centotre-e-tre n.11: con una mano spacca una montagna, con l’altra mano invade la Germania.

Riassunto delle puntate precedenti:

Introduzione
Bruno Lauzi – Garibaldi
Peggy Lee – Why Don’t You Do Right?

Tony Bennett & Lady Gaga – The Lady Is A Tramp
Joni Mitchell – Chelsea Morning
Neil Young – Cortez The Killer
Banda El Recodo – El Corrido De Matazlan
Los Cuates de Sinaloa – Negro Y Azul: The Ballad Of Heisenberg
El Chapo Guzman – Los Tucanes de Tijuana
Cholo Valderrama – Llanero si soy llanero
Celia Cruz – La Vida Es Un Carnaval
Duke Ellington – The Mooche

Non ci credevate più nemmeno voi, eh? Vi sembrava l’ennesimo progetto che comincio e mollo a metà come quella volta che sono rimasto incinto e poi dopo un anno e mezzo di gravidanza mi sono scocciato e mi sono tolto il cuscino da sotto la maglietta e tutti a dire che non finisco mai quello che comincio, tipo quell’altra volta che ho cominciato a scrivere un romanzo di fantascienza e l’ho interrotto quando il protagonista che si chiama come me si mette con la donna di cui è perdutamente innamorato, vero? E invece eccola qua, come mi è venuta e chi lo sa, direbbe il cantante che ha un ritratto magico nascosto in solaio che più passa il tempo più quello resta identico però il cantante invecchia malissimo e pure rincoglionisce.

In questo episodio abbandoniamo le atmosfere fumose dei locali jazz di New York e torniamo da dove siamo partiti, in Italia. Così se decidessi di piantare lì posso almeno dire di avere chiuso il giro. E parliamo di Primo Carnera, come vi avevo promesso.

“Ma questa rubrica non dovrebbe trattare di musica? Primo Carnera era un pugile!”

Bravi. Un pugile. Un pugile enorme, due metri e zerocinque, centoventicinque chili, scarpe taglia cinquantadue. Una specie di fenomeno, tanto che la sua carriera cominciò in Francia, proprio come attrazione di un circo, una di quelle figure pubblicizzate come “Venghino signori chi riesce a battere il gigante Mangiabambini si porta via il montepremi”, o qualcosa di analogo. Aveva diciassette anni.

Già una foto così con Eustachio “Scellapezzata” Scapazzoni non l’avresti potuta fare.

Come pugile Carnera non fu mai il grande campione di cui raccontavano i nostri nonni, già dall’esordio europeo buona parte dei suoi incontri risultò truccata, e quando attraversò l’Atlantico finì per battersi in incontri organizzati dalla mafia locale: in meno di un anno, nel 1930, Carnera ottenne ventitré vittorie, ma in alcuni casi la combine era così evidente che ad un certo punto Luciano Moggi si è alzato ed è uscito dal palasport scuotendo la testa, e già alla fine di aprile la National Boxing Association lo aveva squalificato a vita dai propri campionati. A Carnera, non a Moggi. Per fortuna l’autorità della NBA si estendeva a soli tredici stati, e il pugile poté continuare ad esercitare la sua professione praticamente ovunque. Come se il vigile ti sequestra la patente e tu non ce l’hai e allora ti porta via la tessera della Basko.

Ancora adesso la NBA, che nel frattempo ha cambiato nome nel più pomposo World Boxing Association, non è che una delle quattro federazioni che organizzano i campionati di pugilato nel mondo, ma non chiedetemi come funziona nello specifico perché non l’ho capito bene neanch’io.

In pratica diventare il campione del mondo del WBA non ti autorizza a tirartela che sei il pugile più forte del mondo, perché la stessa cosa la sta dicendo contemporaneamente il campione del mondo dell’International Boxing Federation, quello della World Boxing Organization e quello del World Boxing Council.

Sono sicuro che ai vertici di queste quattro federazioni ci siano delle antipatie molto profonde, e non fatico a credere che quando si incontrano i rispettivi campioni ogni tanto si piglino a cazzotti.

Ma torniamo a Carnera, che nel 1933 manda al tappeto Ernie Schaaf, provocandogli un’emorragia cerebrale che lo ucciderà alcuni giorni più tardi.

Un po’ come se io facessi a botte col mio gatto, immagino.

Il pugile italiano cade in depressione, non vuole più picchiare nessuno, fa come Superman quando si ritira e piglia botte anche dal bulletto del bar con la camicia di flanella.
Poi gli amici, la famiglia, e perfino la madre di Schaaf lo convincono a ripensarci. Quest’ultima gli offre perfino un altro figlio da prendere a sberle, dai, non fare complimenti, e così Carnera ci ripensa e si mette ad allenarsi per sfidare Jack Sharkey, il campione mondiale dei pesi massimi.

C’è grande attesa, il Madison Square Garden è già affollato da due mesi, mentre Carnera è sui monti a spaccare legna e dare pugni ai quarti di bue e fare le flessioni su un braccio solo e correre su per le scale del municipio di Philadelphia, e Jack Sharkey si allena in una palestra fichissima supertecnologica piena di ragazze che lo guardano con gli occhi dell’ammore.

Il 29 giugno 1933 i due pugili salgono sul ring, per quello che viene presentato come l’incontro del secolo. Sharkey indossa un accappatoio a stelle e strisce, saltella qua e là, fa il figo, poi se lo toglie e sotto porta dei pantaloncini con scritto sul davanti “peso massimo”; Carnera ha un asciugamano bianco legato in vita, l’ha recuperato nello spogliatoio prima di uscire. Quando se lo toglie il pubblico può vedere un paio di mutandoni del Dottor Gibaud, neanche troppo puliti.

L’arbitro decreta l’inizio del match. Carnera sta lì, fermo, ciondola un po’ quando Sharkey riesce a mandare a segno i suoi colpi, ogni tanto alza un braccio e gli molla una cartella terrificante, tipo gli schiaffoni nelle Sturmtruppen di Bonvi. Al sesto round Sharkey va giù, Carnera è il campione mondiale dei pesi massimi. Posso immaginare come dev’essere stata l’atmosfera in città, nel 1930 vivevano a New York 440.000 italiani, quasi tutti fra Brooklyn e Manhattan. Dev’essere stato un po’ come a Parigi nel 2002, quando il Senegal battè la Francia per 1-0 ai mondiali di Corea: una rivincita dell’immigrato nei confronti del paese che lo sfrutta, gli parla una lingua che non capisce e gli rende la vita impossibile. Non fatico ad immaginare questa fiumana di stereotipi in canotta e baschetto, coi baffi e l’accento siciliano, che sciama per le strade della città e grida e canta tutta la notte, e americani merde e viva l’Italia e Primo Carnera, Maria amiamoci che domani si torna a casa nostra che nostro figlio dovrà nascere italiano.

Per replicare quest’effetto, Peter Jackson fece mettere Gandalf e Frodo a distanze diverse davanti alla telecamera. Non so perché l’ho detto.

La biografia del pugile prosegue, ma non abbiamo tutto il giorno, e poi a noi interessa l’aspetto musicale, che viene qui rappresentato in una tournèe teatrale che il nostro intraprese alla fine della carriera sportiva, insieme a Renato Rascel. Non ce l’ho un brano tratto da quella tournèe, e neanche uno di Carnera che canta le canzoni, perciò vi beccate una canzone di Rascel, che io me lo ricordo quand’ero bambino e c’era questa trasmissione che si chiamava Buonasera Con.., e ogni mese cambiava conduttore, ed erano sempre personaggi che poi dopo qualche anno morivano: Rascel, Macario, Tino Scotti.. Credo di avere assistito a una specie di canto del cigno della televisione che guardavano i miei genitori, oltre a tutta la serie di Goldrake, che poi era la ragione per cui mi ciucciavo quel varietà a tratti divertente, ma spesso meh (avevo sempre fra i cinque e i dieci anni, cosa potevo capire?). I miei ricordi d’infanzia sono pieni di cose discutibili guardate perché facevano ridere, da quell’avanspettacolo estinto di Tino Scotti a Renzo Montagnani e Alida Chelli che portavano in scena degli sketch così brutti che neanche il Drive In di Ricci, allo stesso Drive In con D’Angelo e Beruschi e Greggio, che a riguardarli oggi mi viene la colite. Facevano ridere, si guardavano. Non importa che fosse umorismo fuori portata per un bambino delle elementari, lo guardavo tutto e cercavo di capire quello che riuscivo. È stata una bella palestra, e i risultati li vedo oggi, quando faccio una battuta e dall’altra parte dello schermo mi rispondono col tumbleweed.

Poi ti chiedono come mai non hai la fidanzata.

(continua)

6 commenti

  1. sì davvero bella la storia di carnera. gran personaggio.
    ignoravo che “romantica” fosse di rascel, conoscevo soltanto la versione di tony dallara.

    (ps non sapevo si potessero ribloggare i post)

    1. Non dovrei dirlo perché è un possibile gancio per la prossima puntata, ma ci furono delle controversie legali, e Rascel portò in tribunale una perizia di parte firmata da Igor Stravinski.
      Ecco, se la tua fidanzata volesse cominciare a buttar giù due righe, credo che sia la persona più indicata.

E dimmelo, dai, lo so che ci tieni

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