Ero qui che mi baloccavo con l’idea di scrivere una newsletter che riprendesse quella con cui iniziai la mia carriera di.. cos’è che faccio io veramente?

Metti cazzaro che va bene

..cazzaro, quando mi sono reso conto che molti dei lettori del Pablog non hanno idea di cosa ci fosse in quella newsletter, e che forse dovrei spiegare qualcosa.

La newsletter si chiamava Le lettere degli gnu, per poter usare il gioco di parole gnu’s letters, che allora mi sembrava una battuta pazzesca, ma è perché il territorio di internet non era così esteso, e se altre cento persone dall’altra parte del mondo facevano la stessa battuta, ognuno era convinto di essere l’unico. Il piacere di vivere in una bolla era qualcosa che apparteneva a tutti, non solo ai frequentatori dei profili social di Salvini.

Nella gnu’s letter c’era quello che mi veniva in mente di scrivere quel giorno, senza schemi predefiniti. In genere trovava posto una parte introduttiva in cui mi rivolgevo ai nuovi iscritti, che conoscevo per nome, essendo io che li iscrivevo uno per uno, manualmente. Non esistevano quei sistemi tipo Substack dove quello che scrive e quello che si iscrive non entrano mai in contatto, o se esistevano io non li conoscevo e facevo tutto a mano con Outlook Express.
Per dire, quando il numero degli iscritti ha iniziato a diventare elevato ho dovuto spedire la stessa lettera tre o quattro volte perché il programma di posta non mi permetteva di superare un certo numero di indirizzi in copia nascosta.

Dopo la parte introduttiva c’era una divagazione estemporanea su qualcosa che mi era successo, o che avevo visto, o che volevo dire a qualcuno ma non potevo essere troppo diretto e allora mascheravo, creando quello stile di scrittura che da sempre mi ha contraddistinto e ha azzerato i miei rapporti con le ex fidanzate.

Anni dopo, con un amico che non posso chiamare col proprio nome sennò è capace che mi fa scrivere dal suo avvocato, ho creato una seconda newsletter, ARTErnativa, in cui ho fatto confluire parecchie delle caratteristiche della precedente, più altra roba inedita.

Intanto per cominciare usciva con una cadenza regolare, una volta alla settimana; quella degli gnu era erratica come i suoi contenuti, a volte fra un numero e l’altro passavano due giorni, a volte due settimane.
Poi era strutturata, con un inizio, una parte centrale e una fine; e dato che per spedirla mi avvalevo di un rivoluzionario (per me) sistema di posta, avevo inserito una coda per permettere a chiunque di iscriversi o cancellarsi in autonomia.

Siamo andati avanti per una decina d’anni, ci siamo moltiplicati fino a diventare tre, e ad un certo punto ci siamo resi conto che i lettori non ci seguivano più, e ci leggevamo da soli. Era cambiato internet, il pubblico voleva altro, e probabilmente neanche noi ne avevamo più tanta voglia.

E siccome quella prima è finita male vorresti iniziarne un’altra?

Boh, una parte di me pensa che il blog sia uno strumento molto utile per buttar fuori roba, ma è ripiegato su sé stesso, mentre una newsletter, col fatto che arriva proprio a te, direttamente, ha un tono più confidenziale.

Pensavo che si potrebbe tornare a quella forma anarchica che avevano le lettere degli gnu, e magari aggiungere qualche caratteristica della newsletter successiva, ma neanche sempre, che di tornare a descrivere quadri ogni settimana ci si stanca presto.
Mi piacerebbe farlo con qualcuno, mettere su una redazione per parlare di niente, un gruppo di persone che ogni settimana raccontano cose, magari a turno, ognuno a modo suo. Quello che ti racconta di libri e quello che chiede scusa alla fidanzata in un modo che tutti si appassionino a leggerlo, una cosa così.

Non lo so se si può fare, né se funzionerebbe, ma secondo me sì, i tempi sono di nuovo maturi per questo genere di cose un po’ retro. Come i vinili che adesso costano più dei cidi e i tizi che si impomatano i baffi.

Ci sono ancora? I tizi che si impomatano i baffi, dico. Perché a pensarci bene è un po’ che non ne incontro più, forse sono passati di moda un’altra volta. Sarebbe bello che passassero di moda, ogni volta che ne incontro uno mi viene voglia di andare a sparare all’Imperatore d’Austria.

Vabbè, io ci penso un po’ su. Nel frattempo, se a qualcuno venisse voglia di scambiare un parere, per dirmi che avrebbe piacere di riceverla, o di scriverci sopra, lo spazio dei commenti serve a quello.

Drusilla ha ventisette anni e gli occhi colore del lago in cui mi tuffavo da bambino. Porta la maglietta a righe d’ordinanza Estate 2016, e la presunzione della sua giovane età la tiene in bilico sulla punta del naso, che mi agita davanti come un fioretto quando si volta a chiedermi “Ma li hai visti?”

Si riferisce alla coppia male assortita che, davanti ai nostri sguardi attoniti, si è esibita in un numero di solitudine acrobatica livello SuperPro.

“Quelli che si sono fatti la foto?”
“Sì! Hai visto che espressione schifata aveva lei quando si è messa in posa?”
“Le mancava la didascalia – Facciamo contento questo povero fesso – ”
“Ma è pazzesco! Come fanno a esistere coppie così? Ma meglio da soli, dai!”

La classica frase da Drusilla che sa sempre quello che vuole e non accetta compromessi. Vorrei possederla io la sua sicurezza, mi permetterebbe di mantenere la rotta e smettere di incagliarmi nelle secche in cui finisco con la regolarità di un temporale nel fine settimana.

Siamo a giugno, due anni che è morto il mio unico grande infinito amore, il mio canarino Chico Buarque, la sola creatura che abbia mai amato.
Non sono una preda facile per i sentimenti, quasi tutte le mie ex mi hanno lasciato dopo pochi mesi lamentandosi dei miei rari slanci affettivi. Sono uno che quando la ragazza gli dice seria al telefono “Sto mettendo in discussione il nostro rapporto” le risponde “Va bene, fammi sapere domani cos’hai deciso, buonanotte”.

Con Chico Buarque era stato diverso fin dall’inizio. Intanto non mi aveva chiesto nessuna attenzione particolare, giusto un po’ di becchime e dell’acqua fresca, e poi la riconoscenza con cui rispondeva alle mie premure! Ogni mattina si metteva a cantare, e la sua gioia mi contagiava, uscivo di casa dimentico di ogni problema e andavo a lavorare alla miniera di carbone col cuore leggero.

Fra noi era stato un avvicinamento graduale, nessuna pressione, solo il piacere di stare insieme giorno dopo giorno. Lentamente il nostro rapporto si era consolidato fino a diventare qualcosa di indistruttibile, cui non avrei più saputo rinunciare. Non l’avevo mai vissuta una storia così intensa. Per festeggiare il nostro primo anniversario eravamo andati alle Canarie a conoscere i suoi genitori. Non lo avevamo detto a nessuno, ma quello sarebbe stato il nostro ultimo viaggio da fidanzati, avevamo intenzione di sposarci. Magari non in Italia, dove i matrimoni fra uomini e canarini non sono ammessi.

Due mesi dopo era morto. Una rara malattia chiamata gatto dei vicini lo aveva stroncato all’improvviso.

È stato come se mi avessero sostituito il cuore con un sacchetto di ghiaia, ho rinunciato alla speranza. Tutto ciò che è arrivato dopo mi è scivolato addosso senza lasciare traccia.
Solo una volta ho provato una specie di emozione, ma non è durata molto: era una gracula religiosa, ci eravamo trovati molto bene all’inizio e sembrava che potesse funzionare, ma presto si era rivelata una gran scassacazzi. E poi parlava sempre a vanvera.

In questi due anni non ho fatto che passare dall’allegria a una depressione improvvisa, come un ballerino di tip tap in un campo minato. I miei amici hanno preso le distanze, le relazioni si sono diradate, anche quelle impostate sulla mercificazione sentimentale, tipo “tu mi caghi io ti trombo va bene così”. Sono diventato uno di quei matti con la felpa stropicciata che portano in giro il cane la mattina presto, quando non corrono il rischio di incontrare altri esseri umani con cui dover interagire.

Per convincermi a stirarmi la maglietta e affrontare questa trasferta bolognese c’è voluta la giovane scapestrata Drusilla. È lei che mi allontana le nuvole dalla testa, e quando il canto di un uccello lontano mi riporta alla mente pensieri cupi è rapida ad intercettarli e abbatterli con un dito nodoso sulle reni. Oppure mi viene vicino e mi spinge da dietro, mi colpisce con un giornale, mi abbranca per un braccio e mi trascina davanti alle scarpe più ridicole mai esposte in una vetrina.
È bello averla vicino, certe volte mi chiedo se non dovrei abbandonare questa mia ritrosia e darle un bel morso, per vedere che succede.
Poi mi ricordo di Chico Buarque e che il mondo fa schifo e dobbiamo tutti morire soli, compresa Drusilla, e vado ad addentare un panino al prosciutto.

A Palazzo Fava è allestita la mostra di Edward Hopper, forse l’unico luogo in cui essere tristi rappresenta un beneficio, invece che un handicap.

Perché il pittore di Nyack è un artista malinconico, apre finestre sulla solitudine che hai dentro e la costringe ad affacciarsi. Il modo migliore per apprezzare le sue opere è di avere l’anima dissodata di fresco. È come annusare certi fiori prima di assaggiare un vino di qualità.
È così. Mi aggiro per le sale lasciandomi travolgere dalla desolazione dei suoi paesaggi e delle persone che li abitano.
Quando mi trovo di fronte a Soir Bleu mi tremano le gambe. La faccia del clown, il contrasto col suo abito e ciò che rappresenta. La donna in piedi è una prostituta, un corpo in vendita, eppure è altera e distante come un pianeta inaccessibile.

“Questo si intitola Carnevale Sull’Enterprise. Il capitano Picard, al centro del  quadro, si è vestito da clown convinto di vincere il premio per la maschera migliore, ma verrà battuto dall’androide Data, che truccato da donna risulta davvero irriconoscibile”.
“Scema, non ti ci porto più alle mostre! Che figure mi fai fare?”
“Usciamo? Qui vicino c’è una mostra fotografica su Jeff Buckley con cui puoi torturarti ancora un po’”
“Ma tu come fai ad essere sempre così imperturbabile? Non c’è niente che ti pesa addosso, un ricordo, una speranza? Io sono eccessivo nel mio malessere, certo, ma tu così impermeabile alle emozioni sei sicura di essere normale?”
“Chi ti dice che sia imperturbabile? Magari non mi va di mostrarlo come fai tu”
“Cosa ti ha lasciato questa mostra?”
“Ansia. La stessa che mi mettono i racconti di Carver. Credo che il mondo che descrivono sia lo stesso, uno racconta cosa succede nelle case dipinte dall’altro. L’anziano seduto al sole, con la moglie che gli grida dalla finestra, quando si alzerà saprai che sta per succedere qualcosa di brutto. La donna in piedi sulla porta ha visto qualcosa che non vuoi sentirti raccontare. La vita che trapela dall’opera di Carver è difficile, di quella che ti ci vuole una bottiglia vicino per reggerla, ma Hopper va oltre, dove la bottiglia non basta più. Uno è dolore, l’altro rassegnazione. E a me la rassegnazione mette ansia più del pericolo.”

Guarda qua. Neanche trent’anni di roba. Una che non ha mai conosciuto la Cortina di Ferro, il Patto di Varsavia, Berlino Est. Una che girava in pannolone mentre i Nirvana scardinavano la musica e il gusto per le camicie.
Una fottuta hipster.
E mi lascia muto, inadeguato e ammirato.

Io a 27 anni stavo a Londra, dormivo per terra e spendevo tutto lo stipendio da Reckless Records. A 27 anni scoprivo Jimi Hendrix, manco sapevo chi erano Hopper e Carver. Ed è questo che separa inesorabilmente il mio mondo dal suo e ci porta ad imboccare strade che finiranno per allontanarci sempre di più, fino a perderci di vista. Perché un giorno lei sarà un avvocato inserito nel sistema e leggerà Marcuse per credersi anticonformista, sposerà un ricco ingegnere appassionato di mobili antichi e farà la borghese radical chic, mentre io sarò fuori da casa sua a fregarle le gomme della mercedes, che rivenderò per una dose della mia ultima scoperta, l’eroina.

(continua)

Non l’avevo già usato questo titolo? Boh.
È arrivato il momento di tirare le somme di questo incredibile pirotecnico noiosissimo 2013 o, come lo chiamiamo fra addetti ai lavori, l’anno sgurz.
È il ventinove dicembre e chissà quante altre cose pazzesche mi aspettano nei due giorni che ancora mancano alla fine, tieni presente che c’è di mezzo un pranzo di famiglia, da sempre costellato di episodi indimenticabili, tipo quando Mario ha fatto soffocare la nonna raccontando a tutti che da quando la sua fidanzata è incinta non può più toccarle le tette, o quando hanno trovato la nonna in bagno che toccava le tette alla fidanzata di Mario. Insomma, ce ne sarebbe ancora, perché rinunciare chiudendo l’inventario oggi?

Perché si. Cominciamo.

1 gennaio: L’anno comincia alla grande, a brindare su un tetto di Harlem in mezzo a sconosciuti, fra cui il sosia di George Lucas e un cinese molto simpatico con cui mi faccio la prima vera grassa risata del 2013, oltre che la prima da un sacco di tempo. E me la faccio in inglese, pure, che suona tipo Haw Haw Haw!
Epperò quella vacanza lì andavo in giro avvolto nella sciarpona della depressione, che più te la giri intorno più hai freddo, perciò alla fine è stato un capodanno meh. Se fossi stato a Ronco sarebbe stato il capodanno più devastante da quello in cui io e mio cugino infilammo dei raudi accesi nelle tasche della nonna e corremmo via urlando tre! due! uno!, perciò va benissimo così.
18 gennaio: Per tirarmi su il morale vado a fare un seminario tenuto dai clown di corsia, che mi parlano tutto il giorno di bambini leucemici e di quanto ci mette un adolescente a morire. In realtà volevo diventare un clown professionista, ma diventa evidente che il corso giusto era un altro. Pazienza, ormai ho pagato e resisto fino alla fine, e faccio bene, perché insieme al diploma di partecipazione mi regalano anche un bel naso di gomma rossa.
26 gennaio: Mi telefona Ansel Adams, che inaugura una mostra a Torino e mi invita a partecipare. Non me lo faccio ripetere due volte, ho ancora l’umore sotto le scarpe e la faccenda dei clown di corsia non mi ha aiutato. È una bellissima trasferta, a Torino prendono i fumetti maledettamente sul serio: al museo del Risorgimento, per dire, c’è esposto un costume da Pippo appartenuto a Garibaldi.
6 febbraio: Dopo un finale pirotecnico il mostrone gigante di Cloverfield emerge dal fumo dell’esplosione e mostra le terga all’esercito statunitense, aprendo la strada ad un sequel. Poi non se ne farà niente per questioni di budget, ma per un po’ mi tengo le giornate occupate a spulciare forum di cinema.
14 febbraio: Lo staff di Salviamo Il Salvabile, una trasmissione dei tempi gloriosi delle radio libere, si ritrova dopo vent’anni in un circolo jazz parecchio fico e pianifica di celebrare la ricorrenza storica okkupando gli studi di radiotre durante Fahrenheit. Ognuno ha il proprio compito, Andrea deve picchiare la Lipperini, Matteo minacciare ritorsioni se non torna Marino Sinibaldi, io promuovo il mio libro. Potrebbe farlo lui col suo, ma io vengo prima per anzianità. Poi non se ne farà niente perché quel giorno lì Andrea aveva un impegno.

Siete tre stronzi

Siete tre stronzi

19 febbraio: Comincio il corso di portoghese, ma è solo una copertura organizzata dal servizio segreto lusitano per reclutare agenti. Sono loro che mi hanno contattato, hanno avuto il mio nominativo dai clown di corsia, dicono che faccio ridere il cazzo, che è una delle doti richieste per diventare una buona spia. Mi sembra strano, provo a dirglielo, ma mi zittiscono subito chiedendomi “Timothy Dalton ti fa ridere? E Pierce Brosnan? Trovi divertente che il ruolo di 007 sia stato affidato a Pierce Brosnan?”
23 febbraio: Il mio primo compito di spia è truccare i risultati delle elezioni nel mio Paese, per questo vengo messo a fare lo scrutatore nel mio seggio con i più sofisticati mezzi che il governo portoghese può permettersi. Fallisco, una biro e un pastello rosso non sono mezzi sufficienti per un colpo di stato.
2 marzo: Compro una chitarra. Adesso mi manca solo una stazione spaziale orbitante e un paio di baffi per poter rifare il video dell’astronauta che canta Space Oddity.
3 marzo: Vedo la Madonna di Medjugorje. Mi dice di comprare una camicia. Diffido.
27 marzo: Il governo portoghese mi spedisce in missione potenzialmente suicida a Roma, dove dovrei incontrare il mio contatto. Non mi danno il nome, ma la descrizione: dovrebbe essere una ragazza la cui faccia ricorda il crollo di una diga. Non mi danno neanche il biglietto, perché cerca di capire, la crisi, il deficit, i tagli imposti dall’Europa, così finisce che non ci vado e mi do malato.
29 marzo: Incontro un agente del servizio segreto portoghese che mi porge le scuse ufficiali per quella faccenda di Roma e mi offre da bere. Finiamo per ubriacarci al Barbarossa, poi succedono anche delle robe, ma non mi ricordo bene, facile che me le sia immaginate, mi succede spesso quando sono ubriaco.
6 aprile: Sono invitato a una festa al teatro Regio, a Torino, in qualità di mimo. Hanno saputo della faccenda dei clown e anche loro hanno capito male, però me la cavo discretamente, mi esibisco nel famoso numero del tiro alla fune e un locale del centro mi offre perfino da bere.

A Torino fai il Torinese, e dato che metà dei Torinesi sono immigrati di Cosenza..

A Torino fai il Torinese, e dato che metà dei Torinesi sono immigrati di Cefalù..

12 aprile: Prendo ufficialmente possesso della casa nuova, dopo aver convinto il suo proprietario, il signor Burns, ad affittarmela e lasciarmici fare un casino di lavori a mie spese. Il suo commento è “eccellente”.
16 aprile: Rivedo la Madonna, ma non quella di prima, stavolta è quella di Loreto. Mi dice che il mio numero del tiro alla fune è proprio bello, e mi invita ad iscrivermi a un corso di improvvisazione. Nicchio, che le cose che succedono all’improvviso di solito son brutte, e poi ho un impegno col governo portoghese, metti che devo trasferirmi di corsa a Viseu.
20 aprile: Rieleggono Napolitano presidente che certo, ci voleva proprio, e quasi quasi mi ci trasferisco davvero a Viseu.
2 maggio: Esce il libro di ARTErnativa, grossi fremiti scuotono l’ambiente letterario dello Stivale, e a quanto pare anche quello internazionale, perché ricevo un sms da Josè Saramago che mi fa i complimenti, ma Saramago è morto, quindi forse è uno scherzo.
18 maggio: Al Salone del Libro di Torino per ARTErnativa, mi faccio la foto con Zerocalcare che scopro essere un agente del servizio segreto portoghese, perché invece di darmi grosse pacche sulle spalle e trascinarmi in un pub a tirare mattina dicendo cazzate mantiene un basso profilo, mi porge il libro autografato e smette di considerarmi. Mi hanno spiegato al corso che gli agenti lo fanno per evitare di farsi scoprire, è una roba troppo astuta! Più tardi scopro che anche Francesco De Gregori è una spia portoghese.

Come i più attenti di voi avranno capito, il tizio insieme a me non è Zerocalcare. È De Gregori.

Come i più attenti di voi avranno capito, il tizio insieme a me non è Zerocalcare. È De Gregori.

21 maggio: Faccio una lezione di prova al corso di improvvisazione, che è una roba troppo divertente e se non mi trasferisco a Viseu lo faccio troppo, guarda.
22 giugno: Vedo la Madonna di Lourdes. Mi dà il suo numero di telefono.
29 giugno: Il servizio segreto portoghese viene smantellato per mancanza di fondi, ma mi assegna come ultima missione quella di recarmi a Bergamo per infiltrarmi in un gruppo anarcoinsurrezionalista con forte attività online. Ci vado, tanto poi basta e posso tornare a farmi i cazzi miei, e meno male che ci sono andato perché c’è un sacco di figa e un sacco di nerz simpaticissimi. Non riesco ad approfondire la conoscenza coi rappresentanti di entrambe le categorie, i tempi sono ridotti e mi tocca scegliere. A fine giornata so un sacco di cose interessanti su Star Trek..

Il meetup è l'unico posto dove puoi indossare una testa di cavallo ed essere considerato un gran figo.

Meme Man

13 luglio: Vedo la Madonna, le dico che dobbiamo smetterla di vederci così e la invito a cena. Si rivela una persona piacevole, e cominciamo una relazione a distanza, perché comunque è la Madonna di Fatima.
8 ottobre: Senza l’assillo dei portoghesi segreti mi sento libero di fare le cose che mi piacciono, e comincio quella che mi piace più di tutte, il magico mondo di Rubik Teatro, dove ho la fortuna di conoscere uno dei miei idoli dell’infanzia, Jabba The Hutt.
12 ottobre: Il gruppo anarcoinsurrezionalista dove mi sono abilmente infiltrato organizza un nuovo raduno a Milano. Ci vado, ovviamente, e scopro il loro piano diabolico di conquistare il mondo coi biscotti e le foto di gattini. Neanche stavolta c’è il tempo per conoscere meglio i due gruppi principali, i nerz e la figa, e siccome la volta scorsa ho conosciuto bene il primo stavolta cerco di fare le cose a modino, e torno a casa con tutta la cronologia degli episodi del Dr.Who. Forse sto sbagliando qualcosa..
15 ottobre: Vedo la Madonna, che però ha mal di testa e dice che mi richiama lei.
1 novembre: Lucca Comics. ARTErnativa ha talmente successo che lo stand è preso talmente d’assalto che la presentazione che dovevo fare salta, e vado in giro, ma c’è talmente casino che non riesco più a tornare indietro e i telefoni non funzionano e addirittura saltano i collegamenti più elementari fra le persone, tipo l’educazione e la voglia di continuare, così me ne torno a casa e vaffanculo.
7 novembre: Vedo la Madonna, che mi dice di prendermi un gatto che sarà il re dei giudei e il prescelto e schiverà le pallottole e non c’è nessun cucchiaio. Mi sembrano ottime argomentazioni, così vado e porto a casa João, che è il gatto più bello e affettuoso che abbia mai visto.
1 dicembre: Vedo la Madonna, che mi rivela di aspettare un bambino, ma non è il mio.

Dice “È un po’ che non aggiorni il blog, che stai facendo? Scrivi un altro libro?”

Dire che sono stato risucchiato dal vortice di Tumblr e in pratica passo ogni minuto libero ad aggiornare la dashboard fa brutto, così ho deciso di raccontare alcune delle cose che ho visto, letto o fatto nell’ultimo decennio, fingendo di avere impegnato gli ultimi mesi in qualcosa che se non è produttivo sia almeno socialmente accettabile.

Allora, innanzitutto ho cominciato a pedinare una ragazzina di sedici anni dall’uscita di scuola a casa sua, ma pedinare non è il termine giusto, la tallonavo proprio, le stavo a un metro e le mormoravo parole oscene tipo icsfactor, libridimoccia e rapperitalianotrasgressivodistocazzo, e ogni volta che si voltava a rimproverarmi mi accarezzavo il pacco con lascivia [la-scì-via, se hai letto la-sci-vìa sei una brutta persona]. Poi mi è scaduto l’interinale alle poste e a consegnare la corrispondenza ci hanno messo un altro.

(questa cosa della ragazzina starebbe a sottintendere come la frequentazione di tumblr sia più immorale e deplorevole di un atteggiamento che puzza di pedofilia. Non ha molto senso spiegarlo, mi rendo conto, ma ultimamente su tumblr mi leggono i Bimbiminkia col senso dell’umorismo di un anello di totano, ma manco di quelli fritti, crudo, e allora rischio che la battuta non venga colta. Scusate.)

Pazienza, molto più tempo libero da investire in attività più socialmente accettabili della dashboard di tumblr, (vedi? devo sottolineare come alle elementari) che se non l’avete mai vista lasciate perdere, tutta quella pornografia mescolata a immagini di gattini potrebbe far perdere il senno a chiunque, io stesso oramai mi eccito ogni volta che sento miagolare.

Però non starò qui a raccontarvi delle mie fantasie erotiche, anche perché non tutte vi riguardano, ho scritto questo post per raccontarvi di quello che ho letto e visto, e tanto vi devo.

Quello che ho letto e visto

Comincio dal fondo, da quello che sto ancora leggendo perché è come quando ti invita a cena una che non sa cucinare e ci metti tre ore a finire il secondo perché se lo lasci magari si offende e poi va a finire che ti tocca passare la serata a guardare Men vs Food, che non so cosa sia, ma un amico me l’ha appena citato su facebook, e lui è uno che guarda delle vere porcherie.

Roba che se ad un certo punto compariva Ok Quack il romanzo poteva proseguire a Paperopoli e nessuno ci avrebbe trovato niente di strano.

 Si, ce l’ho con te, Stephen King, che prima mi illudi con tre capitoli piacevoli, poi mi esalti con un quarto che è un capolavoro, e poi mi presenti il conto con un quinto volume, I Lupi Del Calla,  piuttosto calante, un sesto, La Canzone Di Susannah, che bisognerebbe tirartelo dietro, e l’ultimo, La Torre Nera, che se non avevi più voglia di scriverlo bastava dirlo, l’avremmo capito. Guarda, ci parlavo io col tuo editore, una soluzione si trovava, ma metterti a discutere col lettore, diventare tu stesso un personaggio della storia, dai, è veramente la soluzione di chi non ha più niente da dire! Non sei d’accordo con me, lettore di questo blog?

Adesso ho questo romanzo a un quarto scarso, ne leggo due pagine la sera per vedere se migliora, salto le righe, mi dispero perché è di un noioso che non ci si crede, da un momento all’altro potrebbe raccontarmi del benzinaio preferito dai taheen e di quella volta che si è messo a regalare i punti carburante perché aveva avuto una crisi mistica e gli era apparsa Santa Teresa, che però lui non essendo pratico di cristianesimo aveva scambiato per San Pietro (oppure a causa dei baffi, che le Scritture non ne parlano perché non è bello che si sappia, ma Santa Teresa da ragazza la chiamavano Gino Cervi), e gli aveva confidato che il mondo stava per finire e che Marchionne avrebbe trasferito gli stabilimenti in Pakistan, perciò suo nipote avrebbe perso lavoro e sarebbe tornato a drogarsi. Siccome il nipote è quello del benzinaio e non quello di Marchionne capirete anche voi che al nostro amico quel giorno gli giravano le balle, e vi sarete fatti un’idea, cari lettori grandi e piccini, di com’è stato scritto l’ultimo volume di questa saga fantasy postatomica.

Roba che il tuo scrittore preferito dei tuoi anni di ragazzetto protonerd potrebbe perdere anche quel rispetto che gli devi ancora per le forti emozioni che ti ha fatto provare descrivendo un momento di petting fra il protagonista e la sua ragazza cheperòpoimuore ne Le Notti Di Salem, che tu una roba così spinta come lui che “fece scivolare una mano sul suo seno e lei si inarcò per offrirglielo pienamente, soffice e sodo com’era” non l’avevi mai letta e quella sera sei andato a dormire sconvolto.

Sai cosa, amico Stephen King? O mi tiri fuori un altro 22/11/63 o mi leggo tutta la bibliografia di Valerio Massimo Manfredi. NON STO SCHERZANDO!!

Il titolo è fuorviante, in realtà è un libro di ricette per cucinare le melanzane.

Per evitare di morire di noia mi sono procurato una lista di romanzi sui viaggi nel tempo, e poi, grazie al mio amicone Senko che un giorno mi ha detto “ti faccio una cassetta”, che negli anni ’80 indicava una compilation TDK da 90 minuti piena di musichine e adesso invece rappresenta una chiavetta usb da 16 giga piena di qualunque cosa, in questo caso libri, ho spulciato in un archivio grande più o meno come la provincia di Cuneo alla ricerca dei tiroli che mi interessavano.

Al momento sto leggendo Al Di Là Del Tempo di Connie Willis, che non è un romanzo ma un’antologia di racconti, e di viaggi nel tempo ne parla più o meno come ne sto parlando io qui, però finora si lascia leggere, e il primo racconto mi ha preso molto più di quanto mi aspettassi dal genere, che è una roba tipo ricordi di scuola e primi amori, che detta così mi fa un casino casalinga frustrata, ma in realtà è scritto bene davvero. Vedremo gli altri.

Lo so, non sto leggendo molto, direte voi amici colti, che divorate i libri come io divoro i pomodorini dell’orto, a cinque per volta e senza lavarli, che però per i libri è meglio fare così, che sennò poi si sgualciscono le pagine, per non parlare di chi legge col kindle, lascia perdere.

In realtà sto occupando il tempo che voi dedicate ai vostri romanzi preferiti per leggere una quantità disumana di fumetti, tipo tre o quattro, che però escono tutti i mesi!! È come se vi metteste a leggere.. dei fumetti, tipo.. che però escono.. tutti i mesi!! Non so se è chiaro il paragone.

Un momento tipico nella vita di una famiglia, e se a voi non è mai capitato vi compatisco assai.

Una delle serie che ho cominciato dal numero uno e sto portando avanti con soddisfazione è Saga, di Brian K. Vaughan e Fiona Staples, un racconto fantasy (daje) ambientato nello spazio, quindi di fantascienza, si però più fantasy. Adulto nei dialoghi e nelle situazioni (Parlano anche di sesso! Nei fumetti! Tutti i mesi!!), molto ironico, sempre lì che adesso succede qualcosa, ma senza l’ansia di ommioddio un mese senza sapere come va a finireh! L’ha consigliato anche Buoni Presagi, che poi sembra che leggo i fumetti che consiglia lui e non lo cito. In realtà l’avevo già lì da leggere da anni e anni e aspettavo di trovare la voglia, non è che ho cominciato perché me l’ha detto lui, e comunque io ne ho già letto tredici numeri e lui invece è fermo al terzo, gnegnegne.

Allora ci vediamo questa sera? Una serata fra amici, una chitarra e un omicidio.

Garth Ennis lo leggo per principio, mi piace, a volte si ripete un po’, a volte non ne ho voglia e lo pianto lì, a volte vorrei telefonargli a casa e tirarlo giù dal letto e dirgli “Oh Garth! Questa si che è una storia coi coglioni! Ma non i coglioni tipo i protagonisti della Torre Nera!”.
Red Team è appena cominciato, giusto quattro numeri, e sta scorrendo bene, una trama solida, dei protagonisti credibili che non fanno i pazzeschi come Barracuda, che è simpatico, ma tutti così no eh. È la storia di un gruppo di agenti che dopo aver visto com’è andata a finire con Berlusconi, che tre gradi di giudizio ed è ancora lì a rompere i coglioni, decidono di dare una mano alla giustizia e invece di arrestare i criminali li fanno fuori con azioni da commando.
Strega commando colori.
Non c’entra, ma mi faceva ridere.

L’amore. Quello con la a minuscola, ma col tizio che tira le frecce e fa il coglione per Brooklyn.

Mi sono tenuto per ultima la serie che mi ha fatto innamorare, Hawkeye, di Matt Fraction e David Aja, roba che non credevo che una serie regolare Marvel fosse ancora capace di. È il supereroe che abbiamo visto negli Avengers, sai quel film di supereroi fatto bene che ti ha fatto dimenticare le porcherie tirate fuori con Hulk, Spiderman e, lo so che non sarete d’accordo ma mi ha fatto cagare, Iron Man? Quello interpretato da quello che sembra sempre si sia appena svegliato, che ha fatto quel film che ammazzava una bella saga come quella di Bourne.
Insomma, niente a che vedere, queste sono le avventure di Occhio Di Falco (che non è stato tradotto e continua a chiamarsi Hawkeye anche in italiano) quando non indossa il costume pacchianissimo che lo fa somigliare a una versione campy della (orrenda) Catwoman di Halle Berry. Vive in un condominio di Brooklyn, piglia botte da buffi mafiosi russi che vanno in giro con la tuta dell’adidas e dicono Bro, salva un cane, cazzeggia coi condomini e finisce nei casini per delle donne. Adorabile, cialtrone, lontanissimo dallo stereotipo del supereroe, sia dell’antieroe indisciplinato tipo Wolverine che della macchietta fastidiosa che in questo momento non ricordo neanche come si chiama ma avete capito, è tutto rosso, ha due pistole ed è una specie di zombi ninja. Inoltre David Aja ha fatto un lavoro splendido nella costruzione della pagina, e alterna vignette che sembrano scarabocchiate, con pochissimi dettagli, ad altre molto complete. Insomma, si è capito che mi piace, cos’altro devo fare, comprarvelo e portarvelo a casa?

Ci sono altre cose di cui dovrei parlare, alcune bellissime altre meno, prima di affrontare il discorso cinema, ma qui finisce che arriva l’alba e sono ancora alzato, e poi voi non mi leggete perché ho scritto troppo e ormai siete abituati ai microperiodi di facebook, e se uno scrive più di 160 caratteri senza faccine diventa prolisso.

Io poi prolisso lo sono già, ti lascio immaginare che succede. Facciamo che proseguo un’altra volta, eh?

 

Deadpool! Ecco come si chiama! Simpatico cinque minuti, poi torno a leggermi La Torre Nera.

Aggiornamento dell’ultimo minuto:
All’idea di dovermi sorbire altre pagine della Torre Nera sono andato su wikipedia e mi sono letto la trama. Non ve la racconto per evitarvi spoilers, ma sappiate che dopo aver scoperto cosa succede nelle pagine che mi mancano ho cancellato il file dal telefono, poi dal computer, poi ho buttato via la chiavetta usb di Senko, poi ho strappato il cavo del telefono e me lo sono mangiato.

Andare a vivere da solo non è una cosa facile di suo, quando la casa in cui ti trasferisci non ha niente ogni piccolo passo diventa una sfida. Quando dico niente significa proprio quello, niente: la porta d’ingresso, le finestre, il bagno, il lavandino in cucina. E la muffa. Tanta, tantissima, io non ho mai visto una quantità simile di muffa neanche nel laboratorio di un micologo.

Per non parlare dell’impianto elettrico, risalente a quando Galvani ci faceva muovere le zampette delle rane morte, e piuttosto inadeguato per gli elettrodomestici odierni.

Comunque niente che un po’ di lavori di muratura.. ochei, tanti lavori di muratura.. e qualche filo più spesso non possano risolvere, e finalmente ti trovi una sera che hai spostato in solaio tutto quello che apparteneva alla tua vecchia vita, e ti trovi a preparare il lettino in una stanza piena di scarpe e fogli sul pavimento e borse e un armadio nuovo già pieno e in disordine dopo neanche mezz’ora che hai cominciato a riempirlo. Chissà se il Guinness dei primati registra il record di messa in disordine di un guardaroba.

Insomma che vado a dormire nel vecchio letto nella casa nuova, e la prima prova è spiegare a Jack che la nuova collocazione del letto non ha un lato appoggiato al muro, perciò se si butta da un lato come è abituato a fare si ritrova sul pavimento.

Lo capisce da solo quasi immediatamente, migliorando di parecchio la mia postura orizzontale.

Ci si dorme bene nella casa nuova, i vicini è come se non ci fossero, e in effetti non ci sono proprio, sono l’unico inquilino dell’edificio, e gli appartamenti adiacenti sono occupati rispettivamente da una coppia di mummie e da un ingegnere informatico, categorie silenziose da sempre.

La mattina prendo il pentolino nuovo e mi scaldo la colazione, intanto vado a lavarmi in bagno, dove scopro di avere commesso il primo errore: non ho portato gli asciugamani. Neanche uno.

Vabbè, una volta conoscevo una ragazza che diceva di non asciugarsi mai la faccia, mi risulta essere ancora viva, correrò il rischio.

Il secondo errore lo scopro dopo aver tirato la catena e aver notato come l’acqua da sola non riesca a liberare del tutto l’area di lavoro. Occacchio. E adesso?

Sono piccole cose alle quali ti abitui a non pensare, voglio dire, quando mai ci è capitato di non trovare lo scopino del gabinetto accanto alla tazza? Quando avremmo dovuto ricordarcene noi, per esempio.

Passo la mattina a comprare le cose di prima necessità, tipo lo scopino, e di seconda necessità, tipo il sale e la frutta. Attrezzarmi a vivere per conto mio mi ha abituato a certi accostamenti bizzarri negli acquisti: due spine e una bottiglia d’olio, una sedia un ferro da stiro e un pacco di biscotti, tre metri di prolunga e un fon, che il ferramenta mi ha chiesto se avevo intenzione di asciugarmi i capelli in strada.

La connessione internet è arrivata stasera, cosa che mi ha spinto ad accantonare i progetti di pulizia in favore di uno sfrenato e salutare cazzeggio.

Dalla sua sedia, la chitarra mi osserva tristemente (ho solo due sedie, la mia e quella della chitarra), ha capito che i giorni di studio subiranno un drastico ridimensionamento.

Ma no, le dico, è solo stasera che ho la botta di recuperare tutto quello che ho lasciato indietro, fumetti, telefilm, musica e cazzate, e poi ho da promuovere il nuovo libro.

Perché magari c’è ancora qualcuno fra i lettori del pablog che non lo sa, ma il 2 maggio esce il libro di ARTErnativa, e per l’occasione abbiamo pure aperto un bel sito, e una bella pagina facebook, e un tumblr, e un account twitter, e pure hahaha, una pagina su huhuhu, mi vien da ridere, google+.

Il libro di ARTErnativa, siore e siori

Il libro di ARTErnativa, siore e siori

Saremo simpatici? E quando dico saremo intendo ovviamente noi staff di ARTErnativa, cioè Alberto Ghè, Andrea Lombardo e io. Scrivo i nomi così se ci cercate su guggo succede delle cose che non ho capito perché quando me le spiegavano giocavo con lo smarfo.

E poi? Che altro è successo in questi mesi in cui sono scomparso dalla rete? Boh, un sacco di cose, certe interessanti, altre curiose, certe pazzesche, altre tristi e certe incomprensibili. E ci sono stati dei momenti che sono arrivate tutte insieme e ho dovuto sedermi un attimo, che a una folla di emozioni così non sono più abituato. E poi ci sono stati altri momenti in cui il silenzio mi è pesato, e allora ho acceso la radio e mi sono messo ad ascoltare e trasmettevano un’opera di Verdi, e mi sono immaginato queste persone ben vestite, su un palco, a cantare cose di cui nessuno capisce mai il testo, come in una lingua perduta, e ho pensato che in fondo io sono uguale, mi esprimo in un linguaggio che capisco soltanto io, e da sotto il palco la gente applaude, ma alla fine esce e si chiede “ma che cazzo ha detto?”, e io sto lì sul palco e cerco una sedia, e mi siedo accanto al clown triste, che tutti i clowns sono tristi, col loro cerone in faccia e il sorriso sformato che li rende ancora più tristi, e gli dico “Ma senti un po’, clown triste, ma chi ce lo fa fare di venire fin quassù a cantare canzoni che non capisce nessuno? Non potremmo arrenderci e fargli un pezzo di Celentano, tipo?”, e lui mi risponde che no, il tuo linguaggio è quello che sei, e quello che sei non si regala, e se non ti capiscono sono problemi loro, mica tuoi. Poi però scoppia a piangere e mi appoggia la testa sulla spalla, e allora io mi alzo di scatto e gli urlo “E no, cazzo! La camicia nuova!” che il cerone non viene più via, e vorrei stare ancora un po’ lì a commiserarmi, ma ormai mi sono alzato, tanto vale che faccia qualcosa di utile, così mi metto a far da mangiare, e pulisco casa, e piano piano la tristezza se ne va, e alla fine era solo un po’ di niente che si era depositato nello stomaco, basta riempirlo e se ne va da solo.

..se non fosse che il post che avrebbe dovuto chiamarsi “Aiuto!” si è perso per sempre nelle maglie della rete, spintonato via dal mio pollice che ha premuto inavvertitamente il tasto laterale del maus troppofigoperviaggiaresuinternet e ha ricaricato la pagina buttando via dieci minuti di stupendo cazzeggio. No, davvero, non scherzo, stupendo, perché mi ero appena alzato da tavola, i sensi piacevolmente ottenebrati da mezza bottiglia di rosato, un tappeto musicale creato appositamente dal signor M. D. Davis, una fidanzata sorridente e piena di sguardi amorevoli e una gran voglia di tirare giù cazzate. Adesso il torpore creato dal vino è svanito, John Mc Laughin è terminata e anche la fidanzata si è messa a fare le pulizie notturne, sostenendo che di giorno fa troppo caldo e di notte si lavora meglio, ed è già passata dal Love Mode al Macheccazzocifaisempreingiroaciondolare Mode, e tutto di colpo non è che ho più tanta voglia di mettermi a raccontare cazzate senza capo nè coda, tipo della professoressa morta che poi però no ma poi morta davvero solo che neanche quella volta tanto che ancora adesso gira per strada e quando mi incontra e mi dice “Ciao Renzi” come quando ero alle medie, con quel sorriso ipocrita da bigotta bastarda mi verrebbe voglia di strangolarla e accertarmi che stavolta si, e per davvero e per sempre.

No, davvero, non ne ho voglia, ho un sacco di cazzi che mi girano intorno aspettando di trovarmi con le braghe calate, non sto neanche aggiornando la newsletter di ARTErnativa/Fegato Di Merluzzo e già immagino i commenti degli iscritti abbandonati a sè stessi: “Quale newsletter?”, “Eh?”, “Ah perché scrivi una newsletter?”, “Mah, non so, non l’ho mai letta, di solito la cestino senza aprirla”.

Facciamo che ci vediamo quando fa un po’ più fresco, o alla prossima ciucca.

..se non fosse che il post che avrebbe dovuto chiamarsi “Aiuto!” si è perso per sempre nelle maglie della rete, spintonato via dal mio pollice che ha premuto inavvertitamente il tasto laterale del maus troppofigoperviaggiaresuinternet e ha ricaricato la pagina buttando via dieci minuti di stupendo cazzeggio. No, davvero, non scherzo, stupendo, perché mi ero appena alzato da tavola, i sensi piacevolmente ottenebrati da mezza bottiglia di rosato, un tappeto musicale creato appositamente dal signor M. D. Davis, una fidanzata sorridente e piena di sguardi amorevoli e una gran voglia di tirare giù cazzate. Adesso il torpore creato dal vino è svanito, John Mc Laughin è terminata e anche la fidanzata si è messa a fare le pulizie notturne, sostenendo che di giorno fa troppo caldo e di notte si lavora meglio, ed è già passata dal Love Mode al Macheccazzocifaisempreingiroaciondolare Mode, e tutto di colpo non è che ho più tanta voglia di mettermi a raccontare cazzate senza capo nè coda, tipo della professoressa morta che poi però no ma poi morta davvero solo che neanche quella volta tanto che ancora adesso gira per strada e quando mi incontra e mi dice “Ciao Renzi” come quando ero alle medie, con quel sorriso ipocrita da bigotta bastarda mi verrebbe voglia di strangolarla e accertarmi che stavolta si, e per davvero e per sempre.

No, davvero, non ne ho voglia, ho un sacco di cazzi che mi girano intorno aspettando di trovarmi con le braghe calate, non sto neanche aggiornando la newsletter di ARTErnativa/Fegato Di Merluzzo e già immagino i commenti degli iscritti abbandonati a sè stessi: “Quale newsletter?”, “Eh?”, “Ah perché scrivi una newsletter?”, “Mah, non so, non l’ho mai letta, di solito la cestino senza aprirla”.

Facciamo che ci vediamo quando fa un po’ più fresco, o alla prossima ciucca.

Prima di scrivere quello che volevo scrivere oggi riporto un pensiero che mi è venuto mentre discutevo col mio amico Christian, che non ci crederete ma non è un blogger. Tale pensiero andrebbe riportato sotto la categoria fumetti, che non ce l’ho nei tag ma la aggiungo subito, e riguarda i problemi dei supereroi Marvel. Ochei, tutti i supereroi hanno problemi, sono sicuro che Batman soffra di una terribile artrite a starsene sempre chiuso nell’umido della Batcaverna, ma i supereroi Marvel hanno problemi per precisa scelta editoriale.
Sappiamo che ognuno di loro soffre di tremendi scazzi, gli muore la famiglia una puntata si e una no, la sua identità segreta viene rivelata da chiunque, gli brucia la casa, perde il lavoro, la fidanzata, il gatto, i superpoteri.
Ma non tutti i problemi dei supereroi vengono svelati sui fumetti, perché ci sono problemi che sono davvero troppo drammatici per essere mostrati su un giornaletto destinato a dei ragazzi.

Prendi l’Uomo Ragno. Io l’ho conosciuto, un giorno a Lucca Comics, eravamo io, il Mietitore (che nonostante il nome non ci crederete ma non è un blogger neanche lui) e Christian quello di prima, e c’era Spiderman che girava per la fiera a firmare autografi, con la sua calzamaglia rossa e blu che già solo per il colore me lo rendeva simpaticissimo. Subito ci siamo dati delle gomitate, cioè, non ti capita tutti i giorni di incontrare un vero supereroe in carne e ossa e calzamaglia, e subito dopo ci siamo chiesti come cazzo facesse a starsene mezzo nudo col freddo che c’era. Ma lui affronta tutti i giorni Rhino e il Dottor Octopus e Kraven, sai cosa gliene può sbattere del freddo polare, e poi a New York fa più freddo che a Lucca. Ecco, l’Uomo Ragno ha un grosso problema, che sui fumetti non viene mai affrontato, se non lasciandolo trapelare fra le righe. Lo sapete che sua moglie Mary Jane Watson ha già minacciato di andarsene se lui non abbandona la sua vita di supereroe? No? Beh, leggetevi qualche numero, se non ci credete, è tutto scritto lì, quella gnoccona di sua moglie non ce la fa a sopportare la tensione di vederlo rischiare la vita tutti i giorni, e lo ha minacciato di divorzio.
A parte che allora la moglie di un poliziotto cosa dovrebbe dire? Ma in ogni caso è una mussa, non è quella la ragione che ha spinto la signora Ragno a chiedere una separazione. La verità, e io posso testimoniarlo, è che l’Uomo Ragno ha un alito pestilenziale! Una vera fogna! Roba che a confronto le ragnatele sotto le ascelle sono una bazzecola, ha un fiato di salamella che stenderebbe un ippopotamo, e come fai a raccontarlo sui fumetti? Allora ci si è inventati questa faccenda dell’ansia della moglie per coprire i veri problemi.

E che dire di Hulk? Lo sapete che ha avuto seri problemi per farsi fare la foto sulla carta d’identità?
Riporto quanto scrissi in proposito su un vecchio numero di ARTErnativa:
Anche i supereroi hanno bisogno di rinnovare i documenti, solo che la procedura per chi ha una doppia identità è molto più complessa. Per non rivelare chi si celi sotto la maschera i difensori della giustizia si sono serviti di diversi stratagemmi. L’Uomo Ragno, essendo sempre nei guai con la legge, che nei numeri pari del suo giornalino lo considera un criminale, e in quelli dispari un eroe, quando vede un poliziotto si arrampica sul muro e aggira il problema. Per lui non occorre un documento apposito, così per Superman, universalmente riconosciuto, quando è senza occhiali non viene mai fermato ai posti di blocco. Meglio, anche perché sulla patente del suo alter ego Clark Kent c’è scritto “Guida con lenti”, e se lo beccano senza una multa non gliela leva nessuno.
L’Incredibile Hulk ha pensato di utilizzare un doppio documento, uno per quando è Bruce Banner e l’altro per quando è verde e incazzato. Il problema è farsi fare la foto in queste condizioni..
Mr Fantastic, geniale leader dei Fantastici Quattro, costruì apposta per lui una speciale macchina fotografica indistruttibile, e chiese all’Uomo Ragno di scattare qualche primo piano al gigante verde, ma il presuntuoso individuo dalle ragnatele sotto le ascelle rifiutò accampando futili scuse, tipo “Adesso non posso, devo cambiare l’Uomo Sabbia al gatto”.
Andy Warhol si propose per il servizio, sperando di ricavare materiale per una mostra, ma dopo la prima foto Hulk si incazzò e gli infilò la macchina fotografica nel culo.Ma quelli che mi fanno più impressione, e che mi hanno spinto a scrivere questo post sono i Fantastici Quattro.
Cosa succede quando uno di loro deve andare in bagno? I fumetti non ce lo raccontano, ma ci devono andare per forza, nella descrizione dei superpoteri di ognuno di loro non è descritta alcuna capacità di ritenzione sovrannaturale, perciò ci vanno come noi, punto. Al limite gli X Men, fra tutti potrà essercene uno sconosciuto col potere mutante di non fare la cacca, ma gli altri..
A pensare alla cacca ci sarebbero molti personaggi su cui soffermarsi, supereroi o supercattivi costretti a vita dentro armature senza cerniere, ma limitiamoci ai Fantastici Quattro, sennò viene fuori un post chilometrico.

I Fantastici Quattro, lo dice il nome, avrebbero bisogno almeno dei doppi servizi. Vivono in un grattacielo futuristico, ma non ci è dato di sapere se ognuno ha la sua tazza personale.
Voglio pensare per loro che sia così, altrimenti potrebbero verificarsi cose molto spiacevoli, tipo:

– La Donna Invisibile va a fare la pipì, ma essendo invisibile può capitare che suo marito Reed Richards entri credendo che il bagno sia libero e le si liberi addosso;
– Reed Richards potrebbe trovarsi in laboratorio, impegnato in un esperimento che non può assolutamente interrompere, e abbia bisogno di servirsi del gabinetto, che si trova presumibilmente in un’altra stanza. Sfruttando i suoi poteri elastici manda il suo pisello in giro per il palazzo fino alla tazza del wc, ma in quel momento passa per il corridoio la Cosa che, non vedendo quel lungo salsiccione che striscia sul pavimento, glielo calpesta.

Senza contare gli altri due:
– la Cosa ogni volta che va in bagno molla una specie di siluro granitico che magari non puzza granché, ma sfonda la tazza, rendendo il negoziante di sanitari del quartiere il primo fan assoluto del Quartetto;
– la Torcia Umana probabilmente ha il culo in fiamme e fa un largo uso di antiemorroidali.

(potrebbe anche continuare)