La guerra segreta delle macchinette del caffè

Le bevande delle macchinette automatiche hanno tutte lo stesso sapore. Quella al gusto di caffè, quella al cioccolato, il tè, il cappuccino, ti lasciano sempre lo stesso gusto in bocca, di qualcosa di finto, di messo insieme alla svelta per rassicurarti che la broda calda che ti sta scendendo nell’esofago non ti ucciderà. Quel sapore è la Bevanda™.

Leggiamo sull’etichetta “Bevanda al gusto di” e associamo al termine Bevanda il significato imparato a scuola: un liquido compatibile col nostro organismo. Ma è qui che i produttori di macchinette ci fregano, perché la loro Bevanda™ è un marchio registrato, un prodotto creato apposta come base per ogni bevanda (questo sì, minuscolo) messa in commercio.

Ma di cos’è fatta questa Bevanda™?

Di zucchero, prima di tutto. Lo zucchero è la droga che il tuo organismo ti chiede con forza appena varchi la soglia del posto di lavoro, e loro lo sanno, e te ne danno in quantità. Vuoi una prova? Schiaccia il bottone “senza zucchero” quando ordini il tuo caffè, ce ne troverai comunque un cucchiaino abbondante. Poi acqua, per forza, sennò la macchinetta si fonderebbe cercando di erogare marmellata. Tu non ci faresti neanche caso, il tuo cervello la vedrebbe come una sostanza ancora più zuccherosa e ti prenderebbe a gomitate per fartela assumere più in fretta.

Acqua e zucchero insieme richiamano gli abitanti più numerosi del pianeta, che di questi elementi sono ghiotti: le formiche.

Le formiche costituiscono un buon 30% di un bicchiere di Bevanda™. Si arrampicano lungo la parete, penetrano all’interno e intasano il tubo finendo nel bicchiere. Sai quando prendi la cioccolata e senti sulla lingua i pezzettini di cacao che non si è sciolto? Ecco. La stessa cosa succede nell’azienda che produce la Bevanda™, quelle formiche finiscono nei vasconi e danno al prodotto quel retrogusto mandorlato che ci troviamo in bocca dopo un bicchiere ogni mattina, di tè o cioccolata, e che non sappiamo definire.

È così che inizia la mia giornata, e sono sicuro che anche la vostra varia pochissimo. Ma cosa succederebbe se domani decidessimo di bere un prodotto migliore, più genuino? Esistono delle alternative?

Certo che esistono, ma non in Italia.

In Germania la Getränke, azienda leader nel settore dei palliativi da lavoro, utilizza per le sue macchinette automatiche un liquido fermentato a base di luppolo e succo di ribes, a cui viene aggiunto il sapore richiesto dall’utente. Nelle loro fabbriche e negli uffici nessuno beve caffè o cappuccino, quindi i gusti disponibili sono diversi dai nostri. Quelli che riscuotono il maggior successo sono il Müller-Thurgau e il purè di patate.

Anche la Francia ha una sua ricetta per la bevanda base, con cui rifornisce i distributori automatici. È composta principalmente di bordeaux, ma va detto che nel Sud del Paese alcune aziende prediligono l’uso del pastis. È per questo che la classe lavoratrice francese è sempre così frizzantina quando scende per strada a protestare.

In Italia come siamo messi?

Nel nostro Paese il monopolio del prodotto base per i distributori automatici è detenuto da un’azienda di Torino, la Delbrucchi, che rifornisce tutto il territorio nazionale grazie a una licenza rilasciata in esclusiva nel 1954 dall’allora governo Scelba. L’anno prima il fondatore dell’azienda, Ansio Delbrucchi, era tornato da un viaggio negli Stati Uniti con un’idea che avrebbe rivoluzionato le giornate lavorative degli italiani. Allora le fabbriche erano dotate di un piccolo spazio in cui gli operai trascorrevano la pausa pranzo, dotato di cucina a gas e, naturalmente, di caffettiera. Delbrucchi fu il primo a vedere le possibilità di crescita in un mercato ancora da creare, e gli fu facile ottenere una licenza dall’allora ministro dell’industria e del commercio Bruno Villabruna.

Come gli riuscì di trasformare la licenza in un contratto di esclusiva non si sa. Qualcuno sostiene che i due, Delbrucchi e Villabruna, avessero stretto amicizia a Torino quando il secondo ne divenne podestà nel 1943.

Quel che è certo è che da allora la Delbrucchi si è enormemente avvantaggiata, moltiplicando i propri guadagni in linea con l’aumento del settore manifatturiero e dei servizi: per ogni ufficio, fabbrica, officina o sala d’aspetto che viene aperta l’azienda ottiene un nuovo punto vendita in cui piazzare la Bevanda™.

Con l’ingresso dell’Italia nell’Unione Europea l’apertura dei mercati ha però causato alla Delbrucchi un grosso problema: il contratto in esclusiva firmato nel ’43 non garantisce all’azienda alcuna posizione privilegiata nei confronti di società estere, che possono così penetrare il mercato con prodotti di qualità decisamente superiore.

La prima a farsi avanti è stata la Bonjour Boissons, un’azienda di Lione che produce una bevanda base di alto livello, al sapore di menta e camomilla.

Nel tentativo di salvare l’azienda, il suo attuale proprietario Stefano Delbrucchi, si è iscritto nelle fila del M5S, e sta facendo pressioni sui suoi amici al governo affinché estendano i diritti di esclusiva anche al territorio europeo.

Il problema è che questo è vietato dallo statuto dell’Unione, e il governo lo sa bene. Che fare allora?

E qui veniamo alle notizie odierne, agli attacchi frontali al governo d’oltralpe, alle dichiarazioni dei nostri ministri che danneggiano anni di buoni rapporti commerciali con la Francia senza alcun guadagni apparente. Non è un caso che Toninelli abbia dichiarato che di andare a Lione “non ce ne frega niente”, né che Di Maio abbia incontrato i rappresentanti dei Gilets Jaunes invisi all’Eliseo. Fa tutto parte di una strategia precisa, e a farne le spese saranno, ancora una volta, i lavoratori italiani. Gli stessi che questo governo, peraltro, l’hanno votato.

E dimmelo, dai, lo so che ci tieni

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