Io quando li ho visti suonare quella sera a Modena mi sono detto che quelli lì non erano mica più gli stessi, che alle spalle del trio c’erano tutta una schiera di musicisti che ti facevano domandare che senso avesse oramai esibirsi dal vivo. Mi era tornata in mente una vignetta favolosa di Cavezzali, dove si vedevano questi tre grossi cazzi tristi che suonavano circondati da luci, maiali, muri e martelli, e avevo pensato che era perfetta per quello che stavo vedendo sul palco. 
Poco dopo hanno smesso di esibirsi dal vivo, e anche di pubblicare dischi. E’ uscito il live doppio in confezione figosa con tanto di lucina lampeggiante, che mi sono guardato bene dal comprare, e poi il silenzio, fino alla tanto pubblicizzata riunione per il Laivèit.
Però io quei signori lì non ho mai smesso di volerci bene, e stasera me ne vado a letto con un bel po’ di magone.

Io ho degli amici che scrivono. Cioè, tutti abbiamo degli amici che scrivono, noi stessi scriviamo, e poi ci leggiamo uno con l’altro, in una specie di masturbazione collettiva che ci rende un po’ dei pervertiti agli occhi di chi non vive questo strano mondo. Ma i miei amici che scrivono sono particolari, perché scrivono libri che la gente compra.
Cioè, anch’io una volta ho scritto un libro che la gente ha poi comprato, e stasera mi sono anche permesso di pubblicare la copertina qui a lato, ma il mio è stato più un caso estemporaneo, sono troppo incostante per farlo diventare un lavoro, anche solo per provarci. Questi miei amici invece scrivono come dannati, dappertutto, e soprattutto dannatamente bene. E come se non bastasse questo a renderli odiosi a noi poveri patetici pennaioli, questi miei amici hanno deciso di completare la serie e si sono inventati anche editori. Lettori, scrittori ed editori, tutto loro fanno. Ci manca che aprano un macero e si mettano a tagliare alberi..

E’ come se un macellaio si ingrassasse a fieno e poi si facesse a pezzi e si vendesse al banco, a pensarci fa un po’ senso, ma qui si ingrassano e sminuzzano le parole, ed è una bella cosa, se a uno piace leggere. Si incolla e rilega e disegnano copertine, come in una di quelle stamperie antiche che odorano di inchiostro e spago. Si producono poche preziose copie, che si distribuiscono a mano, per posta, una a una a chi le richiede, limitando i ricavi, ma anche mantenendo un rapporto col lettore che nell’editoria odierna te lo sogni.

E’ una libreria che potevi immaginarti duecento anni fa, e uno si chiederebbe chi glielo fa fare di aprirla ora, ma il Cino è fatto così, ci deve pensare un po’ prima di fare una cosa..

samiz.. samid.. macomecazzo..

le banner au cinèmaMentre su Ronco Scrivia calano le prime ombre della sera, e a New York il detective Nick Carter dà la caccia al suo arcinemico Stanislao Moulinsky, all’E.C.L.N. è tempo di cinema.
Ho accumulato così tanti film che l’hard disk scricchiola sotto il peso dei dati, e cosa c’è di meglio di casa libera e ferie in loco per rimettersi al passo?
Unduetrè via, tre film unodietrolaltro, e andiamo di recensione.

La scelta è caduta su Collateral, Constantine e Alta Fedeltà, tratto da un libro così bello che la recensione la comincio proprio da lui.
Non so se qualcuno ce l’ha ancora lì sul comodino aspettando di cominciarlo, o peggio, non l’ha ancora neanche comprato, ma nella remota eventualità questa riga che segue è per voi:

BRUTTE TESTE DI CAZZO!

Non dovrei neanche stare a raccontare la trama, che non ve la meritate, ma stasera sono particolarmente in forma, cercherò di riassumerla in breve.

C’è John Cusack che ha un negozio di musica, viene lasciato dalla fidanzata e va in crisi. Per tirarsene fuori va a cercare le ex fidanzate che gli hanno dato le cinque maggiori delusioni sentimentali nella vita.

La prima è Tom Cruise, che fa il sicario e ha i capelli bianchi così uno capisce subito che in questo film è un bastardo. Lo trova su un taxi guidato da un negro con gli occhiali maniaco della pulizia, ma non può parlargli perché in quel momento arriva Keanu Reeves su un altro taxi guidato dal figlio di Indiana Jones, e fanno un frontale da paura.
Tom Cruise si rialza e va ad ammazzare una, che però è l’ex-fidanzata numero quattro di Gioncusac, e se la ammazza lui non può più chiederle perché l’ha lasciato, così cerca di impedirglielo. Nel frattempo dall’altro taxi scende Keanu Reeves che ha appena scoperto di avere un cancro ai polmoni, ed è talmente incazzato che tira giù i santi a bestemmie e poi li rimanda su a calci, dicendo che lui è l’esorcista più figo che ci sia e che gli è permesso questo e altro.

L’ex numero quattro è Catherine Zeta Jones, che fa cagare in questo film esattamente come negli altri, e che se venisse finalmente ammazzata da Tom Cruise coi capelli bianchi sarei pure contento, ma lei no, invita Gioncusac a casa sua e fa la splendida dicendo che single è bello.
Tom Cruise in ogni caso arriva, dice “bello un cazzo!” e le spara in mezzo alla fronte, quindi mette su un vinile di Miles Davis che gli ha procurato il negoziante di dischi.

Per ultimo si presenta Keanu Reeves, che evoca il demone nascosto dentro Catherine Zeta Jones, e che a sorpresa ha le sembianze di Tim Robbins e non quelle di Maicoldaglas. Il negoziante di dischi la interroga sulla loro storia passata, e capisce che in realtà è innamorato della sua fidanzata, che però l’ha piantato, così alla fine si mette con Jack Black, che in questo film fa il commesso del negozio e fra tutti è il personaggio più azzeccato.

Che dire? Se fossi il protagonista del libro farei una lista di cinque difetti di questo film:

  1. E’ ambientato in America. E l’America, salvo alcune piccole eccezioni, non è Londra, e la differenza si vede, nelle facce delle persone, nei loro atteggiamenti, nello spirito che pervade tutto il romanzo, e che qui manca, e si sente che manca.
  2. Cita a memoria pezzi di romanzo, ma ne dimentica altri fondamentali. Cioè, le parti importanti ci sono tutte, i ragionamenti del protagonista anche, e questo basterebbe per farti tornare in mente il libro, e apprezzare il tutto come un buon tentativo, ma se ti metti nei panni di uno che il libro non l’ha letto non funziona più. Dopo esserti dato della brutta testa di cazzo, ti rendi conto che ci sono situazioni che vengono riportate fedelmente, ma che non conducono a niente. Del tipo: l’amica della fidanzata gli chiede perché ci si vuol rimettere insieme, e lui fa la faccia di quello colpito dalla domanda. Ti aspetteresti che il concetto venisse ripreso e sviluppato, e invece no, era una domanda che non porta a niente. Poi salta fuori Tom Cruise e uccide l’amica della fidanzata, era la vittima numero tre, ma la domanda meriterebbe comunque una risposta, sennò la storia non va avanti.
  3. Il protagonista non va bene per quella parte. Perché io il protagonista di Alta Fedeltà me lo immagino come il padrone di Disco Club a Genova, un quarantenne allampanato un po’ più bello di quello, ma non tanto. E invece Gioncusac c’ha la faccia da bravo ragazzo un po’ fesso, e Keanu Reeves non ci sta proprio a fare l’esorcista menefreghista tabagista canceroso, non ha neanche la voce rauca. Per fortuna che Tom Cruise a un certo punto arriva e spara anche a lui, era la vittima numero cinque.
  4. Ci sono pochi riferimenti musicali. E invece il libro ne è pieno, parla di un personaggio maniacale, ossessionato dalla musica come lo è dal calcio in un altro romanzo dello stesso autore, da cui è stato tratto un altro film molto meglio riuscito, ma sto divagando. Il protagonista del libro la musica la respira, ne parla sempre, ci pensa sempre, la ascolta, la fa, la respira; Gioncusac ci lavora, ha la casa piena di dischi, ma sono solo le copertine a vedersi, il contenuto non esce mai. E’ un film che parla di copertine di dischi, non di canzoni.
  5. Catherine Zeta Jones mi sta sui coglioni. Ma in un modo che uno non ci crede, tipo che se la incontrassi per strada ci direi “Senti Catrinzetagion, vuoi vedere che adesso chiamo mio cuggino che viene e ti gira una scarpa in culo che domani sei ancora lì che giri e ti domandi se sei Catrinzetagion o una giostra con le tette?”, e poi senza nè ai nè bai le mollerei una testata così, PEMM!

banner Incuriosito dalla recensione positiva di Siuìzz, ieri sera mi sono guardato Die Hard 4, approfittando dell’assenza della consorte, nemica giurata di Brusuilli e dei suoi film.

A me Brusuilli piace, e i precedenti capitoli della saga li ricordo con piacere. Giusto il secondo mi pesa rivederlo, per quel cazzo di sceriffo ritagliato con le cesoie che non-si-fida-e-basta.

Ma restiamo sul nuovo capitolo. Il detective John McClane, invece di andare in pensione, rilancia, e se nell’ultimo episodio salvava la città, qui esagera, e dedica le sue attenzioni all’intero Paese.

Appena comincia il film lo vediamo cercare di salvare più che altro la virtù della figlia, smanacciata figlia smanacciabiledal fidanzato di turno; e fin lì uno si potrebbe accontentare, voglio dire, hai sessant’anni e passa, non ti mettere nei casini e limitati a salvare quello che è alla tua portata salvare. La figliola fra l’altro è discretamente smanacciabile, e il simpatico siparietto che nasce non è certo all’altezza di una eventuale bella scena pruriginosa. E vabbè, se volevo vedermi un porno cercavo altrove, giusto?

La storia ci mette un pochino a partire, ma quando comincia l’azione e vedi il nostro eroe buttarsi per terra e rispondere al fuoco capisci che non sei tu ad avere sbagliato film, ma lui. Vedere Brusuilli in azione nel nuovo Die Hard trasmette la stessa sensazione straniante di una tartaruga che corre. E’ un vecchio incartapecorito, pelato, rugoso e bolso, che imita sè stesso di tre “morti dure” fa, e ti fa venir voglia di chiudere e mettere su per l’ennesima volta il grattacielo Nakatomi.

Certo, se vuoi l’azione ne hai quanto basta, ma mi domando perché gli sceneggiatori americani non abbiano proseguito nello sciopero per tutta la loro vita: automobili che abbattono elicotteri, hackers che saltano per aria quando spengono il computer (e se uno lo tenesse sempre acceso?), macchine che entrano in ascensore, ma la sequenza migliore rimane quella del jet sulla sopraelevata.

Allora c’è lui alla guida di un autotreno, che insegue un furgone su una sopraelevata. Il pilota del faeroplanourgone chiama un jet dell’esercito e gli fa credere che sul camion ci sia un terrorista, quindi gli ordina di abbatterlo. Il pilota del velivolo, temendo che il terrorista possa mettere a repentaglio la vita dei numerosi automobilisti presenti, spara un razzo contro il camion, abbatte un pilone e fa crollare tutta la sopraelevata, macchine comprese. Niente più automobilisti a rischio, ora ci può andare pesante. Ovviamente Brusuilli non si fa niente, e quando l’aereo, che è di quelli che possono stare fermi per aria, sta per precipitare e comincia a girare su sè stesso, ci salta sopra, prende bene le misure e poi lo usa per lanciarsi in salvo su un altro pezzo di strada, ovviamente un attimo prima che l’aereo esploda, sennò che gusto c’è?

Uscito incolume dalle macerie scopre di trovarsi PROPRIO DAVANTI alla base dei manigoldi. Musica pesa, carneficina finale, ambulanza che se lo porta via come tutte le volte, fine.

Ora mi chiedo, Gion Meclèi è tornato, Rochi e Rambo sono tornati, Terminèto è tornato da mò, Indianagions è dietro l’angolo, chi manca? I Gosbasters? Conanilbarbaro? Robocop? Ma soprattutto,

COSACAZZO CI STANNO A FARE ANCORA IN GIRO? NON SAREBBE ORA CHE SE NE ANDASSERO TUTTI IN PENSIONE?

NON CI BASTAVANO I SENATORI A VITA?