Cina, agosto 2018 (10/12) – dentisti e vermoni

Venerdì 17 agosto

Non ho mai capito perché il venerdì 17 debba essere considerato un giorno sfortunato per qualcuno, mentre per altri è il 13. È pur sempre un venerdì, cosa ci può essere di brutto in un venerdì?
A meno che tu non sia il comandante della Costa Concordia, ovvio.

Il mio venerdì lo passo da solo, Shasha è tornata a lavorare, e sono senza idee su come spenderlo. Pechino offre ancora parecchie attrazioni, per esempio non ho ancora visitato il parco Beihai, o le due torri in mezzo all’hutong, ma devo ammettere che neanche me ne frega. Ho voglia di girare la città e guardare come vive, i miei interessi da turista li ho già soddisfatti tutti. E poi dopo ferragosto c’è pieno di comitive di italiani, e preferisco rimandare il più possibile il momento in cui dovrò vergognarmi di nuovo dei miei connazionali.

Sulla guida ho letto di un negozio di aquiloni in Shichahai, vicino al laghetto su cui si affacciano diversi ristoranti e locali parecchio turistici. È la stessa area del parco Beihai, fra l’altro, magari ci faccio un passo.

Per arrivare in zona la prendo larga e mi fermo a una libreria enorme non lontano daTiānānmén. Quella di Wangfujing è ben fornita, soprattutto di roba che non devi sfogliare, tipo giocattoli, miniature e strumenti musicali, ma in questo periodo ci stanno facendo dei lavori dentro, e alcuni piani sono chiusi; questa è ancora più grande, e vende veramente qualunque cosa, comprese le racchette da ping pong e le scarpe. Alla fine i libri sono la parte minore, e se sei interessato proprio in quell’articolo mi sa che è meglio se vai da PageOne.

Dopo avere ciondolato per un po’ nell’edificio raggiungo l’area del parco, e decido che fa un caldo fotonico, che il negozio non c’è (c’è, ma non lo trovo anche se ci passo davanti) e soprattutto che è già passato mezzogiorno e ho fame.

Passo davanti a un ristorante thailandese e butto un occhio al menu, piuttosto accattivante. C’è una pagina in particolare che mi attira, e non capisco come mai, visto che mostra un piatto di larve del bambù saltate in padella col peperoncino. Faccio un giro dalle parti del lago lì dietro per vedere se trovo qualcosa di meglio, ma devo essere passato dal lato dove non c’è niente, e dopo alcuni minuti sono di nuovo davanti alla pagina delle larve, e ho ancora più fame di prima.

Entro.

Ordino una padellata di larve, un’insalata di ananas e uno degli innumerevoli piatti con spaghetti e verdura che mi rendono la cucina asiatica tutta uguale.

L’ambiente è raffinato, ci sono due ragazze a un tavolo impegnate in una conversazione molto intensa, e un bambino al tavolo accanto che strilla mentre i genitori cercano di dargli da mangiare. Una delle due ragazze si gira spesso a fissare i vicini con quello che dovrebbe essere un eloquente sguardo d’odio, ma loro non lo considerano abbastanza eloquente e non si scusano né cambiano tavolo. Ci sono altre famiglie sedute qua e là, e ci sono due cameriere con la faccia antipatica, ma che in realtà si rivelano piuttosto cortesi e veloci nel servizio.

Le larve mi arrivano in un grazioso cestino di vimini, e per fortuna non si muovono, sennò non le avrei mica mangiate. Così invece non ne lascio neanche una. Sono poco saporite, sanno un po’ di nocciola, e hanno la consistenza del peperoncino quando lo togli dal forno e sembra fatto solo di buccia.

Me ne vado soddisfatto, anche se il conto è un po’ più elevato di quello a cui sono abituato.

È ancora presto per interpretare il perfetto uomo di casa che passa al supermercato e poi va a preparare la cena, e troppo tardi per andare a cercare altri negozi strani che poi tanto non troverei lo stesso.

Allungo la strada del ritorno fino a Chongwenmen e mi infilo nel Glory Mall, il grosso centro commerciale dove sono entrato una volta per cenare da un Genki, la scorsa vacanza.

Magari ci trovo qualcosa di interessante. L’idea è quella di cazzeggiare e magari trovare qualcosa di economico e abbastanza scemo da regalare agli amici. In realtà il posto perfetto per quel genere di acquisti sarebbe un mercato tipo Silk Street o Pearl Market, ma sono anche posti dove dei trattare sul prezzo, abilità del tutto assente dal mio curriculum. Di solito ci prendo delle fregature colossali, perciò mi ci tengo lontano.

Il Glory Mall è il classico centro commerciale con diversi livelli che si affacciano al centro, nel quale è stato allestito un palco. Il giorno in cui ci capito io si sta tenendo una specie di celebrazione del Giappone promossa da uno dei negozi del complesso, e sul palco due bamboccioni bianchi con la testa tonda cantano in playback quella che sembra la sigla di un cartone animato per adolescenti problematici. Il pubblico partecipa, scatta foto, sono quasi tutti adulti. A un piccolo stand accanto al palco due donne distribuiscono depliants per promuovere vacanze in Giappone.

Cercando informazioni per scrivere questo post ho scoperto che il 17 agosto 2018 in Giappone ricorreva il Tanabata, una festa tradizionale derivata da un’analoga celebrazione cinese, detta Qīxī. In pratica ci sono queste due stelle, Orihime e Hikoboshi (per noi Vega e Altair, due vertici del cosiddetto Triangolo Estivo), che si possono ritrovare solo il settimo giorno del settimo mese lunare, che non è quello solare che usiamo noi, e se sto a spiegarvi come funziona finiamo fra sei episodi invece che due, perciò vi rimando a questa pagina dove la signora Wiki sa essere molto più eloquente di me, e vado avanti.
Insomma, il Tanabata in Giappone va fortissimo, ed essendo considerata la Festa del Doppio Sette, anche in Cina ha un sacco di fans. Le date coi numeri uguali hanno un effetto particolare sui cinesi, mentre noi importiamo il Black Friday loro si spendono il patrimonio l’11 novembre per festeggiare i single, dato che Alibaba, il principale negozio online del Paese (il loro Amazon, per capirci), istituisce in quel giorno una massiccia campagna di promozione su moltissimi articoli.

Qīxī in Cina è come il nostro San Valentino, e chiaramente i negozi ci vanno giù pesante. Non ho capito chi siano i due faccioni, né perché sul cartellone accanto al palco ci sia scritto una cosa che potremmo tradurre con “Riguardo Huixi Tanabata”. Suppongo che in quel centro commerciale, all’interno delle celebrazioni per Qīxī, l’agenzia di viaggi giapponese abbia organizzato un evento per festeggiare l’analoga festa e invitare i pechinesi a comprarsi un pacchetto volo+hotel, ma vorrei saperne di più sui due pupazzoni bianchi. Se avete delle informazioni a riguardo fatemelo sapere, io intanto ignoro la festa e proseguo nella mia esplorazione.

Mi infilo in un’area dedicata allo sport e ai videogiochi. Ci sono postazioni dedicate alla realtà virtuale, sulle quali investirei volentieri un po’ di soldi, ma se la scazzatissima addetta mi spiega come indossare gli occhiali e i guanti, e soprattutto mi fa delle domande, io non so cosa rispondere.

Proseguo un po’ deluso, e finisco nel paradiso dello sportivo di città. Un ring su cui picchiare i tuoi amici secondo lo stile che più ti aggrada, una piattaforma dove tirare di scherma e una selezione di armi che sembra tirata fuori da Assassin’s Creed Black Flag, una saletta per il tiro con l’arco, e poi la figata: un tapis roulant inclinato per imparare a sciare.

A ogni postazione un insegnante è disponibile a impartire lezioni. Un sacco di bambini si stanno dedicando a diverse attività, o sono in coda in attesa del proprio turno di lezione.

E dai videogiochi nessuno, neanche qualche bulletto brufoloso. Che decadenza, madonna! Questa società è allo sfascio!

Sabato 18 agosto

La mattina di sabato accompagno Shasha dal dentista. Dovrebbe farsi togliere il dente del giudizio e ne è terrorizzata, e devo accompagnarla per evitare che salti l’appuntamento e si nasconda per un’ora nello studio del tizio lì vicino che insegna pianoforte: c’è un tizio che ha una vetrina e quando ci passi davanti lo trovi seduto a leggere il giornale da solo, o a leggerlo mentre un bambino si esercita al pianoforte contro la parete. Il cartello mostra anche altri strumenti, quindi immagino che sia in grado di leggere il giornale anche con un sottofondo di chitarra o di batteria.

A sentire la mia fidanzata non è certo che il medico la opererà, conta di impietosirlo con una scena madre che sta provando da giorni, e che prevede un lungo monologo molto intenso accompagnato da un violoncellista. Se non dovesse bastare giocherà la carta estrema: far togliere il dente del giudizio al violoncellista.

È interessante come lo studio presenti un’anticamera e un’area di lavoro separate solo da un vetro. Tranne per una banda opaca posta più o meno all’altezza di dove si trova la faccia del paziente sulla poltroncina, tutto il resto è visibile, perciò uno può starsene seduto in poltrona a godere degli spasmi di dolore del malcapitato di turno. O a farsi prendere dall’ansia se la visita successiva è la sua.

Per lenire la tensione e la noia il tavolino in sala d’attesa offre una discreta varietà di caramelle e barrette di cioccolata, che hanno il duplice scopo di mettere il paziente a proprio agio e procacciarsi nuovi clienti. Un po’ come se il parcheggio del gommista fosse disseminato di chiodi.

Appena arriviamo una delle assistenti accompagna Shasha nella stanza di vetro, mentre l’altra mi offre un tè caldo. Guardo la mia fidanzata giocarsi tutte le carte, dal buttarsi in ginocchio allo scagliare il violoncello contro la parete, con grande disappunto del musicista. È tutto inutile, bisogna estrarre il dente. Shasha viene accompagnata fuori dalla stanza e sparisce in una sala sul retro di cui ignoravo l’esistenza. Si vede che è lì dove si praticano le operazioni più serie. Lo capisco, in caso di incidenti è più facile occultare il cadavere se non ci sono testimoni.

Dopo un quarto d’ora riappaiono tutti, dentista, fidanzata e assistenti. Tranne la fidanzata sono tutti allegri e si sbracciano in saluti. Shasha no, lei sfoggia il muso delle grandi occasioni e si tiene una mano sulla bocca. Bene, se non altro non dovrò sentirla lamentarsi.

Torniamo a casa e niente, passiamo così il resto della giornata, con lei a letto a lanciare lunghi sordi muggiti di dolore e io a dispensarle tè freddo e parole di conforto.

Domenica 19

Shasha sta meglio, nel senso che non è morta durante la notte e il dente ha smesso di farle un male fottuto, passando a semplice dolore che ti tiene sveglia per ore. Per festeggiare propongo di andare a comprare del torrone, ma in Cina non si trova così facilmente, e in alternativa decidiamo di festeggiare andando a fare i matti al Museo Nazionale. C’è sempre quella mostra là, sull’arte degli aborigeni, che le interessa. Io appena sento aborigeni attacco a ripetere “Ma aboriggeno, ma io ettè, checcazzo se dovemo dì!” e giù a ridere. Shasha si domanda per l’ennesima volta cosa l’abbia fatta innamorare di me.

Quando esci dalla metropolitana di Tiānānmén hai sempre da affrontare una coda spaventosa per accedere alla piazza, non importa quale uscita prendi; anche quella davanti al palazzo del governo, la più lontana dal museo e dalla Città Proibita, è inavvicinabile senza sorbirsi ore di attesa per i documenti.

L’idea di andare al museo diventa subito pochissimo allettante, e mettiamo in pratica il piano B, andare da Page One.

Ci sono capitato spesso in questa libreria, molto più che nelle altre ben più grandi e vicine, perché ha un aspetto moderno e una selezione di titoli piuttosto recenti, oltre a un’ottima sezione dedicata all’arte e all’architettura, dovesse interessarvi quel genere di articoli. E ci si trovano anche dei fumetti, sebbene relegati in “letteratura per bambini”. Molte delle persone che la visitano lo fanno proprio perché attratti dall’aspetto, e passano il tempo a farsi i selfie davanti agli scaffali, o a tirarsela da grandi pensatori con un libro in mano, contro una delle vetrate ai piani superiori.

Chiaramente è stato un attimo abbandonare la ricerca dei libri che tanto non c’erano e dedicarci al photobombing. Credo di essere finito in almeno una decina di scatti di giovani cinesi sofisticate, e in questo aspetto devo dire che la sintonia con la mia fidanzata è stata totale: trovarci a fare facce annoiate dietro ragazze con la bocca a culo di cane ci ha svoltato la giornata.

Non è durata molto, dopo la libreria abbiamo tentato di pranzare in un posto che si chiamava Snack qualcosa, un postaccio dove abbiamo aspettato un’ora e ricevuto un piatto sbagliato prima di ricevere quello giusto e scoprire che faceva schifo.

Per raddrizzare la giornata siamo dovuti tornare a casa e ho preparato un risotto che hanno suonato alla porta e c’era Gordon Ramsey che mi pregava di fargli almeno lavare i piatti.

Sul Netflix coreano troviamo la trilogia del Signore degli Anelli, che incredibilmente Shasha non ha mai visto. La cosa figa di uscire con una ragazzina è che puoi sfoderare tutti i pilastri della tua gioventù e fare dei figuroni ogni volta.

Se nella frase qui sopra vedete dei riferimenti sessuali avete dei problemi.

Il problema è che la mia fidanzata si innamora perdutamente di questi film e tutte le sere mi obbliga a guardarne uno, con effetti disastrosi sulla nostra vita sessuale.

Se vedete dei riferimenti sessuali anche nella frase qui sopra siete delle brutte persone e dovreste stare lontani dagli asili. Vergogna!

E dimmelo, dai, lo so che ci tieni

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