“C’è Wu Ming al Buridda!”, mi annuncia il Subcomandante già in assetto da guerra, con borsa CCCP a tracolla e pipa di ordinanza. “Preparati che andiamo!”

“Al Buridda? Ma è un centro sociale Okkupa E Preokkupa! E se mi offrono una canna? E se arriva la polizia? E se offrono una canna alla polizia?”

Il Subcomandante mi percuote l’autostima col suo ricco epitetario, e in barba al freddo ci mettiamo in strada.

Appuntamento alle ottoemmezza sotto il Buridda, arriviamo prima e andiamo a mangiare farinata in un buco fighissimo stile bettolaccia alla buona. “Stile”, perché nonostante la cura dei particolari il listino prezzi è quello di un ristorante recensito dall’Espresso, uno di quei posti da comunisti ricchi dove una pizzetta formato panificio ti costa diecieuri belli secchi, roba che quando l’hanno portata alla signora impellicciata accanto a noi ancora un po’ sviene, che visto il prezzo si aspettava come minimo una ruota di camion.

Quando arriva Lucilla ci facciamo prelevare un rene per saldare il conto e ce ne andiamo al centro sociale.

Io conosco l’edificio per averlo frequentato ai tempi in cui ospitava la facoltà di economia, e lo trovo un po’ cambiato, ci sono scritte che allora non avevo notato, forse perché troppo affollato.

Eppure quel grosso cazzo multicolore di due metri per tre che campeggia all’ingresso credo che avrebbe attirato l’occhio anche allora..
Sono comunque sorpreso, mi aspettavo scritte tipo Sbirribastardi, o Mortealpapa, e invece niente, solo disegni e neanche malfatti. Vado in bagno e non c’è niente neanche lì. Per fortuna mi sono portato il pennarello e un paio di porchidii dietro la porta ce li aggiungo io.

Nella sala degli incontri si mangia della grossa, una quindicina di personaggi dall’aspetto tipico del centro sociale chiacchiera e sganascia. Lucilla si ferma a salutarne metà, dati i suoi trascorsi da scammurriata si è fatta parecchie amicizie.

Finalmente ci sediamo e si comincia, la sala è bella piena, arriva Wu Ming 1 accompagnato da un “esperto di cultura pop” o qualcosa del genere e da una che ha scritto un libro sul collettivo di scrittori. Vengono presentati, ma non si fa in tempo ad andare oltre che prende la parola un altro tizio allampanato, che sale sul palco e si presenta:
“Brutto stronzo di merda!”, dice al Wu Ming presente, e mi sa tanto che non è venuto a farsi autografare Manituana.

Insomma viene fuori che questo qui dieci anni fa ha scritto degli articoli critici “ma molto corretti” sui Wu Ming, e loro per ringraziarlo hanno dato il suo nome a un poliziotto bastardo in un film. L’ha presa poco sportivamente e da allora cerca di rompere i coglioni a tutte le presentazioni del collettivo che si tengono a Genova.
Per fare ciò legge una dichiarazione in cui spiega le sue ragioni e ogni tanto si volta verso l’invitato e lo rimanda a fare in culo.

Devo dire che la faccenda sembra interessante, la dichiarazione è esauriente e le sue ragioni non sembrano neanche tanto assurde, se riusciamo a dimenticarci che stiamo parlando di una vicenda vecchia di dieci anni e anche piuttosto ridicola, ma ognuno è padrone di offendersi come vuole, e alla fine gli faccio anche un applauso sincero: io non sarei stato capace di salire sul palco davanti a una folla ostile e prendermi una riga di insulti solo per dire la mia.

È che la cosa non si ferma lì, tra un vaffanculo di qua e un merda di là c’è sempre quello che esagera e la presentazione del libro finisce a manate in faccia, cadono i microfoni, le luci, la gente si alza e se ne va, questo che continua a urlare, quelli di là che gli dicono di tacere, Wu Ming e i suoi si scoglionano e se ne vanno prima di finire allo spiedo. 

Li imitiamo. Marzia è furibonda, che è uscita con la febbre per vedere i suoi scrittori preferiti e si è ritrovata con un pugno, e neanche di mosche; io devo dire che mi sono divertito, che vedere Ammaniti è stato simpatico, ma questa presentazione era molto più coinvolgente. Anche meglio del libro, direi!

Wu Ming