Ragazzi, io ci sto provando ad aggiornare il blog, davvero, ma ultimamente le cose che mi escono quando mi siedo davanti alla tastiera somigliano all’ultimo Die Hard, un casino di botti per coprire la tristezza che trapela dalle schioppettate, e non so voi a leggerlo, ma a me scrivere così fa cagare, e allora preferisco non scrivere proprio.

Fra l’altro avrei anche un lavoro da preparare per un amico, una specie di racconto corale in cui mi sono scelto il personaggio e mi sono fatto una mezza idea di dove andare a parare, poi ho iniziato a scrivere e la pagina bianca ha avuto la meglio.

L’avete mai notato il fascino che ha una pagina immacolata? Non importa se di carta o di pixel, quella superficie intatta come il campo da calcio dopo la neve ti mette soggezione se non sei abbastanza veloce e abbastanza sicuro di te da lasciarci subito una pedata e spezzare l’incantesimo.

Il campo da calcio secondo me ti frega anche senza la neve, quel verde che ferisce gli occhi è in grado di ipnotizzare le menti deboli, piglia questi poveretti e li annichilisce, fa dimenticare loro dove si trovano e cosa devono farci lì, e dev’essere così per forza, sennò non mi spiego metà della formazione del Genoa.

Comunque sono qui, tiro giù due righe per farvi sapere come va, e anche per togliere dalla vista quello sfogo polemico di prima, che poi arriva uno che gl’interessa sapere cosa scrivo, che ha letto il mio nome su internet (il mio nome gira un casino su internet, ce la battiamo io e un pittore argentino), capita qui e mi prende per un rancoroso mugugnone.

Cioè, lo sono davvero, soprattutto rancoroso, ho dei tempi biblici per superare certe cose, otto anni sono solo il tempo necessario a metabolizzare l’accaduto, poi devi farne passare altri nove minimo, e alla fine fai prima a metterci una pietra sopra, che se aspetti che mi passi finisce che la pietra vengono a metterla sopra a te. Di quelle con la data e la foto ovale, non so se hai presente.

Però insomma, son cose mie, non voglio tediarvi, e non riguardano neanche il tizio che arriva qui interessato da quel che ha letto di me nei fascicoli della questura, soprattutto nei suoi confronti ci tengo a fare bella figura, metti che poi passa il mio profilo alla troupe del tigicinque e quelli mi dipingono come un malato di mente e pure violento.

Questo ci tengo a precisarlo, non sono violento. Cioè, quasi mai. Prima della volta per cui la troupe del tigicinque verrà a cercarmi (e che riguarderà, voglio sperare, una banca, una macchina sportiva e un largo uso di armi automatiche) non ho mai picchiato nessuno, a parte un tizio che però finora non l’ho ancora picchiato, quindi neanche conta.

Capito, quindi, signor interessato a quel che scrivo? Né violento né rancoroso, non si faccia fregare da quel post qui sotto, redatto in un momento di grossa crisi per fortuna passata, che ce li abbiamo tutti i momenti così, non mi dica che a lei non è mai capitato di aprire la porta di casa una sera e trovarsi a guardare dentro una pupilla gigantesca, mentre una voce fuori campo ti introduce al nuovo episodio spiegandoti che esiste una particolare zona che.

Chiarito questo punto che mi premeva chiarire possiamo andare avanti tirando giù una specie di prossimamente su questi schermi, un piano d’azione che ovviamente non rispetterò.

Intanto vorrei riprendere centotre-e-tre, che mi sono arenato in Colombia, o in Messico, uno di quei posti che improvvisamente mi è passata la voglia di bazzicare, sarà che a me non mi ci hanno mai invitato in quei posti lì, e ci sono rimasto male. No, è che avevo pianificato tutto abbastanza bene, luoghi, nomi, agganci, poi ho fatto una deviazione che mi sembrava potesse starci e mi sono impantanato come al solito, e mi dispiace, perché in cantiere c’è la vecchia Europa, dove ho fretta di tornare per raccontare delle cose che mi piacciono di più, i locali in cui sono cresciuto, la fila ai cancelli del palasport, gli articoli di giornale del giorno dopo, il ritorno a piedi in stazione.

Io l’America Latina, in fondo, non la conosco proprio per niente.

E poi ci sarebbe una puntata redatta insieme a Zuccannella, che rappresenta il mio primo esperimento riuscito di scrittura collettiva. Dovrebbero uscirne altre due puntate, ma quella là si è messa a leggere i romanzi porni e non mi scrive più.

Sempre sulla questione scrittura c’è il grosso progettone segreto al quale però non riesco più a collaborare come vorrei perché ho una connessione internet.. posso dirlo? Del cazzo.

Sto usando una chiavetta di mio padre che ogni tanto funziona e ogni tanto no, che ha un credito potenzialmente illimitato, visto che posso caricarla quando mi pare, ma che mi concede solo alcune ore di navigazione alla settimana e poi, invece di pescare dal credito residuo, mi estrae un rene.

E questo mi porta all’altro aspetto complicato della mia vita, la casa.

Non credo occorra spiegarvi che non abito più dove stavo prima, quella vita è finita il giorno in cui mi sono svegliato e c’erano un sacco di tizi con la faccia piena di cerone e i vestiti colorati che mi saltavano intorno tirandosi torte in faccia e facendo smorfie.

Ho fatto su i miei stracci e mi sono trasferito, non senza mugugnare e rancorare, che ve l’ho detto come sono fatto, ma non ce l’ho ancora una casa tutta mia.

Fino al 24 febbraio sarò ospite da mio padre, tanto lui è a fare la bella vita in Asia. Mio padre è un agente segreto che indaga su casi pericolosissimi che potrebbero destabilizzare l’ordine mondiale, tipo le scie chimiche e le brocche di plastica col filtro. Generalmente sventa ogni caso spinoso in un paio di giorni, perché è proprio bravo, ma si fa pagare la trasferta per tutto il mese e passa il resto del tempo in spiaggia.

In teoria dovrei stare cercando una casa in affitto, in pratica l’ho già trovata, ma la ricerca della casa e le tappe che mi condurranno ad andarci a vivere dentro, e l’arredo, e le pulizie, e tutti i passi verso il luogo prediletto da Carite vorrei raccontarli in una rubrica nuova e pronta ad essere trascurata tanto quanto le vecchie, rubrica che per il momento non ha ancora un nome.

Mi piaceva Rinascita, come la più bella storia mai scritta di Daredevil, ma rischiava di sembrare polemico, e l’ho scartato, che io non sono polemico, sono rancoroso.

L’ho scartato a malincuore, perché sono innamorato di quel ciclo di storie e tutti dovrebbero leggerlo, anche Bagonghi.

Un altro nome affascinante è Argo Vaffanculo, che rappresenta lo sforzo per costruire una cosa destinata al fallimento, ma necessaria al conseguimento di un obiettivo più grande. Se avete visto il film sapete già di cosa parlo, se non l’avete visto vedetelo, se pensate che Ben Affleck sia un coglione siete ancora fermi al film su Daredevil (mioddìo) e dovreste guardarvi le produzioni successive (e poi strapparvi gli occhi e dimenticare di avere visto una simile porcata e poi andarvi a leggere Rinascita, che dovrebbero leggerlo tutti, anche Bozo). E comunque il coglione sono io, Quel Coglione Di Pablo è il mio nome d’arte sulle chat di facebook, dovevo sceglierne uno che restasse in testa e facesse simpatia, e Pol Pot era già preso.

Insomma, non lo so ancora come si chiamerà, né quando mi metterò a scrivere seriamente, già buttare giù questi pensieri sparsi mi è costato una certa, e il risultato è ancora quello che “magari questa non la pubblichiamo, eh?”, però poi mi sono detto che io adesso scrivo cose così oppure non scrivo niente, e se il blog è mio è anche giusto che ne parli, di come sono io, e per il momento sono così, stattene. Magari domani cambia, magari no e scrivere cose incazzate è il mio modus operandi, solo che io non userei mai termini orrendi come modus operandi, ma chi cazzo è che dice modus operandi, un detective della Sûreté ? Chi?

E poi ci sono già passato una volta attraverso questo ciclo di post incazzati e sottotitolati, e ne sono uscito, e ne sono uscito alla grande, e allora chissà che non debba passare proprio da qui la strada per uscirne di nuovo. Inoltre confidarsi con degli estranei dicono che funzioni, ci sarà pure qualcuno che mi legge che non conosco, a parte i miei soliti quattro amici, no?

E perlomeno io sono sincero.

 

– Senta, Renzi. Quella faccenda di scrivere senza apparire polemico e rancoroso, se la ricorda?
– Si, certo. Ne abbiamo parlato ancora ieri. Mi ha detto che mi devo impegnare e l’ho fatto, no?
– Ecco, la prossima volta, magari, invece di impegnarsi si guardi un bel film.