalle

francofònia o francofonìa?

Francofonia ci racconta del sodalizio di due uomini molto diversi, il responsabile di tutta la cultura francese durante il dominio nazista, il direttore del Louvre Jacques Jaujard, e il responsabile di tutta la cultura nazista durante l’occupazione francese, il conte Franz Wolff-Metternich. Entrambi vogliono salvare il museo e le sue opere, ma è il nazista che rischia di più: i gerarchi del partito vorrebbero mettersi in casa la Gioconda, e gli ordinano di requisirla, e lui che capisce l’inestimabile valore delle opere e la fine che andrebbero a fare, si inventa la scusa di non sapere il tedesco. Goebbels gli dice portami un quadro di Gericault che ci rifodero i quaderni di mia figlia e lui Uot? Himmler gli dice portami due mummie che le nascondo nel letto a Göring vedrai le risate e lui sge parl pà lallemòn. Alla fine Hitler in persona vuole visitare il Louvre, e Metternich glielo impedisce sfruttando il doppio piano narrativo del film: quando il cancelliere arriva all’ingresso sposta tutta l’azione al presente e ci mostra uno che comunica via skype con una nave portacontainer; nel successivo cambio scena la bigliettaia francese è stata sostituita con quella che sta alla cassa agli scavi di Pompei, che si mette subito in pausa pranzo. Tempo che torna e il film è finito, il Louvre è salvo!

lei sarà pure Marianne, ma l'avrei presa a testate

saranno bizzarri, ma almeno non fanno la bocca a culo di cane davanti ai quadri

I primissimi piani ti fanno notare delle opere che quando ci sei stato tu hai snobbato allegramente: “ah, questa statua ha novemila anni? Questo mi fa ricordare che ho ancora un branzino in congelatore”. L’inquadratura in notturna, lenta, della tomba di Philippe Pot mette i brividi, con quelle figure incappucciate che adesso si girano e ti dicono che sarai il prossimo. La Nike di Samotracia non indossa le scarpe omonime, lo capisci benissimo quando la inquadrano sotto la tunica.

Insomma, per me Francofonia è un grosso sì, l’Episodio VII un grosso vabbè e Macbeth una grossa erezione, e non solo per la presenza sullo schermo di Marion Cotillard, ma di questo parlerò la prossima volta.

Tanto tempo fa scrivevo su queste pagine (che ancora erano le pagine di splinder, ma se risalite ai mesi precedenti le trovate su queste pagine, perciò è inutile fare tante questioni) una rubrica intitolata Campionato Mondiale di Referrers, dove cercavo di dare soddisfazione ai visitatori accidentali del mio blog, quelli capitati chissà come, cercando foto di Sbirulino in reggicalze. Mi mettevo lì e pubblicavo una foto del pagliaccio mezzo nudo, contando che alla visita successiva i miei anonimi frequentatori avrebbero appagato i loro pruriti. Ovviamente non capitavano solo gli appassionati di nudi da avanspettacolo, le chiavi di ricerca del mio blog erano stracolme di assurdità, tanto che ci sarebbe stato da scriverne per mesi.

Non lo facevo solo io, il mio amico Hardla curava sulle sue pagine una rubrica simile, chiamata “La posta dei lettori“, che faceva molto ridere, ed è ben strano, perché chi lo conosce lo trova di solito una persona noiosa e pedante e che non sa perdere alle cacce al tesoro. Purtroppo ad un certo punto della sua vita ha scoperto l’opera lirica, e adesso trascorre tutto il suo tempo libero a fotografare cantanti e scorci di teatro, ad impararsi a memoria le arie più difficili del Parsifal, tipo quel pezzo che dice “Stunztumpatafûlmen ho finito le rape rosse” e il suo blog è finito alle ortiche, e io mi sono trovato senza niente da leggere e mi è toccato abbonarmi a Internazionale, dove c’è anche la posta dei lettori, ma non è divertente come quella di Hardla.

Adesso ero qua senza niente da leggere, che Internazionale nuovo non è ancora arrivato, e mi arriva un’email da un sito che si chiama Timehop Abe, che ogni giorno mi dice cosa scrivevo su facebook un anno fa (lo so, voi persone normali lo troverete un servizio assurdo, ma per noi malati di alzheimer è piuttosto utile): io un anno fa finivo di leggere l’ultimo volume del Trono di spade, quello che in Italia ne sono usciti solo due terzi e ancora stanno a chiedersi. Io un anno fa finivo tutto il libro e ci restavo così, con un grande interrogativo che si pone sempre chi legge un libro di Martin, e non vi sto a dire quale perché magari voi non l’avete ancora letto, e poi perché stavo parlando d’altro, non so come ci sia finito a parlare di tronidispade.

Comunque è un anno che resto senza niente da leggere, e di solito risolvo rileggendo il mio vecchio blog, o sbirciando le statistiche, che sono una cosa piatta e desolante che poi ci credo che mi scrive la tizia spammer esperta di siti web che mi chiede di collaborare e mi presenta un curriculum che sticazzi, ma allora mi chiedo perché col tuo curriculum che sticazzi ti sei ridotta a chiedere l’elemosinaa uno che fa il blogger a tempo perso e lo leggono al massimo in venticinque di cui venti sono sempre lui quando non ha altro da leggere?

Insomma che stavo dando un’occhiata alle chiavi di ricerca, e ce ne sono certe che ueila! Sarebbe il caso di rispondere a queste certe, mi sono detto, e allora sai cosa? Rimetto in piedi il Campionato nazionale di referrers, ma con un titolo meno pretenzioso, che non mi faccia pensare che tutti i mesi dovrò mettermi lì a proseguirlo per non sentirmi in colpa. Stavolta lo chiamerò Gino, che mi sembra un nome parecchio non pretenzioso.

La prima ricerca cui voglio dare una risposta riguarda iban postepay, che è la voce più cercata in assoluto fra i lettori che capitano su queste pagine.

Iban Postepay è un quarantenne di Kaluga, una città a 150 chilometri da Mosca famosa per aver dato i natali alla prima moglie di Pietro Il Grande e alla seconda di Michail Fedorovich Romanov. Oltre a sfornare zarine, Kaluga non offre granché, c’è un museo dedicato agli astronauti, una ferrovia e un’università. E fa freddo. Tanto freddo. Così freddo che la sorella di Iban è stata costretta a comprarsi una stufa per sè e per sua figlia piccola. Elena, così si chiama la donna, è una spammer di professione: spedisce a tutti richieste di denaro cercando di impietosire gli utenti internet più gonzi raccontando la triste storia di lei che deve comprarsi una stufa, ma non ha un reddito. Suo fratello Iban ha cercato di convincerla a trovarsi un lavoro più serio, le ha promesso di mettere una buona parola alla fabbrica della Peugeot dove raddrizza antenne, ma lei niente. Dice che lo spam le rende molto di più e che un giorno lo vedranno tutti che aveva ragione.

Per il momento quel giorno non è ancora arrivato, e intanto Elena si è ridotta ad aver bisogno davvero della stufa perché dai e dai si è venduta tutti i caloriferi, e adesso le lettere che spedisce sono vere, ma ha rotto tanto il cazzo prima che oramai non ci crede più nessuno.

………….

La seconda voce più cercata riguarda le onnipresenti donne nude, ma non mi sembra il caso di indirizzarvi, cari amici ornitoconcussori: le donne nude e i gattini sono le due categorie di immagini più frequenti sulla rete, se ancora riuscite a sbagliarvi e capitate qui siete oltre ogni possibile aiuto, beccatevi un virus e tanti saluti.

………….

Tolte le due categorie che la fanno da padrone tutti i mesi vorrei passare alle ricerche settimanali, dove viene fuori tutta la creatività dei miei lettori.

Questa settimana quattro visite sono arrivate da uno che cercava strisce fumetti signor bonaventura.
Buongustaio, ma ignorante: il signor Bonaventura non si è mai fatto di coca, lo sanno tutti che la sua droga preferita è l’LSD.

Poi qualcuno mi chiede Holly Michaels chi è. Ignorante e basta, Holly Michaels è una pornostar dalle grosse poppe che va per la maggiore sui siti specializzati. Puoi vedere il suo video migliore qui.

E vorrei concludere prima di tediarvi, sebbene ce ne siano ancora di pazzesche, con zucche e pirati. La prima cosa cui ho pensato è stata una cosa di questo genere, ma in realtà google la pensava diversa, e mi ha suggerito un sito. Ci ho dato un’occhiata, ma mi è venuto in mente il budino e ho piantato lì.

Alla prossima.

The John Snow

39 Broadwick Street

Uno dei pub più antichi della città, consigliato anche dalla Santa, ma noi ci andiamo solo per poterci bullare coi nostri amici lettori di George Martin. Jon Snow è infatti il nome di uno dei protagonisti (mi piace che lo spiego, come se avessi altri lettori oltre i soliti quattro, di cui tre sono gli amici di cui sopra), anche se non proprio la figura celebrata da questo pub. Il personaggio in questione, infatti, ha una sua pagina dedicata su wikipedia, e vi consiglio caldamente di andarvela a leggere, perché se aspettate che ve lo racconti io state freschi. Il pub sta nella media dei pub londinesi, pochi turisti, atmosfera tranquilla. Al ritorno in patria scopriamo che l’anno scorso il locale si è reso protagonista di un brutto episodio di omofobia, cui sono seguite le proteste della vasta comunità gay cittadina, e la sua successiva colorita reazione.

The White Horse
16 Newburgh Street
Questo locale si trova a due passi dal John Snow, e a differenza del primo offre anche il classico menu da pub per chi vuole aver qualcosa di solido da vomitare dopo la sesta pinta.

Appartiene alla catena dei Nicholson’s, che si vanta di offrire buona cucina e ospitalità in locali che si distinguono uno dall’altro per la loro storia e cazziemazzi.

Marzia si butta sul fish & chips, io preferisco evitare i fritti e mi prendo un roast shropshire chicken (mezzo pollo arrosto senza tante pretese) con le patatine e la salsa peri peri che sa di bruciato. E altre due birre, che ci fanno tornare in albergo belli allegrotti.

Da qui in avanti stabiliamo che gli spostamenti in autobus per i rientri in camera sono preferibili a quelli in metro, che ti lascia più distante di un bel po’.

National Gallery

C’è poco da dire, i musei londinesi sono fichi. Intanto non ti chiedono soldi per entrare, si limitano a suggerire un obolo di 4£ all’ingresso e uno di 1£ per la mappa, ma non sei obbligato, e neanche ti guardano male se fai finta di niente e tiri dritto. Poi non sono pieni di roba da doverti prendere due giorni per girarli o essere costretto a scelte dolorose, in un paio d’ore la National Gallery l’hai vista tutta, e hai pure di che lamentarti perché alcune sale erano chiuse. Dico, al Louvre avrei pagato per trovare chiusa un’intera ala del museo, che mi sentivo i piedi caprini da tanto avevo camminato, qui ho fatto anche la faccia seccata e sono andato dal guardiano a chiedere spiegazioni e lui non ha capito bene o più probabilmente io non mi sono spiegato, ma c’è una forte possibilità che fosse proprio rincoglionito di suo, perché mentre mi spiegava che la sala alle sue spalle era chiusa perché non c’era personale sufficiente per controllarle tutte, guarda te che brutta influenza che gira ‘sti giorni, una signora si è intrufolata fra le transenne e se n’è andata a spasso da sola fra le tele; immediatamente un altro guardiano è intervenuto a farla uscire, e quando ha ripreso il mio interlocutore con un tono cazzofai questo non l’ha minimamente cagato e ha continuato a ripetermi che poverini i suoi colleghi tutti a casa con la febbre.

Comunque le opere principali erano tutte visibili, e a me bastava il piccolo Renoir vicino alla porta, davanti al quale ho meditato per i soliti dieci minuti con un sorriso scemo in faccia.

Covent Garden
Una delle piazze più visitate della città, anche se probabilmente non la più bella. Il quartiere circostante è quello che preferisco in assoluto, pieno di stradine e negozietti, dove la massa di turisti si spalma, rendendosi pressoché invisibile. Ci puoi trovare la boutique esclusiva dove la tua fidanzata si ferma in preda a convulsioni, ma anche il negozio di giochi da tavolo con le ricariche di Munchkin (Steve Jackson è un genio del male). La piazza in sé è carina, c’è questo grosso edificio centrale che ricorda una stazione ferroviaria, ci sono gli artisti di strada che si cantano sopra uno con l’altro, c’è il teatro dell’opera e il museo della metropolitana dove puoi comprarti le mutande con scritto sopra Mind The Gap. E c’è tanta tanta gente. Brrrr!!

Muffinski’s
Covent Garden
5 King St
Piccola pasticceria di Covent Garden, la commessa è carina, la connessione wi-fi gratuita, il muffin alla banana e cioccolato non sa di molto, forse gli altri sapori sono migliori. Chissà. Date le condizioni in cui ci troviamo al momento di servirci del locale (e del suo gabinetto, i cazzo di cessi di Covent Garden erano chiusi quel giorno) non andiamo tanto per il sottile. Però il locale è gradevole, poteva andarci molto peggio.

 

The Adam & Eve
77a Wells Street,
Soho
Questo pub si trova appena sopra Oxford Street, e appena giri l’angolo sembra di essere in un’altra zona della città, non c’è più casino, anche perché non ci sono più negozi. L’aspetto del locale è più moderno del solito, odora di nuovo, i colori sono chiari, non c’è la tappezzeria della Famiglia Addams che trovi praticamente ovunque e non ti aspetti di venire ricevuto da Lurch come succede nella maggioranza dei casi. Il menu, al contrario, è piuttosto classico, preparato bene, la cameriera ha la facciona simpatica ed è molto gentile.