Ero in una grande città, New York o Parigi, e c’era Jackie Chan che mi inseguiva per picchiarmi. Non che fosse arrabbiato con me, ti pare che faccio incazzare Jackie Chan, ma qualcuno me l’aveva aizzato contro, e nella sua testa lui voleva solo insegnarmi a difendermi, ma nonostante le buone intenzioni sapevo che sarebbe stata una pioggia di schiaffoni, e cercavo di evitarlo correndo giù per le scale di un palazzo.

Non dovrei mangiare crostini con l’aglio prima di andare a dormire, la volta scorsa gli zombi, stanotte Jackie Chan, mai che si possa dormire tranquilli; per fortuna, dopo aver saltato gli scalini a quattro a quattro col rumore di lui dietro che faceva le piroette per arrivarmi prima sulla schiena, ho trovato un ascensore aperto e sono riuscito a seminarlo, salendo invece di scendere; poi ne ho preso un altro e sono sceso fino alla stazione, poi ho preso il treno superveloce che ti porta all’aeroporto, ma ero senza biglietto e di fianco a me c’era il controllore, che ad un certo punto mi ha parlato e ho temuto il peggio, ma voleva solo sapere se mi dava fastidio il finestrino aperto. No no, l’ho rassicurato, ma quand’è suonata la sveglia avevo tutto il collo rigido e un principio di raffreddore. Così adesso siamo in tre, io, El Bastardo e Frida, col naso che gocciola e gli occhi lucidi.

Il veterinario mi ha prescritto delle pastiglie, ma per i gatti non so davvero cosa fare, ho paura che possano attaccare il virus a tutti, stavo pensando di abbandonarli vicino all’autostrada; non sarebbe una cosa difficile, mi basta andarmene e lasciarli dove sono, è l’unico vantaggio di abitare davanti all’A7. Si, ci sarebbe anche quella cosa che ogni tanto si ribalta un camion e riesci a saccheggiarne il contenuto prima che arrivino i soccorsi, ma da quando vivo qui è successo una volta sola, ed era materiale troppo ingombrante per potermici riempire casa. E poi uno cosa se ne fa di tanti bidoni pieni di trucioli di ferro? Quando ne hai uno ce ne cresce.

Adesso ogni mattina presto, quando porto a spasso il cane, riempio un secchiello di trucioli e vado a svuotarlo nello Scrivia, approfittando dell’oscurità. Mi piace il rumore che fanno rimbalzando contro le pietre, e quando la luce dei grossi fari della ferrovia ci si riflette contro sembrano tante stelle cadenti, è uno spettacolo incredibile.

La presenza dei trucioli di ferro nella mia vita mi ha anche portato a rivedere la mia spiritualità in un modo che non credevo possibile: ho ricominciato ad andare in chiesa.
Potrei dire che un grosso cilindro metallico in mezzo al salotto è una presenza a suo modo mistica, che in qualche modo mi ricorda Dio, magari non quello con la barba bianca e i capelli lunghi da hippie che punta il dito contro Adamo, piuttosto quello triangolare con un occhio nel mezzo, siamo sempre nell’ambito delle figure geometriche, no?

Potrei anche dirlo, però le mie ragioni sono più legate alla questione dello smaltimento dei trucioli: tutte le domeniche mi riempio le tasche di questi batuffoli di ferro e durante la messa li lascio cadere nella cassetta delle offerte; ci vuole una certa attenzione a maneggiarli, sono molto taglienti, se non si indossano dei guanti appropriati c’è il rischio di procurarsi delle lacerazioni profonde alle mani, ma ormai ho acquisito una certa dimestichezza, riesco ad infilarli nella fessura delle monetine senza destare il minimo sospetto; di più, certe signore beghine sono venute a complimentarsi per la mia devozione e per la generosità che mostro ogni domenica, mi chiamano benefattore, le ingenue.

Dalla mia posizione in fondo alla navata laterale riesco anche a godere degli effetti collaterali della mia attività settimanale: dapprincipio il parroco, poi il sacrestano, quindi l’anziano omino della questua e infine i chierichetti hanno cominciato a sfoggiare vistosi cerotti alle dita, segno che l’idea di rovesciare la cassetta sul pavimento prima di raccogliere le offerte non è ancora passata per la testa a nessuno. Sorrido, sono certo che prima o poi verrà il turno del campanaro, e allora vedremo se avrà ancora voglia di strimpellare l’intero repertorio di successi mariani degli ultimi quattro secoli ogni mattina alle sette, quel rompicoglioni!