Peccato che non mi chiami Francesco, perché Francesco sbaracca sarebbe stato un titolo un casino evocativo, e almeno avrei avuto qualcosa da salvare, visto che il contenuto non sarà granché.

È che stavo qui a far venire l’ora di andare quando sento bussare alla porta e mi trovo davanti Mohamed col suo solito carico di borse e viaggi e confusione. Mi ha fatto piacere, era un anno che non lo vedevo e pensavo che non passasse più da queste parti. E invece eccotelo, si siede, spilucca un po’ d’uva, ma non ha voglia di discorsi, con me ne fa pochi, si vede che è più amico di Marzia che mio. Dopo due frasi di circostanza mi dice che non ha i soldi per l’affitto e che per favore di aiutarlo e comprargli qualcosa. Io vorrei anche dirgli che lo aiuto volentieri, ma che di comprargli roba ne ho per le balle, che ho pure un trasloco nell’immediato futuro, meno roba ho da buttare negli scatoloni meglio è, ma è una comunicazione a senso unico, le mie parole non riescono neanche ad avvicinarsi alle sue orecchie.

Non riuscendo a spiegargli che non c’è bisogno che tiri fuori niente da quei cazzo di borsoni mi rassegno a prendermi delle calze in lana di vetro, un paio di guanti così sintetici che sfrigolano anche senza toccarli e uno di quei berretti boomerang che appena li infili tornano indietro.
Quanto vuoi? Dammi cento euro. Ma te sei fuori! L’affitto! Te ne do cinquanta perché è un anno che non ti vedo e probabilmente non ti vedrò più. Ah no? Andate via? Solo io. Come? E moglia? Moglia resta qui, vado via solo io.

Lentamente il messaggio si fa strada nella sua mente nomade, e la sua espressione si fa più drammatica:
Vete litigatu? Nate più dacòr? No, non abbiamo litigato, si, andiamo d’accordo, ma me ne vado lo stesso.

Non mi ci vedo a spiegargli una situazione troppo complessa per quei quattro vocaboli che riusciamo a scambiarci, nè lui è il tipo da giri di parole, a quanto pare, perché si piglia su i soldi e se ne va senza tanti complimenti.

Ci rimango anche un po’ male e mi pento immediatamente di avergli lasciato un obolo così sostanzioso, ma è un attimo, mi fa piacere poter dare una mano a chi ne ha bisogno, e poi sono sicuro che non ci vedremo più.

A rifletterci sono tante le cose che immagino non farò più, perché legate a questa casa o alla persona che ci abita dentro. Un trasloco come quello che mi aspetta non sarà fatto solo di oggetti che cambiano di posto, ma di abitudini che si perdono per strada: uscirò di qui con un casino di roba, ma quella che entrerà nella casa nuova sarà pochissima.

È eccitante, a modo suo.