Piove? Cantico dell'inquietudine

Oggi, quando sono arrivato a casa, mancava il gatto bianco e nero. Mi sono chiesto dove fosse finito, che di solito lo trovo in giardino ad aspettarmi.
Mi sono preoccupato, ha una ferita dietro l’orecchio, dono di qualche rivale notturno, ho temuto che gli fosse andata in suppurazione e che il poveretto si trovasse nascosto da qualche parte, a lasciarsi morire.
Il pensiero che potesse semplicemente averlo investito una macchina davanti a casa non mi ha neanche sfiorato: la mia inquietudine è raffinata, segue percorsi più tortuosi.

Ad aspettarmi in giardino c’era il gatto rosso, quello raffreddato, e mi ha accolto con una salva di starnuti; dev’essere questo tempo ballerino, c’è un’umidità che sembra di stare nella giungla, prosperano soltanto i funghi e le erbacce. Solo le seconde le trovo qui fuori.

Magari però non è il tempo, potrebbe aver contratto una di quelle malattie da gatti, ce ne sono talmente tante.. E se non lo curo non farà che peggiorare, l’occhio per esempio non mi sembrava che gli lacrimasse, ieri.

Se almeno ci fosse Marzia, lei saprebbe cosa fare. Gli darebbe una pastiglia, quella giusta che cura il raffreddore da gatti, o la rara malattia tropicale che colpisce solo i felini di pelo rosso.
Le i sa sempre cosa fare, come risolvere i problemi, non far attaccare il risotto, piegare le magliette negli armadi, sintonizzare l’antenna della tele; ha sempre una soluzione, di noi due è certamente lei la parte più concreta.
Averla accanto mi fa attraversare la vita con lo spirito più lieve, come se la stessi solo raccontando.

Non c’è niente di strano, c’è chi nasce per guidare e chi per guardare dal finestrino, e io mi sono sentito sempre più propenso al ruolo di spettatore.
La maggior parte delle cose che mi ruotano intorno mi sono aliene come motori di astronave, in compenso sono perfettamente a mio agio con le creature bizzarre che mi vivono dentro, con le quali comunico in ogni istante, spesso ad alta voce, con grande imbarazzo di chi mi sta vicino.

Avere qualcun altro seduto al posto di guida mi libera di un peso enorme, lasciandomi libero di dedicare tutta la mia attenzione al mondo che sta sotto i miei capelli. Non quello dei pidocchi, ancora più sotto.

Capita però in queste giornate nuvolose, questi intervalli di tempo votati all’incertezza, quando gli avversari si fermano a studiarsi, i libri terminano rimandandoti al volume successivo, le serie televisive si prendono una pausa, che il navigatore satellitare ti segnali di colpo che devi svoltare a sinistra, ma che alla tua sinistra ci sia il mare. E’ il caso in cui dovresti prenderti una pausa, accostare e riflettere, perché è sempre in quei momenti lì che il passeggero smette di guardare fuori, si volta verso di te e ti fa: “Siamo proprio sicuri che è questa la strada?”.

E dimmelo, dai, lo so che ci tieni

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