pena de alma

Senti, io ci ho provato a scrivere qualcosa di pancia, ma le disgrazie mi fanno tacere, e dopo dieci minuti salta fuori qualcuno più bravo che dice le cose veramente profonde e mi passa la voglia di aggiungere la mia voce alle sei o sette (cento (mila)) che intanto hanno trovato la foto della Tour Eiffel o si sono messe il tricolore sulla foto profilo, e io cos’altro posso aggiungere, che mi sono mangiato una baguette?
Sarebbe il caso di scrivere qualcosa di diverso perché la vita va avanti nonostante le tragedie, e anzi, soprattutto, che a piantarsi lì come chiodi si finisce per ribadire concetti certe volte pure sbagliati, che basta un attimo che salta fuori lo scaltro opportunista capace di dire la cosa di pancia che ci vuole in quel momento, e certe volte il guadagno si esprime in like, altre in voti, e intanto di qua è un florilegio di frasi e pensieri ed emozioni che ti fanno capire quanto sia inutile odiare il tuo prossimo, siamo davvero tutti uguali, basta guardare la bacheca di facebook.
Guarda, io ci ho provato, ho scritto una roba che mi è uscita così, di pancia, ma a metà ho fatto la cazzata di andare a vedere cosa succedeva in giro, e mi sono trovato quello che soffre ascoltando Aznavour, quello che empatizza alla mostra di fotografia su Parigi, quello che sei mesi fa era proprio lì e ti mostra la foto del biglietto del Louvre, madonna quante lacrime, e io scusa, ma le cose che mi fanno male non sono capace di condividerle, e infatti qui non voglio farti sapere come mi ha fatto sentire la notizia, vorrei solo ricordarti che non sei un esperto di politica estera, non sei un sociologo, e neanche un poeta, scusa, davvero, evita di andare a capo a cazzo quando condividi il tuo dolore, va bene lo stesso, ci crediamo. Però meno, per favore. Soffri un po’ meno.

E dimmelo, dai, lo so che ci tieni

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