benzina e confetti

Sono giorni in cui mi si vede poco in giro e si aspettano mesi per ottenere una risposta a un mio messaggio, in cui le mie relazioni con gli amici si sono diradate fin quasi a sparire, e qualcuno ha già cominciato a depennarmi dalla lista degli auguri di Natale. Qualcuno fra i più intraprendenti è venuto fin sotto casa mia a chiedermi cosa mi stia succedendo, ma si è allontanato in fretta a causa della puzza, senza ricevere un’adeguata spiegazione.

Mi sta succedendo una Cosa Da Film Drammatico Hollywoodiano Con Attrice Famosa Che Poi Alla Fine Muore, dove io, dato che non sono un’attrice famosa, spero alla fine di cavarmela e al limite scrivere un pezzo sulla mia ipocondria che intitolerò “Di quella volta che credevo che sarei morto e invece soltanto quasi, hehe”.

Succede che mi sposo. Eh già. Anni di sfighe raccontate più o meno direttamente, scazzi lasciati filtrare nei racconti con un tatto da medico delle barzellette che deve comunicare al paziente che ha il cancro, dichiarazioni strappacore buttate in mezzo alla pagina senza il minimo riguardo sui cazzi altrui, e poi mi sposo così, senza preavviso, tranne giusto un paio di post risalenti a un anno fa dove più o meno s’intuisce che c’è una e che ogni tanto ci vediamo.

Se fosse un fumetto Marvel sarebbe la nuova gestione degli X-Men firmata da Jonathan Hickman, dove sembra sempre che ti sei perso dei numeri in mezzo.
Il mio editore verrebbe sepolto dalle lettere di protesta dei fans indignati, ma per fortuna non ce l’ho un editore, e neanche dei fans.
Data l’imminenza del matrimonio e la preparazione lasciata perlopiù al caso, sono sicuro che presto potrò comunque vantare un discreto numero di conoscenti indignati, per essere stati dimenticati dagli inviti, dai ringraziamenti o a tavola durante il ricevimento.
Scusatemi fin d’ora, è il mio solito modo di fare le cose: a cazzo.

E questo è il preludio felice, quando l’Attrice Famosa è convinta di avere davanti a sè un futuro radioso ed esce di casa cantando una canzoncina, e intanto si vede arrivare da una parte il suo oncologo e dall’altra un camion senza freni.

Nel mio caso, quello che vediamo arrivare dall’altra parte, è una rara malattia tropicale incurabile: il paraponzi.

Si tratta di un virus che si riteneva debellato già da due secoli, che nel passato ha mietuto vittime importanti, come Confucio, Attila e il poeta giapponese Hans Delbruck. Il paraponzi si trasmette solo mangiando certe larve del bambù che crescono in Thailandia, ma che localmente risultano innocue; è quando vengono stressate da un lungo viaggio che attivano un particolare enzima, che mescolato al succo di certi frutti tropicali può diventare pericoloso e produrre questo virus. Ma a chi vuoi che succeda di mangiare larve del bambù e insalata di mango fuori dalla Thailandia? Per questo nessuno si è mai preoccupato di trovare una cura, e per questo adesso sto assistendo a un disfacimento del mio organismo che non si può arrestare, non c’è antibiotico che tenga: il paraponzi ti apre delle ferite su una parte sporgente del corpo, a caso, e ti provoca febbri continue che finiscono per uccidere il tuo sistema immunitario.

Quando il progredire della malattia ha reso impossibile tenerla nascosta ho parlato a Shasha:

“Mia futura sposa, un’ombra di dolore incombe sul nostro futuro.”
“Ti è arrivato l’estratto conto della carta di credito?”
“Mi sono preso una rara malattia esotica, e adesso una parte sporgente del mio corpo si è riempita di piaghe.”
“Il naso?”
“No”
“Le orecchie?”
“Neanche”
“Le dita dei piedi?”
“Eh no”
“Oh dannazione!”

Non ho voluto credere che non esistesse una cura, e le ho chiesto di contattare la sua famiglia: i cinesi vantano una tradizione medica millenaria, conoscono dei rimedi che qui da noi non abbiamo mai neanche sentito nominare, figurati se non sanno curare il paraponzi.

“Mia mamma lavora da un commercialista”
“Tua nonna?”
“In effetti mia nonna prima di sposarsi viveva sulla Montagna Sacra dove parlava con gli spiriti e dava consigli non richiesti alle ragazze in età da marito.”
“Davvero?”
“No, è un ingegnere informatico. Ma la parte sui consigli non richiesti è vera. Comunque la chiamo, magari mi può aiutare.”

La seguente conversazione si è svolta in cinese. Per renderla fruibile ai miei lettori l’ho tradotta in italiano con Google Traduttore, quindi non mi assumo la responsabilità di eventuali errori di grammatica e ricette mediche discutibili.

“Ciao nonna, lo straniero con cui vivo si è preso il paraponzi, e adesso una parte sporgente del suo corpo è coperta di piaghe.”
“Il naso?”
“No”
“Le orecchie?”
“Neanche”
“Le dita dei piedi?”
“Eh no”
“È fottuto”
“Ma no, dai, dev’esserci un modo! Io quest’uomo me lo devo sposare, non mi arrendo così!”
“Ragazza mia, sarei felicissima di vederti sposata, anche se con uno che ha più peli sul corpo che idee in testa, ma l’unica cura per il paraponzi è tenere a bagno per un mese la parte infetta nella saliva di mucca, e nessun uomo sano di mente ficcherebbe per un mese il suo fiore di loto in bocca a un bovino.”

“Cosa dice la nonna?”, le ho chiesto, quando ha posato il telefono.
“È curabile, ma non sarà facile.”

Fino a qualche decennio fa il paraponzi sarebbe stato facile da curare, nell’area in cui vivo: i piccoli borghi arroccati sulle alture erano difficili da raggiungere, non ci arrivava neanche l’elettricità, figurati il postino, e nelle case nessuno aveva una lavatrice. Però tutti avevano una mucca, che ti dava il latte e tirava l’aratro, e dato che non esisteva youporn l’unico limite ai modi di impiegare un bovino erano dati dalla fantasia.

Oggi i tempi sono cambiati, le mucche sono diventate più consapevoli del proprio ruolo nella società, e non accettano più di essere ridotte a semplici oggetti di piacere.
La diffusione di internet fin nelle cascine più isolate ha favorito l’emancipazione delle mucche, creando una generazione di mucche istruite e indipendenti, che comunicano sui social e si scambiano opinioni e consigli. La nascita del movimento #Mootoo ha definitivamente seppellito le antiche forme di allevamento patriarcale.
non sarebbe stato facile trovare una mucca disposta a succhiarmi il fiore di loto, ma avevo ancora una carta da giocarmi.

Il ristorante dove abbiamo organizzato il ricevimento si chiama “Petrolchimica Fratelli Ottani”, e fino a qualche anno fa era una raffineria a pochi chilometri da dove abito.
Nata a metà degli anni ’70 grazie allo spirito imprenditoriale dei fratelli Osvaldo e Adelmo, la Petrolchimica Ottani ha saputo sfruttare la facilità con cui all’epoca venivano rilasciate le concessioni edilizie per creare un polo strategico lungo il torrente che attraversa la valle, a metà strada fra il porto di Genova e le aree industriali di Torino e Milano.
In tempi più recenti, la crisi energetica da una parte e una sempre maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui temi ambientali dall’altra, hanno fatto traballare questo gigante, ma la lungimiranza dei proprietari si è rivelata fondamentale: da alcuni anni è in corso una lenta riconversione dell’area in agriturismo, e oggi la produzione e raffinazione di carburanti è affiancata a un allevamento intensivo di animali da fattoria e produzione di verdura e formaggi a chilometro zero.

Certo, fa un po’ strano mangiare ravioli al montebore sotto una ciminiera che emette gas tossici, ma il pranzo di nozze a un prezzo così basso è impossibile da organizzare altrove, e a Shasha gli scarichi industriali davanti alla finestra ricordano quando abitava a Pechino.

Ho sempre trattato con Adelmo per l’organizzazione del ricevimento, ed è a lui che mi sono rivolto anche per questo problema.

“Scusa, cos’hai detto che ti serve?”, mi ha chiesto, ridendo. Poi mi ha interrotto per chiamare il fratello, che stava in un altro ufficio: “Osvaldo, questa non te la devi perdere!”

Quando entrambi i proprietari si sono seduti davanti a me ho ripetuto la mia richiesta: “Avrei bisogno di incontrarmi in privato per un mese con una delle vostre mucche.”

“Aspetta, aspetta!”, ha detto Adelmo al fratello, che strabuzzava gli occhi. E poi a me: “Spiegagli cosa ci vuoi fare!”

Non sarebbe stato facile neanche se mi avessero preso sul serio.

“Devo farmi succhiare il.. insomma.. avete capito.”
“Uah uah uah uah! Aspetta aspetta!”, è esploso Adelmo, e dando gomitate al fratello: “Chiedigli perché! Dai, chiediglielo!”

“E perché vuoi farti succhiare il.. coso?”, mi ha chiesto Osvaldo, che a quel punto faticava già a nascondere un sorriso uguale a quello dei bambini davanti ai clown.

“Per questioni mediche”, ho risposto con la voce piatta, già sapendo cosa avrei provocato.

I due fratelli si sono ribaltati sulla sedia, dandosi grosse manate sulla pancia. Lacrimavano come mia mamma davanti a uno sceneggiato, o come me davanti alla pagina facebook di mia mamma. Facevano dei versi come se li stessero scannando, ma era chiaro che se la stavano spassando da morire. Spero che almeno si siano pisciati addosso.

Dopo dieci minuti in cui hanno dato sfogo a un repertorio di ululati e versi che non credevo potessero essere emessi da un maschio umano adulto, si sono ricomposti, e fra qualche sbuffo ritardatario e con gli occhi gonfi, si sono guardati un po’ in faccia e Adelmo mi ha dato una risposta.

“Va bene”, mi ha detto. “Ma vogliamo guardare”.
“E fare un video”, ha aggiunto Osvaldo.

Ora non voglio mettermi a raccontare nei dettagli quel che è successo dopo, perché è troppo imbarazzante, né contribuire alla diffusione delle prove che ciò che ho raccontato è vero, perciò direi che il racconto finisce qui.
Shasha è a conoscenza di tutta la storia, compresi i dettagli più sconci, e per un po’ mi ha anche fatto delle scenate e c’è stato un momento in cui abbiamo rischiato di dover annullare tutto quanto e andarcene ognuno per la propria strada. I Fratelli Ottani sono stati fondamentali nell’aiutarci a mettere una pezza, non so se per spirito francescano o per timore di perdere l’incasso, ma hanno parlato a Shasha e le hanno promesso che avrebbero eliminato la sua rivale. Quando le hanno messo in mano il nuovo menù in cui al posto del cosciotto di maiale si serviva lo stufato di manzo, la mia futura sposa si è rincuorata ed è tornata sui suoi passi.

Da allora non abbiamo più avuto incidenti, la mia malattia sta regredendo, segno che la cura funziona, ma soprattutto il video, postato su uno di quei siti che visitate voi pervertiti, ha sfondato il tetto del milione di visualizzazioni.
Ieri sono stato contattato da una casa produttrice per girare dei corti con una gallina. A Shasha non l’ho ancora detto, aspetto di parlarle dopo la cerimonia. Fatemi tanti auguri.

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E dimmelo, dai, lo so che ci tieni

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