“E presto delusi dalla preda gli squali che laggiù solcano il golfo presto tra loro si faranno a brani”

Ultimamente non scrivo molto, che è un modo un po’ vile per nascondere che non scrivo proprio niente neanche se mi metti una penna in mano e una pistola in faccia, ma non mi sembra di avere un’opinione che valga la pena condividere in una società in cui tutti dicono sempre la cosa giusta e tu invece sei un coglione, e quanto a inventare storie mi sembra che vivere in una distopia renda vano qualunque sforzo di creare qualsiasi cosa più interessante della cronaca.

Però leggo molto, e una delle cose migliori che ho letto oggi è questo post.
Lo ha scritto Alessandro, un mio amico di cui spesso diffondo il materiale, perché ha uno stile che mi piace, è intelligente e cerca sempre di aggiungere qualcosa alla discussione. Stavolta lo condivido perché si fa una domanda che mi sembra fondamentale:

“Come fermiamo la corsa verso l’imbarbarimento? Come affrontiamo una classe politica che, dal PD (…) alla Lega, non ha avuto remore di agitare i peggiori spauracchi razzisti e xenofobi?
Come si comunica, anche nel nostro piccolo di blogger o di gente con un profilo FB, la nostra avversione a questa gente senza sembrare dei girotondini fuori tempo massimo?
E, soprattutto: è davvero necessario farlo?”

È evidente che il dibattito sull’attuale situazione politica si è polarizzato come e più di quando al governo avevamo il Circo Di Silvio con tutto il suo codazzo di nani e ballerine; il gioco è passato dal “Seguitemi e vi farò ricchi come me” al “Siete in grave pericolo e solo io posso salvarvi”, riaccendendo una brace di odio e ignoranza che evidentemente era rimasta inattiva per decenni, aspettando solo la giusta corrente d’aria per innescare un altro incendio.

Il Ministro Di Tuttoquanto neanche ci prova a indossare i panni che gli sono stati assegnati e diventare un rappresentante del Paese e delle sue istituzioni, continua a rappresentare solo sé stesso e i propri interessi il suo elettorato, servendosi della carica governativa come amplificatore di notizie perlopiù false o ampiamente esagerate, al solo scopo di spaventare il suo pubblico e guadagnare consenso.

C’è una tale differenza fra gli spauracchi alimentati dall’Indossatore Di Felpe e la dimensione reale dei medesimi che diventa normale porsi la domanda di Alessandro: come se ne esce?
Perché è evidente che smontare le balle è utile come l’omeopatia, mostrare all’infinito le statistiche fornite dallo stesso Ministero dell’Interno dove c’è scritto grosso così che non esiste nessuna emergenza immigrati, spiegare per l’ennesima volta che no, i vaccini non provocano l’autismo, no, non esiste un piano di Soros per sostituire gli italiani con gli africani, e no, il bambino annegato che hai visto in fotografia non è un fotomontaggio, ti espone solo a commenti che prima di oggi avresti potuto trovare solo al Monty Python’s Flying Circus per quanto sono assurdi. Eppure la situazione è questa, ci sono due schieramenti che si affrontano con gli stessi toni pre-derby di quelle città dove l’agonismo è cattivo, una parte grida stupidi, l’altra rosiconi. Schierarsi non serve, astenersi è impossibile.

Annamaria Testa, su Internazionale, parla della piramide di Maslow, di come ingabbiare le persone nelle proprie paure risponda a una strategia precisa e di come offendere o perculare queste persone non faccia che rinforzare la loro gabbia.

Che poi parlo della “loro gabbia” come se io fossi libero, ma mi sono solo chiuso nella gabbia che sta di fronte, fatta di altrettanti pregiudizi e rigidità.
E allora chi sono io per intervenire? È giusto cercare di fermarli? È necessario?

Questo modo di fare politica, e soprattutto il consenso ottenuto abbassando l’asticella della civiltà invece di elevare le persone, è nocivo. Muoiono delle persone a causa di questa politica, quindi sì, è ovvio che sia necessario intervenire.

La risposta politica non ce l’ho, e non ce l’ha neanche la politica, visto che ad oggi l’unica voce vagamente di sinistra in Italia è rimasto il Papa, quando non prende lo xanax. Da un punto di vista umanitario ho una mia opinione, che va nella direzione opposta di quella perseguita fin qui, legata in parte a statistiche, e molto di più al fatto che ignorare chi viene trattato come una bestia ti rende una bestia anche peggiore.

Solo che ti ridono in faccia, le bestie vere, ti dicono cose che dieci anni fa si sarebbero vergognate di sussurrare in privato, e io non so cosa rispondere, perché la violenza non è mai una risposta, neanche quando è Karl Popper a suggerirtela.

Vabbè, lui non ha mai detto di picchiare i nazisti, ma se lo immagino seduto al bar a mangiare un gelato pistacchio e stracciatella mentre al tavolino accanto due idioti  persone intolleranti  idioti commentano con soddisfazione il naufragio di un barcone in mezzo al Mediterraneo non ce lo vedo a controbattere civilmente che certe forme di intolleranza non possono essere accettate in una società civile, secondo me si alza e il gelato lo spalma in faccia a uno dei due, e l’altro lo mena con la sedia. Perlomeno è quello che vorrei fare io.

Perché anch’io ormai sono diventato una vittima di questa semplificazione binaria: se qualcuno in buona fede mi dice che “bisognerebbe fermarli prima che partano, così non muoiono” non penso che questa persona sta esprimendo un parere magari anche condivisibile, penso di avere di fronte uno che nel migliore dei casi va dall’omeopata e nel peggiore offende i mendicanti fuori dal supermercato.
È sbagliato, sono così abituato a vedere la malafede dappertutto da avere smesso di concedere il beneficio del dubbio. Credo che ci sia una categoria di mezzo fra i due poli, fatta da quelle persone che di fronte alla povertà si sentono a disagio, e allora votano per tenerla lontana. Sono quelli che al semaforo abbassano gli occhi a cercare una stazione decente nell’autoradio per non dover dire no al mendicante. Non è che il mendicante gli stia sul cazzo o che si facciano chissà quale calcolo, è che questo tipo di transazione basata sulla pietà li fa sentire in colpa, e a nessuno piace sentirsi in colpa.

È ancora egoismo e ipocrisia, ma meno consapevole. Poi è chiaro che non è il soldo al tizio del semaforo a giudicare una persona, sono sicuro che il Ministro delle Felpe in persona ogni tanto regala dei cinque euri per zittire i detrattori, e sono sicuro che in questa idiocrazia risulta anche convincente.

Sto uscendo dal seminato, e sto continuando a dividere il mondo in buoni e cattivi, mettendomi sempre dalla parte dei primi, quindi torniamo al volo alla domanda di partenza.

Il debunking non funziona, siamo troppo schierati per ascoltare le ragioni della parte avversa; la lotta armata non ha funzionato negli anni passati, non vedo come potrebbe farlo ora; esularsi dall’agone politico è quello che ha fatto la Sinistra un’elezione alla volta, e guarda dove siamo finiti; percularli è divertente, ma fin troppo facile, oltre a non ascoltare le tue ragioni si prendono troppo sul serio per rispondere con altrettanta ironia. E d’altronde quando mai si è visto un comico di destra? Intenzionalmente comico, intendo.

Forse l’unica via è lavorare sull’immagine che gli italiani hanno dell’immigrato, smontarla, mostrare chi sono queste persone, da dove arrivano, come vivono, ma senza relegarli nella rubrica da tg3 “guarda cosa ti combina il negretto”, che però essendo il tg3 avrà un nome più colto tipo “l’Italia di domani”. Integrazione reale invece di serragli, convivenza alla pari invece di carità, partecipazione attiva invece di ospitate in costume tipico. Non chiedetemi esempi, perché vivo in un piccolo paese, e tutti gli esempi che mi vengono in mente riguardano la realtà locale, il negozio di alimentari che tiene prodotti halal e la festa di quartiere organizzata con tutte le persone che in quel quartiere ci vivono. E comunque nel mio piccolo paese vivono un sacco di immigrati e nessuno si lamenta, lavorano, fanno la spesa e aprono negozi come chiunque del posto. Però i profughi che stavano in croce rossa li hanno mandati via perché creavano problemi. Eh, loro erano negri.

C’è un’altra soluzione, la più difficile, ma in questo momento l’unica che mi sento di suggerire a chiunque, me compreso: andarsene. Lasciare l’Italia in mano ai fenomeni del cambiamento e delle idee rivoluzionarie, ai teorici della sicurezza, a quelli che fuori dall’euro si vive meglio, senza gli stranieri si sta più sicuri, chiudendo i kebabbari attiriamo più turisti. Lasciargliela per una decina d’anni e poi tornare a vedere quanti ne sono rimasti vivi, dopo che avranno cominciato a sbranarsi fra di loro.

E dimmelo, dai, lo so che ci tieni

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