Riassunto delle puntate precedenti

Introduzione
Bruno Lauzi – Garibaldi Blues
Peggy Lee – Why Don’t You Do Right?
Tony Bennett & Lady Gaga – The Lady Is A Tramp
Joni Mitchell – Chelsea Morning
Neil Young – Cortez The Killer
Banda El Recodo – El Corrido De Matazlan
Los Cuates de Sinaloa – Negro Y Azul: The Ballad Of Heisenberg
Los Tucanes de Tijuana – El Chapo Guzman
Cholo Valderrama – Llanero si soy llanero
Celia Cruz – La Vida Es Un Carnaval
Duke Ellington – The Mooche
Renato Rascel – Romantica
Igor Stravinskij – Pulcinella Orchestral Suite – Part I/III
David Bowie – Pablo Picasso
Prince – Cream
Wu-Tang Clan – C.R.E.A.M.
Frances Yip – Green Is The Mountain
VIXX – Error
Ili Ili Tulong Anay – Mvibe
Mahani Teave & Viviana Guzman – Flight Of The Bumblebee


E siamo arrivati a 20. Quanta nostalgia per quelle prime puntate, quando facevo i link a una playlist di Grooveshark dove si poteva sentire musica tutto il giorno senza la vocina fastidiosa che ti chiede di sottoscrivere un abbonamento a premium a soli 9,99 soldi per tre mesi.

Era il 31 ottobre 2012, il Papa era ancora Ratzinger Z, e quel giorno nei cinema usciva Skyfall, di cui potete leggere un’appassionata recensione qui. Se fosse stato ancora vivo, Cristoforo Colombo avrebbe compiuto 561 anni, e per celebrare il suo compleanno avrei fatto partire la mia playlist da lui, invece che da Bruno Lauzi. Non sarebbe stato facile, avrei iniziato con una canzone a lui dedicata di una boyband anglo-norvegese chiamata A1, poi avrei usato il titolo di una loro canzone chiamata Ready Or Not per proporre l’omonimo brano di Bridgit Mendler, un prodotto Disney Channel che somiglia un po’ alla sua ex collega Britney Spears, ma magari stavolta la chiave del bar la nascondono meglio. Questa giovane cantante ha dato la voce a un personaggio dei Muppets in un film intitolato Muppets Most Wanted, e i personaggi di Jim Henson si sono esibiti in televisione praticamente con chiunque, di lì in poi sarebbe stata una passeggiata. Chissà che non sarei finito qui in ogni caso, a parlarvi della Repubblica Ceca. La conoscete la Repubblica Ceca?

Il 28 ottobre 1918, a Praga, successe qualcosa di insolito per l’Europa: due nazioni vicine, invece di cercare di occuparsi militarmente l’un l’altra, decisero di fondersi insieme, ispirate da comuni ideali e dalla voglia di liberarsi degli invasori asburgici, del cui impero facevano entrambi parte.

In uno dei diversi accordi fra le nazioni che ridisegnarono l’Europa dopo la Prima Guerra Mondiale, venne riconosciuto il nuovo stato, a dispetto delle proteste di Polonia e Germania, che si sentivano defraudate di parte del loro territorio.

Fu un periodo di grande festa, i Cecoslovacchi si buttarono in massa per le strade a pigliarsi a boccalate di birra, e per prima cosa si misero a cacciare dal Paese gli appartenenti alla minoranza magiara. Perché nell’Europa immediatamente successiva alla Prima Guerra Mondiale un po’ di sano nazionalismo non poteva mancare. E gli ungheresi stavano sulle palle a tutti, sempre con quei cazzo di violini.
Restavano i tedeschi, ma come fai a cacciare una minoranza che conta più del 23% della tua popolazione? Nelle regioni in cui abitavano, la Boemia e la Moravia, arrivavano al 30%. A momenti erano più dei Cechi. I Cecoslovacchi decisero di chiudere un occhio e si limitarono a far girare barzellette razziste nei confronti dei loro ospiti. I tedeschi, dal canto loro, non si sentivano parenti dei padroni di casa, e presero a chiamarsi fra di loro Sudeti, dal nome della catena montuosa in cui abitavano. Südtirol ist nicht Italien, anche qui.

Il 12 marzo 1938 Hitler invade l’Austria, e i Sudeti sfoggiano la stessa faccia che vedi nei tifosi della squadra capolista un paio di giornate prima della fine del campionato.
Arriva settembre e la Germania, con la minaccia della guerra, riesce a farsi regalare i territori Sudeti. Tempo novembre e la Cecoslovacchia in pratica non esiste più, smembrata dai vicini, alleati della Germania nazista.

Nel settembre 1944 la Cecoslovacchia venne liberata dall’esercito sovietico, e negli anni successivi, con la nascita della Terza Repubblica, il Paese abbracciò il comunismo.
D’altronde, se mezza Europa ti porta via la casa e l’altra mezza te la restituisce, alla fine di chi vuoi essere amico?

Sotto la guida di Mosca, la Cecoslovacchia si liberò delle minoranze tedesche, obbligò gli ungheresi che non se ne volevano andare a prendere la nazionalità slovacca e a posare quei cazzo di violini, e diede inizio a un piano di radicalizzazione che quando senti i nostri politici di destra demonizzare il comunismo non riesci a dar loro torto. Però quello che descrivono loro non è comunismo, è il regime totalitario immaginato da Stalin; accentrare il potere nelle mani di pochi individui, eliminare i dissidenti, imporre una censura su ogni forma di espressione compresa l’arte, è un metodo che darebbe gli stessi risultati a ogni latitudine. E i nostri politici di destra sono un branco di scimmie che hanno imparato a mettersi le scarpe.

Nel 1968 venne eletto Alexander Dubček a segretario di partito, la figura che di fatto governava il Paese. A differenza dei suoi predecessori, Dubček spinse la Cecoslovacchia verso la democrazia: restituì la libertà di stampa, permise la nascita di circoli non allineati con l’Unione Sovietica, e cercò alleati in Occidente. È il periodo conosciuto come Primavera di Praga. E finì coi carri armati: l’Unione Sovietica occupò militarmente la Cecoslovacchia, riprese le purghe, e fino al 1989 la situazione tornò a essere la stessa di prima. Ci volle la caduta dell’Unione Sovietica per permettere ai Cecoslovacchi di tornare a respirare aria pulita. Si indissero elezioni, cominciò un periodo di riforme per riportare il Paese alla democrazia, e il 1 gennaio 1993 i due stati che avevano costituito la Cecoslovacchia decisero pacificamente di divorziare, diventando Repubblica Ceca e Slovacchia.

Se avessi saputo tutte queste cose quando sono stato a Praga, nel 2016, forse me la sarei goduta di più. Però avrei bevuto lo stesso quantitativo di birra, e di certo sarei andato a sentire Martina Trchová.

Nata il 14 febbraio 1983, come la sua collega che vive dall’altra parte del mondo di cui abbiamo parlato la settimana scorsa, Martina Trchová (si pronuncia Tercovà) suona la chitarra in un trio jazz folk. Ha inciso tre album, qualche demo, per un po’ ha suonato da sola. Adesso ha raccolto i soldi per un nuovo album, grazie a una piattaforma di crowdfunding chiamata hithit.com.

In città fa un sacco di concerti, perlopiù in piccoli locali, e li riempie regolarmente. Se doveste andare a Praga nel prossimo futuro, provate a chiedere al proprietario dell’Airbnb dove state se la conosce.

E perdio, andate a mangiare al Vinohradsky Parlament!

(continua)

che poi buoni propositi fa troppo cara mamma ti prometto che l’anno prossimo sarò più bravo e terrò in ordine la mia cameretta senza arrivare a farmi chiudere per una settimana nel ripostiglio senza mangiare né bere, mentre in realtà io volevo solo scrivere una lista di spunti di cose che mi piacerebbe veder realizzate in questo 2012 che sta arrivando.

E scusate se comincio col mio compleanno, ma cadrà a gennaio, non è che c’è tutto questo tempo per organizzarsi e le cose da fare sono molte. Per il mio quarantesimo anniversario vorrei evitare di ricevere dai miei amici un mucchio di regali che lo so, sono sentiti, lo capisco, sono destinati a una persona dai gusti particolari e non è facile azzeccarli, lo apprezzo tantissimo che vi siate ricordati e abbiate voluto celebrarlo al meglio, ma davvero, DAVVERO, non ho bisogno di nessun oggetto/apparecchio/libro/capo d’abbigliamento che giustifichi la vostra spesa. Davvero. Grazie, ma no grazie.

L’unica cosa che potreste fare, se proprio non riuscite a resistere alla voglia di rinfacciarmi che compio quarant’anni e sono probabilmente a metà della mia vita e quella più divertente era la prima, sarebbe aiutarmi a realizzare il secondo desiderio: bermi una Sagres seduto al tavolino di un bar. Non è molto, dite? Basta trovare un bar che tenga la birra portoghese, dite? Ecco, il fatto è che il bar io l’avrei già scelto: ha i tavolini fuori, è poco frequentato e soprattutto si affaccia sulla Ribeira, il lungofiume di Porto. Capito adesso? Se proprio non resistete alla voglia di farmi un regalo regalatemi un pezzettino di vacanza a Porto. Non mi interessa starci quindici giorni, mi bastano due o tre, il tempo di camminare per le strade e ascoltare i gabbiani, andare a mangiare ad Afurada e bermi la mia sagres guardando i barconi ormeggiati. Sarebbe il miglior regalo per i miei quarant’anni, ve l’assicuro.

Un altro degli impegni che ho preso con me stesso per il prossimo anno è quello di vendere il vecchio vespino 125 (monomarcia, non quei gloriosi pezzi da esposizione). Non che sia da buttare, intendiamoci, nonostante gli anni e i chilometri è ancora in grado di portare due persone oltre i Giovi senza neanche il fiatone, ma con l’anno nuovo erediterò (pagandomi il passaggio, che intenderei appunto ammortizzare con la vendita della vespa) un Beverly 500 con cui conto di andare a spappolarmi contro un muro, sopraffatto dalla velocità, entro aprile, e mi piacerebbe che il fedele vespino andasse a stare a casa di qualcuno che lo sappia apprezzare.

Il quarto proposito viene via col terzo, perché se non prendo la patente A il Beverly lo posso guidare solo a Napoli, e fare avanti e indietro tutti i giorni per andare a lavorare a Busalla diventa lunga. Non dovendo studiare per l’esame di teoria conto di riuscire a cavarmela senza troppa fatica, al limite nascondo dei criceti ammaestrati sotto i birilli e li faccio muovere a comando.

Restando in tema di motori come non ricordare che quest’anno dovrò anche cambiare macchina, che duecentomila chilometri e un minaccioso sibilo alla distribuzione pesano più di un incentivo statale? Per questo spero che il 2012 mi porti una massiccia dose di culo e mi faccia trovare una macchina usata pochissimo a un prezzo bassissimo, ma credo che farò meglio a rivolgermi al solito rivenditore di famiglia.

E le vacanze? Le vacanze quest’anno mi sa che saltano, oscure nubi si addensano all’orizzonte e minacciano spesone. Naturalmente una piccola pausa portoghese non è proprio una vacanza, non va contata nei sacrifici, soprattutto se regalata dagli amici, che amici!

E poi direi basta, l’ultimo proposito del 2012 è di andare allegramente in culo ai maya e ritrovarci qui fra 365 giorni per tirare le somme e farsi promesse per l’anno a venire. Buon anno a tutti!